Titolo: Alcholist
Regia: Lucas Pavetto
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 2/5
Un uomo giace a terra su un pavimento
disseminato di rifiuti e di bottiglie di liquore vuote. Quell'uomo è
Daniel, un alcolizzato con due sole ossessioni: bere dalla mattina
alla sera e uccidere l'uomo che abita dall'altra parte della strada,
unica abitazione (oltre a quella di Daniel) in cima a una collina
nella periferia di Buffalo, Stato di New York. Solo un'assistente
sociale, Claire, si interessa alle sorti dell'alcolizzato e cerca di
capire le ragioni che l'hanno portato a desiderare così tanto
l'alcol e la morte del vicino, un uomo apparentemente tranquillo con
tanto di consorte e prole. Ma Claire potrebbe non essere l'angelo
protettore che sembra, e il processo di disintossicazione potrebbe
non essere la soluzione giusta per Daniel.
Lucas Pavetto è uno dei quei registi
italiani indipendenti internazionali che quasi nessuno conosce. Al
suo attivo tra corti, medi e un lungo è riuscito a farsi notare
soprattutto nei festival arrivando al suo secondo film che si slaccia
dal filone horro "slasher" per affrontare una tematica più
strutturata come quella dell'alcolismo pur non riuscendo a mio
parere ad avere ancora quella maturità per quanto concerne una
sceneggiatura solida e ben strutturata.
L'idea di fondo del film è
accattivante e per certi versi originale ovvero quella di analizzare
soprattutto nel primo atto la vita e i comportamenti, ma più che
altro le paranoie di un alcolista.
In secondo luogo la trama si concentra
su un'idea che distrugge quel poco di originale del film
affiancandosi al filone del revenge-movie ma in un modo abbastanza
approssimativo e che non riesce mai a portare a casa un buon colpo di
scena contando che anche il climax finale è piuttosto telefonato.
I comportamenti di Daniel, la figura
dell'assistente sociale, i tentativi per smettere di bere (chiudersi
in una cantina per 72 ore), il mostro che rappresenta la scimmia
sulla schiena (un bruttissimo tentativo in c.g che sembra citare la
creatura del secondo film di CONAN) e potrei andare avanti a citare
episodi per un film che in fondo non si sposta tanto dall'abitazione
di Daniel.
Permangono tantissimi dubbi e azioni
che non vengono del tutto giustificate.
Forse l'unica nota positiva e
interessante, al di là di una messa in scena che dimostra la
capacità tecnica del regista e delle maestranze, che nasce ma che
poi muore poteva essere quella di riportare tutta la narrazione
proprio dall'interno della casa, come il film decide di fare nel
primo atto, alternando stati di allucinazione a momenti di astinenza,
giocando maggiormente sulle paranoie e su tutte quelle paure che
arrivavano proprio da se stessi e che si propagano verso gli altri.
La storia d'amore poi con l'assistente
sociale davvero non si può vedere.
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