Titolo: Dogs don’t wear pants
Regia: J.-P. Valkeapää
Anno: 2019
Paese: Finlandia
Giudizio: 4/5
Juha ha perso la sua amata consorte, morta annegata in un
lago. Alcuni anni più tardi, incapace di superare questa tragedia, vive ancora
da solo con la figlia. Il suo incontro casuale con Mona, una dominatrice,
modificherà il corso della sua esistenza.
Era da tempo che inseguivo questo film. Qualcosa
nell’aria mi faceva pensare a uno dei miei film preferiti LA PIANISTA di
Haneke. Perversioni, bisogno di espiare una presunta colpa, l’avvicinarsi con
l’altro/a in maniera atipica e a tratti perversa, la voglia di uscire fuori
dagli schemi e liberare il proprio Io.
Nella locandina vedevo questi elementi sperando che il
film non si limitasse soltanto ad essere una galleria di efferatezze e
perversioni. Al contrario il terzo film dell’autore finlandese (e non è facile
fruire pellicole finlandesi) è un film complesso, sincero, elegante, poetico.
Un film sui rapporti umani (familiari e non) sul concetto di normalità e su
altri binari che fanno capo a un concetto più volte ripreso ovvero quello della
diversità o della doppia vita.
Un film che parla di bondage e sadomaso mostrandolo e
collocandolo sempre in una situazione che sembra spostare l’ago della bilancia
su chi realmente domina che cosa. Una dominatrix che incontra il cliente che
non avrebbe mai voluto, o di cui forse è sempre stata alla ricerca e uno
scenario quello al di fuori del negozio di tattoo che sembra grigio come
l’ospedale, la scuola o la casa in cui vivono Junha e sua figlia.
Un film marcatamente sul sociale che riesce a superare la
scelta coraggiosa di affrontare un tema poco abusato nel cinema dimostrando
compattezza, lucidità e una caratterizzazione ottima dei personaggi.
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