Titolo: Felicità è un sistema
complesso
Regia: Gianni Zanasi
Anno: 2015
Paese: Italia
Giudizio: 3/5
Enrico Giusti è il re delle cessioni.
Intermediario per un'azienda che acquista società in crisi, avvicina
i suoi clienti, quasi sempre vanesi e inconcludenti, ne guadagna la
fiducia e ne 'risana' la vita, facendoli ripartire in Costa Rica o
agli antipodi. Figlio di un padre imprenditore, che ha abbandonato la
sua famiglia per il Canada in seguito a un fallimento finanziario, e
fratello maggiore di Nicola, eterno studente che come il genitore si
risolve nella fuga, Enrico ripara il trauma infantile assistendo e
scampando aziende da gestioni disastrose. La morte tragica di una
coppia di imprenditori trentini, che lasciano un figlio diciottenne e
una figlia tredicenne orfani e 'al comando' dell'impresa familiare, e
l'arrivo imprevisto della fidanzata israeliana, sedotta e abbandonata
dal fratello, sconvolgeranno per sempre la sua vita. Una vita in
passivo e in cerca di riscatto.
Ecco. Un tocco più di eccentricità, e
non parlo di Enrico nella scena finale sulla bicicletta con gli amici
di Filippo Lievi, avrebbe giovato di più al film.
L'ultimo film di Zanasi è un'opera
intensa, mai banale anche se non riesce mai a non diventare latte e
miele come è da tradizione italiana senza avere mai quel guizzo di
cinema verità e in parte realismo che manca in più momenti.
La log line per la trama basterebbe
come l’etica del mondo del lavoro inquinata nel suo rapporto con il
capitale e già fino a qui ci sarebbe molto da dire.
Enrico diventa la facciata del cieco
profitto del capitale in cerca di delocalizzazione che inizierà a
porsi le domande giuste venendo a conoscenza di un'altra felicità
quella di una generazione successiva alla sua che cerca di porsi in
modo più umano e aperto rispetto alla vita e alla generazione
precedente affarista ed egoista.
Certo le scorciatoie nella
sceneggiatura diventano facili e il film in mano ad un'altra regia
meno fresca e più matura avrebbe potuto arrivare a creare qualcosa
di simile al bellissimo Capitale
Umano.
Il film comunque convince ed è
interessante perchè mostra comunque un manierismo diverso dal solito
nel trattare quella che potrebbe sembrare una commedia indie
americana
arrivando e percorrendo una realtà dai
risvolti sociali spesso e volentieri tragici, confermando
l'impressione che la commedia italiana, dopo anni di autentica
stagnazione di genere, tranne alcuni importanti pillole, può fare
anche altro. O almeno pensarci.
Dal punto di vista tecnico invece
Zanasi rispetto al precedente NON PENSARCI è cresciuto molto
mostrando sinuosi movimenti di macchina, tempi sospesi e musica
costante in sottofondo che crea equilibrio in quei momenti in cui la
regia e gli attori si prendono troppo tempo, soprattutto i giovani.
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