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lunedì 27 luglio 2020

Feast


Titolo: Feast
Regia: John Gulager
Anno: 2005
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

In un bar in mezzo al deserto, un gruppo di personaggi vengono assediati da qualcosa di soprannaturale, e restano rinchiusi nel locale per difendersi. Ingaggeranno una lotta all'ultimo sangue contro un branco di mostri subumanoidi e feroci ma solo pochi riusciranno a salvarsi.

Feast nasce da un buon progetto collettivo per cercare di dare enfasi all'horror indipendente.
Il risultato in questione è un film girato con 3 milioni di dollari tutto all'interno di un'unica location dove gli ingredienti principali sono sangue, degrado, sesso e violenza.
Creature nate da non si sa bene cosa, investite per strada e in grado di riprodursi velocemente dopo aver mangiato i loro stessi figli morti. Eroi e protagonisti che muoiono male e subito come ci ricordano i simpatici freeze-frame con la fantastica adv (aspettativa di vita dove spesso ci dicono chi morirà). Ci sono numerosissimi clichè e omaggi al cinema di genere per un montaggio forse troppo frenetico in cui non è sempre facile riuscire a seguire in particolare le scene d'azione.
Ironia nerissima, colpi di scena, assenza quasi totale di happy ending, un finale che lascia aperte numerose strade, mostri con un make-up accattivante e crudeli fino alla radice pronte a inchiappettarsi qualsiasi cosa anche delle statue di animali imbalsamati appesi al muro.
E poi bambini che muoiono molto male e oltre alle scene gore quel senso di non prendersi troppo sul serio e spingere sull'accelleratore regalando azione e budella a profusione.
Primo di una trilogia, di cui questo è certamente il migliore, Feast conserva quell'aura nostalgica e artigianale degli anni '80 preferendo buttare nel calderone tutto ma proprio tutto senza far mancare nessuna delle caratteristiche di un horror come si deve.

Feast 2-Sloppy Second


Titolo: Feast 2-Sloppy Second
Regia: John Gulager
Anno: 2008
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

I sopravvissuti alla notte di terrore e morte che ha coinvolto i clienti di un bar nel mezzo del deserto trovano riparo in una isolata cittadina nel mezzo del nulla, alla ricerca di salvezza e magari di una doccia calda e vestiti puliti. Ma i mostri affamati di carne umana che li hanno aggrediti la notte prima li seguono fin lì. E sono più numerosi di prima. E più incazzati...

Il bello di Feast 2, seguito non all'altezza del primo capitolo ma comunque gradevole, è quello di riprendere esattamente da dove era finito il precedente, gli attori sono quasi gli stessi senza la final girl e i due fratelli del primo (a cui la gemella della motociclista morta nel primo darà la caccia con le sue amazzoni su due ruote) tornano il vecchio e la biondina e si inseriscono un venditore di auto di colore con la moglie e l'amante di questa e per finire due simpaticissimi nani campioni di wrestling. Di nuovo l'ironia è nerissima, la comicità è molto più trash, il gore e lo splatter non si placano, anzi, il film risulta molto più disgustoso del primo in diverse scene come quella dell'autopsia al mostro, la morte dell'infante lanciato in aria e poi mangiato dalle creature, la catapulta con pezzi di nonna che vanno tolti, e come se non bastasse reggiseni del gruppo delle affascinanti motocicliste che servono a costruire una catapulta lasciandole nude per quasi metà film infine alcune scene di violenza discutibili come la vendetta del vecchio ai danni della biondina, crudelissima e decisamente infinita.
Il sequel a differenza del primo è quasi tutto all'aperto, sceglie la luce anzichè le tenebre, ha un make-up dei mostri decisamente discutibile e non sempre si avvale di una tecnica curata e minuziosa, lasciando montaggio e fotografia alla deriva e decisamente con un marchio di fabbrica più scadente.

Feast 3-The happy finish


Titolo: Feast 3-The happy finish
Regia: John Gulager
Anno: 2009
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Siamo alle battute finali di Feast II: Sloppy Seconds: i sopravvissuti vengono messi in salvo da un misterioso individuo, Shot Bus Gus, che sembra conoscere il segreto per tenere sotto controllo le letali creature. Li conduce attraverso le fogne, grazie alla quali attraversano tutto il sottosuolo della città. Lungo il tragitto, vengono aiutati dall'esperto karateka Jean-Claude Seagal, e scoprono che le creature sono state create in un misterioso luogo chiamato "The Hive". Forti di tutte le loro scoperte, i sopravvissuti decidono di passare all'attacco, e affrontare la resa dei conti una volta per tutte.

La saga di Feast ha regalato mostri, frattaglie, budella sparse in ogni dove, un'impronta sempre splatter, ironia nerissima, qualsiasi personaggio in vena di fare l'eroe morto nel giro di pochissimo tempo, bambini mangiati, donne e uomini violentati, sadismo, torture, combattimenti, tradimenti, gore, disgusto comico e scene di nudo e di sesso.
La sufficienza è un voto dato alla saga per intero, di cui forse la ripetizione senza mai aggiungere quell'elemento in più di storia che poteva fare la differenza, ha fatto sì che si creasse un'enorme spartiacque tra il primo capitolo e i due successivi omologando gli ultimi e i caratteri peculiari della narrazione a tratti addirittura noiosa come in questo caso.
Il primo era in un locale, il secondo in una città mezza abbandonata, in questo per sfuggire ai mostri si scende nelle fogne dove si incontreranno sette cannibali che cercano di uccidere i protagonisti e che per qualche strana ragione non sembrano interessare alle creature.
Feast 3 introduce una nutrita schiera di eroi nuovi che muoiono molto male dal belloccio muscoloso iniziale a cui la sopravvissuta spara per sbaglio in faccia, al profeta che allontana le creature con il sibilo dell'apparecchio acustico, al karateka a cui verranno amputate le braccia e ben altro.
Gulager sembra disinteressarsi alla tecnica e alle inquadrature storpiandole, spesso con una fotografia troppo cupa, esaspera ulteriormente i toni rendendo la trama soporifera caratterizzata da un delirium trash a tratti banale e inconsistente con tutto questo splatter incessante per cercare di abbellire i toni e il ritmo senza riuscirci.
Alla fine escono dalle fogne ma un robot gigantesco schiaccia il penultimo superstite e un messicano con chitarra appresso suona le ultime note dolenti della trilogia.

Racconti della Cripta-Il signore del male


Titolo: Racconti della Cripta-Il signore del male
Regia: Gilbert Adler
Anno: 1995
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Frank Brayker è l'ultimo dei guardiani, ovvero delle persone che da secoli si tramandano una chiave contenente il sangue di Gesù. Un demone se ne vuole impadronire in quanto con quella chiave (e con le altre 6 trovate nei secoli precedenti) la sua razza potrà prendere il controllo del pianeta. Frank Brayker vuole impedirlo e per questo si barrica in un hotel insieme alle persone che lo frequentano abitualmente per cercare di resistere tutta la notte, infatti con la luce del giorno i demoni devono sparire e loro potranno tranquillamente andarsene.

Sembra un parente lontano della Torre Nera questo tassello fondamentale della trilogia sui comics dei Racconti della Cripta. Il migliore grazie ad una storia che tiene incollati allo schermo per tutta la durata, ad un ritmo che non rallenta mai, a buone dosi di splatter, combattimenti, sparatorie, battaglie con i demoni e tanto altro ancora con una trasformazione demoniaca del bambino verso il finale interessante. Si ride poco e male, ironia nerissima per un film che sicuramente esagera nel plot con derive religiose e il sangue di Cristo nascosto nella fiaschetta, ma il sangue che protegge dai demoni, Billy Zane in forma smagliante a regalare un villain coi fiocchi incredibilmente cazzuto e una buona galleria di attori che riescono a dare il loro meglio contando che praticamente tutto il film è girato all'interno di questo hotel "ai confini del mondo" restano le basi solide sui cui si regge l'intera pellicola.
Rispetto a Racconti Della Cripta - Il Piacere Del Sangue per fortuna la parte comica è relegata a macchietta, l'incipit di Crypt keeper non è poi così male e nel reparto degli effetti speciali il make up è leggermente superiore e la fotografia domina con quel blu e nero sparato all'interno dell'hotel.


lunedì 20 luglio 2020

Yummy


Titolo: Yummy
Regia: Lars Damoiseaux
Anno: 2019
Paese: Belgio
Giudizio: 3/5

Una giovane coppia si reca in un malandato ospedale nell'Europa dell'Est per un intervento di chirurgia plastica a basso costo. La ragazza desidera ridursi il seno nello stesso posto in cui la madre si sottoporrà all'ennesimo lifting. Ritrovandosi in un reparto abbandonato, il fidanzato si imbatte in una ragazza, imbavagliata e legata a un tavolo operatorio. Si è appena sottoposta a un trattamento sperimentale di ringiovanimento ed egli la libera, inconsapevole di aver dato via libera a un virus che trasformerà medici, pazienti e suocera in zombie assetati di sangue.

Dal Belgio un horror sugli zombie pieno di ironia e scene divertenti. Damoiseaux sfrutta soprattutto nell'idea una formula abbastanza astuta e di certo funzionale nel mischiare grottesco, scene di sesso, nudi, operazioni per farsi allungare il pene o accorciare il seno con la voglia poi per alcune milf di rimanere sempre giovani. Dosando splatter e dialoghi ai limiti del ridicolo, in alcuni casi, ci si diverte molto con questo film che solo nel terzo atto risulta monotono anche se il climax finale fa crollare qualsiasi happy ending.
Zombie, piccole creature da laboratorio, il sosia si Gosling. Yummy è stato definito come "un'orgia di sangue, violenza e divertimento", sfruttando i soliti clichè e stereotipi del genere per regalare ritmo e forte intrattenimento sfruttando il pretesto dello zombie come formula avariata per un esperimento al fine di ringiovanire i pazienti. Le scene esilaranti comunque ci sono e per fortuna non sono poche come l'uomo a cui prende fuoco il cazzo o via dicendo fino a un'epidemia finale che dalle fogne e nonostante l'intervento dell'esercito sembra propagarsi in tutto il mondo.

Sushi girl


Titolo: Sushi girl
Regia: Kern Saxton
Anno: 2012
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Dopo sei anni di prigione, Fish è un uomo libero. Il giorno in cui viene liberato, i suoi compari organizzano una festicciola: in cinque si ritrovano a mangiare sushi sul corpo di una giapponese, stile yakuza. Sarà l'occasione per saldare i conti rimasti in sospeso.

Sushi girl è un esercizio di stile molto pulp con dialoghi e una certa scelta di cast la quale cerca di trovare la sua verve mostrando tanta violenza e scegliendo una narrazione di per sè già vista mille volte soprattutto se contiamo che è una sorta di IENE con qualche deviazione.
Candy Man, Luke Skywalker, Atreyu, Kyle Reese, Machete, l'attore feticcio di Gregg Araki e Hattori Hanzo. Queste o meglio alcune di queste solo le maestranze sedute attorno al tavolo dove sdraiata immobile si trova questa ragazza nuda vestita solo con sushi in una pratica quella chiamata Nyotaimori.
Il film infarcito di dialoghi, flashback, tante scene di tortura, complotti e raggiri, sfrutta bene l'impianto della location praticamente senza muoversi mai e alla fine ovviamente punta tutto sulla paranoia che si insisua tra i colleghi e la vendetta finale che appare abbastanza scontata e figlia di KILL BILL. La scena della rapina è forse la parte più noiosa anche se mostra un plotone di attori tutti in parte e Hamill vince a piene mani un confronto tra personaggi tutti fuori dalle righe e tagliati con l'accetta.


Racconti Della Cripta - Il Piacere Del Sangue


Titolo: Racconti Della Cripta - Il Piacere Del Sangue
Regia: Gilbert Adler
Anno: 1996
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Vincent Prather riporta in vita Lilith, la signora di tutti i vampiri per scopi inizialmente religiosi. Infatti il reverendo J.C Current ha aperto un bordello di vampire in modo da attirare i maschi libidinosi e farli uccidere come punizione dei loro peccati. L'unico modo per tenere a bada Lilith è una chiave contenente il sangue di Cristo (la stessa apparsa ne Il cavaliere del male).

I racconti della cripta non hanno mai puntato a fare paura quando a divertire e regalare storie strampalate con tanto ritmo e mostri. I risultati sono altalenanti . Il CAVALIERE DEL MALE è sicuramente il migliore grazie a Billy Zane e anche RITUAL è migliore rispetto a questa farsa sui vampiri diretta dal buon mestierante Adler. Sceneggiato da Bob Clark e Robert Zemeckis, il film vola continuamente da una citazione all'altra, mostra Lilith la regina dei vampiri, vixen dalle tette siliconate, un reverendo corrotto ma dal cuore buono, il solito detective che non aggiunge molto ad un personaggio stereotipatissimo e i vari figuranti come Corey Feldman e Chris Sarandon (il reverendo) già visto nel primo Fright Night(1985).
Tanto goliardismo, una mattanza nel bordello che sembra figlia di DAL TRAMONTO ALL'ALBA, tanto senso dell'umorismo e ignoranza eroica portata agli estremi, un film che per i fan è nostalgia pura e avventura più che horror, un film semplice, accattivante che regala solo qualche momento splatter ma per il resto fa sorridere molto e fa rimpiangere un certo tipo di cinema mainstream che sembrava un enorme giocattolo con scenografie traballanti e make-up old school.
L'antefatto tra Crypt keeper e la Cosa figlia del dottor Frankenstein è l'aspetto più triste e scialbo.


martedì 14 luglio 2020

Street Trash


Titolo: Street Trash 
Regia: Jim Muro
Anno: 1987
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

In Bowery Street la vita ha un suo tran-tran (pur fra furti, omicidi e violenze carnali). A sconvolgerla (si fa per dire) arriva l'introduzione di un terribile liquore, il Viper, che, ingerito, fa scoppiare (letteralmente) il bevitore

Street Trash è un melting movie (un sottogenere del body horror) un film cazzaro e coraggioso per l'anno in cui era uscito. Un figlio illegittimo e clandestino della Troma. Un prodotto purulento di nefandezze, scene grottesche portate all'eccesso, un horror low budget e uno splatter estremo che dilata ogni cosa che trova cercando di esagerare e portare al massimo temi come quello dell'antropofagia, necrofilia, scatologia, tra risate, urla e scene di degrado urbano che mostrano come location un cimitero di automobili nella Bowery di Manhattan, una terra di nessuno dove tutto è concesso purchè rimanga arginato in quel limbo.
Uno scontro tra ricchi e poveri sulle diseguaglianze sociali dove la banda di barboni derelitti vive obbedendo alle regole di un leader sanguinario e folle tornato dalla guerra del Vietnam con svariati neuroni in meno e un desiderio di vendetta senza eguali che in un gesto di follia nella Manhattan bene uccide un autista spaccandogli la testa dentro il finestrino.
Il film di Muro, operatore di steadycam di molti film horror pur con spunti vagamente fantascientifici è un film provocatorio e allucinato che non lesina sgradevolezze visive, costruendo una galleria di situazioni tragicomiche, crude, violenze carnali, feroci e irriverenti, dove tutti i personaggi sono delle caricature e l'unico rapporto tra benestante e povero e dato dalla ragazza che lavora nello sfasciacarrozze e il fratello minore del protagonista.
Troppe le scene indimenticabili tra tutte la bizzarra partita di rugby con i genitali di un clochard appena evirato. Romero, Morrissey, Kaufmann, Waters e Barker stuprati all'inverosimile.
E'stato definito l'horror più raccapricciante e sessuofilico dell'anno. Muro che poi è scomparso dalle scene come se avesse bevuto anche lui della pozione magica rimarrà nell'olimpo per averci regalato un film figlio del non-sense e del degrado più totale riuscendo a sublimare in qualche modo una materia rivoltante e sgradevole, ai limiti dell'hard.



Presepe vivente


Titolo: Presepe vivente
Regia: Lorenzo Fassina
Anno: 2018
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Una coppia neo pagana viene perseguitata da presenze divine dopo che, Agave la protagonista, preparando il presepe si punge ed alcune delle gocce del suo sangue cadono su delle statuette raffiguranti la natività.

Nell'universale calderone di cortometraggi italiani che fanno a braccio di ferro tra prodotti amatoriali e professionali, Presepe Vivente è un piccolo raggio di luce del male, quella luce che arriva da luoghi di divinità abissali lovecraftiane dove il presepe è un gioco pericoloso di religiosità occulta.
Se a ben dire la scrittura riesce a cogliere elementi che la messa in scena a volte azzarda o ripete con un budget misurato che punta tutto sui giochi di luce, la fotografia e la color correction.
Cosa succede dunque quando viene evocato uno spirito natalizio? Fassina ci mette dentro tutto, possessioni, pseudo zombie, raggi che sciolgono e annichiliscono, sangue e budella, splatter e combattimenti improvvisati per far finire tutto in un apprezzabilissimo bagno di sangue.

mercoledì 1 luglio 2020

Underworld


Titolo: Underworld
Regia: George Pavlou
Anno: 1985
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Il ricco e malavitoso Hugo Motherskille costringe Roy Bain, un tempo alle sue dipendenze, ad improvvisarsi detective privato per liberare l'affascinante Nicole - una prostituta d'alto bordo della quale entrambi sono innamorati - rapita da una banda di misteriosi individui che vivono rintanati nei tenebrosi cunicoli della rete fognaria londinese. Bain scopre che i sequestratori sono i sopravvissuti agli esperimenti condotti con una pericolosa droga che produce momenti di ineguagliabile estasi a prezzo di terribili e irreversibili deformazioni fisiche, inventata anni prima dal biochimico dottor Savory. Nicole stessa ha fatto uso della droga ma, per qualche ragione, non ne ha subito le tragiche conseguenze e, adesso, i mutanti credono che in lei sia la chiave per ottenere l'antidoto per la loro salvezza.

Amo alla follia Barker qualsiasi cosa faccia. Questo UNDERWORLD è stato un film molto sottovalutato con una miriade di problemi produttivi, i soliti che sembrano ombre malefiche all'inseguimento dello scrittore/regista/sceneggiatore/disegnatore/pittore.
Un film che purtroppo non ha saputo far brillare tutti gli spunti e i temi che già facevano parte del suo cult Cabal. Qui lo sci-fi prende più piega, il film fa meno paura e gli stessi mostri non hanno la stessa enfasi e il brio che li contraddistingueva nel suo capolavoro.
Un film che ancora una volta parla di quelle creature, abitanti del sottosuolo dimenticati dall'umanità, cavie, esseri allo stesso tempo così simili a noi, con una comunità, delle regole, un senso di onore e rispetto e infine personalità che cercano sempre di prevaricare l'una sull'altra.
Qui Barker nello scritto ancora una volta si era rivelato profetico nel suo sviluppare una critica sociale, una denuncia alle sperimentazioni e le conseguenze che alcune droghe possono avere sul nostro corpo. Assomiglia per alcune tematiche con il film Isola perduta, con questo scienziato/medico che sembra avere un controllo su tutto e riuscire a farsi rispettare e temere da creature ben più pericolose. Pavlou purtroppo non riesce con i suoi limitati strumenti a creare e dare risalto e continuità ad un ritmo smorzato in più parti e un'atmosfera che andava mantenuta e su cui bisognava riuscire a dare i fasti per far emergere tutta la complessità degli intenti del film. Sembra di vedere gli stessi problemi in parte che facevano parte anche de Signore delle illusioni diretto dallo stesso Barker nel 95'.

Robot ninja


Titolo: Robot ninja
Regia: J R Bookwalter
Anno: 1989
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Leonard Miller è un disegnatore di talento. "Robot Ninja", il personaggio del suo comic, ha dato fortuna al suo editore e sta anche conoscendo un remunerativo adattamento sullo schermo in una serie TV, ma a lui, che non possiede i diritti d'autore, ne è venuto in tasca ben poco al punto che il lavoro stesso gli sta venendo a noia. Una sera, incappa in due teppisti che stanno aggredendo una ragazza e il drammatico episodio lo spinge a dare un taglio netto alla sua monotona esistenza. Con l'aiuto del pur riluttante amico dottor Goodknight, Miller si confeziona un costume da giustiziere ispirandosi a "Robot Ninja" e - protetto da una tuta nera completa di maschera di metallo munita di un visore ad infrarossi e di un modulatore per camuffare la voce - intraprende una spietata e solitaria battaglia contro la criminalità che infesta di notte i quartieri di Rigdway.

Viva gli anti eroi o coloro che intuiscono già da subito che la realtà, quella vera, prende a calci in culo tutti, ancora di più nerd sfigati improvvisati e vestiti da buffoni.
Il b-movie girato con un low budget estremo coglie gli aspetti più grotteschi della farsa dell'eroe misurandosi fin da subito con un film drammatico, con una regia dignitosamente ignorante ed ingenua che spoglia il suo protagonista con l'andare avanti della sua folle vendetta di ogni dignità possibile portandolo a spararsi in faccia appena intuisce che semplicemente non potrà farcela.
Un'opera indipendente e amatoriale che riesce però a sfruttare una certa dose di dramma, combattimenti, arti mozzati, splatter e gore efficaci a gogò e altri strumenti funzionali a dare corpo e spessore alla vicenda. Molto poco ninja e niente affatto robot, Miller sembra una via di mezzo tra il Vendicatore Tossico e un Power Rangers molto sfigato preso di mira da un Henenlotter e un un Yuzna sotto acido mentre guardano STREET TRASH.

Space Truckers


Titolo: Space Truckers
Regia: Stuart Gordon
Anno: 1996
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Futuro: un “camionista spaziale” scopre che sta trasportando verso la Terra cyborg letali solo quando viene assalito dai pirati

Gordon è sempre stato un regista che si è preso molto sul serio nonostante diversi suoi film abbiano budget limitati e vengano definiti come b-movie (come se fosse un insulto). La parodia e l'ironia di fatto non sono etichette riassumibili al cinema di genere del noto regista ma questa avventura sci fi attorno alla terra è un divertissement davvero fuori dagli schemi con diversi spunti originali nella messa in scena, momenti irresistibili, tanti personaggi indimenticabili e azione e una nota grottesca alla base come a scardinare tutti i luoghi comuni della fantascienza.
Un film che fa della sua contaminazione trash uno dei marchi di fabbrica per un truck movie degno di spazi siderali e una profezia sul marcio che ci aspetterà in un futuro prossimo.
Tanto intrattenimento, momenti comici, dialoghi sempre sopra le righe come d'altronde la caratterizzazione di alcuni personaggi.
Hopper da solo traghetta tutto il film lasciando Dorff e Mazar a imparare com'è il mestiere dell'attore e lasciando porte aperte alla scelta di un villain che ormai abbiamo imparato ad amare in tanti cult come Bambino d’oro e Last action hero e parlo ovviamente di Charles Dance e il suo corpo deturpato e il suo famoso fallo ad avviamento con cui dovrà vedersela la femme fatale Mazar.
Un film che avrebbe dovuto esplodere di più nel suo essere sporco, marcio, grottesco, ironico, con scene d'azione dove la componente splatter avrebbe dovuto esagerare ancora (la strage dei cyborg nei confronti dei pirati) così come alcuni colpi di scena che potevano essere resi meglio.


Erik il vichingo


Titolo: Erik il vichingo
Regia: Terry Jones
Anno: 1989
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Il vichingo Erik organizza una spedizione verso il Valhalla, l'Olimpo degli dei finnici, per chiedere alle divinità di porre fine all'età di Ragnarok, dissipare l'oscurità e consentire al suo popolo di vedere nuovamente la luce del sole.

Indubbiamente i Monty Pyton hanno saputo fare di meglio nella loro limitata ma importante filmografia. Erik nasceva dal bisogno di confrontarsi con un universo completamente diverso, una mitologia e una simbologia che non appartenendo agli inglesi ha sempre saputo creare un certo interesse, parlando di Ragnarok, Inrama, Vichinghi, mostri, combattimenti, divinità e tutto il resto.
Jones ha perlomeno saputo scimmiottare bene parte della materia nordica inserendo sicuramente alcuni elementi e spunti interessanti (le divinità bambine) oracoli che sembrano creature mostruose, una comunità hippie che sembrano i diretti discendenti di Atlantide. Il tutto cercando di unire seriosità almeno nelle scene di combattimento (la morte di Thorfinn) riflessione (la morte iniziale di Helga e il dramma morale del protagonista) e ironia e parodia, gestendo come poteva ma non senza lesinare, effetti che sconfinano nel trash per quanto concerne la variopinta galleria di effetti speciali.
Un filmetto simpatico, leggero, che riesce nonostante i suoi enormi limiti a sforzarsi quantomeno di raccontare una storia sulla cultura norrena con rimandi mitologicamente validi, una recitazione spesso esagitata ma con alcune caratterizzazioni interessanti e un ritmo incessante.

Lesbian vampire killers


Titolo: Lesbian vampire killers
Regia: Phil Claydon
Anno: 2009
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Mentre tutte le donne della ridente cittadina di campagna Welsh vengono morse e rese schiave da un manipolo di vampire lesbiche risvegliate grazie ad un'antica maledizione, la popolazione maschile congiunge le proprie speranza in una coppia di due giovani smidollati, inviati come sacrificio nella brughiera.

Gli inglesi e le parodie di solito vanno sempre a braccetto. Lesbian vampire killers dal titolo molto accattivante cerca di infilare in un cocktail di sangue svariati ingredienti vampiri, lesbismo, satira, ultra gnocche, paesino sconosciuto e pieno di bifolchi e giovani protagonisti ingrifati che fuggono dalla realtà scegliendo il paesino in questione dove troveranno di tutto in pub affollati da redneck e cacciatori di vampiri con figlie vergini.
Il film in sè ha un buon ritmo, non si avvale di una storia corposa dove a metà del secondo atto diventa un film d'azione/horror tra combattimenti, preti che inseguono leggende millenarie e streghe che cercano di tornare in vita grazie alle loro adepte per conquistare il mondo.
Insomma un bel troiaio che però riesce a divertire e intrattenere senza nulla di originale ma dosando con astuzia un budget di certo non oneroso e l'idea di non prendersi mai davvero sul serio.



Beowulf


Titolo: Beowulf
Regia: Graham Baker
Anno: 1998
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 2/5

La Bestia uccide chiunque trovi. Il difensore della Rocca è in difficoltà fino a quando non giunge il misterioso Beowulf (figlio di un'umana e del Dio delle tenebre e della menzogna) che decide di affrontare l'entita' che sta' uccidendo tutti gli abitanti della zona

Duole vedere trattato così male un personaggio epico così interessante che si muoveva in un'ambientazione composta da creature sovrannaturali e scontri tra titani.
Il film di Baker è una porcheria cosmica, dove l'azione è lenta, i combattimenti ridicoli, la performance di Lambert imbarazzante, il mostro fatto con una c.g disturbante (nel senso che si vede male per tutta la sua durata) e pacchiana e per finire i personaggi didascalici e senza nessun guizzo d'originalità a parte la femme fatale Rhona Mitra che riesce col suo fascino a rendere meno insopportabile la visione del film. Un tentativo davvero sprecato, anche l'idea dell'ambientazione post-atomica con armi rivoluzionarie e la scelta di girare tutto il film all'interno del castello potevano davvero trovare una scrittura in grado di valorizzarne gli aspetti. Invece finisce tutto in maniera telefonata con il climax finale scontato e il solito happy ending.

Dead Ant


Titolo: Dead Ant
Regia: Ron Carlson
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Una rock band oramai sulla via del tramonto vuole tentare un ritorno sulle scene grazie al Coachella, il festival che si svolge nel deserto californiano. A bordo del loro furgone, in compagnia del loro corrotto manager, i musicisti deviano per recuperare droghe e provare nuove sensazioni Ben presto, l'arrivo della notte e la loro mancanza di rispetto per la natura li renderà il bersaglio perfetto per delle gigantesche ed affamate formiche.

Dead Ant è un b-movie su insetti giganti quindi depone fin da subito le armi per diventare una trashata comica e demenziale. Con un intro in cui una ragazza piano piano si spoglia prima di essere divorata da una formica gigante (la scena migliore del film), il resto è una galleria di luoghi comuni, prove iniziatiche sulle sostanze, confessioni, amori ritrovati, quell'impossibilità a sentirsi adulti appieno e la voglia di continuare a combinare cazzate e inseguire un successo che semplicemente non è mai arrivato.
Il film ci mette davvero molto tempo a partire con alcuni dialoghi interminabili e noiosi senza appassionare mai, la deliranza di un manager che organizza un pit-stop notturno a base di peyote, affinché i musicisti ritrovino l’ispirazione per scrivere un nuovo pezzo che spacchi, ovviamente senza riuscirci.
I nativi americani post-contemporanei e globalizzati che si fanno pagare con la carta di credito e contestualmente lanciano un monito: durante l’assunzione del funghetto non dovranno molestare o uccidere nemmeno una piccola mosca, altrimenti la natura si vendicherà.
Purtroppo le risate sono il fattore più anomalo del film dal momento che suscitano ilarità solo in qualche patetico deficiente.


sabato 16 maggio 2020

Extraction


Titolo: Extraction
Regia: Sam Hergrave
Anno: 2020
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Un uomo assolda un mercenario per far ritrovare suo figlio

Chris Hemsworth & company sono come i Baldwin. Un'insieme di fratelli che ci tocca sopportare nonostante il contributo sia assai discutibile. Ora Chris manco a farlo apposta è il migliore ma è un fisic du role, che recita di mascella e spesso ha dato modo di rendere al meglio le sue prodezze in film discutibili e reazionari. Fino ad oggi Thor è la cosa migliore che abbia fatto e penso di aver detto tutto.
Ora Extraction è un film che cerca di fare meno sforzi possibili nella creazione di una storia per puntare tutto sui combattimenti e le roboanti scene d'azione (poi c'è pure il piano sequenza che blah blah blah). Un film incredibilmente stupido che per fortuna non si prende mai seriamente, che sposta i nemici in India confinando col Pakistan e che mette all'interno tante scene di botte da orbi funzionali quanto scoppiettanti (il perchè è uno solo e ci riporta al nome in questione Sam Hergrave, praticamente il dio del tuono degli stunt man che prima o poi dovrà vedersela con il suo acerrimo rivale il dio della forza Chad Stahelski).
Un film che nelle sue due ore però non riesce ad annoiare mai nonostante i cambi continui di location e alcune prove attoriali che fanno sembrare tutto una sorta di circo bollywoodiano che mette le radici nell'ignoranza eroica di Hemsworth e l'inutilizzatissimo David Harbour.
Un film che ad un certo punto smette di raccontare per far sparare più o meno tutti, in testa i bambini, ognuno sacrificando e cercando di essere cazzuto il più possibile passando dal lato oscuro alla luce bianca o viceversa. Un b movie con un budget alto, esplosioni a quintalate, elicotteri che si sfracellano, il protagonista caratterizzato così male che nel primo atto ti viene solo da ridere.
Un film di quelli che non si può prendere sul serio, ma ci si diverte, contando che per fortuna non è reazionario, è solo ignorante e regala tanto intrattenimento anche se telefonato e con i non colpi di scena pronti a minare ogni tentativo di provare a credere di avercela fatta.


lunedì 4 maggio 2020

Drive in 2000


Titolo: Drive in 2000
Regia: Brian Trenchard-Smith
Anno: 1986
Paese: Australia
Giudizio: 4/5

Crabs, dinamico giovanotto che è riuscito a strappare un appuntamento alla bella Carmen, prende in prestito l'auto del fratello per accompagnare al Drive in la ragazza dei suoi sogni. Ma il divertimento finisce presto, non appena i due giovani, assieme ad un centinaio di altre coppie, scoprono che per disposizione del governo il parcheggio è stato sigillato e di fatto trasformato in un campo di sorveglianza dal quale è impossibile uscire. Per molti ragazzi, disadattati o privi di redditi di lavoro, quella soluzione - ancorchè inaspettata - non è così negativa, dal momento che comunque fornisce loro nutrimento e riparo più regolare di quanto godessero fuori, ma Crabs non accetta la situazione e progetta la fuga...

Nel 1988 due anni dopo l'uscita del film uscì uno dei miei libri preferiti "La notte del Drive Inn" capolavoro assoluto e istant cult dell'immenso Joe Lansdale che credo di aver letto almeno sei o sette volte. Chissà se qualcosa di questa pellicola impressionò lo scrittore nella lavorazione del suo romanzo.
Per me l'Ozploitation australiano continua ad essere un mistero, una fauna incredibile di risorse e film assolutamente straordinari. Pochi ma fondamentali esempi sono stati Macchine che distrussero ParigiBody MeltWake in frightMad Max-InterceptorRazorback-Oltre l'urlo del demonioNeurokillers. Qui parliamo di un altro film che non posso che esimermi dal definirlo cult assoluto. Vuoi l'ambientazione, l'atmosfera post atomica, la crisi economica globale, un prossimo futuro dove i drive-in diventano campi di sorveglianza dove gli internati vivono a base di junk food, new wave, droga e film di serie Z.
Dove vengono riscritte le regole, il divario sociale cresce a dismisura, dove la comunità sembra rassegnarsi toccando momenti di squallore, dove un demiurgo agisce indisturbato aiutando a far sì che tutto rimanga intrappolato in una sorta di limbo che sembra un paese dei balocchi infinito.
A differenza delle pellicola sopracitate qui l'uso della violenza è centellinato. L'azione è spostata sulla disobbedienza del protagonista e degli altri internati, nel cercare di spezzare le catene di un progetto che vuole annichilire la dignità e la libertà dell'individuo infarcendolo solo di porcherie e distrazioni.
Un film che non esula da evidenti difetti soprattutto nella parte centrale ma a differenza dei media in generale che lo hanno devastato di critiche negative, rimane un b movie puro con un budget modesto che non poteva competere con film di quel periodo, ma che cerca come può di fare della scrittura e dell'originalità del soggetto il suo pezzo forte.

Vfw


Titolo: Vfw
Regia: Joe Begos
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Un gruppo di veterani deve difendere il proprio territorio da un esercito di mutanti punk trasformati a causa di una potente droga.

Per me Joe Begos sta diventando una potente droga che rischia di darmi sempre maggior assuefazione.
I suoi film sono marci e disperati. Dotati di un pessimismo cosmico, dipinti di ignominie a cui ormai dobbiamo arrenderci a vedere il mondo sempre più popolato da derelitti e sballoni, vittime sacrificali, alcolizzati e pazzi isterici.
Ora per me Vfw è la sua summa contando che ha 32 anni, è al suo sesto film e forse se continua così potrà essere giustamente venerato dagli amanti del cinema di genere.
Ho amato i suoi precedenti film tanto Bliss, abbastanza Almost Human e in parte minore ma non per il suo corto Tales of Halloween.
Vfw è riassumibile in una log line, ha pochi e cazzuti protagonisti, un'unica location, dialoghi da brivido e tagliati con l'accetta e tutto il resto è splatter puro, budella e frattaglie sparse in ogni dove con questo esercito di mutanti che sembrano zombie pure abbastanza cazzuti, delle vere e proprie bestie da macello. Tutto andrà come non deve andare e due soli locali sembrano sopravvissuti ad una pandemia post apocalittica, uno un ritrovo di veterani di guerra, l'altro una Sodoma più piccola.
Un gruppo di vecchi che fanno il culo a tutta la saga de i Mercenari messi assieme e non parliamo di fisic du role imbolsiti ma di veterani veri di alcuni pezzi rari di di cult del cinema che riescono a interpretare e dare spessore come Stephen Lang, William Sadler, Fred Williamson, Martin Kove e David Patrick Kelly
Un b movie dove Carpenter viene spremuto e venerato come una sorta di profeta dell'apocalisse, dove trash, weird, splatter, grottesco, ironia, azione, thriller, dramma, vengono dosati e miscelati in un cocktail di Pechino che chi ha il coraggio di pipparselo vedrà demolita ogni frontiera mentale.


Squirm


Titolo: Squirm
Regia: Jeff Lieberman
Anno: 1976
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Fly Creek, piccola cittadina tra le foreste della Georgia, paludosa e dedita alla pesca. Quando una violenta tempesta la colpisce, causando il crollo di un grande generatore di corrente, un’enorme carica elettrica penetra il sottosuolo fangoso, causando la mutazione letale di tutti i vermi che popolano la zona.

Squirm come Bug-Insetto di fuoco, condividono gli stessi anni, il film di Swarc è di un anno prima ed entrambi affondano le radici nella sci fi per diventare poi robusti caposaldi di un sotto genere che coniuga horror e eco vengeance. Quando non sono gli esperimenti dell'uomo, rimangono comunque errori legati a qualcosa che semplicemente non doveva essere lì come nel caso dell'incidente a Fly Creek nel prezioso film di Lieberman.
Una storia peraltro complessa che segue parallelamente mutazione e orda malefica di quella stirpe di 250 mila vermi presenti in scena e allo stesso tempo uno spaccato sociale tra forestieri e contadini, città e provincia. Il film venne presentato a Cannes per sottolineare la complessità dell'opera e non relegarla solo a un b movie con insetti che uccidono e basta.
Più il contesto sociale, le paure che sfociano in odio, la caratterizzazione dei personaggi e molto altro ancora salgono di livello, più il resto sembra già fatto, facendo decollare il film in un thriller complesso e ambizioso. Attraverso interviste al regista Jeff Lieberman e all'attore protagonista Don Scardino, sono raccontati diversi retroscena della realizzazione del film, inizialmente pensato per il New England, per ricalcare le atmosfere dei racconti di Lovecraft, e poi girato invece nel Sud, in Georgia, con un budget molto basso e avvalendosi della gente del posto, spesso ignara d'essere ripresa, o invece felicemente scritturata, come i boy scout locali, impiegati per animare il mare di vermi visibile in una delle scene finali del film. Tra i tanti e divertenti aneddoti, si ricorda come a causa di Squirm: i Carnivori della Savana e del suo utilizzo di circa 250 mila vermi, per tutto l'anno successivo ci sia stata una carenza cronica di esche su tutta la costa orientale!