Titolo: Dillinger è morto
Regia: Marco Ferreri
Anno: 1969
Paese: Italia
Giudizio: 5/5
Giudizio: 5/5
Glauco, disegnatore industriale di quarant'anni, rientra a casa dopo una giornata di lavoro. E' un'estate particolarmente calda, la moglie di Glauco è a letto per un'influenza. L'uomo trova nella sala da pranzo una cena fredda; non soddisfatto del cibo, decide di preparare qualcos'altro. Prende un libro di ricette e inizia a cucinare. Mentre cerca negli scaffali gli ingredienti necessari, trova un pacchetto avvolto in carta di giornale. Uno di essi risale al 23 luglio del 1934 e titola "Dillinger è morto". La notizia si riferisce alla morte del famoso gangster americano. Dentro al pacchetto, Glauco trova avvolta una vecchia pistola a tamburo.
Film meraviglioso, fisico, autodistruttivo e claustrofobico che si apre con una scena che spiega esattamente le intenzioni del film e i mali a cui l’uomo contemporaneo è sottoposto continuamente e con cui deve entrare in relazione. Piccoli è superbo, addirittura come mimo in una brevissima inquadratura si dimostra un attore d’altissimo livello. Da una dimostrazione di pura e lucida follia che sconcerta.
Non a caso le parti più interessanti del film sono girate tutte in interni, così come la scena topica del film in cui Glauco, con la pistola alla tempia esce dai ranghi e regala qualche espressione da folle come contrapposizione alla sua normalità soffocante.
I filmini che il protagonista guarda continuamente diventano lo specchio delle sue ossessioni e perversioni. Tenta quasi una possibilità di entrare in contatto con le donne sullo schermo. Al tempo stesso avverte la sua catarsi in un processo d’autodistruzione che non può concedere scampo.
Tutto quello che gli sta intorno diventa trascurabile e tragico, perfetta sintesi di un male contemporaneo invisibile ma che logora l’animo umano.
Ferreri ha girato in due settimane, usando casa sua come location, uno dei suoi film più importanti della sua carriera, regalando dei monologhi splendidi e spietatamente lucidi.
Un film che non perde le analogie con la contemporaneità che ci sta intorno.
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