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mercoledì 23 gennaio 2019

Suspiria(1977)


Titolo: Suspiria(1977)
Regia: Dario Argento
Anno: 1977
Paese: Italia
Giudizio: 5/5

Desiderosa di perfezionarsi, Suzy, una giovane americana, vola in Germania, all'Accademia di Friburgo, la più famosa scuola europea di danza. Vi arriva in una tempestosa notte di tregenda e scorge una ragazza che ne fugge. Poi suona invano al campanello dell'Accademia: non la fanno entrare. Così deve riprendere il suo taxi e andarsene altrove per la notte. Intanto, la fuggitiva, Pat, trova rifugio da un'amica, ma è ossessionata da qualcosa che non vuole spiegare. Una mano sconosciuta sbuca da oltre la finestra del bagno e trucida la ragazza, mentre l'amica cerca invano di entrare. Il mattino dopo, Suzy ci riprova e stavolta l'algida miss Tanner la accoglie con fredda cordialità e la presenta all'insegnante, madame Blanc. Questa le rivela la tragica sorte di Pat e la ammonisce a stare attenta alle amicizie. Poi le spiega che per motivi tecnici non potrà alloggiare all'Accademia, ma in città, presso un'allieva del terzo anno, Olga. Suzy comincia a conoscere le altre allieve e nota che il clima non è sempre amichevole, ma i problemi veri saranno altri, quando inizierà a capire in quale luogo è veramente capitata.

Suspiria è uno dei più importanti horror mai realizzati.
Ci troviamo di fronte ad uno dei film più ambiziosi di Argento, dove tutte le sue caratteristiche e il suo modo di fare cinema, trova tutte le risposte e crea un'opera ancora oggi assai valida e in grado di misurarsi con tutti gli altri prodotti finora realizzati guadagnandosi il titolo di cult.
Una storia semplice con risvolti complessi e ancora una volta quel bisogno di avvicinarsi all'esoterismo e alla magia chiamando in causa le streghe, la stregoneria, le fiabe e la Regina Nera.
Sono proprio gli stravolgimenti ad avere la meglio sul plot narrativo.
Un'accademia che diventa un bosco oscuro, i bambini e le colf che diventano guardiani di segreti spaventosi e stanze magiche dove all'interno può nascondersi il male puro. Mettendo da parte l'equazione strega=male assoluto su cui la scienza non sembra avere dubbi e nel film risulta profetica nelle sue parole
Le streghe fanno il male. Nient’altro al di fuori di quello. Conoscono e praticano segreti occulti che danno il potere di agire sulla realtà e sulle persone. Ma solo in senso maligno”, il film è un percorso personale del maestro romano di grande fascino visuale e in grado di aver partorito un sacco di idee originali e di grande effetto.
Ma veniamo al dunque.
Il film è un caleidoscopio di colori che come insegnava il grande Mario Bava, proprio l'uso del colore, se impiegato ad hoc, riesce a regalare quadri di un fascino irresistibile grazie all'occhio preciso di Tovoli. Senza stare a dire quanto il talento di Bassan, le musiche dei Goblin, qui a mio avviso raggiungono l'apice, e un cast che riesce a regalare un'immedesimazione nei personaggi molto difficile e intensa.



Suspiria(2018)


Titolo: Suspiria
Regia: Luca Guadagnino
Anno: 2018
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

La giovane danzatrice americana Susie Bannion arriva nel 1977 a Berlino per un'audizione presso la compagnia di danza Helena Markos nota in tutto il mondo. Riesce così ad attrarre l'attenzione della famosa coreografa Madame Blanc grazie al suo talento. Quando conquista il ruolo di prima ballerina Olga, che lo era stata fino a quel momento, accusa le dirigenti di essere delle streghe. Man mano che le prove si intensificano per l'avvicinarsi della rappresentazione, Susie e Madame Blanc sviluppano un legame sempre più stretto che va al di là della danza. Nel frattempo un anziano psicoterapeuta cerca di scoprire i lati oscuri della compagnia.

Quando ci si trova di fronte a film come questi bisogna azzerare le aspettative e godersi lo spettacolo. Guadagnino non è un regista per cui nutro una stima particolare, a parte il fatto che usa spesso la Swinton come musa che qui si fa addirittura in tre.
Un film che si ispira al cult di Argento, e che sinceramente sono rimasto colpito per come abbia saputo strutturare una scenografia così ambiziosa. Il clima politico che va di pari passo con l'indagine del dottor Josef Klemperer, un personaggio ambiguo che riesce a non deludere mai, regala al film quell'atmosfera in cui presto potrebbe esplodere qualcosa e tutti sanno e osservano in silenzio come il gruppo di donne mentre fumano nel loro salone.
Un film che mi ha fatto pensare anche all'horror di Refn e Aronofsky dove però qui il valore aggiunto apportato dalla danza e dalle coreografie raggiunge l'apice che non si era ancora visto.
Danza unita al sangue, all'atto magico e che diventa mezzo salvifico e dall'altro tortura spezzando ogni radice e lasciando il corpo in un'agonia infinita in un limbo di psicosi.
Meno fiaba, ma se come le streghe sono tornate di Iglesia, dobbiamo aspettare il sabba finale per vedere le budella, il sangue e le decapitazioni, ci troviamo di fronte ad uno scenario potentissimo, non gestito ottimamente con alcuni usi della c.g malsani a mio avviso, ma una strage e un fiume di sangue incredibile dove vengono partoriti mostri uno dopo l'altro dal sangue nero della terra.
Ecco il finale troppo, con l'ultima creatura che mi ha lasciato perplesso, il tema dell'Olocausto che non se ne può più, forse sono solo questi gli elementi che non mi hanno convinto ma per il resto ci troviamo di fronte a uno degli horror più belli degli ultimi anni, italiano fino al midollo con un cast incredibile, dove svetta Madame Blanc, ma anche il resto delle streghe anziane spaventa per come riesce ad entrare nella catarsi del personaggio, basta citare la scena in cui si divertono con i poliziotti o quelle cene bellissime, dove maestre e discepole siedono l'una accanto all'altra.






sabato 15 dicembre 2018

Terrificanti avventure di Sabrina


Titolo: Terrificanti avventure di Sabrina
Regia: AA,VV
Anno: 2018
Paese: Usa
Stagione: 1
Episodi: 10
Giudizio: 2/5

Studentessa di liceo nella città di Greendale, la sedicenne Sabrina Spellman vive la quotidianità di una teenager come tante, divisa tra primi amori, amicizie di banco e piccole rivalità scolastiche. Solo che Sabrina non è una teenager come le altre: è una strega, o meglio un'apprendista strega, alle prese con poteri non ancora perfettamente controllabili. E tutto il mondo intorno a lei, fatta eccezione per l'ignaro fidanzatino Harvey Kinkle, appartiene al mondo dell'occulto: suo padre è uno stregone, le zie Hilda e Zelda sono streghe e anche il gatto nero di casa, Salem, non è propriamente un felino normale. Nata nel 1962 dalla penna del fumettista Dan Decarlo, su soggetto di George Gladir, la bionda Sabrina è stata uno dei personaggi di punta dei fumetti Archie Comics, prima di diventare, nel corso degli anni Novanta, un grande successo in tv.

Ormai Netflix è una potenza difficile da contrastare.
Anno dopo anno, il livello di serie e film, nonchè prodotti rivolti ad altre categorie e target di qualsivoglia genere è quasi illimitato con sorprese e delusioni di cui la serie in questione rimane una bella via di mezzo.
In realtà il peso specifico di questa serie è rivolto al target con cui entra in comunione, per cui verrà amato alla follia da un certo tipo di pubblico, quello teen con l'amore per le Wicca e limitato nella sua sete di sapere e su cosa dovrebbe prendere le distanze. I fan del genere come me, rimarranno colpiti dalla messa in scena, da qualche scena splatter, da Satana mostrato col contagocce in forma caprina pieno di sangue e simboli sul corpo, ma in poche parole in qualcosa che potremmo montare in tre minuti contro le quasi dieci ore della piccola mini-serie.
Per il resto è una cozzaglia di elementi che unisce, SABRINA VITA DA STREGA, BUFFY e STREGHE.
Decisa a soddisfare un pubblico più smaliziato del precedente, i millenial sono affamati nonchè saturi e allo stesso tempo lacunosi nell'essere piombati nell'era Netflix che io ribattezzo supermercato dove puoi trovare quello che vuoi ma devi saper scegliere.
I millenial non sanno scegliere. Fagocitano ciò che gli viene dato e ciò che loro vogliono vedere rompendo una regola sacra del cinema.
Roberto Aguirre-Sacasa, unica vera new entry della serie, cerca nel suo di infilare squarci dark e i dialoghi sembrano molto moderni anche quando risultano esagerare nella loro vena citazionista che parla per l'appunto di un mondo che la serie in questione non conosce (Cronemberg, Aleister Crowley, solo per fare due importanti esempi) rendendo la scelta discutibile a meno che non sia un tentativo di far emergere un interesse per i sopra citati dai millenial (che non credo funzioni)
Un altro aspetto che ho trovato disfunzionale nella narrazione e legato alla causa effetto che qui è giocata malissimo nel senso che qualsiasi mistero o dubbio viene immediatamente risolto senza enigmi o senza quella suspance che ci si potrebbe aspettare.
Il finale è troppo spiccio con l'arrivo delle 12 streghe che dovrebbero sconvolgere tutto e l'unica nota positiva è che Sabrina alla fine sceglie il male, come dimostrazione che nonostante l'happy ending che non manca, alla fine una strega (come qui viene intesa secondo la tradizione delle streghe "cattive") sceglie consapevolmente la sua vera natura.




sabato 10 novembre 2018

I am not a witch


Titolo: I am not a witch
Regia: Rungano Nyoni
Anno: 2017
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

A seguito di un banale incidente nel suo villaggio, la piccola Shula, di 8 anni, viene accusata di stregoneria. Dopo un breve processo e la successiva condanna, la bambina verrà presa in custodia ed esiliata in un campo di streghe nel mezzo di un deserto. Giunta all'accampamento prenderà parte ad una cerimonia di iniziazione dove le viene mostrato il regolamento che scandirà la sua nuova vita da strega. Come le altre residenti, Shula è costretta a vivere legata ad un grande albero dal quale è impossibile staccarsi. La pena per chi disobbedisce sarà una maledizione orribile, che trasformerà chiunque tagli la corda in una capra.

Per chi avesse ancora dei dubbi su come la settima arte riesca a osservare e inquadrare il mondo sotto prospettive e analisi diverse, beh questo come tanti altri documentari dovrebbe per lo meno far riflettere. Sembra una fiaba, un racconto nero, di sicuro un calvario che come a Shula, capita a numerosissime donne e bambine (senza dimenticarci di cosa succede agli albini in Africa) e dove tutto in fondo appartiene alla cultura locale, alla magia, alla potenza della stregoneria e di altri strumenti per legare le masse attorno a un sistema simbolico organizzatore di senso.
Quella che Nyoni racconta o denuncia è una storia straziante che vede questa piccola e straordinaria, nonchè coraggiosissima bambina, diventare la vittima sacrificale, il capro espiatorio, per risolvere dispute e problemi locali legati a tutta una serie di motivazioni che stanno alla base di eventi climatici, mal gestione del paese e un odio spropositato verso ciò che potrebbe cambiare le sorti della comunità.
Bambina o donna, anziana o albina, chiunque si trovi in una situazione di pericolo, in un clima che sembra parossistico dovrebbe aver paura.
Nyoni, pur confezionando un horror per certi versi, ricorre in modo formidabile ad un'ironia impertinente come solo il coro di donne sanno fare, che assume dei tratti da favola surreale e tragicomici sotto vari aspetti.
La burocrazia e le regole delle forze dell'ordine che si scontrano con le regole inossidabili della tribù che è Lei a decidere cosa bisogna e cosa deve essere fatto e come soprattutto "estirpare il male alla radice" della bambina.
Shula appunto accusata di stregoneria, viene nel vero senso della parola “internata” in un campo dove sottili nastri bianchi svolazzanti vengono attaccati come una specie di giogo alla schiena delle donne, come conseguenza di superstizioni troppo ancorate alla cultura locale.
Shula diventa la piccola Giovanna D'arco dello Zambia, come monito di un martirio senza alcuna traccia o intenzione di compassione, con un’inumanità resa ancora più aberrante dal sorriso di chi è convinto della propria legittimità.

sabato 1 settembre 2018

Hagazussa


Titolo: Hagazussa
Regia: Lukas Feigelfeld
Anno: 2017
Paese: Germania
Giudizio: 4/5

Nel XV secolo, Albrun vive nelle Alpi prendendosi cura di una mandria di capre da quando sua madre è morta, vent'anni prima. Un giorno, però, Albrun si rende conto di come nelle profondità del bosco si nasconda una presenza sinuosa che trasformerà la sua realtà in un incubo.

Torniamo al folklore, all'Europa e alle sue leggende.
Hagazussa è la risposta europea al VVitch americano decisamente più minimale e con meno azione. Un film magnetico che fin dalla prima scena ti catapulta in questa dimensione geografica quasi abbandonata dal mondo e dai suoi abitanti. Due donne, madre e figlia, che in quanto eremite vengono confinate e giudicate streghe.
Espressionismo tedesco che torna in maniera volutamente funzionale scardinando la quotidianità di Albrun e trasmettendo quel senso di impotenza e solitudine di chi cerca conforto quando può proprio dagli animali che alleva.
Strega si traduce in tedesco con hexe e in svedese con häxan, termini che derivano dall’arcaico hagazussa, in uso durante il tardo medioevo.
Hagazussa, da quell'abbraccio iniziale della madre alla figlia prima di scoprire l'incidente scatenante, una scena molto forte e disturbante, ribattezza un periodo felice del cinema di genere che sembra riscoprire la sua vera forza attraverso paesaggi e recitazione con una buona storia dietro dimenticandosi effetti speciali e jump scared in favore di tutto ciò che sa creare stupore come le suggestive atmosfere pagane e le superstizioni di un'epoca mai così buia e pericolosa in particolare per la donna.
Ancora una volta è lei, Albrun, la figura femminile, lo snodo centrale per lo sviluppo della storia.
Il film del giovane Feigelfeld pur essendo particolarmente lento e senza quasi dialoghi crea fin da subito una grossa dose di empatia e inquietudine nell'ottica esoterica ponendosi come uno dei più importanti film sulla stregoneria.
Resta difficile credere che Hagazussa: A Heathen’s Curse sia il lavoro di uno studente.

Eppure si tratta davvero della prova finale del cineasta emergente Lukas Feigelfeld, austriaco di nascita, ma residente a Berlino. Hagazussa, che è stato in parte finanziato con il crowd funding, non è solo un azzeccato debutto, ma un film d'autore con una chiara visione che potrebbe rivelarsi una pietra miliare dell'horror folk d'essai.  

mercoledì 1 agosto 2018

Inferno(1980)



Titolo: Inferno(1980)
Regia: Dario Argento
Anno: 1980
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Una ragazza di New York scopre che la casa dove abita è sede di una delle tre Madri degli inferi (le altre due si trovano in altre case rispettivamente a Roma e a Friburgo). La poverina muore orribilmente, ma fa in tempo ad avvertire il fratello che riuscirà a sventare l'orribile minaccia

Lasciando il giallo da parte e sposando il thriller horror Argento dopo Suspiria (1977) continua a seguire il filone della trilogia delle Tre Madri, in cui si sarebbe narrato della triade di streghe tesa a governare il mondo: Mater Suspiriorum, Mater Tenebrarum e Mater Lacrimarum.
Lo fa con il suo secondo film proprio sul filone paranormale prima del disastro finale ovvero il terzo capitolo che non ha caso coincide con il periodo finale della filmografia di Argento quella più disgraziata e per alcuni aspetti dove manca proprio il genio del regista romano. Per anni ho sperato che la terza fase, la TERZA MADRE, potesse completare la grande opera argentiana con una nuova apoteosi e di fatto Inferno apriva e nello stesso tempo chiudeva il ciclo essendo un capitolo auto-concluso e auto-esplicativo, bastava a se stesso.
C'è una nuova formula non solo narrativa che non sempre convince soprattutto nella continuità di una trama quasi assente, per investire tutto invece sugli elementi estetici, di un modo di girare e studiare l'inquadratura che diventa manifesto per un epoca in cui l'horror era già pienamente sdoganato diventando il manifesto programmatico di una estetica della violenza senza necessità di raccontare una storia, di abbandono al virtuosismo puro senza trama musicale, si sente la mancanza dei Goblin ma il lavoro di Keith Emerson è molto più sperimentale
Come già in Suspiria (1977), ma in modo molto più accentuato, sono le singole scene, simili a quadri a se stanti, a essere piccoli capolavori.
Più ancora che in Suspiria (1977) però i colori dominano cambiando di scena in scena.
Per ogni azione corrisponde un colore specifico, e questo ha lo strano effetto di accentuare la paura.
Espediente questo già usato da Mario Bava nei suoi primi capolavori.
Il secondo capitolo della trilogia delle Tre Madri riesce a essere più violento e più splatter di tutti i precedenti film e in alcuni casi tale violenza è gratuita, e non segue un filo molto logico.


martedì 11 aprile 2017

Love Witch

Titolo: Love Witch
Regia: Anna Biller
Anno: 2016
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

La seducente strega Elaine ammalia gli uomini, li attira con il suo corpo perfetto e riesce così a fargli bere un magico intruglio. Dopo aver bevuto la pozione, si innamorano di lei e perdono la propria virilità, diventando persone molto più deboli e fragili. Ma questo è proprio quello che Elaine non vuole.

Love Witch è una di quelle opere difficili da classificare. Un film strutturato in modo atipico, con una dimensione onirica che abbraccia la realtà come una pozione magica in cui lo spettatore finisce stregato. Ecco l'impressione è stata proprio questa trovandomi di fronte ad un film che parla di una strega in un modo davvero disarmante in cui prima dell'incidente scatenante, il film ha qualcosa di ipnotico e seduttivo.
Samantha Robinson poi è semplicemente perfetta senza stare a fare grandi cose.
Ha un viso, un'espressività e delle forme che la fanno diventare immediatamente la femme fatale, l'oggetto del desiderio che tutti vogliono e a cui nessuno può sottrarsi.
Anna Biller, regista e artista fuori dal normale, si diverte, mette tutto dentro al film, facendolo diventare una specie di manuale su com'è la vera vita da strega e tutti i problemi legati alle infatuazioni.
In più il film a qualcosa di nostalgico come se riportasse continuamente in un'epoca diversa in cui predomina la natura e la Vecchia Religione come nella scena bellissima in cui si celebra il rito del matrimonio secondo l'antico culto pagano.
Love Witch non è solo un omaggio al cinema sexploitation e grindhouse degli anni 60/70, ma si trova nel cinema del Technicolor, nel 35mm, in una delizia formale immensa e senza eguali che questa artista molto alternativa riesce a rappresentare con una spontaneità incredibile.
Un'opera che a distanza di anni riporta la regista con rara autorevolezza e convinzione a bombardarci di intrugli, saponette, pozioni e allucinogeni seriamente potenti.
Un film letteralmente ricoperto di simbologie che in una spirale narcisistica e spietata
dimostra una padronanza incredibile della sua creatura in ogni dettaglio, minuziosamente studiato, dove nulla è lasciato al caso.

The Love Witch è tanto altro ancora a parte una durata che allunga un po troppo alcune situazioni, intriso di delicatezza e violenza in un binomio capace di evocare sensazioni ed emozioni sopite da anni di effetti speciali in digitale. Il cinema di Anna Biller è cinema artigianale e noi non possiamo che apprezzare e accogliere questa rappresentazione alternativa e originale della strega attraverso canoni, stili e codici congeniali quanto intrisi di un certo sapere e di una innata capacità di saper unire così tanti ingredienti diversi.

venerdì 13 gennaio 2017

Autopsy of Jane Doe


Titolo: Autopsy of Jane Doe
Regia: Andre Ovredal
Anno: 2016
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

La storia si svolge in una piccola città, in un mortuario a conduzione familiare, dove un padre e il figlio ricevono la misteriosa vittima di un omicidio - una bella e giovane di nome Jane Doe. Nel tentativo di capire come è morta e chi è, scoprono indizi sempre più bizzarri, che detengono la chiave di terrificanti segreti.

Cosa può succedere quando metti assieme un interessante regista norvegese (Troll Hunter non ha bisogno di presentazioni), alle prese con il suo primo film britannico e con un attore scozzese e uno americano. Il risultato è un horror classico, un film di genere con così tante contaminazioni da renderlo un gioiellino da gustare nelle tenebre e nel silenzio più assoluto. Un'opera che grazie ad una sceneggiatura che ingrana marce minuto per minuto, porta l'atmosfera e la suspance a livelli molti alti dove l'unica pecca è l'esagerazione di fondo che chiama in causa troppi elementi esoterici alla rinfusa.
Tutto il film è concentrato su due attori e il corpo di questa misteriosa Jane in un'unica location, l'obitorio (sfida che il regista vince con una semplicità impressionante).
Ovredal ha voluto omaggiare i classici e il film a parte riuscirci fino alla fine, trova solo nel climax finale alcuni colpi di scena che seppur debolucci risulteranno gli unici possibili.
L'ennesima conferma e riprova di come negli ultimi anni gli horror low-budget stanno avendo un enorme successo e questo, come spiega il regista, spesso e volentieri è dovuto alle pressioni che avresti con le major, quindi seppur con più difficoltà e allungando molto le tempistiche i risultati arrivano e tu non devi rendere conto a nessuno.
Il secondo film di Ovredal parte dall'autopsia, dalla ricerca di chi è Jane e cosa le è stato fatto, andando avanti e scoprendo con un angoscia incredibile il corpo consumato e violato.
L'interno del corpo poi si presta a diverse chiavi di lettura e rivela una mappa della cattiveria umana e infine l'aspetto magico che cambia completamente il registro del film, come quando la scienza incontra l'esoterismo, è sì funzionale ma poteva essere centellinato in modo meno plateale.

giovedì 22 dicembre 2016

Chi ha paura delle streghe


Titolo: Chi ha paura delle streghe
Regia: Nicolas Roeg
Anno: 1990
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Un orfano vive una terribile avventura, simile alle fiabe della nonnna: un gruppo di streghe, in apparenza signore perbene, lo vogliono trasformare in topo.

Tratto da un romanzo di Roald Dahl "Le streghe", lo sconosciuto film di Roeg entra a pieno nel sottogenere sul filone delle streghe trovando alcuni spunti e delle idee davvero interessanti che seppur scritte in maniera a volte non così seria, diventa quella fiaba nera per adolescenti tipica del cinema anni'90 che ancora portava avanti quella spinta sull'avventura e la mistery tipica di quegli anni.
Un horror fiabesco che trova almeno due punti di forza come il primo atto, suggestivo e importante nel darci elementi che verranno sviluppati in seguito (ma con una buona tensione e atmosfera) e il finale con le streghe che mostrano il loro vero e inquietante aspetto.
E'un film anomalo perchè sposa una messa in scena che a tratti sembra una comune commedia per poi rivelare il suo lato grottesco con l'arrivo della Strega Suprema interpretata da Anjelica Huston.
Per alcuni aspetti mi ha ricordato il cult della Troma Rabid Grannies per come in fondo dopo la trasformazione emerga sempre la parte più inquietante ovvero quella del sacrificio dei bambini che se nel film di Roeg è "assente" ricerca un target specifico e che riesca a mettere d'accordo tutti, il film della Troma invece è di una violenza e ironia abissale. In più il tema della fiducia tra estraneo e bambino con la scena madre dell'albero è interessante per far capire come in alcuni momenti possa sentirsi un orfano. Sono tanti i riferimenti presi da questo film e usati quasi come registro per recenti film sulle streghe o che trattino di paure e incubi che minano l'infanzia e l'adolescenza.

martedì 8 novembre 2016

Suicide Squad

Titolo: Suicide Squad
Regia: David Ayer
Anno: 2016
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

E se domani Superman decidesse di rapire il Presidente degli Stati Uniti? Spaventati dal non saper rispondere a questa domanda i più alti ufficiali del governo americano accettano il folle piano di un agente dell'intelligence: costituire una squadra di metaumani, cioè umani con poteri, da tenere sotto il loro giogo e utilizzare per l'ordine interno ed estero. I prescelti sono necessariamente criminali, pericolosissimi ma anche manipolabili, soggetti a cui poter promettere qualcosa e da poter ricattare senza remore. L'evento di prova è l'inatteso (ma non immotivato) arrivo di un'antica e inarrestabile divinità sulla Terra. Con poco allenamento, nessun piano, vaghe promesse in caso di vittoria e una capsula esplosiva in corpo che li convince a non disertare, la squadra che si autodefinisce suicida è così mandata sul campo.

Suicide Squad è uno di quei film che non avendo ne capo ne coda finiscono per essere dei puri prodotti commerciali che non dicono e non dimostrano niente di fatto.
Caratterizzazioni lasciate da qualche parte nello scantinato, azione a gogò ma in alcuni casi ridicola dal momento che i nemici dei super criminali all'interno della città assumono una forma amorfa che non vuol dire niente.
Suicide Squad non riesce mai ad essere figo come dovrebbe.
La trama di affidarsi ad alcuni super criminali per sconfiggere un altra super criminale, sembra l'idea che Carpenter aveva messo giù con il suo eroe Jena Plissken. Qui il ritmo è così accellerato e ci sono così tanti personaggi che alla fine nessuno lascia l'impronta, in particolar modo il Joker di Leto che sembra un hipster troppo colorato.

Un peccato perchè con un'occasione e un budget simili le idee e le risorse avrebbero potuto essere tante e diverse giocando su un mix di generi e sfruttando la creatività e un buon plot, tutti elementi assenti in questo pasticciato film.

giovedì 21 aprile 2016

VVitch

Titolo: VVitch
Regia: Robert Eggers
Anno: 2015
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Una famiglia cristiana viene cacciata dal villaggio puritano in cui viveva ed è costretta a stanziarsi nella parte più remota della regione al confine con una foresta desolata.
Non appena questa si stabilisce nella nuova casa, inizia un susseguirsi di fatti inspiegabili che porteranno i due genitori ad accusare la figlia più grande di stregoneria.

The VVitch è una vera sorpresa nel horror post-contemporaneo.
Un'opera capace di catapultare lo spettatore nelle campagne del New England, siamo nel 1630, decadi prima delle note vicende di Salem, senza usare elementi stucchevoli e prediligendo l'elemento realistico e naturale alla c.g.
In un panorama in cui le streghe e la stregoneria non sembrano più avere effetto perchè troppo patinate e piene di elementi esagerati e fuori luogo, il secondo lungo di Eggers punta invece sulla dimensione simbolica, pagana, superstiziosa, per arrivare a far collimare tutti questi elementi in un exploit suggestivo e impressionante.
Grazie ad un cast che riesce a mettercela tutta, il reparto giovani è strepitoso.
Il film che avrebbe dovuto fare Ben Wheatley al posto di HIGH RISE sembra strizzare l'occhio al cinema d'autore, dove l'ansia e la suspance creano più orrore che mostri, sangue e rituali.
La trasfigurazione, come il sovrannaturale, si manifestano concretamente ma solo nel climax finale dimostrando il perfetto impianto di regia e scrittura che connota la pellicola.
Il dramma famigliare riesce ad essere il vero orrore puro con tutte le paure e la lotta per la sopravvivenza. Ed è per questo che una delle scelte fondamentali e più astute di Eggers è stata quella di mostrare la strega e la sua tana in rarissimi momenti.




venerdì 20 febbraio 2015

All Cheerleaders Die

Titolo: All Cheerleaders Die
Regia: Lucky McKee
Anno:  2013
Paese: Usa
Giudizio:3/5

L'eterna lotta tra un gruppo di Cheerleaders e i giocatori di una squadra di football di un college americano tra i tanti, si trasforma in tragedia nel momento in cui il gruppo dei maschi provoca un incidente stradale in cui muoiono le Cheerleaders più avvenenti e in vista del gruppo. Hanna, l'unica sopravvissuta, pratica la magia nera e attraverso i suoi insospettabili poteri riporterà in vita le sue amiche. Le ragazze potranno così realizzare i loro desideri di vendetta...

Pur non amando i teen-horror, quando ho visto chi c’era alla regia ho fatto un piccolo salto sulla poltrona, pensando “ecco adesso fanno il botto”. 
L’ultimo film della coppia di registi, in realtà viene spesso e solo citato McKee  (un po come Selik per Burton) è una contaminazione di alcuni interessanti elementi (teen, wicca, vodoo, zombie, vampiri) tutti centrifugati assieme per dare alla luce un film, che soprattutto nella seconda parte, si scatena diventando una trashata sanguinolenta, attenta però a non diventare una cazzata immonda (c’è differenza).

Un film che si rifà a tutti gli elementi di genere e quella simbologia universitaria spiccia che sembra essere sintesi dell’idiozia che investe in particolar modo l’America. 
Senza lesinare, soprattutto nel finale, con dosi e tinte di violenza potenti e quasi esagerate, il film purtroppo non sembra trovare una sua collocazione specifica, risultando frammentato, disarmonico e purtroppo l’elemento eccentrico non trova il giusto spazio per riuscire a convincere e solo in parte a divertire.

domenica 2 novembre 2014

Visione del Sabba

Titolo: Visione del Sabba
Regia: Marco Bellocchio
Anno: 1987
Paese: Italia/Francia
Giudizio: 4/5

Il tribunale incarica uno psichiatra di esaminare una psicolabile, accusata di omicidio, che crede di essere una strega. Il medico viene travolto dalle visioni e dal torbido fascino della donna.

Scritto dal regista con Francesca Pirani, la Visione del Sabba è un film interessante per cercare di dare uno sguardo da un lato alla malattia e dall'altro alla capacità di lasciarsi incantare dal fascino femminile. Entrambi elementi che si sposano con le tematiche che da sempre interessano Bellocchio come le nevrosi del cittadino, l'intolleranza, etc.
Ci sono molti incontri, scontri e contrasti in questa difficile trasposizione.
Un'opera senza dubbio sperimentale, che si interessa di narrare e descrivere oltre che immaginare alcune situazioni e realtà.
La coreografia nel bosco del ballo del Sabba tra le ragazze di Raffaelle Rossellini, sono belle quanto affascinanti, per restituire alla danza e al movimento corporeo quell'importanza che poi è andata a mancare, trascurata e messa al rogo oltre che forse semplicemente non capita e per questo condannata ( tra l'altro proprio in questa scena un'attrice denunciò il regista per non aver fermato, anzi ha spinto sul realismo, una violenza nei suoi confronti durante una scena di sabba, quasi da snuff).
Diciamo che un'ottima prima parte del film si occupa di comunicare con dialoghi e facendoci scoprire i personaggi tutti bene o male durante il giorno mentre la notte è riservata ai sogni angosciosi, alle fantasie e soprattutto all'ebrezza di poter vivere alcuni momenti tutti in gruppo attorno al fuoco.
La visione del Sabba è sospeso tra le suggestioni di una fotografia che riprende i quadri fiamminghi, e un erotismo misterioso e malato, mettendoci vicino al delirio e la razionalità che combattono un corpo a corpo serrato tra la paura di abbandonarsi alle pulsioni sessuali e il desiderio di una libertà che non pone limiti, che si nutre di riti magici, di cerchi di fuoco, di danze con il diavolo.
Nel finale poi quando gli incubi notturni portano David al crollo, soprattutto nel fantastico rivivere di un sabba sfrenato, in cui egli gioca in conclusione il ruolo della vittima, David viene infine abbandonato dalla moglie e rimane ingabbiato nelle proprie visioni, finché si congiunge in un amplesso con la "strega" Maddalena che, condotta poi al rogo, vede proprio David appiccare il fuoco alla catasta; nella quale però essa rimarrà incombusta, sorridente e vittoriosa.
A parte il finale volutamente d'effetto e con alcuni doppi sensi, Bellocchio però sembra voler dare un suo sguardo laico, senza puntare il dito in particolare contro le istituzioni religiose, cercando di dare tutte le risposte dallo sguardo del giovane psichiatra.



lunedì 22 settembre 2014

Albero del male

Titolo: Albero del Male
Regia: William Friedkin
Anno: 1990
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Un'affascinante donna si fa assumere come babysitter da coppie benestanti, dando false referenze e falso nome, e subito si dimostra molto abile nel lavoro e dolcissima coi bambini. La donna professa l'antico culto dei Druidi verso un grande albero abitato da potenti spiriti del male, e perciò, al momento opportuno, uccide le piccole creature affidatele, e ne offre il sangue alla sacra pianta come nutrimento.

Purtroppo anche i migliori possono sbagliare e ancora una volta la produzione, e vari altri problemi, possono incidere su un risultato che poteva dare molto di più, soprattutto se il suo regista è un visionario che sa il fatto suo.
Dimenticando ogni aspetto legato ai culti pagani, elemento da cui il film preleva solo un'estratto di idea, purtroppo quello che manca nel film è la sottile linea tra finzione e realtà, che manco a farlo apposta, esagera proprio in quello che doveva essere il climax e uno degi effetti speciali determinanti del film (l'albero che uccide le vittime).
C'è stata una lunga e sofferta gestazione durante il film, da cui non ha caso il regista ha deciso di staccarsi, senza quasi voler essere nemmeno accreditato.
The Nanny di Dan Greenburg, qui sceneggiato in modo più vegetale e prossimo a uno stile di narrazione che fondesse mito e California anni '90, altro non fa che esaminare gli orrori arcaici nascosti nella società contemporanea e riplasmarli.
Il problema è che non a caso Alan Smithe, che è subentrato alla regia, si sia trovato di fronte ad un esito già previsto e una macchinazione ormai compiuta.

giovedì 29 maggio 2014

Las brujas de Zugarramurdi

Titolo: Las brujas de Zugarramurdi
Regia: Alex De La Iglesia
Anno: 2013
Paese: Spagna
Giudizio: 4/5

Josè in compagnia di un gruppo di balordi compie una rapina in un banco di pegni e ruba venticinquemila fedi nuziali. Porta con sé il figlio di appena otto anni, facendolo partecipare attivamente al colpo all’insaputa della moglie, in lotta con lui per l’affidamento del bambino. Ma qualcosa va storto, la rapina si trasforma in una caneficina e Josè, con il figlio, un altro strampalato rapinatore, un ignaro tassista e un ostaggio, fuggono verso il confine francese. Ma nella loro fuga approdano a Zugarramurdi, un piccolo paese popolato da streghe bellicose che non hanno nessuna intenzione di lasciarli andare via.

Nel suo ultimo calderone di esagerazioni furibone, Witching & Bitching del talento spagnolo, fa godere come pochi, dal primo all'ultimo minuto, in quasi due ore di film.
Chi conosce il regista, conosce il suo braccio destro, ovvero lo sceneggiatore folle Guerricaechevarria. Ora il suo ultimo film scardina tutto, distrugge, ricolloca, ritrasforma e da una sua particolare visione sul femminino davvero impressionante.
E'però un film che dietro la sua apparente ingenuità narrativa e soprattutto nelle regole e nel taglio action, estrae le più oneste verità, dipingendo uno scenario grottesco ma attuale e veritiero che non strizza mai l'occhio alla misoginia ma invece allo humor nero (caratteristica endemica del regista).
Trovatemi in Europa qualche pazzo come il talento di cui parlo, che riesca a destreggiarsi tra i generi, mantenendo uno schema e una lucida follia come lui e allora forse capirete la difficoltà, l'importanza, il gioco, l'esagerazione e una sceneggiatura perfetta e quanto mai politicamente super-scorretta che ormai è un arto inseparabile del regista che proprio non c'è la fa a non schierarsi.
Ancora nel suo film ne ha veramente per tutti/e dalla paura per le streghe (capite la metafora) e la stoltezza di chi vede nella donna una minaccia o pericolo. Nell'attesa di un salvatore o di un demonio, quando invece vediamo spuntare l'emblema del non-sense come anche il nascituro, il nuovo uomo e adrogino (che strizza l'occhio a HELLBOY) invocato dalle streghe e che porterà ditruzione e caos.
Sulla grande madre un lavoro certosino, una Venere di Willendorf, ovviamente riplasmata e riveduta, che prende per il culo tutti gli ultimi mostri abominevoli, nel senso che sono tutti uguali, partoriti da una c.g senz'anima.
E per finire non và dimenticata l'auto-ironia di cui il film è costellato.
Un film coraggioso, spietato e potente di un marcato autore che prende le distanza da tantissimi colleghi o finti-tali, manovali di Hollywood, che non sono in grado di trasmettere nulla e non hanno quella che ha un solo e unico nome nella settima arte: la passione.



giovedì 20 giugno 2013

Streghe di Salem

Titolo: Streghe di Salem
Regia: Rob Zombie
Anno:2012
Paese: Usa
Festival: Tff 30°
Giudizio: 3/5

Heidi, una bionda pollastrella rock, DJ in una stazione radio locale, assieme a Whitey e Munster Herman, forma il "Big H Radio Team". Arriva una misteriosa scatola di legno che contiene un disco in vinile, indirizzata a Heidi, con su scritto “Un regalo dei Lords”. Lei pensa che si tratti di una rock band che vuole pubblicizzare la sua musica. Mentre Heidi e Whitey ascoltano il disco, questo inizia a suonare al contrario e Heidi ricorda, in flashback, un trauma passato. In seguito, Whitey suona il disco dei Lord, battezzandoli The Lords of Salem, e con sua grande sorpresa il disco suona normalmente ed ottiene un enorme successo presso gli ascoltatori. Arriva un'altra scatola di legno per i Big H da parte dei Lords, con biglietti gratis, poster e dischi, per organizzare un concerto a Salem. Ben presto Heidi e i suoi colleghi scoprono che il concerto non è lo spettacolo rock che si aspettavano: i veri Signori di Salem stanno tornando, e vogliono sangue...

Comincio a credere di essere uno degli unici a stimare Rob Zombie. Come musicista mi ha sempre fatto cagare e come persona non la conosco e non la stimo però da quando è uscito quel mezzo capolavoro horror di nome LA CASA DEL DIAVOLO ho dovuto dare a Cesare i meriti che gli spettavano e poi soprattutto quando mi è capitato tra le mani quella meraviglia di animazione che si chiama THE HAUNTED WORLD OF EL SUPERBEASTO.
Questo suo ultimo si sapeva che avrebbe diviso i fan e i critici. Io ho trovato che sia il lavoro più anarchico che abbia fatto, capace di dissacrare più con questo lavoro che molti altri registi volendosi prendere troppo sul serio. Lui non lo fa.
Certo è anche il film più ambizioso, si accosta al maligno, al satanico, al peso delle sette e quindi incombe il fantasma della family di Manson citata sotto le righe in più passaggi sui riti compiuti dall'unione di appartenenti alla stessa setta.
La deriva visionaria e allucinata è portata ai massimi livelli come dimostra la scena del male, del feto luciferino o meglio quell'ammasso di carne che sembra allo stesso tempo un dio brutalizzato e un angelo del male che assurge al suo compito. Trascendentale ma più di tutto blasfemo nel mostrare come anche tra fasulle new-religion e tra i culti new-age come tutto non sia in fondo mai cambiato e trovando spesso nei culti personali la sopravvivenza psico-fisica ad hoc per gli astanti.
Il talento visivo di Zombie non traspare certo dall'idea di base che altro non è una cazzata o meglio un pretesto per arrivare a sviluppare un altro tipo di contenuto e portandolo all'esasperazione.
Un film per molti aspetti nuovo e assolutamente dinamico, hi-tech per certi versi ma classico nelle intenzioni e nelle note di intenti.

martedì 22 marzo 2011

Casa del sortilegio

Titolo: Casa del sortilegio
Regia: Umberto Lenzi
Anno: 1989
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Un uomo è tormentato da un sogno ricorrente: scappare da qualcuno prima di raggiungere una vecchia casa dove una strega mette a bollire la propria testa decapitata in un calderone di acqua bollente. La sua fidanzata pensa che abbia bisogno di un periodo di riposo in campagna e i due vanno in una vecchia casa di famiglia che risulterà essere la stessa dell'incubo ricorrente, scatenando drammatiche visioni e uccisioni misteriose.

Lenzi è uno degli indiscussi maestri del genere horror, poliziesco e anche qualcosa di avventura. Questo piccolo horror del’89 risulta un giallo scritto bene, funziona con piccoli effetti a basso budget e una location come la casa che sempre riassume bene alcune delle tematiche horror più care ai nostri registi. Il soggetto è dello stesso Lenzi. L’idea della strega che uccide uno per uno tutti i personaggi secondo il sortilegio non è niente male. Tuttavia pur non essendo originalissimo come soggetto e reso bene con una buona cura per quanto concerne le luci e la scenografia che rimanda al neo-gotico italiano di Bava ed altri.
Questo film insieme ad altri doveva far parte di una serie tv “Le case maledette” commissionata da Mediaset(c’era anche Fulci con LA CASA DEL TEMPO, ma che non venne mai trasmessa per le scene a tinte decisamente troppo forti per il periodo).
Nel cast vale la pena di ricordare solo Paul Muller nel ruolo dello zio.
Il titolo viene anche chiamato “Splatter-La casa del sortilegio” visto che era un prodotto per la televisione splatter/horror italiana!
Un buon film che si riallaccia al filone degli horror italiani degni di un periodo più libero e fortunato produttivamente e qualitativamente.

giovedì 17 marzo 2011

Season of the witch

Titolo: Season of the witch
Regia: Dominic Sena
Anno: 2011
Paese: Usa
Giudizio: 1/5

Europa XIV secolo. Un cavaliere viene incaricato di scortare una ragazza accusata di stregoneria, fino ad un monastero dove verrà sottoposta ad un esorcismo e processata. Durante il viaggio la ragazza si rivela come il demonio in persona.

Tocca alle streghe o meglio ai demoni andare in onda, capitanati dal crociato Behmen interpretato con una nuova parrucca da messer Nicolas Cage che ormai gira circa 60 film l'anno ripetendo sempre la stessa parte. In coppia con il cavaliere troviamo Feldon un buon Perlman che forse sperava in qualcosa di meno banale magari riassaporando quell'atmosfera medievale che lo aveva reso famoso. Robert Sheehan invece anche se in una parte minore conferma il suo talento contando che per lui la gavetta stata la serie inglese MISFITS.
Sena sbaglia completamente l'obbiettivo e strano a dirsi questo film sulle streghe,demoni e medioevo con tanto di magia e road-movie diventa noioso e ridondante.
L'azione si sposta spesso cronologicamente di secolo in secolo per mostrare le carneficine perpetuate dai crociati e quando massacrano donne e bambini inermi allora i nostri due paladini smettono di credere nella chiesa senza però rinnegare dio.
La lacuna più compromettente è proprio la trama che sembra attaccarsi ad ogni pretesto dimostrando in fondo di non avere una buona idea di base.
Tutto faceva presagire alle streghe quando poi in realtà si scopre essere un demone e il colpo di scena più brutto degli ultimi tempi così come lo scontro finale Demone vs Cage=una presa per il culo globale.
Le scenografie come qualche effetto speciale sono le poche cose che si salvano contando che anche il make-up dei mostri lascia molto a desiderare eccezion fatta per la scena in cui compare il re devastato dalla peste.
Un peccato perchè gli elementi e in particolare il tema delle streghe potevano rivelarsi davvero interessanti soprattutto con le innovazioni della c.g
Poi la cosa che lascia più sbigottiti è proprio la mancanza di azione contando che il regista è quello di FUORI IN 60 SECONDI e KALIFORNIA.



sabato 12 marzo 2011

5ive girls

Titolo: 5ive girls
Regia: Warren P.Sonoda
Anno: 2006
Paese: Canada
Giudizio: 2/5

Miss Pierce, l’attraente e sadica preside del St. Mark, dirige il collegio con il pugno di ferro: punizioni, perquisizioni e divieti sono all’ordine del giorno. Ma l’arrivo di cinque ragazze sta per cambiare le cose. Le nuove studentesse, infatti, una volta nella scuola, scoprono di avere dei misteriosi poteri e che potranno usarli per sconfiggere il vero direttore del collegio: il diavolo in persona!

Horror adolescenziale o thriller paranormale.
5Ive girls è un becero tentativo di sposare il paranormale(che andrà sempre molto di moda) e un thriller con toni da commedia.
E' interessante notare come il film non sviluppi niente, di sangue c'è ne pochissimo e molte scene "non"si vedono così come il soggetto che appare inesistente e il colpo di scena finale prevedibile dopo cinque minuti di film. Loro le ragazze, la linfa, non sono neanche carine e recitano con le tette.
Lascia dunque perplessi vedere il buon Ron Perlman a fare da tutore per l'istruzione delle ragazze ed essere ucciso da decine di crocefissi conficcati nel petto.
Lo stile e quello che viene adottato per quasi tutti i film sulla falsa riga di horror che seppur detentori di un budget notevole non sanno come sfruttarlo e quindi gli elementi con cui viene curata la precisione della pellicola inverosimilmente sono i vestiti e le pettinature delle ragazze.
Errori a iosa e inquadrature di ripiego con un finale deludente anche sul piano della c.g e dei dialoghi che attestano il livello culturale di viziose ragazze che meriterebbero davvero di incontrare il diavolo.