Titolo: I.K.U
Regia: Shu Lea Cheang
Anno: 2000
Paese: Giappone
Giudizio: 3/5
La Genom Corporation sta immettendo nel
mercato dei chip che trasmettono dati erotici agli utilizzatori, che
possono raggiungere intense forme di piacere senza alcun contatto
fisico, accedendo a livello neuronale all’I.K.U. Server attraverso
un Net Glass Phone. Per collezionare i biodata necessari a riempire
la memoria dei chip, la Corporation produce sette donne-avatar, che
insaziabili di piacere, agiscono come dei virus nei corpi delle
persone con cui hanno rapporti e ne catturano emozioni da rivendere.
Le donne reyko possono mutare conformazione a seconda delle
preferenze e desideri di chiunque, siano essi uomini, donne o
transgender.
Dnotomista, exploitation,
sexploitation,weird, eccessivamente trasgeressivo, un'altra
perversione divenatta cinema. E' difficile catalogare il bizzarro
film di Shu Lea Cheang, media artist e film-maker nata a Taiwan (ora
di passaggio a Berlino). Un film erotico particolare dove la sci-fi
sembra essere il contorno su cui far girare questa galleria di
sequenze erotiche.
I.K.U è un film sperimentale
realizzato nel 2000 e prodotto dalla Uplink Co. di Tokyo, all'interno
della vicenda si è subito proiettati in una realtà
nipponico-erotico-visionaria che ricorda le atmosfere di BLADE
RUNNER, ma che le trasporta in un universo psichedelico liquido in
cui le protagoniste sono sette avatar-eroine. Queste, chiamate I.K.U.
Coders, sono delle replicanti reyko agenti della Genom Corporation.
Il film inizia finisce quello di Scott, all’interno di un ascensore
in cui la prima donna reyko scatena il suo piacere. A differenza del
film di Scott, qui non c’è amore, ma solo sesso, frase che
accompagna parecchie scene del sf-movie (“it wasn’t love, it was
sex”).
Le pecche del film riguardano lo
sviluppo della sceneggiatura e le conclusioni.
La storia potenzialmente poteva essere
molto originale e il metodo della regista nel trattarla appare
azzeccato. Ma stiamo parlando di un'artista che sembra essere stata
più attratta dall'effetto estetico della sua idea che non da quello
contenutistico.
Nel film trovano spazio donne, uomini,
esseri fluidi e ibridi, per una magica overdose di piacere spesso
poco realistica che non vuole vittimizzare nessuno di essi. Ogni
sequenza è come un frammento di digital art, i personaggi sembrano
essere usciti da un libro di comics.
Il film è stato mostrato al Sundance
Film Festival e in più di altri venti festival internazionali,
raggiungendo l’appellativo di essere un “Pussy point of view”,
mostrando la pornografia attraverso gli occhi di una donna. Il film è
un valido esempio di come la donna può affermare il proprio punto di
vista non lottando oppositivamente contro un potere cristallizzante,
contribuendo a realizzare nuovi dualismi, ma entrando direttamente
nel sistema di produzione tecnologica per inserirvi il chaos
dall’interno. E poi non tutto va come dovrebbe andare. Ci sono
virus e altre porcherie senza contare la voce di sottofondo che
deragliano e creano spiacevoli imprevisti ai personaggi.
Nessun commento:
Posta un commento