Titolo: Fuga di Martha
Regia: Sean Durkin
Anno: 2010
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
Martha è una ragazza psicologicamente provata dagli anni
trascorsi in una setta religiosa, guidata dal carismatico Patrick. Dopo essere
fuggita, trova ospitalità dalla sorella maggiore Lucy e dal cognato Ted, dove
cerca di dare un senso alla propria vita. Ma il suo equilibrio mentale è
seriamente provato dalle violenze psicologiche e sessuali che ha dovuto subire,
credendo di essere osservata e controllata da Patrick e dai suoi seguaci,
Martha entra nel tunnel della paranoia.
Durkin firma due anni fa questo film solido e robusto
quanto freddo e minimale.
La trama non è originalissima ma il discorso che il film
vuole affrontare è per certi versi contemporaneo.
La normalità come forma di astrazione pura (Martha
accetta di stare con la sorella e il marito perché è costretta denunciando lo
stile di vita borghese e monotono dei due) contrapposto alle sette
para-religiose che spesso vengono accettate dai giovani perché sembrano l’unica
via di fuga come se fossero una specie di ritorno ad una comunità delle
origini.
Lo stile è interessante con questi continui cambi di
inquadratura ed un montaggio che alle volte serve a depistare lo spettatore
come nella scena in cui Martha si butta nel fiume.
Interessante e necessario anche se alle volte troppo
lento e silenzioso, cercando di voler essere a tutti gli effetti un’opera
autoriale ma senza averne ancora le fondamenta.
Il ruolo di Patrick, una sorta di guru padre spirituale
che instilla principi di vita e inizia tutte le nuove arrivate, è quanto mai
emblematico in tempi in cui finti padri spirituali guidano gruppi con una gentilezza che maschera spesso
una malcelata violenza o spietati interessi economici.
La normalità come diceva Matheson è un concetto di
maggioranza, la norma di molti e non quella di uno solo. Quando Martha lo
scoprirà forse, sarà troppo tardi…
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