Titolo: Uomo che uccise Don Chiscotte
Regia: Terry Gilliam
Anno: 2018
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5
Toby è un geniale ma anche cinico
regista di spot che si trova su un set spagnolo in cui sta lavorando
su un soggetto legato a Don Chisciotte. L'incontro con un gitano che
vende dvd pirata di film ambientati in Spagna gli fa ritrovare la
copia di un'opera giovanile girata in un paesino poco distante e
avente lo stesso tema. Con quel lavoro aveva creato numerose
aspettative negli abitanti e non tutte sono andate a buon fine.
Terry Gilliam e i suoi fantasmi
nell'armadio o meglio i mulini a vento che sembrano avergli portato
in passato solo guai, resi celebri e documentati dal divertente
making off nonchè documentario LOST IN LA MANCHA.
Ora finalmente l'autore, in grado di
non arrendersi mai, ci riprova a tutti i costi dopo 25 anni, nel suo
progetto più ambizioso, scegliendo il suo attore feticcio del
passato, Jonathan Pryce, e puntando su uno degli attori indie del
momento Adam Driver.
Il risultato è buono anche se parte
della vena scoppiettante del regista si è placata finendo per fare
alcuni scivoloni come in PARNASSUS dove non sempre la consecutio
temporum funziona cercando alcuni allacci un po maldestri e non sempre
funzionali (le scene in albergo, alcuni dialoghi con i protagonisti
che Toby aveva scelto per il suo film di debutto del passato e in cui
aveva conosciuto Don Chiscotte).
Il film si muove come un manifesto
nostalgico di qualcosa che è già stato e che forse non potrà
essere più. Il regista che cerca il suo Don Chiscotte, demoralizzato
e diventato ormai un fenomeno da baraccone, racchiude diversi temi
che il regista nella sua diversificata filmografia ha più volte
trattato.
Il film a differenza di altre
operazioni ha una vena polemica e politica che raramente il regista
ha voluto trattare nel suo cinema, scegliendo di norma piani a
cavallo tra la realtà e l'inverosimile, o entrambi i concetti
mischiati secondo le regole del caso.
In questo film c'è tanto Gilliam,
forse è il suo film, pur non dichiarato, più autobiografico di
tutti, dove vediamo proprio le difficoltà produttive, gli intenti
che giocano dietro una pellicola e che quasi mai coincidono con gli
intenti dell'autore, i rapporti di potere da mantenere con personaggi
poco chiari come il Boss o sadici senza scrupoli come Alexei Miiskin.
Sembrano a tal punto convergere tra passato e presente metafore viste
negli ultimi anni che hanno anche scosso il mondo del cinema parlando
proprio di produttori.
Il problema più grosso dell'opera è
che ad un certo punto dimentica chi è Cervantes e il suo capolavoro.
Gilliam dimentica di parlare di Don Chisciotte lasciandolo dolente e
rincoglionito per raccontare se stesso e la rabbia contro i
produttori e le major.
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