Regia: Ti West
Anno: 2013
Paese: Usa
Giudizio: 2/5
Un giornalista e un video operatore di Vice Media, piattaforma di produzione e distribuzione alternativa di contributi video in rete, decidono di seguire un amico e collega fotografo alla ricerca della sorella, ritiratasi in una comunità rurale, fuori dagli Stati Uniti. Nel cuore di una foresta isolata, fuori dal controllo del governo e dei mezzi di comunicazione, i tre raggiungono la parrocchia Eden, dove circa duecento persone vivono secondo le regole di un capo carismatico che chiamano “Padre”, immersi in quella che appare come un’utopia realizzata di autarchia e non violenza. Ben presto, però, alcuni segnali inquietanti portano i tre a ricredersi sulla benevolenza del leader spirituale e sulle sue reali intenzioni.
“La mia intenzione era di analizzare gli ultimi giorni di vita di un culto religioso creando un film di genere che fosse di un tenore elevato. E’ raro trovare film di questo tipo che vadano oltre il brivido dozzinale regolato sul denominatore comune più basso. Per me era importante ritrarre questi personaggi non come insensati e psicotici adepti di un culto, bensì come persone reali con cui è possibile relazionarsi, ma che, per varie ragioni, hanno scelto di affrontare la vita seguendo un percorso alternativo e controverso. Spero di aver creato un film che susciti paura e che, nel contempo, abbia un valore sociale, un film che stimoli il pubblico a riflettere profondamente sul contenuto”.
Io spero solo che Eli Roth non diventi un nuovo Luc Besson, rovinando alcuni talentuosi registi horror. Il caso di Sacrament è abbastanza imbarazzante, rispetto ad un altro film invece molto più carino e di più facili intenti e spirito splatter come AFTERSHOCK sempre prodotto da Roth.
Lo splat pack comincia a mostrare alcune crepe mica da ridere se prendiamo ad esempio questo ennesimo found footage e cerchiamo di analizzarlo più da vicino.
Ci sono almeno due imbarazzantissimi vuoti di scrittura che bombardano lo spettatore che vorrebbe sapere, ma che invece, proprio nel finale, vede cancellare tutto con un suicidio di massa, che come spesso capita per le religioni o ibridi del genere, cancella tutto rivelando l'inconsistenza e le furbizie in campo di scrittura o forse l'unico vero intento del film.
Father è uno come tanti, un guru o forse semplicemente un pazzo che non da nemmeno l'idea di credere in quello che dice e di certo non ama il prossimo.
I protagonisti sono la solita manciata di agnelli sacrificali (purtroppo nemmeno quello) che ovviamente portano la luce della ragione in una comunità assemblata alla rinfusa, in cui quasi nulla viene spiegato, se non con un incidente scatenante davvero telefonato e per nulla originale.
Senza stare a insistere sui dialoghi imbarazzanti e sull'omologazione di massa dei membri, il film non decolla mai, anzi crolla sotto il macigno del climax finale.
Lasciava presagire qualcosa di diverso o forse leggermente più originale che si aspetta per tutto l'arco del film ma che non arriva e che riuscisse a cogliere alcune reali esigenze di questi persoanggi per poter scavare di più nell'anima del fanatismo religioso.
Il fatto che nel finale venga ricordato l'elemento reale a cui il film si ispira e le solite frasi per cercare un rinforzo, non serve più, è ridondante ed è diventata ormai la scusa dei fessi.
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