Titolo: Dirty Shame
Regia: John Waters
Anno: 2004
Paese: Usa
Giudizio: 4/5
Sylvia è una donna di mezza età,
sposata e totalmente assorbita dalle faccende di casa, che si nega
alle gioie del sesso. L'incontro con Ray-Ray Perkins muterà
radicalmente la sua apertura nei confronti della carnalità.
John Waters è uno dei registi che mi
ha regalato più sensazioni e adrenalina per quanto concerne la
settima arte. Facente parte della vecchia scuola, diciamo che lui,
l'esercito della Troma e pochi altri registi hanno saputo essere così
sfacciatamente in grado di regalare tutto ciò per cui il pubblico
adora il trash. Quando da noi si parlava o aveva successo la commedia
scollacciata, che non ho mai amato, non facevo che prendere le
distanze per appiopparmi quelle che considero le vere commedie
scollacciate dove tette, sesso e tutto il resto diventano le vere
protagoniste distruggendo ogni tabù e puritanesimo e facendo incetta
di eccessi e contraddizioni.
Un film divertentissimo, con un ritmo
straordinario e un cast al suo meglio nel non prendersi sul serio e
nel cercare pur esagerandone i toni e le maniere di continuare una
battaglia che in quasi tutto il suo cinema diventa una regola e una
missione, ovvero la battaglia tra puritani e sessuomani, metafora di
una società che Waters da questo punto di vista ha sempre definito
preistorica e dove la religione ha sempre assunto un ruolo decisivo.
Spesso la critica maggiore mossa
all'autore è quella di essere esagerato nelle scelte e nella messa
in scena, ma d'altronde in un paese che pone il massimo divieto, come
la censura americana, il fatto che Waters sia tornato alla sua vena
più dissacratoria con un'insistenza esplicita che da tempo mancava
non può che aumentare e di nuovo provocare la sua idea di cinema in
un America sempre più bigotta, conservatrice e moralista.