Titolo: Time Machine
Regia:
Simon Wells
Anno: 2002
Paese: Usa
Giudizio: 2/5
Alexander
Hartdegen, scienziato e inventore, vuole dimostrare che è possibile viaggiare
nel tempo. La sua volontà diventa ostinazione dopo una tragedia personale che
lo spinge a voler cambiare il passato. Sperimentando le sue teorie con una
macchina del tempo di sua invenzione, Hartdegen viene scagliato nel futuro a
800.000 anni di distanza, e lì scopre che il genere umano è diviso in
cacciatori... e prede.
I romanzi di H.G. Wells negli ultimi anni sono stati
sfruttati così male che probabilmente l’equazione tecnologia-modernità non ha
saputo fare da paiolo al grande maestro della fantascienza.
L’UOMO CHE VISSE NEL FUTURO è un film inimitabile per
raffinatezza e meticolosa costruzione della sceneggiatura.
Di tutti questi elementi negli ultimi anni come appunto
dicevo si è persa traccia. Se è anche vero che il film di Wells ha dei buoni
momenti, non è comunque all’altezza degli intenti e infatti rivendica solo uno
spirito commerciale e poca innovazione.
I viaggi temporali, unico vero motore dell’azione, sono
pochi e limitati con una superficialità di fondo che non riesce a far calibrare
il film.
Dialoghi e montaggio sbrigativi, Pearce che ci crede solo
in parte e un finale davvero troppo buttato lì.
Un’occasione mancata, ed è un peccato.
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