Rudolf Höss e famiglia vivono la loro quiete borghese in una tenuta fuori città, tra gioie e problemi quotidiani: lui va al lavoro, lei cura il giardino e i figli giocano tra loro o combinano qualche marachella. C'è un dettaglio però. Accanto a loro, separato solo da un muro, c'è il campo di concentramento di Auschwitz, di cui Rudolf è il direttore.
Il presupposto è l'elemento più drammatico possibile. Vivere in una villa affianco ad un campo di concentramento sentendo urla, massacri, l'odore dei corpi bruciati, vedere il fumo che esce dai crematori. E' forse un altro dato che ha dell'incredibile per capire l'alienazione a cui si è giunti sentendo Hedwig, la moglie di Rudolf, che quando sente che dovranno spostarsi perchè suo marito è salito di grado, con testardaggine e inamovibilità decide di rimanere ad abitare lì perchè ormai i figli stanno crescendo e non vuole cambiare casa e neppure paese.
Sentire senza vedere cosa succede oltre il muro è stata una scelta astuta con il risultato di fare ancor più male perchè il non vedere significa immaginare e sprofondare nell'abisso.
La tragedia di non voler vedere è un tema che rimane attuale e Glazer, regista che lavora purtroppo troppo poco, riesce in maniera equilibrata, minimale e senza retorica a creare l'orrore più inimmaginabile in mezzo ad una famiglia aristocratica
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