Titolo: Firstborn
Regia: Aik Karapetian
Anno: 2017
Paese: Lettonia
Festival: 35°Torino film Festival
Giudizio: 2/5
I coniugi Francis e Katrina vivono un
momento di difficoltà perché non riescono ad avere figli. Un giorno
vengono presi di mira da un delinquente che umilia Katrina e poi li
rapina. Per smarcarsi dalle accuse della moglie, che gli rimprovera
di non aver reagito, Francis si mette sulle tracce dell’assalitore
e durante una colluttazione ne causa la morte. Francis riesce
comunque a dimostrare la propria estraneità al fatto e per di più,
poco dopo, Katrina gli annuncia di essere incinta. Qualcosa però non
torna in questa apparente felicità, e ben presto un pacco anonimo lo
conferma.
La tragedia di un uomo ridicolo.
Firstborn si interroga o meglio interroga gli uomini su una
situazione piuttosto peculiare e che tendiamo a sottovalutare: la
debolezza e il sentimento di impotenza soprattutto se non riusciamo a
difendere nostra moglie dall'attacco di un ragazzo più giovane.
L'anno scorso il timido Karapetian
approdava al festival con il suo Man
in the Orange Jacket un
revenge-movie appena interessante che serviva al regista per cercare
di affinare un suo stile personale. Questo suo terzo lungometraggio
sembra proprio cercare di arrovellarsi ancora di più nella
psicologia del suo protagonista, cominciando in maniera anche
delirante a mischiare realtà, sogno e paranoie. Il problema è
quando la trama comincia a non funzionare diventando macchinosa e
piena di buchi. Il dato peggiore è che il film avendo pure
pochissimi personaggi riesce a perderseli come lo strano tipo nel
bosco che rimane lì senza un senso compiuto, il secondo tentativo di
saccheggio da parte del piccolo ladruncolo stona di fatto senza
aggiungere nulla a parte i dubbi.
Pur cercando di creare momenti di
pathos, ritmo, lentezza e alcuni disarmanti momenti di quasi non
sense (la creatura dai sei occhi rossi) le scene di sesso, il
fantasma che scompare e riappare con o senza stampelle, il film
deraglia precipitosamente come nella paranoia del protagonista
(poteva essere interessante questa sorta di limbo in cui veniamo
proiettati assieme a lui).
Purtroppo è un film che non è
riuscito a darsi sostanza cercando di creare un'atmosfera rarefatta e
solo in pochissimi casi funzionale allo stile che il regista ha
cercato di dare al film.
Peccato perchè lo sforzo del cast non
era affatto male, il protagonista ha una ghigna che lo fa sembrare
realistico al punto giusto creando in più momenti un'imbarazzante
empatia con lo spettatore.
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