Titolo: Divide
Regia: Xavier Gens
Anno: 2011
Paese: Germania
Giudizio: 4/5
In un prossimo futuro, la città di New York City
viene distrutta da un attacco atomico. Un gruppo di sopravvissuti trova rifugio
nelle cantine del condominio in cui abitavano. Dopo aver sigillato la porta
d'ingresso, il gruppo dovrà solamente attendere i soccorsi e che i livelli di radioattività
calino, ma i sopravvissuti non hanno fatto i conti con un pericolo ben
maggiore, la paranoia.
La reclusione e la convivenza forzata mineranno i loro equilibri e la loro
sanità mentale, trasformandoli da vittime in carnefici.
Un dramma apocalittico girato con quattro soldi capace di
sbattere in faccia allo spettatore tutti i lati nascosti del genere umano. Se
portati alla massima disperazione si può
arrivare ad essere peggio degli animali e Gens che si era già fatto avanti in
termini di crudeltà e torture con il suo bel FRONTIERS, qui matura e porta a
casa qualcosa di davvero sconvolgente e angosciante.
Gens lavora di sottrazione all’interno del bunker creando
una struttura impeccabile che solo negli ultimi minuti perde una parte del suo
smalto.
Un cinema come pochi e per pochi.
Una lenta e inesauribile clessidra che consuma le forze,
i mezzi, le risorse primarie e infine l’umanità di quasi tutti protagonisti.
Un lento viaggio verso la perdita di tutto ciò che
contraddistingue l’essere umano ovvero la ragione creando a seconda delle loro
caratteristiche, mostri oppure schiavi, oppure oggetti sessuali, oppure gregari
perfetti per un escamotage che rimanda allo stesso concetto di normalità
definito da Matheson come un concetto di maggioranza in cui predomina la norma
di molti e non quella di uno solo.
Nove persone (sei
uomini, due donne e una bambina) segregate loro malgrado in un luogo chiuso,
spoglio di ogni comodità e privo di alcun collegamento con l'esterno. Questo è
il punto di partenza che spiazza lo spettatore che già sa come funziona il
meccanismo del genere e saprà che saranno quasi sicuramente le pecorelle ad
essere immolate.
Gens sembra non
voler assolutamente stare a dare spiegazioni sul come e sul perché i nove
arrivano al bunker (trascurando comunque uno dei punti principali della
narrazione) così come non mostra nulla di esterno al bunker, fatta eccezione
per la parte dei militari, che anch'essa sembra voler essere lasciata alla
fantasia o al punto di vista dello spettatore.
Non a caso questi
due importanti momenti non hanno quasi dialogo come a cercare di spiegare solo
con lo sguardo ciò che davvero sta succedendo.
Il risultato è un
pugno allo stomaco. Un film che disturba per tutto l’arco della durata. Si vede
pochissimo sangue e ancora una volta la scelta è consapevole e mostra come
anche senza splatter si può arrivare ad una concezione di gore esaustivo e drammatico.
Supportato da un
cast variegato per nazionalità e tipo di cinema, l'autore (a tutto tondo)
francese dimostra le sue indubbie doti registiche, ma pecca in un irritante
autocompiacimento che però è sicuramente reale nel suo bisogno di estremizzare
le conseguenze.
Alcune scene
esplodono in tutta la loro esagerazione (dal sesso alle pratiche di servilismo
totale) portando gli stessi attori a vivere completamente al di fuori della realtà
in uno stato di degrado assoluto e mettendogli proprio nell’unica condizione di
dare il”peggio”di loro.
E’un cinema difficile quello di Gens. Se piace, piace tanto,
se non piace può essere certamente odiato.
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