Titolo: Spietato
Regia: Renato de Maria
Anno: 2019
Paese: Italia
Giudizio: 3/5
Santo Russo, è un giovane calabrese
che finisce ancora adolescente a Buccinasco, dopo che il padre è
caduto in disgrazia con la 'ndrangheta. Qui cerca di mimetizzarsi,
impara l'idioma locale e, trascorso ingiustamente un periodo in
carcere, inizia a farsi strada nella criminalità. Le cose gli vanno
bene, ma solo fino a un certo punto, tanto che si reinventerà come
imprenditore, ovviamente con le mani in pasta in affari sporchi e
pure coinvolto nel traffico di eroina. Santo sembra avere tutto,
compresa un'artista come amante che lo circonda della bella società,
ma la moglie molto cattolica inizia a capire chi ha sposato
davvero...
De Maria dopo anni torna a collaborare
con Scamarcio (un attore che negli ultimi anni ha dimostrato margini
di miglioramento) con il risultato di omaggiare il crime
movie/polizziottesco all'italiana (Lenzi e Fernando Di Leo) in un
film godibile ma che lascia l'amaro in bocca.
Sembra una tipica prova di stile ad
effetto con tanti accessori interessanti ma che si dimentica presto
senza far luce o riflettendo su nulla, ma lasciando il crime movie
come immagine di copertina e basta, lasciando così ai posteri temi
come quelli della nevrosi della società contemporanea, lo stress
della vita moderna, l'alienazione e il lavoro, tutti mali che
andavano già delineandosi tra la classe operaia e esponenti di un
ceto medio logorato di cui ancora non si parlava tanto e in cui
Santo si sente di doverne far parte. Qui è tutto molto più
semplice. Santo sceglie la vita criminale perchè più redditizia e
perchè non vuole fare la fine del padre (visto come il fallimento da
cui prendere esempio)
Santo Russo è solo l'ultimo di una
galleria di criminali a cui il cinema ha saputo regalare volto e
performance, intenti e progetti nonchè stili di vita e tutto quanto
il resto.
Due ore di azione, dialoghi che vengono
masticati velocemente senza lasciare alcuna riflessione, un
divertissement ovvio, con una scenografia che fa da padrona e una
buona prova attoriale.
Altro non c'è da dire. Lo spietato
conferma la fretta e il bisogno di Netflix di impossessarsi di un
nutrito stuolo di prodotti per abbellire un catalogo che ogni mese
deve essere il più appetibile possibile.
La metafora del supermercato per me
rimarrà sempre la più funzionale per spiegare Netflix.
Viene doverosa la domanda o il
confronto se rispetto al cinema anni '70, che ripeto De Maria omaggia
in primis con la colonna sonora, lì almeno veniva denunciato un
certo abuso di potere, la mano dura delle istituzioni, la lotta
criminale, qui invece sembra tutto eccessivamente tirato, la
sceneggiatura è piatta e si vede che nella fretta si è cercato di
sopperire a tanti limiti della pellicola.
L'intrattenimento, quello c'è, ma
tutto il resto è lasciato alle smorfie di Santo/Scamarcio che sembra
essere diventato dopo la collaborazione con Sorrentino e l'aiuto
della Golino e della Tedeschi l'attore di punta italiano assieme a
Borghi (il quale immeritatamente gli ha soffiato il David di
Donatello).