Titolo: Blair Witch Project
Regia: Daniel Myrick, Eduardo Sanchez
Anno: 1999
Paese: Usa
Giudizio: 2/5
Ottobre 1994. Heather Donahue, Joshua
Leonard e Michael Williams, tre studenti dell'Università di Cinema
di Montgomery, si avventurano nei boschi attorno alla cittadina di
Burkittsville (in passato chiamata Blair), nel Maryland, per girare
un documentario sulla leggenda della strega di Blair. Armati di
telecamera sedici millimetri in bianco e nero, destinata al racconto
della storia, e di una piccola videocamera otto millimetri a colori,
per le riprese di una sorta di backstage, i tre si mettono al lavoro,
spinti dall'entusiasmo della ragazza, decisa a girare il suo primo
film. Il soggetto è succulento: Elly Kedward, accusata di
stregoneria, viene cacciata dalla città di Blair alla fine del 1700.
Dopo la sua fuga nei boschi, molti ragazzini scompaiono in quelle
stesse foreste e, negli anni '40, un serial killer uccide sette
bambini e sostiene di averlo fatto su ordine del fantasma della
strega. Dopo aver intervistato alcuni abitanti della cittadina, i tre
aspiranti filmmakers si spingono nel bosco alla ricerca della chiave
del mistero. Ma ben presto si perdono, pedinati da un'oscura e
terrificante presenza.
Ricordo ancora la mia espressione
basita di fronte al cinema in via po.
Avevo 17 anni amavo l'horror più di
qualsiasi altra cosa e dentro di me si faceva sempre più spazio
l'idea che il film in questione fosse una bufala commerciale.
Ricordo ancora i salti del pubblico e
alcune ragazze che uscirono dalla sala terrorizzate mentre io vedevo
solo immagini confuse senza capirci nulla e odiando profondamente i
registi e il montatore.
Blair Witch Project è un film orrendo
che ha sdoganato il mockumentary che tranne poche eccezioni, rimane
uno strumento furbo e rozzo per cercare di fare soldi e procacciarsi
un pubblico che ne rimanga colpito, magari sdoganando qualche teoria
complottista, o dicendo che il film è tratto da una storia vera o
bufalate simili.
L'idea venuta in mente ai due registi
non era poi male, cercava di trovare soprattutto al di là dello
schermo, degli elementi reali che potessero catturare l'attenzione e
creare così mistero e suspance.
Il mockumentary a parte averci regalato
dal punto di vista tecnico le peggiori inquadrature mai viste e un
ritmo e un montaggio che rischiano di portare all'epilessia ha avuto
nel suo nutrito numero di prodotti un successo che ancora stento a
credere.
Il fulcro o l'espediente commerciale
del sotto genere e di alcuni film che hanno incassato bene (questo
più di tutti) stava proprio nel creare uno stato emotivo ansiogeno
dei protagonisti persi nel bosco o come accadeva in OPEN WATER dentro
un oceano.
Senza buttare tutto e dando i precisi
meriti laddove esistano, questa peculiarità ha creato sicuramente un
precedente che il cinema ancora non palesava così tanto, basti
pensare a forse l'unico capolavoro, il film più importante, REC di
Balaguero, dove un maestro delle atmosfere e della suspance ricorre
in modo funzionale ad una tecnica come quella sopra citata.
Il risultato di questo film è aver
creato una macchina che nel giro di pochi anni semplicemente ha
esagerato creando film quasi tutti simili e dando la possibilità a
milioni di improvvisati registi di farsi dei piccoli film artigianali
inondando le sale con fenomeni appunto amatoriali di scarso
interesse.
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