Titolo: Fortunata
Regia: Sergio Castellitto
Anno: 2017
Paese: Italia
Giudizio: 4/5
Fortunata è una donna sulla trentina
che sta crescendo da sola la figlia Barbara di otto anni in un
quartiere degradato di Roma. È agosto, la città è semivuota, e
Fortunata va di casa in casa a fare (in nero) messe in piega e
shatush ad amiche e vicine, coltivando il sogno di aprire un suo
negozio di parrucchiera e conquistare così un minimo di indipendenza
economica. Franco, il marito allontanato da casa, da cui Fortunata
non è ancora separata legalmente, la tormenta con visite
inaspettate, insulti gratuiti e aggressioni sessuali. Chicano, il suo
migliore amico, è un tossico con una madre straniera, Lotte, che sta
scivolando nel buco nero dell'Alzheimer. L'incontro con uno
psicoterapeuta infantile, Patrizio, cui è stato affidato dai servizi
sociali il sostegno psicologico a Barbara, si presenterà a Fortunata
come l'opportunità di cambiare la propria vita. Ma non tutti sanno
sfruttare le buone occasioni, soprattutto se a guidare le loro azioni
è una cronica mancanza di autostima e una sfiducia nella capacità
(o il diritto) di essere, nella vita, fortunati.
Oggi come oggi capita sovente di potersi imbattere in qualche Fortunata.
Caratteristica di questa società, di
questo periodo post-contemporaneo in cui si corre e non si ha tempo
per voltarsi indietro soprattutto quando non si ha un buon bagaglio
culturale e una figlia piccola iperattiva con una componente
oppositiva.
La protagonista di questo intenso
dramma contemporaneo che strizza l'occhio ad un certo nostro cinema
neorealista, deve molto della sua riuscita alla bella protagonista,
una Jasmin Trinca che finalmente è riuscita a conquistarmi con la
sua semplicità e una personalità di fuoco ( una qualche
similitudine con la Magnani di BELLISSIMA potrebbe pure starci) e
l'attore del momento Borghi (di nuovo in un ruolo sopra le righe ma
affascinante) e l'immancabile Accorsi, qui in un ruolo che come per
YOUNG POPE riesce a riscattarlo e a dargli quella meritata maturità
(l'assistente sociale).
Castellitto che non ho mai amato come
regista e diciamo che adatta quasi tutti i suoi film dai romanzi
della moglie, qui sembra per fortuna prendersi meno sul serio,
lasciando la telecamera e gli attori in diversi momenti di totale
improvvisazione (e direi dove vediamo anche i momenti più riusciti).
Anche se spesso alcuni personaggi e tasselli della storia sembrano
abbozzati e abbastanza superficiali ( il marito/poliziotto di
Fortunata che non le da pace, la madre Lotte di Chicano che sembrano
usciti da un film di Ozpetek) alla fine riscono a inserirsi bene come
pezzi di un puzzle.
Se dal punto di vista della messa in
scena e del reparto tecnico tutto sembra non fare una piega, è
proprio la scrittura dell'autrice/sceneggiatrice che ancora una volta
mostra alcuni limiti che se nei film precedenti erano sempre
esagerate con una propensione a mostrare relazioni sempre ai limiti
del sopportabile e del buon gusto, qui ancora una volta il melodramma
diventa presto motivo che porta allo sfinimento e al mero masochismo
femminile.
E'proprio quando il film e la scrittura
vogliono decollare senza prendere le giuste distanze che il film
commette i suoi errori più grandi e il destino di Chicano è proprio
uno di questi, mentre dal'altra parte emergono schegge impazzite di
un cinema libero e anarchico come la sfuriata di Patrizio.
Questo film assomiglia ad un elastico.
Puoi tirarlo quanto vuoi ma più lo tiri e più grande è il colpo o
la frusta che ti torna indietro. Guardandolo sono riuscito a non
farmi male, ma soprattutto il film non mi ha annoiato per un solo
singolo minuto.
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