mercoledì 25 giugno 2025

A working man


Titolo: A working man
Regia: David Ayer
Anno: 2025
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Levon Cade, vedove e padre di una ragazzina, lavora come operaio edile e nasconde la sua identità di ex Royal Marine e agente speciale antiterrorismo. Almeno finché non viene rapita Jenny, la figlia del suo capo, da malviventi affiliati alla mafia russa. Levon decide di rimettersi in azione e comincia a collezionare cadaveri sul suo cammino, pur di tenere fede alla promessa fatta: riportare Jenny sana e salva tra le braccia dei suoi cari.
 
Ayer era partito pure bene prima di finire dentro le spirali di un certo tipo di azione reazionario e fracassone. HARSCH TIMES, END OF WATCH, FURY, lasciavano ben sperare ma poi sono arrivate puntualmente le vaccate dove nell'ultima fase sembra esserci un sodalizio con Jason.
Ora il film non so chi l'abbia scritto e non voglio nemmeno andarlo a vedere. Ma è scritto male, come di qualcuno che parte con il solito leitmotiv che spinge un vecchio soldato a fare un patto per liberare la figlia rapita dei suoi datori di lavoro (il che ha già qualcosa di incomprensibile dal momento che questi sono messicani e quindi tutto vuole essere politically correct) e allora lui parte alla ricerca. Il problema comincia con il secondo atto dove Jason si fa prendere la mano e comincia un'indagine parallela per scovare chi sta sopra tutta la questione dei rapimenti e si và da banchieri corrotti, mafia russa, delinquenti di ogni sorta, ex militari. Jason comincia delle trattative losche che non portano neanche a segno e la povera messicana (fortissima nel corpo a corpo e cazzuta nonchè in grado di staccare un pezzo di faccia a morsi) sarà costretta niente di meno che a liberarsi da sola.
Alcune scene sono così trash e deliranti da meritare una menzione speciale come i due killer mandati a stanare Jason e la scena in cui va a riprendersi la figlia dal cognato in una villa con le musiche di Danny Elfman e una scena che sembra rubata da un film di Tim Burton

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