venerdì 9 gennaio 2015

Fury

Titolo: Fury
Regia: David Ayer
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Ambientato durante la fine della seconda guerra mondiale, il film narra di un sergente dell'esercito americano, da tutti chiamato Wardaddy, che guida un'unità di cinque soldati in una missione finale dietro le linee nemiche nell'aprile 1945, con la Germania nazista appena collassata. L'unità militare è composta, tra gli altri, da Norman Ellison, un tipografo dell'esercito e il membro del gruppo più giovane e con meno esperienza, che vorrebbe diventare un cecchino, soprattutto per le influenze di Grady Travis, uomo di mondo e vizioso originario dell'Arkansas, da sempre dedito alla guida di carri armati.

Ayer aveva messo la firma su due polizieschi davvero interessanti e diretti molto bene END OF WATCH e HARSH TIMES.
Fury è un film ambizioso con un nutrito cast e una scenografia eccellente condita da una fotografia in grigio che risalta ogni singola macchia di fango della pellicola.
Ora il film di Ayer ha tre elementi che purtroppo non si discostano da un tipico war-movie sulla seconda mondiale.
In primis la trama non molto curata, il viaggio di redenzione e la formazione classica del nuovo arrivato grazie al leader paterno che con la frase “Gli ideali sono pacifici; la storia è violenta” da una mezza profondità al personaggio interpretato da Pitt, il Don. Un ruolo già interpretato in cui la sua entrata in collisione con la recluta più giovane e naif, Norman Ellison a tutta l'aria di qualcosa di già visto.
Infine la retorica del carro come casa e della guerra come 'miglior lavoro mai avuto' assume una valenza che ad un certo punto sembra controproducente proprio per il plot avviluppato in un senso di giustizia tipico del mainstream americano.
Dal punto di vista tecnico, il film è estremamente ben curato e non riparmia scene cruente, con corpi brutalmente spappolati dal passaggio dei cingolati e degli arti saltati per le mine e brandelli di viso umano che decorano l'interno del carro armato "Fury" come nella scena iniziale.
In più alcuni dialoghi e la scena all'interno della casa con le due ragazze e il pasto che si consuma, diventa emblematico da un lato a sancire la disperazione durante la guerra, dall'altro a ristabilire la gerarchia di potere cercando di mettere un limite alla bestialità che accomuna i soldati durante la guerra e che vede le donne come bersaglio principale.
Infine l'aspetto che sicuramente rimane una caratteristica del regista, già analizzata nella sua precedente filmografia, è la cura degli stati d'animo dei suoi protagonisti, sprezzanti e odiosi, a cui però il pubblico riuscirà sempre a trovare un'umanità di fondo percependoli assieme alle conseguenze tremende di una barbarie che ha pochi altri eguali nella storia dell'umanità

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