Visualizzazione post con etichetta 2021. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta 2021. Mostra tutti i post

domenica 27 novembre 2022

Earwig


Titolo: Earwig
Regia: Lucile Hadžihalilović
Anno: 2021
Paese: Belgio
Giudizio: 5/5

Da qualche parte in Europa, metà del ventesimo secolo. Il cinquantenne Albert deve badare Mia che di anni ne ha dieci. Il compito più importante è occuparsi della dentiera di ghiaccio che deve essere cambiata più volte al giorno. Vivono da soli in un grande appartamento: le persiane sono sempre chiuse, Mia non esce mai e la giornata scorre secondo un rituale immutabile. Ogni settimana, il telefono suona e una voce maschile interroga Albert sulla salute della ragazza. Ogni settimana Albert risponde con le stesse risposte, finché un giorno quella voce comunica ad Albert che dovrà portare la ragazza a Parigi. Devastato, il mondo di Albert si sgretola lentamente.
 
Earwig non è altro che la constatazione di un talento indiscusso per una regista del cinema di genere tra le più importanti di sempre. Con tre film in due decenni, Lucile Hadžihalilović, dimostra a mio modo di riuscire ad essere molto più enigmatica e disturbante della cinematografia del marito, un Gaspar Noè ormai da anni eccessivamente quotato da critica e pubblico. Lucille ha una dote certa che la consacra come una sorta di strega post contemporanea. Da un lato il suo riuscire a creare un cinema ipnotico, poetico, suggestivo, enigmatico, viscerale, criptico, ammaliante, disturbante ma soprattutto esoterico e poi quello di avere una grazia e un'eleganza che sembrano riportare le sue opere a dei quadri del passato dove la stessa scansione del tempo avviene in maniera inquietante come se fosse parte di un gioco in cui solo lei conosce i segreti e gli ingranaggi divertendosi a giocare con il pubblico.
Lucile condivide una sua personale idea di politica d'autrice come altri outsider della sua generazione, ad esempio Ben Weathley, ovvero come spesso accade nelle loro interviste amare il non detto e il non spiegato i quali acquistano un valore e risaltano più che mai in particolar modo nei finali aperti che spesso e volentieri mandano a male quel pubblico che vuole avere sempre tutto sotto controllo.
In questo caso poi la scena che chiude, il climax finale del film, è una delle scene più disturbanti, crudeli e cannibali ma allo stesso tempo romantiche che si siano mai viste nella settima arte.
Da considerare ancora un ruolo come sempre fondamentale nel cinema dell'autrice ovvero il suono, una colonna sonora minimale che amplifica il disagio in scena tutto scandito da poche note di campane, qualche scricchiolio, ticchettii, dove nei primi due atti non ci sono praticamente dialoghi e dove solo nel terzo atto nell'apertura esterna tra Celeste e Lawrence, il film oserà rivelarci qualcosa. In ultimo alcune scene sono davvero ammalianti per come nella ricerca estetica riescano ad imprimersi con così tanta forza, una su tutte quella del quadro dove vede Albert nella stanza chiusa e buia cercare dettagli con un accendino che sbuffa qualche sprazzo di luce e dove dal suo sguardo e nei particolari sembra nascondersi una molteplicità di significati.

domenica 20 novembre 2022

Squeal


Titolo: Squeal
Regia: Aik Karapetian
Anno: 2021
Paese: Lettonia
Giudizio: 3/5

Samuel è un uomo lontano da casa, in cerca del padre. Perso nell'Europa dell'Est più remota, ai margini di una mitica foresta, ha un piccolo incidente stradale che porta ad un incontro fortuito con Kirke, figlia di un allevatore di maiali. Sam presto capisce che le sue priorità devono cambiare se vuole sopravvivere. L'iniziale ospitalità di lei è uno stratagemma per catturarlo e costringerlo a lavorare nella fattoria. Solo, senza conoscere la lingua e incatenato ogni giorno della settimana insieme ai maiali, impara ad adattarsi. Fortunatamente, un maialino in apparenza magico conquista la fiducia di Sam e gli mostra la strada per la libertà e il vero amore.
 
Squeal aka Samuel's Travels è un horror atipico, una fiaba sconfortante, di quelle che trattano il tema dei redneck, dei bifolchi in salsa slava senza prendersi mai sul serio ma regalando una storia interessante con diversi valori aggiunti a partire dalla scelta della musica classica, dei toni fiabeschi e di una voce narrante funzionale. Un uomo che vaga senza una meta, cercando suo padre, le sue origini e trovandosi per assurdo a cercare di assumerne delle altre in un luogo sconosciuto con altri valori e modalità di crescita. Un film che si divincola presto da alcune etichette come quello per cui ci si poteva aspettare puntasse sul torture in cui il protagonista viene sodomizzato da una famiglia di bifolchi tenuto al guinzaglio come un maiale. In realtà e per fortuna è molto diverso, in un crescendo dove non mancano alcune stonature, lungaggini e ingenuità (Samuel troppo presto perde il suo obbiettivo e non è chiaro come riesca ad affezionarsi così velocemente alla famiglia di Kirke) ma dove c'è anche una stranissima storia d'amore, dove i personaggi (i bifolchi intendo) seppur sembrino tagliati con l'accetta vengono caratterizzati a dovere, dove viene inscenato il grande incendio dei maiali e dove uno di questi diventa l'aiutante magico del protagonista come nelle fiabe. A metà tra la storia fantastica, i viaggi di Gulliver, Calvaire e tante altre cose, Squeal è un film atipico, strano, bizzarro, per certi versi contro corrente ma che mi auguro piaccia a tutti gli amanti del genere che cercano nel panorama indie e autoriale prodotti di questo tipo

V/h/s 94


Titolo: V/h/s 94
Regia: AA,VV
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Un misterioso nastro VHS conduce una squadra di polizia S.W.A.T. alla scoperta di un culto sinistro, che colleziona materiale preregistrato dall'aspetto inquietante. Ogni video nasconde una storia e ne vengono visionati quattro. In Storm drain la giornalista di Channel 6 - Holly Marciano - indaga, assieme al cameraman Jeff, sulla leggenda dell'Uomo Ratto, una strana creatura metà uomo e metà topo. The empty wake racconta di una giovane donna, Hayley, sola di notte in una sala di pompe funebri, decisa a condurre una veglia funebre. Il tempo passa, senza che nessun visitatore acceda al locale, sino a quando la sua attenzione viene attratta da rumori provenire dall'interno della bara. The subject, propone un'unità di polizia che irrompe nel laboratorio di uno scienziato folle, il Dr. James Suhendra, intenzionato a trasformare le persone in cyborg. Infine, in Terror assistiamo alle attività di un gruppo di estremisti armati, denominato "First Patriots Movement Militia", che sta pianificando di assaltare un edificio federale facendo ricorso a una mostruosa creatura.

V/h/s 94 come sempre è una piccola antologia sporca e cattiva, lurida e piena di cose che nessuno vorrebbe mai vedere per questo la trovo una delle antologie horror migliori degli ultimi anni. Semplicemente è libera da ogni freno inibitore che tante altre serie per problemi di distribuzione, target da rispettare, non hanno quella presunzione e quel wtf che in questa saga invece naviga libero da ogni regola e schema. C'è anche da dire che non sono proprio tutti riusciti, ci sono i soliti alti e bassi ma qui con Storm e Subject si naviga molto in alto mentre tutti gli altri rimangono comunque ben al di sopra della sufficienza. Insomma una bella sorpresa dopo l'ultimo VIRAL del 2014 una delusione totale. Sette, bifolchi estremisti alle prese con qualcosa più grande di loro, rituali per svegliare i morti, creature che vivono nelle fogne è vengono adorati come una divinità e infine esperimenti a danno di esseri umani per i piani folli di un medico sadico e pazzo. Tutto questo poi come sempre per i mockumentary sporcando ed elaborando le riprese in formato vhs deperito con sputinature e salti di immagine disturbandola e spesso falciandola di netto per poi riprenderla.

giovedì 29 settembre 2022

Barbaque (2021)


Titolo: Barbaque (2021)
Regia: Fabrice Eboué
Anno: 2021
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Pascal e sua moglie Sophie gestiscono da circa vent'anni una piccola macelleria locale. Sophie riversa il suo affetto per i clienti alla cassa e Vincent taglia la carne accuratamente selezionata con altrettanto amore.

Barbaque aka Some like it rare è una commedia grottesca sul cannibalismo, il veganismo e tutte le connotazioni che può prendere una crisi di coppia quando la propria macelleria viene attaccata da attivisti e da colleghi/amici che fatturano milioni con allevamenti intensivi dando antibiotici agli animali. E allora arriva il maiale iraniano..
La commedia Di Ebouè è intrisa di humor nero, gag, slapstick favolose, condita da toni grotteschi e scene torture e splatter convincendo per la sua incredibile ironia e freschezza nella messa in scena e nella recitazione.
Ebouè riesce a imprimere nella sua opera tantissimi temi, destrutturando non pochi stereotipi sull'estremismo alimentare e riuscendo a regalare delle scene infallibili per quanto concerne l'originalità, il ritmo, l'adrenalina e la violenza. Tutto questo però mescolato ad una politica mai bigotta o melensa ma sempre pungente e contemporanea. Un film davvero delizioso dove da anni non vedevo il tema del cannibalismo trattato con tale ingegno e satira salvo pochissime eccezioni.

lunedì 19 settembre 2022

Spine of the night


Titolo: Spine of the night
Regia: AA,VV
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

L'epopea è iniziata molti anni fa, quando un giovane ambizioso ruba la conoscenza proibita da una pianta sacra e, cadendo nelle sue tentazioni più oscure, scatena secoli di sofferenza sull'umanità. Man mano che il suo potere cresce nel corso degli anni, ci sono molti che gli si oppongono. Tra loro, un audace rapinatore di tombe, amanti sfortunati, un negromante maniacale, assassini alati e un guardiano immortale.
 
Spine of the night è un film d'animazione per adulti con la solita interessante tecnica del rotoscopio. Con una partenza che faceva sperare in un epopea fantasy virata sull'horror e il soprannaturale, con magia, esoterismo, rituali e violenza a profusione nonchè scene di sesso, tutto è inserito nel film farcendolo di suppellettili ma senza entrare mai nel vivo di una storia blanda e campata in aria alla veloce. Ed è un peccato perchè ancora una volta ci si ciba di forma e non di sostanza in una prova che poteva davvero ambire a diventare qualcosa di originale e visti i temi trattati un piccolo capolavoro per gli amanti del genere. Invece avvizzisce velocemente sparando molti colpi nelle direzioni più impervie e senza trovare un percorso dove il viaggio dell'eroe o qualsiasi costruzione narrativa potessero davvero dare il loro supporto. Da questo punto di vista anche i personaggi perdono valore, manca l'empatia e tanti sembrano semplici comparse in un teatrino ricco di sfumature ma privo d'effetto.

Hatching (2021)


Titolo: Hatching (2021)
Regia: Hanna Bergholm
Anno: 2021
Paese: Finlandia
Giudizio: 3/5

Una giovane ginnasta che cerca disperatamente di compiacere la madre esigente, scopre uno strano uovo. Lo nasconde e lo tiene al caldo, ma quando si schiude, ciò che emerge li sconvolge tutti
 
Dalla Finlandia nell'horror c'è sempre stata una profonda spaccatura. O pellicole davvero molto intense e interessanti come SaunaDogs don’t wear pantsTrasporto Eccezionale-Un racconto di NataleEuthanizer oppure semi trashate a volte davvero ridicole come Dark FloorsRendelIt cames from the desertImaginaerum.
Hatching secondo me è una perfetta via di mezzo pur essendo un body horror, un dramma sociale, un film in parte fortemente politico nel deflagrare un finto modello di famiglia patinata borghese che cova segreti nascosti.
C'è la nascita, il proibito, il doppelanger, la vendetta e la rivalsa, mistero e pathos dove la mano di una donna dietro la mdp rende bene una storia che presenta sotto testi interessanti come la maternità ed il conflitto generazionale tutto al femminile, dove gli uomini sono soltanto testimoni come viene espresso meglio che mai dal padre della protagonista, un personaggio di una passività inquietante.
Dispiace per il budget soprattutto nelle scene in cg dove l'uccello nato dall'uovo comincia a crescere e si vedono i limiti nella resa che a volte scade davvero in risultati pessimi.
Raccontando una storia a più livelli dove non sempre il ritmo è in armonia con la messa in scena e dove la recitazione gode per fortuna di intense performance, il film della Bergholm porta in scena la metafora per cui la schiusa è un orrore inquietante sul mostro che si nasconde dietro e dentro la perfezione.

martedì 23 agosto 2022

You are not my mother


Titolo: You are not my mother
Regia: Kate Dolan
Anno: 2021
Paese: Irlanda
Giudizio: 3/5

Charlotte, soffre per la condizione promiscua in cui versa la sua famiglia. È una timida adolescente che vive in un complesso residenziale fuori Dublino, assieme alla nonna quasi disabile e alla depressa madre Angela. In particolare Angela, dopo essere scomparsa inspiegabilmente per alcuni giorni, quando è riapparsa sembra avere mutato carattere. A malapena riesce ad alzarsi dal letto e tiene comportamenti inspiegabili, contraddistinti da vere e proprie crisi isteriche. Ma anche fuori casa, per Charlotte, la vita sembra riservarle solo disgrazie: per via di una voglia rossa sulla guancia destra, viene sempre più spesso schernita dalle compagne di scuola.

Folklore e malattia mentale. Vecchiaia, changeling, ambientazione urbana, insomma ancora una volta gli irlandesi dicono la loro con un horror particolare che intreccia dramma familiare e soprannaturale. Un dramma dove l'elemento horror non è così spiccato e presente (per fortuna) lasciando tanto spazio alle divagazioni mentali del pubblico a pensare a quale sia il passato e i segreti di una famiglia vista male da tutto il vicinato in quella Dublino mai così grigia e Charlotte che da ignara e innocente cerca come noi di capire cosa stia succedendo intorno a lei e soprattutto a sua madre. Da questo punto di vista come per Relic(2020) o You wan't be alone o Hole in the ground la tematica familiare ha una componente fortissima e crea un particolare legame e pathos nel rapporto figlia/madre e con la prima che cerca di essere una cargiver senza avere le risposte che vorrebbe da una nonna padrona e uno zio sfuggente, nonchè dall'altra parte riproporre uno schema vincente come quello del declino fisico e della morte, che tocca tre generazioni (nonna, madre e figlia).
You are not my mother grazie a delle prove attoriali intense e funzionali è un ottimo esempio di dramma contemporaneo e fiaba folkloristica che si è lasciato contaminare dall’horror ma che non è dipendente dallo stesso. Da questo punto di vista siamo già da anni ad una sorta di nuova stesura del genere in grado di assorbire il cinismo e la malvagità contemporanea della società e farla sembrare un horror quando in realtà è molto più reale di ciò che sembra.

Black Phone


Titolo: Black Phone
Regia: Scott Derrickson
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Nell’America degli anni 70, Finney e Gwen Shaw, orfani di madre e con un padre violento e dipendente dall’alcol, vivono la propria preadolescenza tra l’ambiente domestico opprimente e quello scolastico in cui il bullismo è all’ordine del giorno. Da qualche tempo, una figura misteriosa, detta Rapace, si aggira per le strade della città rapendo ragazzini maschi, di cui non si ha mai più traccia. La polizia non ha nulla per seguire una vera e propria pista, fatta eccezione per i misteriosi sogni della piccola Gwen. Quando anche Finney è rapito dall’uomo misterioso, comincia quella che sembra essere davvero un’impossibile fuga, ma qualcosa di inimmaginabile sta per accadere.
 
Black Phone ha fatto molto discutere quasi come se fosse un horror dalla trama originale o con quel qualcosa sul genere dei rapimenti che ancora non fosse stato detto precedentemente.
Peccato che non sia del tutto così nonostante per me Joe Hill rimanga uno scrittore particolarmente interessante in questo caso in grado di approfondire solo limitatamente una storia peraltro scontata. Sicuramente è un prodotto confezionato bene dove Ethan Hawke trova terreno fertile per dare vita ad uno psicopatico interessante dove a farla da padrone sono sicuramente le maschere e il trucco in grado di dare enfasi all'attore visto che Rapace si vede solo a tratti e non sempre a figura intera, quasi come se fosse una figura intrisa di mistero dove non sempre quello che dice o che fa trova un rimando reale. Soprattutto quando Finney trova il telefono nello scantinato insonorizzato e dove inizia a parlare con i defunti ragazzini.
Per il resto è il solito dramma che si consuma con un ragazzino imprevedibile che riscatta il suo passato da timida vittima di bullismo a carnefice in grado di riscattarsi con una situazione famigliare, come per il killer, drammatica e un padre alcolizzato e violento.

sabato 18 giugno 2022

Abuela


Titolo: Abuela
Regia: Paco Plaza
Anno: 2021
Paese: Spagna
Giudizio: 4/5

Susana, una modella spagnola di 24 anni, vive da sei a Parigi. A una festa ha appena conosciuto un celebre fotografo che le potrebbe far fare il definitivo salto di qualità. All'improvviso però riceve una telefonata. Sua nonna Pilar, a cui è molto legata e che si è presa cura di lei fin da bambina dopo che i genitori sono morti in un incidente d'auto, ha appena avuto un ictus. La ragazza deve così tornare di corsa a Madrid per prendersi cura di lei e trovare qualcuno che possa assisterla. Arrivata a casa la nonna non la riconosce. In più, vorrebbe rientrare a Parigi per lavorare ma ogni volta succede qualcosa che la costringe a rimandare e le sue giornate si trasformano in un incubo.
 
Plaza in straordinaria forma complice la penna di Carlos Vermut firma una delle sue opere migliori. Se la trama e il soggetto di Abuela risultano abbastanza convenzionali, è la messa in scena di questa favola horror e le trovate tra nipote e nonna soprattutto all'interno della casa che lasciano momenti di pura suspance e tensione. Un horror puro come quest'anno se ne sono visti pochi dove attraverso giochi di specchi, rituali, possessioni e ancora una volta la vecchiaia, il vero terrore è rappresentato dalla perdita della bellezza e lucidità che essa comporta, vista attraverso una nipote modella che dove gira per la città trova i poster pubblicitari di se stessa e la nonna costretta a vagare da una casa di riposo ad un altra conservando le sue arti esoteriche e il momento esatto per fare i conti e ridare lustro alla sua personalità da strega.
Abuela rispetto ad altre opere precedenti conserva e sciorina tanti temi nel corso della sua durata, dalla tirannia della bellezza, condannate all'invisibilità quando il loro fascino comincia a svanire, all'ossessione per il successo, l'insignificanza dei legami familiari rispetto alle esigenze del mercato capitalista, o la solitudine e l'isolamento delle persone nelle grandi città e infine crudele oltre misura...la vendetta.

Offseason


Titolo: Offseason
Regia: Mickey Keating
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Dopo aver ricevuto una lettera misteriosa, una donna si reca in una città desolata dell'isola e presto rimane intrappolata in un incubo
 
Offseason diciamolo è un'operazione paraculo per i nostalgici di Lovecraft. Un film che mi è piaciuto ma che non accenna a provare minimamente a fare qualcosa di nuovo oppure originale.
E'un film affascinante per come riesca a gestire i reparti, creare tutte le suggestioni possibili su un'isola quasi deserta e creare quell'ostilità da parte di chi, come Innsmouth insegna, disdegna i forestieri impiccioni. L'inizio sembra Third Day. Poi nonostante nel film non accade poi quasi nulla è tutto legato all'ambientazione, la tempesta, la solitudine, la città deserta, la mancanza di pathos di personaggi equivoci, una coppia in cui lui sembra sempre fuori da tutto e dove Cthulhu sembra aspettare il momento giusto per impossessarsi di ciò che è suo dettando legge nell'evocativa scena nel pre finale.
In più la natura ostica come eco vengeance richiedendo la linfa vitale degli abitanti, uno spazio tempo che si è fermato, dove ogni cosa aspetta che gli venga dato il momento di esistere e muoversi, tutti elementi appena abbozzati ma alla fine funzionali alle leggi del film.
Alla fine è un film confezionato molto bene dove con una trama esile Keating Keating dopo essersi fatto le ossa con film del calibro di Pod e Carnage Park è bravo ad allungare il brodo ma dove arriva sicuramente alla sua opera migliore e meglio stilizzata rispetto ai suoi precedenti.

Pig (2021)


Titolo: Pig (2021)
Regia: Michael Sarnoski
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Rob è un cercatore di tartufi che vive isolato dal mondo civile in una capanna di un bosco imprecisato. Parla poco e si lava ancora meno, ma in compenso cucina moltissimo e l’unico essere vivente con cui condivide il proprio quotidiano da eremita è il suo maiale da tartufi.
Il quadretto è delizioso, finché una notte il suino in questione viene rapito. Su tutte le furie Rob si rivolge ad Amir, l’imprenditore che è solito comprargli i tartufi, per farsi portare a Portland e indagare sul rapimento dell’animale. Mentre Rob è alla ricerca del suo animale– incrociando luoghi e personaggi che riportano a galla il suo passato – Amir scoprirà che il burbero anacoreta è stato in realtà un famoso chef stellato, vera e propria leggenda tra i ristoratori di tutto il mondo.

Pig è un film davvero anomalo che ho apprezzato molto nonostante qualche lungaggine di troppo. E'un revenge movie senza la vendetta che detta così sembra un paradosso. Se pensiamo a Nicolas Cage che rincorre la sua scrofa dalle uova d'oro (che poi non è così) uno si aspetterebbe violenza e sangue a profusione invece nulla di tutto questo. Già solo per questa scelta il film risulta originale e mostra quanto il revenge movie possa svincolarsi dalle solite regole e approcci a cui siamo abituati.
Un vecchio chef saggio e stellato che si è staccato dalla società vivendo da eremita.
Un viaggio nelle terre lontane dove si combatte sotto terra, dove alcuni chef incapaci ora dirigono ristoranti stellati dove il cibo viene portato dentro ampolle ricoperte di fumo. Dove una scrofa può essere un pretesto non perchè in grado di trovare i tartufi, ma rimanendo quell'unico elemento in grado di regalare pathos ed empatia ad un uomo che ha perso semplicemente gli stimoli e la voglia di andare avanti. Un'eremita che sa che la fine sta arrivando, che cita il grande diluvio e l'apocalisse che sancirà la fine dell'uomo. Un film lento, minimale, senza mai staccarsi dalla sua filosofia di fondo che più si amplia e più mostra la sua importante riflessione sul senso della vita.

America Latina


Titolo: America Latina
Regia: Fratelli d'Innocenzo
Anno: 2021
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Massimo è un dentista di Latina, felicemente sposato e con due figlie. Un giorno scende in cantina per una faccenda domestica e vi trova una ragazza legata e imbavagliata che chiede aiuto.
 
I fratelli d'Innocenzo sono sicuramente tra le soprese più belle del cinema post contemporaneo italiano. Terra dell'abbastanza e Favolacce sono titoli molto diversi dove si da ampio risalto alla drammaturgia, ai toni grotteschi, ad un certo modo nevrotico e pessimista di vedere il cinema italico e questo è un bene dal momento che le storie e le trame di questi film sono vettori di un malessere generale del nostro paese.
Con AMERICA LATINA i due fratelli si sono spinti ancora più in là, verso quegli estremi sospesi tra sogno e realtà, tra onirico e composito, dove a parte alcuni assurdi come le amnesie e i vuoti di memoria per abuso di alcol (parliamo di poche birrette) il protagonista andrà incontro ad un imminente catastrofe con questa mente che cancella, complice il corrompersi dello stravolgimento quotidiano. Una famiglia apparentemente perfetta, moglie e figlie adorabili, complici, che nascondono o forse no, che rispecchiano quel clima di tensione isterico e paranoico di Massimo.
Un film minimale. Pochi personaggi. Molta tensione in una Latina che sembra l'emblema dell'estrema periferia cittadina. L'ultimo film rappresenta una graduale e tragica discesa nell’inferno esistenziale di un uomo a cui la società ha imposto di indossare una maschera a lungo andare rivelatasi opprimente, motivo per il quale il ritrovamento della bambina nello scantinato rappresenta il punto di rottura nella psiche di Massimo. Dove nel climax finale prenderà piede la scelta più tragica ma realistica possibile, declinando quel clima onirico per infrangerlo come una bolla di sapone o una sorta di rottura di stasi del protagonista.




Last Thing Mary Saw


Titolo: Last Thing Mary Saw
Regia: Edoardo Vitaletti
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Southold (New York), 1843. Mary viene interrogata, dopo essere stata brutalmente bendata, in seguito alla morte della nonna. Ricorda così una serie di eventi passati - tra i quali anche la malvista relazione omosessuale con la domestica Eleanor- che l'hanno condotta in quella tragica circostanza.
 
Dall'intro iniziale del film lasciava supporre una storia di streghe sul versante SEDUZIONE DEL MALE invece l'esordio in terra straniera di Vitaletti è il tipico drama queer su una storia d'amore impossibile malvoluta a quei tempi dalla famiglia dove la religione fa da padrona imponendo severe regole e restrizioni e alcuni rituali di una nonna che sembra nascondere qualche segreto alla famiglia dannandosi per il credo religioso quando in realtà imbraccia le arti oscure.
Vitaletti ha un solo problema..ha un ritmo e una pessima scelta dei tempi rendendo ingessate ogni mossa delle protagoniste con dei dialoghi a volte eccessivamente estenuanti nel ripetere e soffermarsi sulle le stesse cose. Per essere un folk horror con l'unico guizzo nel terzo atto e nel climax e poca cosa. La violenza è centellinata (ma questo può essere anche un bene se si hanno le idee) e per fortuna rifuggendo dal torture si cerca di fare quel che si può con l'intruder finale che porterà dubbi e cercherà di soppiantare le regole ferree della casa finendo a suo modo vittima dei suoi stessi desideri.

Barbarians


Titolo: Barbarians (2021)
Regia: Charles Dorfman
Anno: 2021
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 2/5

Una cena in una casa di campagna che vede quattro amici riunirsi per una festa di compleanno. Ma mentre la notte avanza, emergono segreti e intorno a loro iniziano a svolgersi eventi inquietanti.
 
Quando nascondendo tradimenti e probabili figli da un altro compagno compare come colpo di scena l'home invasion. Barbarians è un thriller british di quelli patinati e minimali con una sontuosa location, un buon cast e tutti gli elementi e le risorse per creare un'atmosfera interessante e originale. Invece Dorfman al suo esordio sceglie gli stereotipi più blandi di chi è avvezzo al genere avendo ormai, come nel mio caso, visto praticamente tutto nel sotto genere e intuendo a priori tutti i percorsi possibili. L'unica postilla interessante è data dal fatto che il gateway, la zona rurale, una sorta di patrimonio Unesco, è stata la miccia che ha fatto scoppiare una faida tra famiglie. Tutto questo però viene solo accennato e la rivalsa degli antagonisti nel finale lascia supporre che non siano forse loro così tanto dei cattivi quando Louis, una sorta di imprenditore improvvisato che ha tolto le terre di diritto a chi davvero le meritava sconterà come un duro dazio da pagare quanto si è arrogato di prendere senza contare le possibili conseguenze del suo scellerato gesto.

giovedì 12 maggio 2022

Bull


Titolo: Bull
Regia: Paul Andrew Williams
Anno: 2021
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

Dopo dieci anni di assenza, Bull, il sicario della sua ex banda di criminali, torna nei suoi vecchi ritrovi per cercare il figlio scomparso e ottenere vendetta nei confronti di chi ha fatto con lui il doppio gioco e lo ha lasciato per morto. I dolorosi segreti del passato verranno presto alla luce e, come indemoniato, Bull non si fermerà di fronte a nulla.
 
Quando c'è da colpire duro, come sempre gli inglesi sono tra le prime linee. Bull da un lato fa parte di quel filone di film alla Hyena o Kill List di cui ne vorremmo molti di più nonostante spesso conducano tutte al revenge movie come in questo caso. La scelta e la ghigna di Neil Maskell tutti dovrebbero conoscerla se non altro per il livello d'intensità con cui l'attore caratterizza i suoi personaggi. Bull è molto cattivo e non regala niente. Williams spreme la trama all'osso e lascia solo i pianti disperati di vedove e figli resi orfani. Muore ogni speranza salvifica e getta il suo protagonista in una corsa disperata per cercare di chiudere tutti i conti con la sua vecchia banda.
Le scene di violenza sono totali e scioccanti. Tutti muoiono proprio male e il finale bisogna semplicemente accettarlo nel suo più totale non sense. Eppure film del genere riescono ad avere un potere di resa e intrattenimento molto coinvolgenti grazie ad attori molto bravi, un ritmo che fa da padrone e le solite liti familiari che sfociano in tragedie e in traumi senza parole.

Seed (2021)


Titolo: Seed (2021)
Regia: Sam Walker
Anno: 2021
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

Quello che inizia come un weekend di ragazze nel deserto del Mojave diventa una storia di orrore, morte e invasione aliena.
 
A volte non mi spiego il pubblico. Seed è una figata totale detto da uno che mastica gli horror come gli smanettoni masticano i porno. E qui nell'opera prima di Walker c'è tanta carica erotica. Un alieno che penetra le protagoniste in un gioco di carne cronemberghiano e che in parte mi ha ricordato Yuzna. Un alieno che sembra essere l'alter ego del male di ET. Un film che parla di destini, di fine dell'umanità, del non poter combattere alcuni poteri telepatici che rischiano di far sopperire chiunque non sia disposto a farsi ingravidare dalla creatura. Con un finale in parte prevedibile ma che distrugge ogni sorta di happy ending, Seed è un perla di cattiveria, dove sembra di vedere anche i Visitors, tanta scifi anni 50' e 60', dove l'orrore cosmico straborda e dove quando finalmente capiamo cosa sta per succedere è ormai troppo tardi e il film esplode con la sua malvagità.
Sembra la metafora che a voler salvare una specie di un altro pianeta si finisca col fare una gigantesca cazzata e dare così il pianeta in pasto agli alieni. Soprattutto se l'alieno in questione fa tutto dal letto dove viene lasciato senza nemmeno muoversi ma agendo in maniera telepatica e sorridendo mentre ingravida e devasta le menti delle tre amiche.
Seed prova ad essere il più disgustoso e rivoltante possibile riuscendoci molto bene e regalando un altro film sull'invasione aliena che sembra quasi un home invasion di un piccolo e tenero cucciolo di tartaruga.

Sadness


Titolo: Sadness
Regia: Rob Jabbaz
Anno: 2021
Paese: Cina
Giudizio: 3/5

Siamo a Tai Pei, capitale del Taiwan. Jim e Cat conducono una vita normale, senza troppi eccessi e con i problemi di tutti noi. Nel frattempo, un virologo annuncia l’arrivo di una mutazione del virus del raffreddore, supplicando un lockdown. Le elezioni incombono e nessuno chiaramente vuole chiudere la città.
Tuttavia, il virus prende piede e trasforma la città intera in un covo di persone infette prive di ogni inibizione e devote solo alla violenza. Per Jim sarà una corsa alla sopravvivenza così come per Kat, che dovrà fuggire dalla follia, con la speranza di ricongiungersi al fidanzato. Non sarà un cammino facile

Sadness poteva davvero regalare molto di più. Al Tohorror sembrava il film del momento e soprattutto essendo targato Cina lasciava perplessi su un soggetto così ambizioso e pervertito.
Invece nonostante una buona messa in scena e un finale che regala qualche colpo di scena, devo dire che la violenza che immaginavo non si è vista se non in qualche breve momento come quello della metropolitana o l'orgia in ospedale tra gli infetti e lo stupro oculare (che però intuiamo senza vedere). Non è un caso che il regista sia canadese e abbia scelto di girare in Cina. Probabilmente un regista cinese non avrebbe potuto fare un film di questo tipo e la critica che abbia voluto fortemente la Cina per dare il via alla pandemia è diventato poi un pettegolezzo.
Seppur senza inibizioni ci si conceda ogni eccesso possibile, il film per assurdo riesce meno in termini di disgusto e orrore rispetto a prodotti estremi del passato come NAKED BLOOD ad esempio giusto per rimanere in Oriente. Mi aspettavo davvero un'opera più depravata alla Crossed di Garth Ennis. In questo caso poi il via alle danze dato con la signora anziana all'inizio lascia intuire visto il finale con lo scienziato che le cause di questo virus siano legate forse a una maledizione più che un esperimento andato a male. Purtroppo la parte che funziona meno è proprio la storia d'amore che vede la giovane coppia divisa e in location diverse proteggersi e mettersi in salvo.

Cobra Kay-Season 4


Titolo: Cobra Kay-Season 4
Regia: AA,VV
Anno: 2021
Paese: Usa
Stagione: 4
Episodi: 10
Giudizio: 3/5

Daniel Larusso e Johnny Lawrence uniti loro malgrado per affrontare una minaccia comune, il Cobra Kai. I sensei hanno messo da parte le loro divergenze per unire le forze e per scacciare una volta per tutte il Cobra Kai dalla Valley. John Kreese non rimarrà però a guardare e chiamerà in soccorso una vecchia conoscenza. Un alleato che tutti noi, fan dei film, conosciamo bene. Altri non è che Terry Silver, il diabolico e malvagio sensei di Karate Kid III, colui che riuscì a instillare una crepa tra Daniel e il maestro Miyagi.

Serie tanto stimolante quanto divertente, tanto nostalgica quanto attuale, Cobra Kai 4 ci offre molto più di una ragione per amarla ed apprezzarla, dimostrando di non aver perso né il ritmo né la magia e lasciandoci con un gran finale che segnerà sicuramente la prossima stagione con un altro attesissimo torneo di cui alla fine in quattro stagioni ne abbiamo visti ufficialmente soltanto due.
L'arrivo di Silver molto più viscerale e manipolatorio di Kreese è anche più brillante e intelligente, tenderà a sviluppare il suo piano che avrà il culmine nel climax finale ai danni di Kreese.
Dall'altro continuano i cambi di direzione da parte di alcuni allievi che spostano gli intenti e gli obbiettivi, chi passando dal lato oscuro e chi tornando sulla retta via, in questo le vicende travagliate dei personaggi continuano dentro e fuori il dojo. In particolare la preparazione atletica degli ultimi episodi compreso il torneo riacquistano lo spirito più puro della serie aumentando le coreografie ed i combattimenti. Più violento ed organizzato, ogni personaggio ha il suo momento per brillare nel torneo. Senza procedere verso l’aggressività eccessiva, la serie sottolinea che la competizione tra i dojo è appena iniziata. L'ultima, che poi ultima non è, si concentra nell’esplorazione di punti di vista stimolanti, nostalgici e divertenti. Non ha perso né il ritmo né la magia e nemmeno la rivalità tra Daniel e Johnny, vero motore della storia e filo diretto della vicenda.



martedì 12 aprile 2022

Mad God


Titolo: Mad God
Regia: Phil Tippett
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 5/5

In un mondo popolato di mostri, scienziati pazzi e maiali da guerra, una campana subacquea corrosa fa la sua comparsa in una città in rovina. Dal suo interno, fuoriesce l'Assassino, arrivato per esplorare quel labirinto di paesaggi bizzarri popolato di personaggi altrettanto strambi.
 
Phil Tipett è un baluardo dell'animazione e della stop motion. Innumerevoli solo le sue collaborazioni con vari registi nel corso degli anni e negli anni '80 tra le altre cose ha inventato la tecnica Go-motion, convertendosi alla computer grafica negli anni '90. Tra grandi studios ha sempre trovato il modo e il tempo di portare avanti i suoi progetti personali dove il film in questione rappresenta l'apoteosi ma dove si possono trovare altri corti interessanti in rete come PREHISTORIC BEAST o MUTANT LAND. Mad God come tutti i suoi lavori precedenti è un parto malato, un'opera sontuosa che mischia elementi bizzarri, un universo confuso e caotico, dove come sempre il tema principale dell'autore è la vittoria da parte del più forte e dove non c'è mai salvezza. Insomma una sorta di inferno dantesco degenerato e senza regole dove ogni forma di aberrazione sembra la norma e dove in questa genesi mitologica tutto sembra non avere senso, lasciato alle crudeli leggi di divinità sadiche.
Mad God è un calvario, un film crudele e poetico, un'esperienza visiva che non capita di vedere tutti i giorni e dove probabilmente solo gli amanti del genere verranno premiati con una galleria di immagini strazianti, ipnotiche, una fiera delle atrocità dove il piacere è subissato dal dolore, dalla carne e dal sangue e dove non a caso i protagonisti della storia dell’umanità sono delle marionette mosse un passo alla volta da un Dio beffardo e osservate da un assassino.





Here before


Titolo: Here before
Regia: Stacey Gregg
Anno: 2021
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Dopo che i nuovi vicini si trasferiscono nella casa accanto, Laura, una madre ancora in lutto per la figlia morta anni prima, inizia a mettere in discussione la sua stessa realtà. In poco tempo, Megan, la figlia dei vicini, le ricorda fin troppo la sua bambina e il confine tra ciò che è reale e ciò che non lo è diventerà sempre più labile.
 
Di film simili a Here Before ne abbiamo di certo già visti. Di mamme che cominciano a delirare pensando di aver riconosciuto in un'altra bambina la propria deceduta è stato già tirato in ballo e penso, anche se non in location cittadina, a quel mezzo capolavoro che rimane Vinyan di Du Welz, oppure Hierro anche se appunto questi ultimi due sono ambientati in un'isola.
Seppur alla sua opera prima la Gregg dimostra comunque una discreta tecnica per il suo esordio scegliendo come protagonista Andrea Riseborough, un'attrice sempre straordinaria capace di infondere carattere, polso e personalità ai suoi personaggi dimostrando ad ora di essere una delle attrici più capaci in circolazione. Il film comincia a salire di livello, piano piano l'atmosfera dei buoni rapporti tra vicinato cominciano a disgregarsi fino ad un finale che seppur non di carattere orrorifico diventa quel thriller psicologico teso e con il climax finale al punto giusto con le dovute minacce tra vicini che vanno in un delirante crescendo. I difetti certo non mancano come alcune scelte narrative prevedibili e qualche colpo di scena abbastanza scontato e un ritmo che senza annoiare mai a volte sceglie un taglio decisamente troppo minimale.