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mercoledì 22 gennaio 2020

History of horror


Titolo: History of horror
Regia: Ely Roth
Anno: 2018
Paese: Usa
Stagione: 1
Episodi: 7
Giudizio: 3/5

E'un progetto complesso, didascalico, citazionista, un compendio di tutto quel vocabolario horror che i fan di genere conoscono a memoria e di cui questi episodi contengono quelle rare prelibatezza che in parte ci erano sfuggite.
Siamo di fronte a AMC Visionaries: Eli Roth’s History of Horror, docu-serie tv in 7 puntate facente parte di un nuovo show della AMC, che Roth ha voluto fare a tutti i costi come una sorta di banca della memoria di alcuni grandi maestri, delle loro testimonianze viventi con interviste ai più grandi rimasti e le loro storie, esperienze e curiosità e soprattutto retroscena.
Tanti gli ospiti, da quelli a lungo termine come alle comparse. Nomi sulla bocca di tutti che prevedono scrittori, registi, sceneggiatori, attori, produttori. King, Tarantino, Peele, Blum, Englund, Blair, Zombie, Nicotero, Curtis, Elijah Wood, Landis, Linda Blair, Jack Black, Hedren, etc.
7 episodi per sette tematiche differenti che vanno dallo slasher in due puntate, possessioni demoniache, mostri, vampiri e fantasmi.
History of horror è una sfida in parte vinta se contiamo che progetti di questo tipo sono atipici, quanto allo stesso tempo una carrellata di notizie che tutti i fanatici dell'horror conoscono quasi a memoria fatta eccezione per le curiosità legate a particolari sul set a detta degli autori.
Resta comunque una visione molto convincente, con tanti spezzoni di cult dell'horror, dell'analisi di un sotto genere che piace più alle donne che agli uomini, l'impatto che i singoli aspetti hanno avuto sulla società e sull'immaginario collettivo e che negli ultimi anni è diventato un fenomeno di massa con produttori assatanati e saghe interminabili e opinabili con tanto tempo rubato da saghe come TWILIGHT o THE WALKIND DEAD e in tutto questo, tantissimo cinema che rimane fuori, ai posteri, e che avrebbe dovuto chiamarsi forse History of American horror.
Se si pensa che proprio Roth che ama il cinema di genere italiano e avendo fatto dei remake molto discutibili tenga fuori Bava, Argento, Fulci, Deodato e tanti altri senza stare a pensare al cinema europeo come quello orientale, l'operazione fa storcere il naso sperando che se ci sarà un futuro, verrà analizzato anche un altro continente e il peso specifico che ha comportato in parte per la nascita del cinema horror americano.
Gli episodi hanno comunque un buon ritmo alternando sketch, frasi memorabili, scene indimenticabili e diventate cult per alcuni film, il tutto in una durata di 40'.


martedì 7 gennaio 2020

Vampyres (2015)


Titolo: Vampyres (2015)
Regia: Victor Matellano
Anno: 2015
Paese: Spagna
Giudizio: 3/5

Due vampire molto affascinanti seducono dei turisti in una villa nella campagna inglese, costringendoli ad orge di sesso e sangue. Ma l'arrivo di tre giovani turisti scombussolerà la routine delle vampire e una di loro si innamorerà di un visitatore.

Quanto sesso, quante scene di nudo e saffiche in questo cruento horror che dona di nuovo il prestigio alle creature della notte. Non siamo di certo di fronte ad un capolavoro e il film più volte deraglia sull'autocompiacimento e un esercizio di stile nel mettere in scena due vampire davvero sexy. Ringraziando ora e per sempre la Midnight Factory di portarci film che senza ombra di dubbio sarebbero finiti nel dimenticatoio, Vampyres altro non è che un remake di un vecchio cult del 1974, OSSESSIONE CARNALE (in originale proprio Vampyres) dello spagnolo José Ramón Larraz.
Il film di fatto non ha una trama così squisitamente conturbante. E'una piccola macelleria la villa in cui vivono e godono dal mattino alla sera per non annoiarsi le due protagoniste, aspettando che qualcuno arrivi a bussare alla porta, qualcuno con cui divertirsi, una vittima sacrificale.
Matellano dispone di un budget risicato ma nonostante tutto concentra tutta la vicenda sulle torture, sui macabri rituali delle due donne, sul cercare di conoscere l'ospite senza farlo finire subito troppo male. Un film che nei suoi difetti di forma e tecnica concentra, e fa bene, tutto sulle scene di sesso e sangue, le quali oltre ad essere girate molto bene, risultano anche in termini di recitazione le più convincenti e per finire un climax finale che richiama i perversi rituali della contessa sanguinaria, Erzsébet Báthory. E poi bisogna riconoscere al regista che nonostante la trama che sembra più uno spunto per farsi i fatti suoi nella villa, tra orgie di eros e sangue, il regista di fatto rievoca tutto un immaginario legato alle pellicole del terrore spagnole di quegli anni (e ne uscirono davvero molte) basti pensare a Jesus Franco che Matellano avendolo già trattato, non smette di citare e provare a fare quasi una comparazione tra i due modi di fare cinema e di saper trattare le sanguinolente avventure delle sue vampire come d'altronde avevano fatto i suoi colleghi a quei tempi.

Blade II


Titolo: Blade II
Regia: Gulliermo Del Toro
Anno: 2002
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Blade, un uomo per metà vampiro, si vede costretto a schierarsi con un team di vampiri molto potenti per sconfiggere un nuovo tipo di super-vampiro che nessuno di loro ha mai affrontato prima. È l'unica possibilità per scongiurare l'eliminazione della razza umana e di quella dei vampiri.

Del Toro conferma ancora una volta il suo buon gusto e il tocco da Re Mida nel saper gestire qualsiasi genere con cui si cimenta.
Blade II riesce a coniugare molto bene horror e azione, con un ritmo adrenalinico, mostra una metropoli e il sotto suolo (le fogne per intendersi) putride e anarchiche oltre che malsane, prende alcuni suoi fedelissimi come Perlman e Goss e riesce a sfornare un sequel che non è solo il migliore del primo, ma di tutta la saga.
Blade II è il b-movie di puro intrattenimento, l'occasione per l'autore prima di girare il duo di film Hellboy(2004) Hellboy 2-The Golden Army di dimostrare ancora una volta un'enorme fantasia e creatività, dando i giusti ritmi all'azione ma senza mai perdere di vista la storia e la sua fondamentale importanza.
In più l'idea di raccontare i vampiri poteva concludersi con nessuna ricetta innovativa ma Goyer confeziona una storia originale dove incontriamo i mietitori, mostruosi mutanti succhia sangue che si nutrono di umani e di vampiri, ma soprattutto sarà difficile non provare empatia per il villain di turno Jared Normak il vero jolly del film.
Peccato per Wesley Snipes, sempre più insopportabile nel ruolo da protagonista e alcuni combattimenti decisamente troppo veloci.


sabato 16 novembre 2019

Cyber City Oedo


Titolo: Cyber City Oedo
Regia: Yoshiaki Kawajiri
Anno: 1992
Paese: Giappone
Giudizio: 4/5

OEDO (ex Tokyo), anno 2808. Sengoku, Benten, Gogul: intraprendenti cybercriminali condannati a scontare dai 295 ai 375 anni di carcere. Le alte sfere governative decidono di sospendere tutte le sentenze in cambio della loro collaborazione nella lotta contro il crimine. Riusciranno i tre neo-agenti della Cyber Police a portare a termine ogni missione con successo? Il collare esplosivo che sono costretti a indossare non lascia loro molta scelta.

Ancora l'immenso Yoshiaki Kawajiri, un regista d'animazione come non si sono quasi mai più visti che ha saputo regalare perle per quanto concerne la nutrita gamma di generi a cui il suo cinema attinge e aderisce. Un'autore in senso ampio del termine di cui credo su questo blog di aver recensito tutte le sue opere, tante, diverse, una più bella dell'altra di cui questa mini serie composta da tre Oav da quaranta minuti l'uno raggiungono i fasti più alti del suo cinema.
Sci-fi, poliziesco, thriller, horror. Cyber City Oedo è composto da tre episodi diversi ma collegati dove in ognuno è presente una storia incentrata su uno dei tre protagonisti principali.
Con una soundtrack dominante e ipnotica Kawajiri inserisce quasi tutte le sue tematiche raggiungendo e inserendo però alcune meta riflessioni filosofiche sul destino e tante altre domande e argomentazioni affrontate in passato. I complotti, il governo corrotto, le macchinazioni politiche, i collari per controllare i prigionieri e usarli come schiavi per i propri scopi, gli esperimenti militari a danno di alcuni prigionieri usati come cavie. Temi e portate che vengono inserite in maniera più che perfetta, dove il nostro autore si sbilancia affrontando anche l'horror con una storia che vede protagonista un vampiro, tantissimo sangue e un livello di violenza che rimane uno dei marchi di fabbrica del cinema di Kawajiri come in alcuni film possono esserlo le scene di sesso.Gli scenari poi sono curatissimi, il delirio cosmico e le ambientazioni cyberpunk rendono ancora più suggestivo un universo creato ad hoc per dare ancora più enfasi alla storia.
Lo stile poi ormai da tempo non ha più nulla da mettere in discussione, è rodato e ormai consolidato con alcune scene d'azione realizzate in maniera impareggiabile dando sempre una profonda riflessione sullo spirito di sacrificio, sull'enorme senso di spettacolarità e alcuni scontri che inseriscono anche un certo discorso sull'onore e sul rispetto che merita un discorso a parte.
I criminali che Kawajiri mostra, tre personaggi che come sempre si distinguono in tutto e per tutto come se fossero straordinariamente diversi nel design e nel character, sono gli stessi anti-eroi che abbiamo conosciuto in altre opere come sempre prediligendo e distinguendosi per delle storie che non prevedono dei veri e propri eroi canonici ma in fondo dei buoni che sanno sacrificarsi per la giusta causa e al tempo stesso rimangono anarchici in tutto e per tutto, odiando le regole e un sistema che gli vende e gli usa come vittime sacrificali e capri espiatori.




domenica 27 ottobre 2019

Perfect Creature


Titolo: Perfect Creature
Regia: Glenn Standring
Anno: 2006
Paese: Nuova Zelanda
Giudizio: 3/5

Siamo in "Nuovo Zelandia" un luogo in cui le ere (quella Vittoriana e una più recente) sembrano essere entrate in commistione. In questo mondo esistono i vampiri, creature originate 300 anni prima da una mutazione genetica. Essi però hanno stretto un patto con gli umani e si sono uniti in una comunità di "Fratelli".
I vampiri fanno uso delle loro superiori conoscenze e dei poteri attribuiti loro dalla particolare conformazione fisica per aiutare gli esseri umani. I quali li ricambiano con spontanee donazioni di sangue. Tutto è sempre andato per il meglio finché un giorno Edgar, un vampiro, ha iniziato a vedere gli umani come prede. Edgar è figlio del Grande Sacerdote della comunità e fratello di Silus il quale si allea con la polizia umana per metterlo in condizione di non nuocere

Standring al suo attivo ha due film, questo è il suo esordio, un film particolarmente brutto anche se con qualche trovata simpatica L'INCONFUTABILE VERITA'SUI DEMONI.
La prima volta che vidi il film non ne rimasi affascinato, anzi, mi era sembrato abbastanza privo di forza e non trovavo particolarmente stimolante la trama e la messa in scena.
Riguardandolo però ho avuto modo di ricredermi, certo non è uno dei miei cult tra i film di vampiri, ma mette tanta carne al fuoco, in maniera abbastanza approfondita e caratterizzando bene i personaggi, caratteristiche che nel cinema d'azione-horror non sempre trovano una buona gestazione. In questo caso invece la comunità dei Fratelli, il contesto di un'era o meglio un'ambientazione steampunk che non viene perfettamente decifrata, la creazione dei vampiri che avviene geneticamente e la comunione con gli umani e lo scontro tra i due fratelli crea un bel mix di elementi che si affacciano al cinema di genere in maniera se non altro originale che parlando di vampiri non è un elemento da poco.
Action, horror, dramma, noir, poliziesco, thriller. Standring crea un suo piccolo universo da cui potrebbero trarre numerose stagioni di una serie tv nel voler anche solo ampliare la storia e parlare di come tutto è stato creato e del perchè, elementi che nel film vengono esaminati con poche battute per dover riuscire a far convergere tutto fino alla fine.




Vampire Hunter D-Bloodlust


Titolo: Vampire Hunter D-Bloodlust
Regia: Yoshiaki Kawajiri
Anno: 2000
Paese: Giappone
Giudizio: 3/5

Continuano le avventure di D, dampyr cacciatore di vampiri che, nelle lande desolate di un imprecisato futuro post-apocalittico, è stavolta assoldato dal ricco John Elbourne per salvare sua figlia, Charlotte, rapita dal vampiro Meier Link. Questa volta la missione sarà più difficile del solito, visto che deve rivaleggiare con un altro gruppo di ammazzavampiri incaricati dello stesso lavoro...

Il successo di D è legato a pochi ma squisiti fattori. Il primo è riconducibile alla regia di Kawajiri in assoluto uno degli artisti più funzionali e interessanti di quel periodo che con una piccola ma studiata filmografia è riuscito a far uscire alcune perle rare dell'animazione occupandosi spesso anche della sceneggiatura, dello storyboard e come supervisore degli effetti sonori. Opere complesse, molto violente e con scene di sesso, sci-fi, fantasy e horror.
Oltre al prestigioso artista di talento, un altro fattore è legato alla forma, all'estetica, all'aver trasformato il cacciatore di vampiri come lo conoscevamo, in groppa a un cavallo meccanico e con una lunga spada come arma mortale. Il Dampyr è stato portato al cinema nella famosa saga di BLADE con risultati discutibili fatta eccezione per il migliore che rimane il secondo capitolo diretto da Del Toro. I giapponesi per quanto concerne le ambientazioni, le epoche, riescono sempre a trovare delle immagini molto suggestive, a trovare un loro sincretismo mischiando mondi diversi, elementi antichi e tecnologici, come lo dimostra il mondo post-nucleare dove l'assetto geopolitico del pianeta è completamente cambiato, dando vita a un nuovo medioevo. Dal punto di vista tecnico è inutile stare a dire come questo lungometraggio abbia superato in tutte le fasi il suo predecessore, diventando graficamente eccellente, con dei combattimenti memorabili, scenari inquietanti e gotici e poi il castello di Carmilla che fa sempre il suo effetto.
Forse l'unica pecca, se così possiamo chiamarla, è quella ancora una volta di non aver caratterizzato in maniera un po più approfondita alcuni personaggi, anche se poi a pensarci bene D è sempre stato molto ambiguo e serrato nel suo caparbio mutismo.








giovedì 24 ottobre 2019

Bliss

Titolo: Bliss
Regia: Joe Begos
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Dezzy una brillante pittrice attraversa la peggior crisi creativa della sua vita così fa di tutto per completare il suo capolavoro tuffandosi in una spirale di droghe, sesso e violenza nel sottobosco di Los Angeles.

Qui c'è una parte di factory dell'indie horror americano che è ora venga scoperto e sdoganato, dal momento che parliamo di Begos (sei giovane, troppo giovane hai solo due anni in più di Dolan) che aveva diretto Almost Human che con tutti i difetti del caso a me sinceramente era piaciuto dandogli stima totale per quanto concerne l'arrampicarsi sugli specchi pur di portare a casa il film. Con ordine poi abbiamo Jeremy Gardner che recita nel ruolo del compagno di Dezzy che aveva recitato in Like me (film da vedere a tutti i costi), in Spring e diretto Battery, un horror che non ha bisogno di presentazioni.
Bliss è la bile nera che ti esce dal corpo quando hai toccato il fondo pippandoti tanta di quella roba nera (non meglio precisata) che le allucinazioni potrebbero essere il male minore.
Bliss cresce in continuazione, si fa sempre più male in una lotta masochista per poi arrivare all'apoteosi di sangue che non ti aspetti. Un grand guignol di efferatezze, di schifo e marciume continuo, di uno stile ancora più rozzo rispetto ai film precedenti girato in 16 mm, con una grana sporca, luci rosse e scure che coprono quasi i volti dei personaggi, un'anima punk, anarchica, un sapore vintage, di nuovo muoversi tra i generi senza troppa difficoltà e con molta disinvoltura.
Bliss è caos, è disordine mentale e fisico dall'inizio alla fine, un film che ti rimane dentro, perchè da un lato potrebbe essere un tabù di qualcosa con cui si ha paura di entrare in contatto, dall'altro una forma di dipendenza nell'appurare che a parte succhiare il sangue quando ne abbiamo bisogno, una parte di noi è anche questo o potrebbe arrivare ad esserlo.
Un film spinto, un'opera di nuovo portata a casa con pochi soldi, ma con tante idee, alcune trovae davvero niente male, un ritmo che non accenna mai a fermarsi, una strizzata d'occhio a Devil's Candy e Driller killer per gli spunti sulla storia.
Alla fine per Dezzy diventa una sorta di bagno di sangue, un grido di dolore e piacere che sembra uscire dalla bocca della protagonista di Excision. Sembra un Only Lovers Left Alive drogato e sotto acido che incontra Streghe di Salem dopo aver mandato al creatore con la cocaina nera tutti i componenti della band di Mark Renton. Bliss è devastato dal suo essere in botta dall'inizio alla fine del film, un'unica grande allucinazione sospesa tra profusione di sangue, squartamenti, scene surreali, vomito, sesso in tutte le maniere possibili.
Dezzy è ancora lì...che cerca di smaltire la botta.

domenica 29 settembre 2019

Ragazzi perduti

Titolo: Ragazzi perduti
Regia: Joel Schumacher
Anno: 1987
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Una donna divorziata con due figli adolescenti si stabilisce nella casa del padre in un villaggio della California apparentemente tranquillo. In realtà è infestato da una banda di vampiri. Il figlio maggiore si innamora di una bella vampiretta (però suscettibile di normalizzazione), la madre addirittura del capo vampiro

"Dormi tutto il giorno, impazzi la notte, non invecchi mai, non muori mai. Niente male essere un vampiro oggi."
Erano gli anni '80 in cui Schumacher girava ben due cult per il sottoscritto tra cui questo è LINEA MORTALE. Due film che hanno segnato l'infanzia giocando chi con il vampirismo e chi con la sfida con la morte. Entrambi figli di quegli anni dove sicuramente comparivano mille imperfezioni e Sutherland diventava, anche se per poco, l'attore feticcio del regista.
Lost boys aveva qualcosa di immortale, non faceva mai paura ma creava una strana atmosfera in grado di ammaliare e creare una certa suspance. Per lo meno giocando con alcuni luoghi comuni del vampirismo ma senza renderli mai banali, con un manipolo di attori più che perfetti, musiche e abbigliamento figli di una cultura hippie (People are strange dei Doors all'inizio) e di una California pervasa da sotto culture e luna park sulla spiaggia e Santa Carla capitale mondiale degli omicidi con volantini di missing childs e non solo.
Ribellione contro le regole degli adulti, un Peter Pan all'incontrario, un mix di horror e commedia, molto commedia all'inizio e un po' più horror, tendente allo splatter nel finale, molto funzionale e con alcuni momenti imprevedibili e di forte suggestione. Ragazzi perduti trova la sua vena cult inserendo tanti elementi in un perfetto gioco della bilancia dal tono scanzonato, per la riuscita commistione fra spaventi e risate, per l'idea, estremamente riuscita, di inserire la figura vampirica in un contesto adolescenziale facendo diventare il non morto, glamour, giovane e sensuale.
Assieme a Giorno di ordinaria follia, LINEA MORTALE e Blood Creek rimangono i film migliori del regista.
Ragazzi perduti è I GOONIES con i vampiri!

venerdì 9 agosto 2019

Night Watchmen


Titolo: Night Watchmen
Regia: Mitchell Altieri
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Tre inetti guardiani notturni, aiutati da una giovane e bellissima giornalista senza paura, combattono una battaglia epica per salvare le loro vite. Una ronda sbagliata scatena infatti un'orda di vampiri affamati e all'improbabile gruppo spetterà il compito di fermare un flagello che non minaccia solo loro ma l'intera città di Baltimora

Night Watchmen esce direttamente dal panorama indie e distribuito grazie all'onnipresente Midnight factory. Tanto gore e tanta azione per un risultato tuttavia deludente e noioso nonchè ripetitivo come non si vedeva da un pezzo. Troppo facile giocare a carte scoperte come in questo caso dove horror + clown + vampiri + splatter e gore + ironia voleva o poteva portare ad un buon risultato.
L'ultimo film di Altieri non riesce a far ridere, i personaggi scimmiottano tante cose già viste, i dialoghi sono molto superficiali e sempre privi di un minimo di spessore drammatico e infine alcune riprese sembrano quasi amatoriali per quanto facciano venire le vertigini.
E'un peccato perchè gli indie vanno difesi quasi sempre. Il film è certamente una spanna sopra tanti altri film distanti da una piena maturità, Altieri rimane un buon mestierante che ha già dato prova con l'horror con alcuni risultati altalenanti ma ripeto tutti da vedere come Violent Kind e Holy ghost people o Hamiltons.
Mancano però quei particolari, chessò una scintilla di originalità, qualche scena che non sia scontata, trattare il tema in maniera atipica senza fare i doverosi ricorsi a citare numerosissimi film.


mercoledì 5 giugno 2019

Vampire girl vs. Frankenstein Girl


Titolo: Vampire girl vs. Frankenstein Girl
Regia: Naoyuki Tomomatsu, Yoshihiro Nishimura
Anno: 2009
Paese: Giappone
Giudizio: 3/5

In un tragico triangolo amoroso, Monami/Vampire Girl dà a Mizushima per San Valentino un cioccolatino ripieno del suo stesso sangue, trasformandolo così in un immortale. Il terzo lato del tiangolo è Keiko, che vuole Mizushima tutto per sé. Ne deriva quindi un combattimento, ma quando Keiko muore inavvertitamente cadendo dal tetto, suo padre Kubuki scienziato pazzo la riporta in vita mettendole alcune parti del corpo di suoi compagni di scuola che le permetteranno di sconfiggere Monami in una battaglia all'ultimo sangue.

Tomomatsu è stato uno dei padri del "Nihozombie" e dello "Dnotomista" di fatto due sotto generi che avevano il preciso scopo di sovvertire le regole sfatando il taboo del lecito/proibito.
Sotto generi sicuramente più interessanti rispetto ai prodotti "Guinea Pig" che invece rappresentano esperimenti estremi di puro torture porn con accenni sul fenomeno dello snuff movie.
"Dnotomista" a cui questo film fa riferimento nato proprio da "Notomista" quella particolare attitudine allo smembramento dei corpi umani per veder la compositura interna di essi.
I film sono quasi tutti nipponici e vedono al timone alcuni registi mica da ridere con una loro personale e malata matrice d'identificazione.
Nishimura che firma il film assieme al sopra citato usciva dalle fila degli amanti dello splatter nipponico, un mestierante che al contempo era un visionario effettista con la fama di essere tra i più esperti macellai del settore (MEATBALL MACHINE ad esempio)
Al di là della strizzatina d'occhio sul nome della pellicola (che c'entra davvero poco) della sapiente mano di grafici esperti per rendere le locandine il più ghiotte possibili, il film ha una trama indefinib
ile, presa da un manga che dicono in patria abbia riscosso un certo successo, così come parte dello svolgimento e delle intenzioni dei protagonisti.
Un film con un'anima demenziale e surrealista che non riesce mai a rivelare il suo scopo o meglio l'intento del film apprezzandone gli sforzi e la voglia di distruggere ogni confine cinematografico. Sembra una confusa mattanza, una macelleria messicana tutta ritoccata al computer con i soliti protagonisti che sembrano camminare su una passerella di moda piuttosto che in uno scenario apocalittico dove ancora una volta l'esagerazione, che spesso ha portato a risultati più che ottimi, lascia il passo a qualcosa di irrisolto, uno spettacolo di luci e secchiate di sangue che sembra ogni volta ricominciare da capo risultando inconcludente e soprattutto irrisolto.



lunedì 3 giugno 2019

Addiction


Titolo: Addiction
Regia: Abel Ferrara
Anno: 1994
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

New York. Kathleen studia filosofia morale, materia che le offre spunto per porsi continuamente problemi ai quali non trova risposte soddisfacenti. Una sera, tornando a casa, viene aggredita da una donna-vampiro che la porta in un vicolo e le succhia il sangue. Da quel momento Kathleen non è più la stessa, si sente in preda a una sete inarrestabile e il virus del vampirismo sta entrando nel suo corpo. Dopo aver assalito una serie di vittime, la ragazza entra in contatto con Peina, un altro vampiro che le insegna come vivere anche stando in astinenza. Con il passare del tempo, Kathleen sembra essere tornata a una vita normale, ma in occasione della sua festa di laurea il vampirismo riprende il sopravvento...

Abel Ferrara è un regista che non ha bisogno di presentazioni così come Christopher Walken e Lili Taylor.
Il film dell'autore americano riesce a districarsi dal solito genere vampiresco improntato sull'action, ma prende una strada diversa, sempre ponendo al centro come location l'incubo metropolitano, ma cercando di allargare la metafora (sulla diversità) e studiarne i contenuti come un fatto sociale, un esperimento quasi antropologico sulla società americana.
Il viaggio di Kathleen è il viaggio di tutti noi verso qualcosa che affascina e al contempo spaventa.
Un bisogno di metamorfosi interna che fa sì che Kathleen entri in contatto con un'altra realtà, forse quella che in fondo ha sempre cercato e temuto allo stesso tempo. A livello tecnico c'è da dire che la scelta della fotografia in b/n si è rivelata funzionale per dare forma e ombre ai personaggi e alle suggestioni caricandole ancor più di significato e lasciando presagire paure e luoghi sconosciuti.
Il martirio e la dipendenza da sangue diventano ad un certo punto, dal secondo atto in avanti, un viaggio per la sopravvivenza e l'indagine interiore dove si cerca di andare avanti tra nervi scoperti, sangue e sofferenza fisica e morale.
Forse è il film dell'autore che più di tutti esplora l'essenza del dolore qui codificata ad hoc scegliendo una materia come quella dei vampiri, affascinante proprio perchè credendo di essere al di sopra dell'uomo, porta a riflessioni importanti soprattutto nel finale circa il concetto di immortalità e sopravvivenza.


sabato 20 aprile 2019

Vampires


Titolo: Vampires
Regia: John Carpenter
Anno: 1998
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Anche all'alba del terzo millennio, i vampiri continuano a sorgere dal fango delle loro tombe a caccia di preda umana. Solo pochi uomini sono in grado di affrontarli e Jack Crow è uno di questi, a capo di un gruppo chiamato Team Crow. In una fattoria Jack e l'amico Tony affrontano e distruggono un nido di vampiri, riducendoli in cenere con i raggi del sole. Ma la vittoria non può essere festeggiata, perché è mancato l'obiettivo più arduo, quello di uccidere il signore dei vampiri, il terribile Valek che ora promette una vendetta selvaggia.

Vampires non è tra i miei film preferiti di Carpenter nonostante sia sempre stato un fan dei signori della notte. In questo caso ho preferito il romanzo da cui è tratto.
L'elemento più interessante del film è sicuramente la location: l'arido deserto americano.
Così facendo l'autore trasporta la vicenda su terreni western on the road, sparatorie a gogò, i vampiri secondo il loro codice di regole (le croci non servono) e in un paio di scene di mattanza dove a farla da padrone è la strage ai danni dei cacciatori da parte del capo Jan Valek.
Vampires è decisamente più moderno, si slaccia completamente dalle atmosfere solite alla Dracula e altri, sceglie dialoghi sboccati e produce azione a tonnellate come qualche anno fa aveva fatto ancora meglio Rodriguez con DAL TRAMONTO ALL'ALBA.
E'un film dichiaratamente laico dove i preti forse non sono mai stati così malmenati come in questo film (viene pestato da Jack Crow almeno due volte), omaggia i generi, e il pessimismo sotto l'ironia sboccata e senza far mancare il legame tra vampiri e fede come a ribadire ancora una volta che i servi della chiesa servono anche altri padroni.
Nonostante sia stato ripudiato un po da tutti e annoverato tra i peggiori film di vampiri, mi sento onestamente di difenderlo a spada tratta (come tutte le opere di Carpenter) per tantissimi motivi alcuni dei quali sono riconducibili al coraggio di aver messo così tanti elementi e rimandi in questo film da farlo diventare tante cose messe assieme e tenute collegate da un'amore per il cinema assoluto volendo ridare ai vampiri i fasti che spettano senza farli sembrare dei dandy effeminati.



giovedì 18 aprile 2019

Hellboy


Titolo: Hellboy
Regia: Neil Marschall
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Giunto sulla Terra ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, quando i nazisti prossimi alla sconfitta si sono rivolti al mago Rasputin per evocare forze infernali, Hellboy è destinato a portare la fine del mondo. Non la pensa però così il suo padre adottivo, il Professor Broom, che l'ha educato per fare di lui il principale agente del BPRD, l'organizzazione di ricerca e difesa contro le minacce soprannaturali. Eppure i presagi si accumulano e la potentissima strega Nimue, tradita da Re Artù secoli fa e ora assetata di vendetta, è prossima a tornare e per fare di Hellboy il proprio Re e regnare su un mondo invaso dai demoni.

Per Hellboy non vale provare a fare un'analisi. Conviene piuttosto dire cosa è piaciuto e cosa no.
Punti negativi: la storia di una banalità sconcertante, Re Artù e Mago Merlino in versione Transformer, i dialoghi e lo sviluppo del villain, i dialoghi in generale, la storia padre figlio e i flash back. Il cinese di Lost che continua ad avere un'espressione in tutto il film. Troppa musica.
Punti positivi: il look di Hellboy (quando prende Excalibur e diventa il signore degli inferi finalmente ci siamo), i mostri (il cinghiale), l'attacco dei mostri sul pianeta terra, la violenza e lo splatter in generale, la baba jaga e la scena in cui vediamo i cadaveri dei bambini, la Jovovich che man mano che il tempo passa si conferma una delle tope numero uno di Hollywood.
I reboot sono sempre una sfida dividendo fan e critica. Del Toro era marcatamente più fantasy e il sangue era centellinato. Ora Marschall per chi lo conosce è uno che non fa sconti.
E'abituato a maneggiare l'horror ma gestisce bene un po tutto quello che gli viene dato.
Ho letto che a livello produttivo ci sono state difficoltà importanti che hanno portato a litigi e scontri in cui si è arrivati anche alle mani. Praticamente i produttori hanno avuto molta più libertà decidendo laddove il regista avrebbe dovuto avere l'ultima parola.
Nell'insieme e soprattutto nel reparto scrittura (il peggiore del film) è palese con un risultato per niente appagante e con la nota dolente che tutto il processo sia stato concepito come una sorta di farsa ridicolizzando l'horror e il sovrannaturale. In realtà ci può anche stare ma qui i wtf superano gli aspetti ironici lasciando piuttosto basiti. Povera stirpe di Oannes!



mercoledì 5 dicembre 2018

Castlevania-Season 2


Titolo: Castlevania-Season 2
Regia: AA,VV
Anno: 2018
Paese: Usa
Serie: 2
Episodi: 8
Giudizio: 2/5

La prima stagione si conclude con il figlio di Dracula, Alucard, che decide di unire le forze con l’ex nemico Trevor per abbattere il padre. La giovane ma potente maga Sypha fa già parte della banda, si unirà qualche altro personaggio alla squadra anti-Dracula?

Diciamolo subito. La prima stagione, che non era affatto male, anche se sembrava più una necessità impellente dei nerd, lasciava la bava alla bocca nella speranza di vedere cosa poteva capitare in futuro e non era sicura fino all'ultimo una seconda stagione con ben 4 episodi in più che potesse portare avanti la storia e i personaggi.
Mi ci sono ritrovato quasi per caso e così andandomi a leggere la trama della prima stagione per avere almeno un'idea chiara dove riprendere la narrazione, me la sono sparata tutta di filato per non perdermi colpi di scena o elementi importanti della storia.
E sono rimasto parecchio deluso da questa seconda stagione. Se il livello tecnico e qualitativo è ottimo senza sbavature o impiego vergognoso della c.g, è proprio la storia a diventare invece noiosa fin da subito. Sono stati in grado di sbagliare pur avendo nel trio dei personaggi principali del bene assi come Alucard, Trevor e Sypha abbastanza tosti e cazzuti.
Nell'esagerazione dei personaggi buttati a caso nei vari episodi si perde completamente un aspetto che invece giocava bene nella prima serie ovvero la caratterizzazione dei personaggi.
Infatti nessuno di loro soddisfa per il suo carisma risultando tronfio proprio a causa di una mancanza di approfondimento delle loro personalità, facendoli risultare come semplice contorno per la corte di Dracula che invece sembra forse l'unico ad avere il margine di imprevedibilità maggiore.
Il trio dalla sua non sembra avere quell'affiatamento che ci si poteva immaginare e mi è sembrato che spesso e volentieri i combattimenti, alcuni proprio a caso, servano proprio da deterrente per coprire vuoti o momenti imbarazzanti.
L'ultimo episodio lacrimuccia è da arresto.

martedì 25 settembre 2018

Corbin Nash


Titolo: Corbin Nash
Regia: Ben Jagger
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Un investigatore corrotto cerca i responsabili della distruzione della sua famiglia ma viene ucciso anche lui. Rinascerà ancora più forte e con una grande sete di vendetta.

Mettiamo nel calderone una locandina che sembra quella di VENERDI 13, la performance di Corey Feldman che sembra essersi ispirata al look di una drag queen uscito da un film di Russ Meyer, il sotto filone vampiresco, un'atmosfera noir, McDowell e Hauer per dare quel tocco di ispirazione e senso nostalgico e per finire tanto sangue, tanta voce fuori campo, un protagonista che recita con la mascella e combattimenti a gogò.
Corbin Nash se pensiamo o cerchiamo di trovare qualcosa di stimolante nella trama non è assolutamente così dal momento che il plot non è che uno spunto per arrivare subito ad un action minimale e composto dove l'indagine poliziesca viene da subito soppiantata da un revenge movie dove i signori della notte vengono descritti in modo piuttosto ambiguo ma interessante e con alcune scene piuttosto intriganti.
Un b-movie in piena regola. Una specie di DETECTIVE STONE che incontra BLADE per sposare IL CORVO dal momento che le analogie con i tre film o meglio le similitudini sono enormi e vanno ricollocate sui punti principali della storia.
Indagine, morte, rinascita, vendetta.
Un film confezionato molto bene con una scoppiettante messa in scena e una fotografia molto calda e scura dove predominana il rosso cercando di citare i vecchi action anni '80 e dove anche il background metropolitano, forse uno degli elementi più interessanti del film, riesce a conferire quel senso di tensione che però non colpisce mai veramente rimanendo un film che di certo non fa paura e forse non vuole, togliendo subito le catene per mostrare il suo vero volto, la sua vera anima di un revenge movie abbastanza scontato e prevedibile.

lunedì 3 settembre 2018

Vampires(2010)


Titolo: Vampires
Regia: Vincent Lannoo
Anno: 2010
Paese: Belgio
Giudizio: 4/5

Le prime due troupe che hanno tentato di fare questo documentario sono scomparse, racconta il regista. Ma la terza ce la fa: entra nella casa dei Saint-Germain, la famiglia belga di vampiri che ha accettato di raccontarsi davanti alle telecamere, intervista i loro amici e i vicini, registra le crisi tra genitori e figli.

Vampires è quella chicca che non ti aspetti. Un'opera che non deve essere passata inosservata al mockumentary di Waititi What we do in the shadows.
Sono davvero tanti gli elementi in comune. Il mockumentary di Lannoo purtroppo senza aver ancora trovato una distribuzione, è qualcosa di innovativo, un documentario che non perde mai la sua forza riuscendo in maniera straordinaria a dire ancora tante cose originali sui signori della notte, fondendo l'orrore quotidiano e le risate con un'atmosfera che diventa sempre più inquietante.
Tra le comunità mondiali, quella belga si distingue per la grande nobiltà dei suoi elementi, famiglie di un certo prestigio, come i Saint-Germain; George, il capofamiglia, Bertha, la devota moglie, e i due figli, Samson e Grace, quest'ultima in piena crisi adolescenziale, visto che si veste ostinatamente di rosa, con la speranza un giorno di ridiventare umana. Di questo allegro gruppo familiare fanno parte anche "la carne", una giovane prostituta che ogni giorno rifornisce di sangue gli abitanti della villa, e due inquilini per nulla amati, relegati per questo in cantina, Elisabeth e Bienvenu, appartenente ad una nobile casata di succhia sangue la prima, ex aiutante di Louis Pasteur il secondo, i quali sembrano vivere ancora più all'estremo se pensiamo a Elizabeth che vorrebbe avere figli ma li divora appena nascono o alla passione di Bienvenu per i bambini.
La vita di tutti viene sconvolta quando Georges commissiona ad un canale televisivo nazionale un documentario che dovrebbe aiutare il pubblico a comprendere meglio chi siano in realtà quelle creature così strane. Dopo due tentativi falliti (i giornalisti sono stati tutti sbranati), il terzo sembra funzionare. La telecamera della troupe tv entra nei meandri di questa società basata su regole ferree, impartite da un leader supremo che è un bambino di otto anni, vampirizzato secoli prima, e svela particolari sconosciuti ai più, assistendo a crisi di nervi o a confessioni incredibili quando un amico della famiglia sostiene di essere uno dei membri del gruppo The Doors.
Chi alla fine, tra vampiri e uomini, abbia davvero compreso qualcosa dell'altro è tutto da vedere.
I Saint German amano il sangue umano, non si fanno problemi ad uccidere i bambini o gli handicappati, sono promiscui, incestuosi, il figlio va spesso con la madre mentre la figlia che vuole diventare umana si porta il ragazzo nella bara e perlopiù ninfomani fino a che non vengono violate delle leggi che i vampiri devono rispettare e allora succede l'irreparabile.
Sotto questa superficie di apparente leggerezza, che permette di sdrammatizzare anche i momenti più sanguinolenti (la cena in una casa di vampiri non è esattamente un galà), si allude, infatti, anche a tematiche profonde e profondamente disturbanti senza negare una certa preferenza in campo culinario (sono stufi di mangiare i tipi di colore che tanto non verrà mai a cercare nessuno).

Un film che solo verso la fine quando il nucleo viene mandato in Canada dove addirittura vampiri e umani sembrano collaborare per via di una certa politica democratica e infatti alcune azioni sembrano susseguirsi dando l'idea di aver perso con la loro casa anche una parte d'anima dell'opera.

martedì 20 marzo 2018

Sangue di Cristo


Titolo: Sangue di Cristo
Regia: Spike Lee
Anno: 2015
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Quando al dottor Hess Green viene introdotto un misterioso artefatto maledetto da un curatore d'arte, Lafayette Hightower, viene incontrollabilmente attirato da una nuova sete per il sangue che travolge la sua anima. Tuttavia, non è un vampiro. Lafayette soccombe rapidamente alla natura vorace di questa sofferenza che trasforma Hess. Presto la moglie di Lafayette, Ganja Hightower, va in cerca del marito e viene coinvolta in una pericolosa storia d'amore con Hess che mette in discussione la natura stessa dell'amore, della dipendenza, del sesso, e dello stato della nostra società apparentemente sofisticata.

L'ultimo Spike Lee Joint è stranamente un horror. Un thriller, un dramma con risvolti erotici.
Un'opera abbastanza fuori dagli schemi per quanto concerne l'approccio che l'autore disegna e a cui fa sfondo la vicenda. Un altro film molto bello è uscito negli ultimi anni che parla di vampiri in salsa black, l'indie Transfiguration.
Un altro film black che tratta quindi il vampirismo come metafora dell'integrazione razziale. Mentre nell'altro film il protagonista era un ragazzino qui sono gli adulti.
GANJA & HESS è, infatti, un oscuro film horror della Blacksploitation datato 1973 che il nostro ha deciso di “rifare”, con il titolo Da Sweet Blood of Jesus (Il sangue di Cristo).
Film a bassissimo budget girato in due settimane e supportato dalla tecnica del crowdfunding.
Premetto che quando ho sentito parlare del pugnale di Ashanti non ho resistito a quella monumentale scena dove veniamo a conoscenza di questo coltello nel film Bambino d’oro e dove Eddie Murphy prendeva in giro la spiritualità tibetana.
Tantissima musica molto diversa e con temi e atmosfere che cambiano di scena in scena senza di fatto lasciare quasi mai il film senza qualche brano che lo caratterizzi. Una scelta singolare dal momento che diverse scene giocano sull'atmosfera e sulla suspence sospendendola così in alcuni casi o dandole un intento diverso proprio a causa di questo cocktail di generi musicali.
Elegante e raffinato, dai costumi alle scenografie, Lee dimostra una scelta estetica di ampio gusto che riesce ad essere funzionale in tutta quanta l'opera.
Un'opera che cerca di essere onirica, con rimandi per alcuni versi alla cultura e alcune profezie vodoo, l'ipnosi, cercando spesso di deviare sul surreale, riuscendoci, ma non sempre soprattutto nell'ultimo atto, leggermente approssimativo e chiudendosi come fa con il triangolo di personaggi in un circolo vizioso da cui ne uscirà trascinandosi in una pozza di sangue tra presunta disperazione e un’insistita vena erotica glamour che non riesce così bene a gestire.





venerdì 5 gennaio 2018

Fracchia contro Dracula

Titolo: Fracchia contro Dracula
Regia: Neri Parenti
Anno: 1985
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Ormai sul punto di essere licenziato per evidente incapacità, il Geom. Giandomenico Fracchia, agente immobiliare, cercherà di rifilare un lugubre castello in Transilvania a un uomo praticamente cieco.

Fracchia è stato un altro dei personaggi interpretati da Paolo Villagio dopo Fantozzi. In questo capitolo possiamo definirlo un alter ego. Le analogie sono svariate soprattutto con questo Fracchia contro Dracula a differenza di FRACCHIA LA BELVA UMANA. Commedia ironica che cerca di coniugare le gag di Fracchia e l'immancabile Filini finito a riciclarsi un ruolo da co-protagonista anche in questo capitolo.
Partendo dalla ricostruzione di una Transilvania comunque appagante per quanto concerne costumi, location e musiche, il film pur essendo trash e un b-movie perfetto, ha in sè tutti gli elementi per cercare di provare a "spaventare" in qualche scena (forse quella del morso alla figlia dell'oste o Frankenstein che uccide la figlia di Dracula) ma per il resto il ritmo e la messa in scena ricorda a tutti gli effetti come dicevo un capitolo di Fantozzi.
Rimane comunque un esperimento interessante cercando di inserire l'horror e partendo da esso scardinarne gli ingredienti cercando di fare un film di genere.
Limitatissimi gli effetti speciali che comunque hanno una loro piena funzionalità così come il cast molto azzeccato che unisce attori variegati e tra le maestranze va ricordata la presenza di Tovulo alla fotografia, direttore che curò tra i tanti film anche SUSPIRIA di Dario Argento, e qui la sua mano si sente parecchio

Pur essendo molto leggero quest'ultimo Fracchia rimane una bella parodia italica sui vampiri e i classici, in più il personaggio di Isabella Ferrari è lì per ammazzare i vampiri essendo una specie di figlia di Van Helsing e forse è da qui che Joss Wedhon ha preso spunto per la sua serie tv più celebre con la cacciatrice di vampiri bionda e affascinante.

venerdì 8 dicembre 2017

Tokyo Vampire Hotel-Season 1

Titolo: Tokyo Vampire Hotel-Season 1
Regia: Sion Sono
Anno: 2017
Paese: Giappone
Festival: 35° Torino Film Festival
Serie: 1
Episodi: 9
Giudizio: 3/5

Tokyo, 2021. Manami vorrebbe festeggiare il suo compleanno, ma la celebrazione si trasforma in una carneficina. Quel che Manami non sa è che è l'unica sopravvissuta a recare in corpo sangue dei discendenti di Dracula, estromessi dal mondo secoli prima da un'altra casata di vampiri rumeni

L'incipit della serie tv di Siono sui vampiri voluta e prodotta ad alto budget da Amazon prime Giappone risulta un compendio di svariate tematiche del regista nipponico che ovviamente vanno sempre nelle direzioni preferite dal divario tra nuove e vecchie generazioni, alla religione vista attraverso le sue diverse forme e strutture, l'identità di genere femminile, la mattanza finale e l'esagerazione gore nonchè il mondo yakuza sminuito o esageratamente pompato (al pari del cinema di Miike Takashi).
In 142' Sono prova, senza riuscirci sempre, ad omaggiare i signori delle tenebre contando che nel sollevante non sono mai andati così di moda. Dopo un recente passaggio in Romania, l'outsider ha voluto intraprendere questa ennesima sfida vincendola anche se con immancabili esagerazioni e dilungamenti nella trama che sanciscono alcuni limiti soprattutto di trama.
L'incipit è un surplus di citazioni da i J-Horror a Cronemberg a piene mani (BROOD su tutti).
Unire dunque vampiri orientali e rumeni dalla sua ha sicuramente decretato alcune scelte di fatto funzionali che hanno contribuito a rendere ancora più suggestivo il casting ma in alcuni momenti mostra le sue perle derivative soprattutto nel finale che sembra esageratamente tirato via per chiudere una mattanza che sembrava non aver fine (i vampiri non muoiono facilmente soprattutto quando gli scarichi addosso una scarica di pallottole...) e ad un certo punto liberata la vera anima della protagonista, l'unica soprtavvissuta, il film diventa exploitation puro al cento per cento.
Ancora una volta protagoniste sono loro, il genere femminile a 360°.
Le sexy teenager sono ancora una volta al centro dell'inquadratura: tartassate, desiderate, a(r)mate, mutilate, vilipese e ricoperte di sangue.
Dovevano dargli più tempo. Sono come dicevo in questa fruizione spensierata non riese purtroppo a caratterizzare molto bene i personaggi (la protagonista ad un certo punto sembra soppiantata dal suo mentore K intenta a dividersi tra i discendenti di Dracula e le origini degli Yamada del clan Corvin).
Rimane come sempre un’idea visiva molto nipponica che l'autore e la sua politica non ammette tagli e censure esagerando e mostrando tutto senza problemi e senza badare alla censura con fusioni di mitologie e look diversi , mostrando lotte di vampiri di diverse dinastie è uno scontro senza senso, che trae la sua vitalità proprio dall’esibizione della morte e dal suo annullamento (si muore e si ritorna senza troppi problemi).
TVH segna la quarantottesima regia di Sion Sono in soli trent'anni in un twist che non accenna ad esaurire la vena artistica e grandguignolesca del regista che tra massacri seriali, decapitazioni, sgozzamenti, sventramenti, amputazioni e fiumi di sangue, sembra continuare a divertirsi molto e a fare ovviamente di testa sua mischiando carte, regole clan di vampiri e clan di yakuza vampirizzati.

Ancora una volta quando ci si trova di fronte ad esperimenti simili, la sospensione d'incredulità deve andare a farsi fottere, spegnendo il cervello ma nemmeno così tanto come mi aspettavo dal momento che la metaforona politica non è affatto male come quella della Dieta e di un certo governo e politica giapponese fine a se stessa e ad auto sostenersi che è la prima ad essere odiata dai signori della notte.

domenica 11 dicembre 2016

Transfiguration

Titolo: Transfiguration
Regia: Michael O'Shea
Anno: 2016
Paese: Usa
Festival: TFF 34°
Sezione: After Hours
Giudizio: 4/5

Milo è un moderno vampiro con rimorsi che lo bloccano e gli impediscono di dare sfogo ai propri istinti senza limitarsi al minimo indispensabile. Solo e taciturno, troverà il riscatto grazie ad una coetanea vicina di casa.

Cercare di essere originali su un tema così ampiamente abusato non è facile.
O'Shea alla fine ci è riuscito senza sensazionalismi estremi ma puntando su una storia complessa e narrativamente struggente. Un film come pochi che in una sorta di cinema di genere riesce a far quadrare molto bene il taglio sociale con la natura horror della vicenda.
Milo, un vampiro atipico di colore, ha una vita breve scandita dalla voglia e la curiosità di sbranare la vita il più voracemente e velocemente possibile in uno stato d'animo catatonico difficile da decifrare e un isolamento esistenziale attuale e realistico di pari passo con il passato traumatico. L'incontro con Sophie rappresenta la scoperta della sessualità, di se stesso, del mondo attorno a lui. L'amore diventa il tornaconto per tutti i mali e per la possibilità di riscattarsi dalle sue colpe e dalle tensioni razziali che esplodono nell'ambiente decadente.
E' un horror post-contemporaneo urbano e metropolitano. Un mix tra LASCIAMI ENTRARE e ADDICTION ricordando per certi aspetti e vagamente LA CASA NERA e WAMPYR di Romero per il taglio sociale al tema del vampirismo.
Con un finale amarissimo in cui la vittima sacrificale sceglie il proprio destino cercando una redenzione sua e di chi gli sta attorno e alcune potenti scene d'effetto, Transfiguration continua come altri suoi contemporanei a sviluppare il concetto del vampiro, conferendogli complessità.
Un film minimale girato con cura che segue passo per passo un giovane protagonista davvero adatto nella parte.