Titolo: Mustang(2018)
Regia: Laure de Clermont-Tonnerre
Anno: 2018
Paese: Francia
Giudizio: 3/5
Un prigioniero violento ha
l'opportunità di partecipare ad un programma di riabilitazione che
coinvolge cavalli selvaggi. Legherà con un cavallo particolarmente
complesso, portando alla superficie ricordi pieni di emozioni.
Quando lasci a briglie sciolte un
attore massiccio, un vero fisic du role del calibro di Matthias
Schoenaerts (uno degli attori più in gamba del momento) il risultato
vista tutta la sua filmografia precedente, non può che essere
convincente.
Mustang sembra fin dall'inizio avere
pochi elementi con cui giocarsela.
Il carcere, la redenzione, un mentore
che gli fa scoprire un lato di sè che non conosceva, la horse terapy
o meglio animal terapy che alle volte il cinema indaga e infine la
consapevolezza di non diventare un gregario al soldo del boss della
prigione e via dicendo.
Roman sente il richiamo della bestia in
una scena emotivamente molto bella dove entrambi, l'uomo e la bestia,
sentono di non poter essere contenuti dove il primo addirittura
ammette fin dal dialogo iniziale con la psicologa del carcere di non
essere bravo con le persone (una frase che riassume molti altri non
detti).
Mustang è reale, pienamente
convincente anche se alcuni sviluppi sono presto riassumibili e alcuni
dialoghi molto didascalici ("Se vuoi controllare il cavallo,
prima devi controllarti") ma si concentra sulla potenza e il
carisma del protagonista che sempre di più dimostra un cammino di
maturità e di scelta di film spesso anti commerciali.
Mustang poi vince una sfida tutt'altro
che semplice per la regista di girare negli Stati Uniti e
confrontarsi con due generi molto emblematici del grande West
americano, il film di prigionia e l’immersione in un ambiente di
cowboy, un'ambiente molto maschile tra detenuti e cow-boy in un
connubio spesso anomalo ma che riesce ad avere un suo significato e
una sua precisa collocazione.
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