Titolo: Leningrad Cowboys Go America
Regia: Aki Kaurismaki
Anno: 1989
Paese: Finlandia/Svezia
Giudizio: 4/5
Giudizio: 4/5
Una band di strimpellatori nordici finlandesi con il ciuffo dei capelli a trapano e gli stivali a punta, i Leningrad Cowboys, scoprono che l’unico luogo in cui la loro musica può piacere alle masse o al pubblico di nicchia e l’America. Così, assieme al loro agente, un uomo avaro che nasconde la roba per non doverla condividere partono per l’America. Sono costretti ad imparare l’inglese sull’aereo e prima di partire un loro compagno muore congelato, poiché è rimasto la notte fuori nella tundra a suonare.
Arrivati in America, scoprono che non è così facile avere successo e la loro musica inizialmente non piace a nessuno.
Così l’ultima possibilità e quella di suonare ad un matrimonio in Messico.
Il film ha una sceneggiatura piattissima. Tuttavia Kaurismaki costruisce con un particolare sguardo per gli ambienti, una commedia in cui si ride e si riflette.
Film “on the road”, ma anche una commedia con parti demenziali e comiche (l’agente che nasconde la birra nella bara del morto, oppure il morto che alla fine si risveglia.
I dialoghi sono ridotti all’osso, i personaggi non parlano quasi mai, fatta eccezione per l’agente che comanda e gestisce tutta la banda.
La cosa che più mi ha stupito di questo film è sicuramente la semplicità disarmante con cui è costruito. Non ci sono scene particolari e non esiste un concetto di suspance. Lo spettatore è catturato dai silenzi e dagli enormi spazi vuoti in cui si svolge l’azione. I personaggi sembrano muoversi al rallentatore, non s’interessano a quello che succede, subiscono la prepotenza del loro agente, senza accorgersi delle sue mosse losche, rimanendo neutri dall’inizio alla fine.
Comica comparsa per Jarmush nella parte del venditore d’auto.
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