Titolo: Diaz-Non pulire questo sangue
Regia: Daniele Vicari
Anno: 2012
Paese: Italia
Giudizio: 4/5
E’interessante notare come alcune pellicole in Italia
cerchino di denunciare alcuni abomini che non dovrebbero mai toccare un suolo
democratico soprattutto in un momento come quello del G8 e in un paese
occidentale “civile”.
E’ ancora più interessante che questi film non servano a
nulla in termini di processi e denuncie ma sembrano invece avere il solo peso
di una testimonianza che come per la letteratura, i documentari e tutto il
resto, arriva anche sotto forma di film.
Dal film Acab che non c’entrava niente con l’ottimo libro
di Bonini del 2009, il libro, preso in alcune parti pari-pari è tradotto nel
film di Vicari, ha la possibilità di denunciare le atrocità della macelleria
messicana condotta alla Diaz e non solo.
Nel libro il ventaglio si apriva allargando la denuncia
alla chat sui membri della settima divisione e allargando il contesto fino a
denunciare le atrocità condotte nei C.p.T.
Come per il libro Acab di Bonini, il fatto che sia stato
omaggiato da un film (lo stesso Acab con cui, come dicevo prima, non condivide
praticamente nulla) un vantaggio c’è stato.
Il libro che allora costava quasi 17 euro ora ne costa
meno della metà. Almeno un risultato, anche se dall’immagine in copertina della
Medusa si è costretti a sopportare la faccia di Favino e gli altri.
Il fatto che nel film ci siano attori del calibro di
Germano e Santamaria non serve a nulla ed è un solo e unico pretesto per avere
soldi e qualche nome italiano di fama (cosa sempre più difficile da dimostrare
visto la scarsa bravura dei nostri attori).
Ora al di là di questi fattori e del fatto che Vicari
sempre con Germano aveva realizzato il convincente film IL PASSATO E’UNA TERRA
STRANIERA, bisogna cercare di capire come mai questo film ha avuto, come diceva
Procacci e lo stesso Vicari in conferenza stampa, diversi problemi a trovare
produttori e quant’altro.
Diaz non è una rivendicazione, non è un flier anarchico
che cerca di condannare i colpevoli che tra le altre cose non sconteranno mai
una pena anche se processati, ma è una testimonianza a cui fa eco una coralità
di punti di vista tutti analizzati senza mandati particolari ma come se fossero
tutti insieme posti di fronte ad un mattatoio disperato di deprivazioni di
diritti e assoluto smarrimento politico e civile.
Dal giornalista di destra, ai giornalisti stranieri, ai
manifestanti, agli autonomi, ai sindacalisti, tutto appare come un vortice di
violenza in cui bisogna solo stare a terra e lasciarsi travolgere dalla sete di
violenza e dall’abuso di potere
In Italia non esiste il reato di tortura e questo è
quello che sembra palesare i comportamenti dei poliziotti(tutti in assetto
anti-sommossa e non denunciabili perché non hanno il numero di riconoscimento
sui caschetti)che naturalmente servono una causa.
Un’istituzione corrotta dall’alto in cui non sono i
poliziotti ad essere solo i torturatori ma in parte vittime di aver avuto un
lavaggio del cervello da parte dei loro capi che riescono sempre a rimanere in
sordina così come alcuni leader politici assolutamente responsabili di avere le
mani in pasta in questo indecente sopruso di diritti.
Il film è quasi tutto cronaca giudiziaria.
Alla fine di quella notte gli arrestati furono 93 e i
feriti 87. Dalle dichiarazioni rese dai 93 detenuti (molti dei quali oggetto di
ulteriori violenze alla caserma-prigione di Bolzaneto) nacque il processo in
seguito al quale dei più di 300 poliziotti che parteciparono all'azione 29
vennero processati e, nella sentenza d'appello, 27 sono stati condannati per
lesioni, falso in atto pubblico e calunnia, reati in gran parte prescritti.
Mentre per quanto accaduto a Bolzaneto si sono avute 44 condanne per abuso di
ufficio, abuso di autorità contro detenuti e violenza privata (in Italia non
esiste il reato di tortura).
Quindi Vicari non prende come avrebbe fatto magari
qualcun’altro la scorciatoia del film modaiolo e semplicistico che avrebbe
buttato solo merda sui poliziotti.
Qui i Black-Block hanno la loro parte di colpa, così come
tutti i disordini e la devastazione creata a Genova e il filo trainante
dall’inizio alla fine con quella molotov che la dice lunga, abbracciando in un
modo o nell’altro, tutti i punti di vista.
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