Titolo: Daratt
Regia: Mahamat-Saleh Haroun
Anno: 2006
Paese: Chad
Giudizio: 4/5
Giudizio: 4/5
Atim, un ragazzo sedicenne, arriva nella capitale del Ciad con lo scopo di uccidere Nassara, l’assassino di suo padre. Atim lo trova e scopre che questi è diventato un panettiere e vive con la moglie. Nassara non conosce l’identità di Atim e lo invita a lavorare per lui.
La cosa più temibile nelle guerre civili, dice il regista “è che vengono legittimati tutti i crimini; tutti i responsabili di atrocità alla fine vengono assolti.”
Visionato alla 63°mostra del cinema di Venezia, Daratt è un film di forte impatto, giocato su un dialogo secco ed efficace. Il regista ha vissuto sulla sua pelle gli effetti della guerra civile preferendo l’esilio. Il tema della vendetta è spesso usato come motore dell’azione e catalizzatore di una successione d’episodi di violenza.
Questo film adotta uno schema diverso, in cui il protagonista, un ragazzo di sedici anni, compie un viaggio di formazione, scopre come in fondo non è necessario uccidere fisicamente il carnefice della situazione, egli entra dentro la sua vita sconvolgendola totalmente.
Tutto il film è lineare e segue l’evoluzione del protagonista, incoraggiato dal nonno, a scoprire e giustiziare l’assassino di suo padre. Nel suo viaggio, in cui scoprirà l’affetto e l’amore che sempre gli sono mancati, troverà lo stimolo per trasformare un usanza senza ricorrere all’omicidio.
Gli attori non sono professionisti, ma incarnano con coscienza due protagonisti, trasformando nel corso del tempo le loro abitudini.
Film sicuramente low-budget, in cui la scenografia asciutta ricostruisce perfettamente l’atmosfera di un paese dilaniato dalle guerre civili decennali, di cui si sente sempre meno parlare ma che annovera migliaia di morti.
Il regista ci riesce con un silenzio quasi sconcertante in cui respiri l'aria tragica che muove le vite dei personaggi. Mogli relegate a serve senza possibilità di poter fare nulla per passare ad un uomo afflitto da demoni interiori che lo dilaniano continuamente e che lasciano segni indelebili sul suo volto di un massacro compiuto in passato e con cui torna a fare i conti.
Si muove lenta ma necessaria una denuncia contro la Francia e la povertà che ha indotto con lo sfruttamento e l’ingigantimento di multinazionali.
In questo caso potrebbe essere anche l’utopica vendetta di un paese, il Ciad, che non ha la possibilità di reagire poiché ridotto ad un osso scarno come può esserne icona lo sguardo privo d’emozioni del protagonista.
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