mercoledì 15 novembre 2017

Fortunata

Titolo: Fortunata
Regia: Sergio Castellitto
Anno: 2017
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Fortunata è una donna sulla trentina che sta crescendo da sola la figlia Barbara di otto anni in un quartiere degradato di Roma. È agosto, la città è semivuota, e Fortunata va di casa in casa a fare (in nero) messe in piega e shatush ad amiche e vicine, coltivando il sogno di aprire un suo negozio di parrucchiera e conquistare così un minimo di indipendenza economica. Franco, il marito allontanato da casa, da cui Fortunata non è ancora separata legalmente, la tormenta con visite inaspettate, insulti gratuiti e aggressioni sessuali. Chicano, il suo migliore amico, è un tossico con una madre straniera, Lotte, che sta scivolando nel buco nero dell'Alzheimer. L'incontro con uno psicoterapeuta infantile, Patrizio, cui è stato affidato dai servizi sociali il sostegno psicologico a Barbara, si presenterà a Fortunata come l'opportunità di cambiare la propria vita. Ma non tutti sanno sfruttare le buone occasioni, soprattutto se a guidare le loro azioni è una cronica mancanza di autostima e una sfiducia nella capacità (o il diritto) di essere, nella vita, fortunati.

Oggi come oggi capita sovente di potersi imbattere in qualche Fortunata.
Caratteristica di questa società, di questo periodo post-contemporaneo in cui si corre e non si ha tempo per voltarsi indietro soprattutto quando non si ha un buon bagaglio culturale e una figlia piccola iperattiva con una componente oppositiva.
La protagonista di questo intenso dramma contemporaneo che strizza l'occhio ad un certo nostro cinema neorealista, deve molto della sua riuscita alla bella protagonista, una Jasmin Trinca che finalmente è riuscita a conquistarmi con la sua semplicità e una personalità di fuoco ( una qualche similitudine con la Magnani di BELLISSIMA potrebbe pure starci) e l'attore del momento Borghi (di nuovo in un ruolo sopra le righe ma affascinante) e l'immancabile Accorsi, qui in un ruolo che come per YOUNG POPE riesce a riscattarlo e a dargli quella meritata maturità (l'assistente sociale).
Castellitto che non ho mai amato come regista e diciamo che adatta quasi tutti i suoi film dai romanzi della moglie, qui sembra per fortuna prendersi meno sul serio, lasciando la telecamera e gli attori in diversi momenti di totale improvvisazione (e direi dove vediamo anche i momenti più riusciti). Anche se spesso alcuni personaggi e tasselli della storia sembrano abbozzati e abbastanza superficiali ( il marito/poliziotto di Fortunata che non le da pace, la madre Lotte di Chicano che sembrano usciti da un film di Ozpetek) alla fine riscono a inserirsi bene come pezzi di un puzzle.
Se dal punto di vista della messa in scena e del reparto tecnico tutto sembra non fare una piega, è proprio la scrittura dell'autrice/sceneggiatrice che ancora una volta mostra alcuni limiti che se nei film precedenti erano sempre esagerate con una propensione a mostrare relazioni sempre ai limiti del sopportabile e del buon gusto, qui ancora una volta il melodramma diventa presto motivo che porta allo sfinimento e al mero masochismo femminile.
E'proprio quando il film e la scrittura vogliono decollare senza prendere le giuste distanze che il film commette i suoi errori più grandi e il destino di Chicano è proprio uno di questi, mentre dal'altra parte emergono schegge impazzite di un cinema libero e anarchico come la sfuriata di Patrizio.
Questo film assomiglia ad un elastico. Puoi tirarlo quanto vuoi ma più lo tiri e più grande è il colpo o la frusta che ti torna indietro. Guardandolo sono riuscito a non farmi male, ma soprattutto il film non mi ha annoiato per un solo singolo minuto.


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