Titolo: RoboCop
Regia: Josè Padilha
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
In un futuro non troppo lontano gli Stati Uniti utilizzano nelle zone di guerra robot dalla forma umanoide assieme ai droni ma per legge non lo fanno sul proprio territorio. La Omnicorp, società che produce la suddetta tecnologia, nel tentativo di invadere anche il mercato interno con i suoi prodotti, pensa che mettere un uomo dentro le macchine potrebbe cambiare la percezione della gente e così trova un agente di polizia mutilato da un incidente sul lavoro e ne fa un robot con coscienza. La suddetta coscienza, unita ai ricordi dell'incidente sono però anche il problema principale, Robocop è efficiente ma anche una scheggia poco controllabile e dunque inutile alle finalità per le quali era stato costruito. Tutti lo vogliono morto ma lui vuole vivere.
Il primo Robocop di Verhoeven era dell'87, Tetsuo è del'89, mentre Terminator è dell'84.
Gli anni '80, per la sci-fi, sono stati davvero profetici, per indirizzare un certo sguardo sul cinema e interrogarsi sul rapporto uomo-macchina.
Ora Padilha che non è un fessacchiotto, avendo sfornato due film straordinari, cerca di cogliere l'unica grande opportunità che un remake come questo poteva dargli, ovvero sfruttare l'elemento post-moderno che più ci lascia basiti: lo spietato controllo imperialistico americano.
Se il film lo si guarda mettendo gli occhialini di ESSI VIVONO si colgono alcune critiche di un paese sovrano, che non c'è la fa più, destinato all'autoimplosione forse con qualche militare, in qualche base, in qualche località nel Texas che anzichè sparare a un commilitone lancerà un missile ponendo fine a tutto.
Il nuovo Robocop forse fa ancora più paura di quello vecchio.
Ormai ci sono i droni capaci di contare ogni singolo capello e le multinazionali che controllano la politica. Non si può nemmeno pensare ad un vero antagonista, dal momento che tutti i personaggi pensano ai loro interessi e chi in un modo, chi in un altro, si confrontano mettendo spesso e volentieri dei dubbi morali sulle scelte d'intenti.
Bisogna capire come dice Sellars e concentrarsi a cercare di dare un nome e una forma diversa alle cose in modo da spiazzare l'opinione pubblica. Allora è deliziosa la metafora. Chiamare qualcosa con un altro nome (Democrazia) e farla invece risultare come mantenimento dell'ordine, non è niente affatto distopico ma incredibilmente reale.
Padilha forse per i suoi eccessi nel cercare di portarsi oltre, diventa la scelta più funzionale, poichè porterà un valore aggiunto su un film che è diventato un piccolo cult. La produzione questo lo sà ma sà anche che Robocop è prima di tutto un film d'azione, poi politico.
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