Titolo: Prometheus
Regia: Ridley Scott
Anno: 2012
Paese: Usa
Giudizio: 2/5
Nell'anno 2089 due scienziati portano a compimento le ricerche di una vita scoprendo che alcuni artefatti, ritrovati in diversi punti della Terra e tutti risalenti a migliaia di anni prima, riportano la medesima immagine di creature giganti che indicano un determinato pianeta. Ricostruito quale sia il pianeta in questione e trovati i fondi da un miliardario morente, i due s’imbarcano assieme a un equipaggio misto di scienziati e piloti verso quel pianeta per andare a scoprire quel che ritengono essere l'origine della vita sulla Terra. Lì troveranno i resti di una civiltà aliena assieme a ciò che l'ha quasi estinta.
Ed eccoci qui. Come tutte le cose, alcune spesso e volentieri, aspettano solo di essere portate alla luce per essere sputtanate. Ed è il caso del tanto acclamato Scott e di un film che aveva fatto così tanto discutere e che ovviamente aveva generato così tanta attesa da poter facilmente far capire come mai l’idea (davvero geniale a mio avviso) non sia assolutamente stata sfruttata a dovere.
Il concetto di fondo – un viaggio se vogliamo filosofico alla ricerca degli ingegneri che avrebbero creato l’uomo – è interessantissimo, eticamente valido e originale e visivamente impeccabile. E’l’ultima caratteristica a essere stata pienamente sfruttata, anche se ancora una volta si evince come il 3d non sia assolutamente necessario, con gli ingegneri e la civiltà aliena davvero interessante da ammirare e per l’attenzione con cui sono state create, ma che non possono da sole e con l’aiuto di qualche buona interpretazione, riuscire a dare quel senso di riuscita del film.
Mancano gli elementi e quel vago senso di profondità e inquietudine che il film, trattando appunto una materia come questa, dovrebbe per lo meno, e per il rispetto della sua precedente impronta in questo genere, cercare di rendere al meglio.
Sembra ancora una volta l’occasione giocata con troppa fretta senza lasciarsi trainare dal soggetto in sé con una resa troppo superficiale e un vago senso di nonsense generale soprattutto quando come prequel di ALIEN deve comunque rispettare alcune regole per non creare troppo scompiglio con i successivi lavori.
Lasciare poi il reparto narrativo a Damon Lindelof di LOST significa aprire il soggetto a infinite possibilità di sequel e altro soprattutto contando che alla stessa base del famoso telefilm americano a ogni risposta si aprivano nuove strade e nuovi orizzonti.
Il film non è quindi sorprendente dal punto di visto del fascino della fantascienza ma ancora una volta di quella che è la sfida dell’essere umano di portarsi ai limiti, quindi soprattutto il terzo atto, capace di coinvolgere grazie alle immagini, alcune zone dell’ignoto grazie anche all’enorme lavoro di de saturazione della fotografia.
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