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domenica 8 marzo 2020

Dov’è il mio corpo


Titolo: Dov’è il mio corpo
Regia: Jeremy Caplin
Anno: 2019
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

A Parigi, la mano recisa di un giovane uomo evade da un laboratorio di dissezione anatomica decisa a ritrovare il corpo a cui appartiene. Il viaggio sarà funambolico e impervio ma sostenuto dalla presenza persistente di Naoufel, con cui la mano è cresciuta e a cui ripensa costantemente risalendo il tempo fino alla sua infanzia felice. Un'infanzia bruscamente interrotta da un incidente che lo ha reso orfano e lo ha affidato a un anaffettivo parente prossimo. La mano avanza lungo la strada e dentro il tempo fino a incontrare Naoufel e Gabrielle, una cliente a cui il ragazzo consegna la pizza e il cuore. Perché suo malgrado Naoufel è un corriere, impiegato in una misera pizzeria da cui vorrebbe fuggire per esistere. Ad accarezzarne il sonno e a favorirne il destino sarà la sua mano, ostinata nella ricerca e nel 'legame'.

Jeremy Caplin è un regista da tenere d’occhio. Riesce a costruire una fiaba moderna e paranormale che osa mettere in scena e rischiare in uno spartito di generi dove i sentimenti emergono in tutta la loro complessità e armonia.
Due storie parallele in tre piani temporali differenti attraversano Parigi nel caos frenetico e nel sottosuolo. Una mano e un ragazzo, due storie che si intrecciano e un obbiettivo comune: ritrovarsi e mettersi in contatto.
Il titolo del film allude ad un cammino di scoperta, un viaggio alla ricerca di se stessi e di un’anima gemella che può essere una parte del corpo come una ragazza di cui si è sentita solo la voce al citofono.
Un film di speranze per mostrare il dolore della perdita, di angosce che trovano una breccia tra le tante insidie del mondo per superare la tragedia, i pericoli che possono arrivare inaspettati, la resilienza verso una società ostica che distrugge ogni speranza e ogni sogno nel cassetto.
Alla fine il film di Caplin volge verso un finale delicato e prezioso, affascinante e condito da una colonna sonora semplicemente straordinaria da ascoltare in loop dove il bisogno di ritrovare ciò che si è perso supera ogni ostacolo.

Deep Rising


Titolo: Deep Rising
Regia: Stephen Sommers
Anno: 1997
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Un gruppo di mercenari raggiunge, in alto mare, la nave da crociera Argonautica, messa in avaria da un complice per permettere loro di derubare i passeggeri, ma trova solo cadaveri ed un orrendo mostro marino.

Amo i b-movie. I film poi con i mostri e soprattutto quelli acquatici sono sempre in prima linea anche quando sai benissimo che ad attenderti sarà una trashata.
Quando però ti rendi conto che tra i tanti difetti di Sommers (il quale era pure partito bene poi si è perso) il pregio in questo caso è stato riuscire a mettere in scena creature tentacolose che ti succhiano i liquidi del corpo bevendoti vivo e quindi non stavo nella pelle soprattutto contando che mostra le creature solo a metà film per creare un po’ di atmosfera prima e far conoscere i personaggi e la trama scontatissima.
Deep Rising è la perfetta via di mezzo. Un film con budget, attori dignitosi, una buona messa in scena, mostri tentacolari che fanno quello che possono per l’anno di uscita (Rob Bottin era sul pezzo ormai da tempo) e dialoghi cazzari e situazioni stereotipate che aderiscono pienamente all’action d’assedio.
Un film che mostra una sola scena se vogliamo di paura, trova l’intesa tra la Bella (Famke Jansenn) e la Bestia (Treat Williams) due attori che mi stanno simpatici perché protagonisti di due cult Faculty (ad oggi secondo me il miglior film di Rodriguez) e Sbirri oltre la vita.
A quel tempo andava molto di moda la trama per cui mercenari cattivi alla fine trovassero un male indecifrabile e si schierassero con i buoni per combattere i mostri.
Sommers che non è mai da prendere sul serio, è riuscito a creare quel miscuglio dove si spara, ci si azzuffa, molti inseguimenti, storiella d’amore, massacri a volontà, toni da maschio alfa e dialoghi scritti da un bimbo o improvvisati, zero colpi di scena e un finale che si difende bene esagerando come sempre troppo.
Deep Rising è uno di quei film che guardi mentre ti leggi Dead Sea di Tim Curran, contando che il primo è puro intrattenimento, un giocattolone, mentre il romanzo sulle creature tentacolari è di una serietà mostruosa.

Perfect


Titolo: Perfect
Regia: Eddie Alcazar
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Un giovane con un passato violento entra in una misteriosa clinica dove i pazienti trasformano selvaggiamente il loro corpo e la loro mente con l'ingegneria genetica.

Perfect è un film imperfetto ma interessante che parla di ingegneria genetica rimanendo praticamente in un’unica location con attori e attrici affascinanti, piscine, modelle, una villa high tech e uno strano macchinario che sostituisce letteralmente pezzi del corpo cambiandoli a seconda dei gusti. Una madre ambivalente, un protagonista che non sembra del tutto consapevole di quello che vuole e come ottenerlo e un pianeta che si infiamma sempre di più come una sorta di scenario desolato che preannuncia qualcosa di brutto e apocalittico.
Il film punta tutto sul fascino estetico, su una grafica che si interfaccia e strizza l’occhio ai film anni ’80 con sequenze in un 3d discutibile. Purtroppo il limite più grosso del film è quello di non avere un obbiettivo chiaro avanzando con una narrazione che fagocita elementi senza indirizzarli mai verso una direzione definita e i sogni, le allucinazioni e tutto quanto il resto esondano e diventano solo un mero pretesto per mettere in scena una galleria di immagini, certo affascinanti e curate, ma a volte prive di senso.
Più che un horror è uno sci-fi che cerca di inquietare proprio nel fattore che più di tutti poteva rivelarsi interessante ovvero le parti intercambiabili del corpo e le conseguenze che poteva generare una psiche instabile come quella di Vessel 13.

mercoledì 22 gennaio 2020

Ad Astra


Titolo: Ad Astra
Regia: James Gray
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Futuro prossimo. Un astronauta parte alla volta di Nettuno alla ricerca del padre che non vede da tantissimi anni. Forse, sì, è ancora vivo…

Basterebbe già soltanto la prima scena, quella caduta dalla torretta aereo spaziale, a far subito intuire la portata e la grandiosità di alcuni momenti, del reparto tecnico, di come Gray traccia le sue coordinate nello spazio. Al suo settimo film, il regista americano decide di confrontarsi anche lui con la sci-fi, facendolo con un film minimale che abbraccia quei silenzi e quei monologhi interiori che in parte avevamo visto nel bellissimo MOON.
Con tanta passione nel gestire una storia tutt'altro che semplice, tra terra, luna, Nettuno e spazio, con un rapporto difficile tra padre e figlio e una minaccia che rischia di sterminare il genere umano.
Ancora una volta è una tragedia, un trauma infantile ad innescare il viaggio interstellare di Roy, tra avventura, paura, conoscenza e bisogno di risposte.
Un viaggio che richiede un coraggio incredibile nel voler salvare se stesso, il padre, l'umanità, da una catastrofe immediata in parte dovuta alle conseguenze dell'intero genere umano e delle strane richieste poste a Roy quando incontrerà suo padre. Il rapporto tra i due è molto intenso, sembra quasi una sorta di sogno con il dubbio che non sia solo immaginazione ma il film che non si ferma a questo porta tutto verso un climax finale di enorme impatto e potenza visiva.
Ancora civiltà perdute per Gray che possono trovarsi nei luoghi più disparati, andando incontro a distanze cosmiche e location di una bellezza irresistibile, con un duo di attori che legge molto bene la galleria di sentimenti ed emozioni vissute, di paure, responsabilità e fragilità.
Ad Astra mette insieme tante cose, forse troppe, rendendole minimali e lente, quanto profetiche di una paura di quel cosmo che sembra attirarci a se ma che allo stesso tempo ci spaventa più di ogni altra cosa. Muoversi da un pianeta all'altro in poco più di due ore è una scommessa che Gray ha vinto, a volte in maniera stucchevole, ma sempre rivolto ai personaggi, alla loro caratterizzazione, alla crescita e allo spessore nel mettersi in gioco in primo piano.
Il messaggio può anche essere che il bisogno di sapere, porta alla consapevolezza di mettersi in viaggio verso qualcosa che forse non si raggiungerà mai, ma che per forza di cose va percorso.
Il viaggio è al tempo stesso la metafora della vita di ognuno di noi.



venerdì 10 gennaio 2020

Men in black-International


Titolo: Men in black-International
Regia: F.Gary Gray
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Il film inizia nel 1996. La futura agente M non è che una bambina quando assiste per caso a una scena destinata a cambiare il corso della sua vita. Un cucciolo di alieno in fuga si è nascosto nella sua stanza. I genitori incontrano gli agenti dei Men In Black, prontamente spara-flashati perché dimentichino l’accaduto. Ma la piccola Molly vede tutto dalla finestra. E da quel momento, il suo unico desiderio sarà entrare in quella segretissima agenzia, delegata a gestire la presenza aliena sulla terra.

L'ultimo MIB è stupido ma non così tanto come mi aspettavo. La coppiata purtroppo non funziona ma diversi elementi o accessori riescono a regalare inaspettatamente un piccolo sorriso che a dirla tutta in due ore sembrava proprio il minimo.
L'universo di MIB non poteva finire, bisognava riadattarlo, renderlo ancora più malizioso, prendere gli attori che vuole il pubblico e regalare ancora più spavalderie, buffonate e risate in grosse dosi per chi mastica un certo tipo di ironia.
La trama è appena un pretesto per fare un gioco nuovo che gli americani con le grosse produzioni piace continuare a fare. Una moda quella di cambiare location da un momento all'altro come per spara-flashare il pubblico e far loro dimenticare cosa stavano guardando fino a un attimo prima. Perchè poi alla fine è così. Il primo film del '97 aveva almeno un Sonnenfeld dietro che prima di finire a morire con pellicole per la happy family aveva almeno diretto il duo decente della FAMIGLIA ADDAMS e con MIB cercava di scimmiottare con la sci-fi con un film innovativo, dirompente che allo stesso tempo avesse qualche scena creepy, ma dotato di una comicità demenziale e in questo la coppia di attori era davvero funzionale nel mischiare generazioni diverse a confronto. Gary Gray è un mestierante che non ha idee o innovazione nel suo cinema, fa quello che gli dicono di fare senza polemiche.
Il problema ancora una volta di operazioni così costose e che servono solo ad intrattenere in un franchise che era meglio non allungare, è il ruolo della donna che come in questo caso, o negli ultimi film della Marvel e della Dc, dovrebbe dare forza e carattere alle eroine femminili, sembra invece a mio avviso sentenziarne delle macchine da guerra e basta fedeli al loro codice di regole da seguire.



martedì 7 gennaio 2020

Mandalorian


Titolo: Mandalorian
Regia: AA,VV
Anno: 2019
Paese: Usa
Stagione: 1
Episodi: 8
Giudizio: 4/5

Ambientata nell'universo di Star Wars, la serie si inserisce in un periodo storico compreso tra la caduta dell'Impero e l'ascesa del regno del terrore del Primo Ordine. In questo vuoto di potere viene raccontata la storia del protagonista, un guerriero appartenente al popolo combattente dei mandaloriani, come si evince dalla sua armatura che ha caratterizzato altri personaggi di Guerre stellari come Jango e Boba Fett. The Mandalorian segue le avventure del pistolero solitario, che come cacciatore di taglie si muove negli angoli più remoti della galassia ancora distanti dall'autorità della Nuova Repubblica. Nella sua nuova veste, il Mandaloriano si ritrova in un bar per catturare una delle sue prede, consegnandola poi al suo datore di lavoro, Greef Karga, il quale gestisce un gruppo di cacciatori che include la grintosa e ribelle Cara Dune.
Ben presto, Greef affida una nuova missione ad Mandaloriano: ritrovare un oggetto o una creatura ritenuta molto importante dal facoltoso e misterioso cliente, un potente sostenitore del decaduto Impero ancora protetto dai soldati imperiali. Quando i due si incontrano, l'uomo paga subito il guerriero e gli consegna un localizzatore al fine di poter individuare il suo obiettivo, senza però svelargli cosa sia. Ciò che il Mandaloriano ancora ignora è che il ritrovamento dell'obiettivo non è stato affidato solo a lui, ma anche a un droide, IG-11, che incontra durante l'assalto all'edificio dove si trova nascosto. Raggiunto, i due scoprono finalmente di cosa si tratta, o meglio, di chi si tratta: un neonato... particolare. I due hanno reazioni opposte - il robot vuole uccidere la creatura, mentre il Mandaloriano vuole salvarla.

Mandalorian si affida quasi esclusivamente ad un concetto molto importante e interessante per la sci-fi come per il franchise in generale. Un universo da scoprire pieno di pianeti, razze e culture.
Partendo da questo presupposto la trama è semplice quanto assai funzionale e adatta al contesto: un cacciatore di taglie che fa il suo lavoro stanando criminali in giro per gli universi e che si troverà a fare una scelta importante che cambierà il corso della sua vita e i suoi obbiettivi.
Eppure c'è più Star Wars in Mandalorian che non nell'ultima trilogia uscita.
La mini serie di otto episodi è stata scelta dalla Disney per inaugurare il suo servizio di streaming online Disney+. Dato l’intento manifesto di andarsi a scontrare con i giganti di Netflix e Amazon Prime Video e Hubu, la discesa in campo non poteva che essere guidata da una serie che avesse un pubblico già scritto. Se la paura dei fandom o della setta che si muove dietro Star Wars poteva storcere il naso pensando ad un prodotto di puro intrattenimento che piacesse soprattutto ai più giovani, dovrà ricredersi perchè il vocabolario di Mandalorian è universale, tradotto significa che piacerà a tutti, ma proprio tutti.
E non parlo solo della bella abitudine di partire aprendo e chiudendo gli episodi, facendoli durare poco più di mezz'ora, inserendo tanta roba di qualità ma non troppa da farla precipitare male.
Tutta l'operazione è stata gestita da quel pazzo di Jon Favreau, che seppur come regista appare poco più che un mestierante, come ideatore e produttore sa muoversi molto bene disponendo delle conoscenze giuste avendo un piede nella Disney e un altro nell'universo Marvel che poi sono la stessa cosa.
Mandalorian si sapeva ed è giusto che abbia avuto il suo meritato successo, giocando e puntando tanto sull'avventura, sul non sapere cosa succederà ma volerlo scoprire perché si è sicuri che sarà qualcosa che valeva la pena aspettare, caratteristica che ormai con la saga di successo abbiamo quasi dimenticato.
E poi c'è il protagonista che come Dredd non si toglie mai l'elmo, una creaturina a cui è impossibile non affezionarsi, una banda di criminali su una navicella capitanata da Mark Boone Junior, un villain come Herzog, Clancy Brown e tanti altri splendidi attori che trovano i loro spazi per essere caratterizzati a dovere.
Le storie sono molto semplici, ma proprio questa semplicità permette alla serie di procedere indisturbata e silenziosa, mettendo tutti d'accordo, promuovendo valori e ideali, non mostrando mai una goccia di sangue, ma facendo vedere letteralmente corpi che scompaiono o deflagrano a contatto con armi laser.

giovedì 26 dicembre 2019

Terminator 2


Titolo: Terminator 2
Regia: James Cameron
Anno: 1991
Paese: Usa
Giudizio: 5/5

Il nuovo terminator T-1000 è alle costole di John Connor per ucciderlo. Il sé futuro di quest’ultimo manda un vecchio modello di cyborg in aiuto a sua madre Sarah, che vuole sabotare la realizzazione dell’intelligenza artificiale Skynet.

Terminator 2 per il sottoscritto è Il film d'azione. Un'eccellenza in grado di portare ai fasti le scene di combattimento, il ritmo sempre incalzante, l'atmosfera che alterna stadi di paura e ansia generale, il contesto che rimanda ad un'apocalisse imminente, il cast e poi le scene memorabili almeno quanto alcuni dialoghi.
Il sequel che riesce ad andare oltre il primo capitolo. Come per Aliens, non a caso diretto dallo stesso regista, un Cameron in stato di grazia collaudatore e precursore di tecniche in c.g rivoluzionarie dalla ILM di Lucas per il cyborg di metallo liquido, il T-1000 interpretato da Robert Patrick qui semplicemente in stato di grazia.
Il film del '91 sembra davvero avere tutto, budget faraonico, rispetto al primo poi non ne parliamo, la possibilità di portare tutti i combattimenti su larga scala disponendo di alcune location indimenticabili, colpi di scena e mirabolanti effetti speciali che sembrano fare a braccio di ferro per la loro insistenza nel precipitare lo spettatore al di là di quello che normalmente era abituato a vedere e poi il continuo scontro tra terminatori.
Terminator 2 al di là dei traguardi tecnici, della messa in scena, del ritmo, del montaggio e tutto il resto, rimane un film molto politico con la lotta alle multinazionali e la loro responsabilità e ingenuità nel creare Skynet e condannare così l'umanità ad essere asservita alle macchine.
In più ha diversi elementi del cyberpunk dal tempo, lo spazio, la velocità, le vecchie e le nuove tecnologie che qui vengono rimesse in gioco completamente. Tutti i punti di riferimento della nostra vita quotidiana (le piccole certezze alle quali ci attacchiamo per sentirci al sicuro, protetti dall’imprevedibile) vengono capovolti e rimescolati, a partire dallo stesso terminator, nel capitolo iniziale prima carnefice, che qui invece diventa il protettore di John; Sarah che subisce uno switch al personaggio, funzionale quanto tosto, meno paurosa rispetto al primo film ma ancora una volta come per la Elen Ripley, mostrando una final girl senza paura e capace di vedersela in prima battuta con qualsiasi terminator.

domenica 15 dicembre 2019

Witch-Part 1


Titolo: Witch-Part 1
Regia: Park Hoon-Jung
Anno: 2018
Paese: Corea del Sud
Giudizio: 3/5

Ja-yoon sembra una ragazza dotata per gli studi come per il canto, un piccolo prodigio camuffato da timida adolescente. Almeno finché il suo passato misterioso e losco non arriva a casa dei suoi genitori adottivi. Un'azione che scatenerà la natura nascosta di Ja-yoon, quella che le è valso il soprannome di "Piccola strega".

Park Hoon-Jung sceneggiatore di Saw the Devil e regista di Daeho aka The Tiger: An Old Hunter's Tale, firma il primo kolossal sui super eroi coreano. Praticamente distrugge quasi tutta la filmografia Marvel in poco più di due ore, facendo quello che tutti si aspettavano, ovvero un film poco modaiolo, assolutamente imperfetto, uno sci-fi young adult occidentale cattivissimo che non lesina mai sul sangue e altri aspetti come il torture porn.
Seppur la trama sembra solo un pretesto, il film ha tantissimi clichè con una struttura e tanti sviluppi abbastanza ormai rodati nel genere, senza per forza dover compiere guizzi originali di alcun tipo se non nelle scene d'azione. Un altro esempio per mostrare come sempre l'avanguardia in questo campo di un paese che non smetterà mai di stupirci, che continua a schierare registi capaci e con una messa in scena minimale, minuziosa e in grado di saper muoversi nel cinema di genere. Witch-Part 1 sembra il primo capitolo di una trilogia che speriamo venga distribuita anche da noi dal momento che seppur la tematica commerciale, ancora per quanto concerne la distribuzione non è stato detto nulla.
Il perchè è riassumibile in poche parole: violenza e sangue a profusione. Soprattutto quando a farla da padrone sono dei ragazzi ancor più indemoniati degli stessi mandanti adulti, in un giro perverso di codici prestabiliti, una gerarchia di vittime e carnefici che avrà alcuni colpi di scena più che altro legati a come verranno sbudellati o fatti letteralmente esplodere alcuni personaggi di punta.
Un film amaro che parla di esperimenti, redenzione, sembra strizzare l'occhio agli X-Men ma senza addolcire nulla e soprattutto lasciando la fisionomia umana senza connotarla in alcun modo ma invece sapendo diventare brutale ed esplicito quando i ragazzi dotati devono uccidere o prevalere su qualcuno. Una caccia alla predestinata, un road movie, un survival movie, dove l'esitazione non esiste, tutto accade e succede in maniera frenetica con una carneficina che non risparmia nessuno.
Witch sembra portare al logoramento mentale e poi fisica la sua protagonista, sottoponendola a strazi continui per vedere cosa sia realmente. Quando la sua vera essenza esploderà, trasformandola in una macchina spietata e sanguinaria, tutto il resto sarà semplicemente carta da parati, in una strage all'interno dei laboratori segreti, dove Ja-yoon annienterà tutto e tutti in pochi nano secondi.



sabato 23 novembre 2019

Liquid Sky


Titolo: Liquid Sky
Regia: Slava Tsukerman
Anno: 1982
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Un alieno, che si nutre di droga e di una misteriosa sostanza che l'uomo produce durante il rapporto sessuale, trova una perfetta "sistemazione" a casa di due sbandate cocainomani. Da quel momento ogni uomo che va a letto con le ragazze muore. Quando una delle due ragazze capirà che l'alieno è la causa di tutto preferirà scomparire nel nulla con lui.

L'esordio di Tsukerman può essere inserito come uno dei film cardine di un certo filone della sci-fi. I motivi sono tanti e rigorosamente dettati da un sapiente lavoro di scrittura, una messa in scena a tratti sperimentale e surreale e una recitazione più che adeguata.
E'un film anomalo, alieni, droga, misteriose sparizioni, avvistamenti, navicelle che decidono di piazzarsi sopra un grattacielo e godersi un soggiorno sul nostro pianeta (anche se non li vediamo mai) tutto questo quasi sempre senza far ricorso all'azione ma lasciando che le cose accadino magari intuendole da un dialogo. A conti fatti l'opera è infarcita di elementi, scene e momenti suggestivi quanto originali, la Manhattan degli anni '80 con tutte quelle mode, gli stili sofisticati e alternativi dei suoi protagonisti, il linguaggio ricercato, il clima alternativo e mezzo anarchico e poi alcune suggestive musiche elettroniche che riescono in più casi a creare quell'atmosfera di cui il film in alcuni momenti sente il bisogno.
Strano, anomalo, indipendente, un precursore per tanti film a venire che non starò ad elencare.
Mi ha ricordato molto nel come viene scandita la recitazione i film di Paul Morrissey e le opere sperimentali di Andy Warhol, quelle poche con i dialoghi per intenderci.
Da un lato Margaret non può avere orgasmi nonostante ci provi in tutti i modi e questo consente all'alieno di poter scegliere soltanto lei e usarla per adescare le vittime e nutrirsi della sostanza generata dal cervello degli eroinomani al momento dell'amplesso. Ora ci troviamo di fronte ad un film ambizioso, molto psicologico per come approfondisce la sua protagonista, per come Margaret si renda conto che quei freak con cui convive e passa le giornate sono degli idioti, di come il successo sia un'arma a doppio taglio, di come tutti cerchino tutti solo di portarsela a letto e avere droga gratis, un dramma interiore sviluppato facendola disilludere su quanto capiti attorno a lei.
Liquid Sky è un film veramente difficile da catalogare, film di questo tipo ne esistono davvero pochi, ha una sua fisionomia che lo rende a tratti irresistibile e in altri momenti qualcosa di allucinato e non sempre chiaro nelle sue ambizioni e intenti , ripetitivo e a volte anche noioso quando assistiamo ai dialoghi a volte privi di senso della galleria di freak.
Un film di stampo femminista girato da un regista russo di origine ebraica trapiantato in America.





sabato 16 novembre 2019

Cyber City Oedo


Titolo: Cyber City Oedo
Regia: Yoshiaki Kawajiri
Anno: 1992
Paese: Giappone
Giudizio: 4/5

OEDO (ex Tokyo), anno 2808. Sengoku, Benten, Gogul: intraprendenti cybercriminali condannati a scontare dai 295 ai 375 anni di carcere. Le alte sfere governative decidono di sospendere tutte le sentenze in cambio della loro collaborazione nella lotta contro il crimine. Riusciranno i tre neo-agenti della Cyber Police a portare a termine ogni missione con successo? Il collare esplosivo che sono costretti a indossare non lascia loro molta scelta.

Ancora l'immenso Yoshiaki Kawajiri, un regista d'animazione come non si sono quasi mai più visti che ha saputo regalare perle per quanto concerne la nutrita gamma di generi a cui il suo cinema attinge e aderisce. Un'autore in senso ampio del termine di cui credo su questo blog di aver recensito tutte le sue opere, tante, diverse, una più bella dell'altra di cui questa mini serie composta da tre Oav da quaranta minuti l'uno raggiungono i fasti più alti del suo cinema.
Sci-fi, poliziesco, thriller, horror. Cyber City Oedo è composto da tre episodi diversi ma collegati dove in ognuno è presente una storia incentrata su uno dei tre protagonisti principali.
Con una soundtrack dominante e ipnotica Kawajiri inserisce quasi tutte le sue tematiche raggiungendo e inserendo però alcune meta riflessioni filosofiche sul destino e tante altre domande e argomentazioni affrontate in passato. I complotti, il governo corrotto, le macchinazioni politiche, i collari per controllare i prigionieri e usarli come schiavi per i propri scopi, gli esperimenti militari a danno di alcuni prigionieri usati come cavie. Temi e portate che vengono inserite in maniera più che perfetta, dove il nostro autore si sbilancia affrontando anche l'horror con una storia che vede protagonista un vampiro, tantissimo sangue e un livello di violenza che rimane uno dei marchi di fabbrica del cinema di Kawajiri come in alcuni film possono esserlo le scene di sesso.Gli scenari poi sono curatissimi, il delirio cosmico e le ambientazioni cyberpunk rendono ancora più suggestivo un universo creato ad hoc per dare ancora più enfasi alla storia.
Lo stile poi ormai da tempo non ha più nulla da mettere in discussione, è rodato e ormai consolidato con alcune scene d'azione realizzate in maniera impareggiabile dando sempre una profonda riflessione sullo spirito di sacrificio, sull'enorme senso di spettacolarità e alcuni scontri che inseriscono anche un certo discorso sull'onore e sul rispetto che merita un discorso a parte.
I criminali che Kawajiri mostra, tre personaggi che come sempre si distinguono in tutto e per tutto come se fossero straordinariamente diversi nel design e nel character, sono gli stessi anti-eroi che abbiamo conosciuto in altre opere come sempre prediligendo e distinguendosi per delle storie che non prevedono dei veri e propri eroi canonici ma in fondo dei buoni che sanno sacrificarsi per la giusta causa e al tempo stesso rimangono anarchici in tutto e per tutto, odiando le regole e un sistema che gli vende e gli usa come vittime sacrificali e capri espiatori.




venerdì 15 novembre 2019

Stranger Things-Terza stagione


Titolo: Stranger Things-Terza stagione
Regia: Duff brothers
Anno: 2019
Paese: Usa
Stagione: 3
Episodi: 8
Giudizio: 4/5

È il 1985 a Hawkins, Indiana, e il caldo estivo si fa sentire. La scuola è finita e c’è un nuovissimo centro commerciale in città. I ragazzi di Hawkins stanno crescendo e le dinamiche amorose incrinano i rapporti del gruppo, che deve imparare a crescere senza allontanarsi. Nel frattempo il pericolo si avvicina. Quando la città viene minacciata da nemici nuovi e vecchi, Undici e i suoi amici si ricordano che la minaccia è sempre dietro l’angolo e sta crescendo. Ora si dovranno unire e cercare di sopravvivere, ricordandosi che l’amicizia è più forte della paura.

E fu così che ci scappò anche la lacrimuccia. Forse era pure uno degli intenti di questa roboante terza stagione, un fulmine a ciel sereno, un arcobaleno di atmosfere e colori, un passo in avanti rispetto a tutto quello che finora era stato fatto e partorito già comunque con ottimi risultati e intenti.
In otto episodi è così tanta la carne al fuoco, gli eventi, l'azione concitata, i personaggi ancora più complessi e portatori di misteri e forse la stagione che meglio di tutte nella storia del cinema ha saputo riaffondare le sue radici sul concetto di amicizia e riassumere alcuni stereotipi e archetipi rendendoli squisitamente appetibili e deliziosi per tutti i target d'età mettendo d'accordo genitori e figli, coppie, adolescenti, amanti del cinema di genere, nostalgici e tanto altro ancora. Quanto sono importanti i legami, quanto la famiglia, il senso di sacrificio che raggiunge fasti immensi come l'ultimo episodio dimostra. La saga che dalla prima stagione mi aveva lasciato quei dubbi e quelle perplessità sul fatto che fosse così esageratamente nostalgica e fondata unicamente sul gioco cinefilo dei rimandi all’immaginario nerd e cinematografico degli anni Ottanta, lasciandomi interdetto su come potessero andare avanti misurandosi su terreni già intrapresi, luoghi comuni e immaginari già masticati mi ha colpito portandomi a riesaminare tutto l'esperimento della coppia di registi. Eppure se forse gridare al miracolo potrebbe sembrare esagerato, sospendendo l'incredulità lasciando scorrere numerose riflessioni, scene d'azione e non-sense a bizzeffe, l'atmosfera di quest'ultima stagione dimostra di regnare sovrana, creando ancora di più misteri, suggestioni, unioni, rivalità, scontri, misurandosi con personaggi a cui è impossibile non affezionarsi e che crescono in tutto e per tutto con una caratterizzazione sempre più impressionante e umanamente viva, reale e toccante. ST3 è universale per usare un termine che sappia dare senso e provare a toccare tutti i punti, in un mondo ludico dove si passa con incredibile facilità da un estremo all'altro, da una risata ad uno squartamento, da una location all'altra, misurandosi con universi paralleli, creature orrorifiche, possessioni, personaggi indimenticabili, sacrifici e tenendo i sentimenti e le emozioni sempre come capisaldi sapendo toccare importanti fasti per quanto concerne l'empatia e la potenza narrativa.
ST3 è forte quanto sincero, introduce russi simpatici quanto portatori anch'essi di segreti nel sottosuolo, di esperimenti cosmici e diventando altalenanti con la galleria di creature e mostri che non mancano di saper esprimere anche quella parte creepy e nascosta, quell'horror viscerale che tutti i fan giustamente esigono.
Sembra strano ma è una di quelle saghe che potrebbe non finire mai, continuando all'infinito, allargando quella fase di giochi che non vorremmo mai abbattere, quel muro che ci ricorda l'infanzia e con cui questa saga ci ricongiunge, quell'essere al passo coi tempi esprimendosi nel passato, senza dimenticare la crew di attori emergenti funzionalissimi, dove però i più grandi emergono con ancora più spessore, Hopper su tutti, sapendo "uscire di scena" in maniera più che memorabile.



domenica 27 ottobre 2019

Linea mortale


Titolo: Linea mortale
Regia: Joel Schumacher
Anno: 1990
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Cinque amici e studenti di medicina dopo una lezione di anatomia sposano, anche se con qualche tentennamento, un'idea di uno di loro. Si tratta di oltrepassare la soglia della vita per poco più di un minuto, morendo, e ritornando in vita da testimoni. Anche se le visioni non sono poi così entusiasmanti si sviluppa una gara a chi resiste di più.

Linea Mortale per me è un cult come lo era Ragazzi perduti sempre di Schumacher quando Sutherland figlio poteva quasi vantarsi di essere il suo attore feticcio.
Un film che funzionava di brutto al tempo perchè cercava delle risposte di fatto a dei quesiti che rimarranno sempre delle incognite per il genere umano.
Cosa c'è oltre la morte? Se riuscissimo a fare degli esperimenti e portare il corpo in uno stato di trance e poi farlo ritornare in vita cosa potrebbe succedere?
Come sempre andando a varcare le colonne d'Ercole si apriranno fantasmi nell'armadio, alcuni banalotti e innocui mentre altri molto più pericolosi.
Quando lo vidi da adolescente come tutti i ragazzini volevo cimentarmi anch'io in esperimenti simili, per fortuna non lo feci.
Il film inizia con Kiefer Sutherland, la mente del gruppo e anche il più stronzo, che guarda l'alba e sentenzia una frase importantissima "Oggi è un bel giorno per morire"
Il film per quanto concerne la sceneggiatura vive per la maggior parte del tempo sulla sospensione dell'incredulità, buono lo spunto ma poi bisogna avere gli strumenti per andare avanti. Schumacher lascia perdere tutto e butta il film, come è solito fare sull'atmosfera da brivido, sul thriller, sui colpi di scena e il terrore di cosa si è andato a risvegliare per allontanarsi dal discorso scientifico che avrebbe richiesto più elementi.
Linea Mortale è un modesto thriller con un'ambientazione molto tetra e tenebrosa sapendo però che l'intento principale è l'intrattenimento allontanandosi come dicevo da territori che sarebbero forse stati ostici per il film come diramazioni religiose o scientifiche. Rispetto ad altri suoi film sviluppa una crescente tensione narrativa articolandosi più sul piano emotivo che descrittivo, lontano dalle trovate spettacolari del sensazionalismo orrorifico anche se in alcuni momenti, come Billy Mahoney che massacra Nelson, la suspance è alle stelle.


Brazil


Titolo: Brazil
Regia: Terry Gilliam
Anno: 1985
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

In un mondo dove la burocrazia e lo statalismo regnano incontrastati, anche una lettera sbagliata può essere fonte di malintesi .
Da questo errore nasce l’avventura di Sam Laurie, impiegatuccio represso dal lavoro e dalla madre, che in un ultimo slancio di ribellione ed amore non ricambiato si getta a capofitto in una impari lotta contro la perfetta macchina statale che tutto vede e tutto decide.

Brazil segna un punto di svolta importante e necessario per un autore iperattivo come Gilliam. D'altronde diciamo che il film in questione è la summa di tutta la sua ideologia, quello che più gli preme comunicare allo spettatore liberandolo dalle catene di un sistema che decide per lui. Da qui partono Kafka e Orwell su tutti prendendo dal primo il personaggio di Laurie ispirato da un certo Gregor, un personaggio che conduce una vita noiosa e abitudinaria come quasi tutti, dal secondo gli aspetti distopici del film e null'altro.
Brazil è uno di quei film manifesto degli anni '80 che voleva svegliare le coscienze, deridere un modello economico obsoleto come la burocrazia anche se Weber non sarebbe d'accordo.
Proprio la burocrazia diventa la conseguenza e una sorta di macro nemico che rallenta le vite grigie, monotone e spente dei cittadini, prendendo il sopravvento e tenendo in scacco quasi tutta la popolazione a parte i terroristi, i ribelli, coloro che si oppongono.
La critica dunque arriva da Gilliam a colpire un governo che ormai ha annullato la libertà di pensiero, bocciato la creatività, lasciando la popolazione come scarafaggi a girare su se stessi. Burocrazia, governo e poi l'industria che diventa metafora perfetta del freddo, dell'anonimato, dell'indifferenza e dell'incapacità di provare emozioni.
Brazil ha così tante scene madri, intuizioni, dialoghi memorabili, una galleria di personaggi curiosi e grotteschi, arrivando a creare un mondo fatto di tubi, condotti, passaggi che non si capisce bene dove portino ma segnati comunque da un'ordine voluto dai piani alti con cui controllare sempre tutto e tutti.
Brazil è amaro e fa il colpo proprio perchè rifugge da un buonismo di fondo, non crede sia opportuno inserire un happy ending con un clima di quel tipo, la società essendo controllata non può essere liberata da un uomo solo e infine assistiamo al trionfo del Grande Fratello, in un climax freddo e spietato dove addirittura Laurie viene lobotomizzato.



Mars Attack


Titolo: Mars Attack
Regia: Tim Burton
Anno: 1996
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

I marziani prendono contatto con la Casa Bianca e chiedono di atterrare sulla Terra. Ma sono violenti, sadici e con una gran voglia di distruggere tutto e tutti. L’esercito è impotente, il Presidente non sa che cosa fare, il paese è allo sbando. Chi potrà salvare la situazione?

Pochi film hanno avuto un cast stellare come il film di Burton anche se parliamo in alcuni casi di comparsate. Mars Attack è la risposta dell'autore che omaggia la sci-fi quella datata che ormai le nuove generazioni non prendono neanche in considerazione. Rimanendo sulla scia del grottesco come BEETLEJUICE, il settimo film esplode rimescolando le tematiche sugli alieni, lavorando sull'estetica cercando di fargli sembrare quasi dei cartoni animati per smussare così la loro indole malvagia di distruzione totale. Questa è stata l'idea più originale, politicamente scorretta e innovativa del film, ma d'altronde parliamo di un Burton che non aveva ancora le catene della Disney e partoriva un sacco di idee interessanti e non solo per bambini. La parodia del film è equilibratissima, con una satira feroce che non risparmia proprio nessuno, gioca su tanti paradossi, è anarchica, punkaiola, fa ridere, vive di momenti spassosi e allo stesso tempo lascia sbigottiti per la crudeltà degli alieni e ridicolizza i valori e i miti della società americana. Lo stesso anno usciva INDIPENDENCE DAY che non vale nemmeno l'unghia del film di Burton nonostante al tempo aveva dei fasti mica da ridere per quanto concerne la c.g
Certo l'unica debolezza è quella di non vedere alcuni attori impiegati al meglio ma solo in piccoli sketch quasi sempre sopra le righe rendendoli detestabili e assurdi quasi quanto gli alieni.



Alien 3


Titolo: Alien 3
Regia: David Fincher
Anno: 1992
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Il terzo capitolo della saga di Alien è ambientato su Fiorino 161, pianeta lontanissimo della Terra dove ci sono numerosi prigionieri che devono scontare una pena. Il sottufficiale Ripley, giunge su Fiorino e dovrà ancora una volta sconfiggere un alieno.

Sarà che per me Fincher è una conferma a scatola chiusa. Alien 3 che non è piaciuto quasi a nessuno, pubblico e critica, è un'opera molto complessa,stratificata, che cerca subito un'anima sua cercando di divincolarsi dai precedenti due capitoli.
E'lo fa nella maniera migliore possibile, scegliendo un altro pianeta, un'oscura colonia penale dove uno dei fattori più interessanti è legato all'elemento mistico dove i detenuti si sono organizzati una congrega religiosa sulla creatura che semina la morte. Paura e venerazione.
Ripley è l'unica donna, è sola contro tutti, viene vista con diffidenza dagli altri abitanti del pianeta eppure sembra aver maturato un animo ancora più cazzuto, le armi quasi non esistono e prima del terzo atto finale dove vediamo tutta l'azione che prima era stata sapientemente sfruttata in maniera minimale, esplode e deflagra con il climax quando la protagonista scopre di portare nel ventre l'embrione dell'alieno.
Tutti i capitoli della saga di Alien sono importanti. I primi due sono cult. Il terzo ha cercato di fare un lavoro completamente diverso, riuscendosi grazie ad un Fincher che ha saputo imporsi con la produzione e il quarto, anche se il più fracassone, ha moltissimo elementi e spunti interessanti, un cast sempre di livello e poi non dimentichiamoci la regia di Jeunet.


Aliens


Titolo: Aliens
Regia: James Cameron
Anno: 1986
Paese: Usa
Giudizio: 5/5

Anno 2179. La navicella d'emergenza del Nostromo viene ritrovata dispersa nello spazio, e con essa l'unica sopravvissuta del mercantile, Ellen Ripley. La donna al suo risveglio scopre di aver passato in sonno criogenico la bellezza di 57 anni e di esser sopravvissuta anche alla sua stessa figlia, appena una bambina quando lei partì. Ancora sconvolta dall'accaduto la donna racconta ai boss della compagnia Weyland-Yutani quanto avvenne sul Nostromo, ma nessuno sembra crederle; inoltre viene a sapere che il pianeta LV-426 è stato terraformato e ora vi vivono centinaia di abitanti. Quando ogni contatto viene perso con la colonia la compagnia decide di inviare una squadra di marine dello spazio per indagare, e chiede proprio a Ripley di far parte della missione come consulente: dopo le prime titubanze la donna accetta, anche per sconfiggere per sempre gli incubi che la assalgono ogni notte. Ma giunti sul posto i militari trovano la base in macerie e un solo sopravvissuto: una bambina traumatizzata e in forte stato di malnutrizione. E, quando la squadra cercherà di scoprire cos'è successo agli abitanti della colonia, si troverà di fronte ad una miriade di xenomorfi...

Sarò di parte ma io amo il primo capitolo e il secondo alla stessa maniera, forse leggermente di più questo. Il perchè è legato agli anni in cui lo vidi, all'azione, allo scenario dei marines con armi gigantesche e impossibili da indossare in quel modo. Tutto il film è serratissimo, una fuga dall'incubo, una battaglia persa ancora prima di nascere, una strage già lasciata intendere fin dall'inizio. Cameron ha puntato tutto sull'azione, mettendo da parte la storia per buttare tutto sullo scontro, sulle sparatorie, sulla carneficina.
Aliens è uno sci-fi d'azione come il cinema ne ha saputi fare ben pochi a questi livelli.
Grazie al budget e al miglioramento degli effetti speciali, il film è un vero spettacolo visivo, con tecniche all'avanguardia per l'epoca che accompagnano la narrazione per due ore e mezza di pura ed esaltante azione. Se il primo capitolo puntava tutto sull'ambientazione e sull'atmosfera, qui tutto viene strutturato in due atti in modo da farlo diventare anch'esso un horror ma più ludico e meno angosciante.
Con uno script semplice ma ottimamente sviluppato, Cameron rende ancora più immediata la carica empatica coi protagonisti, riuscendo nel difficilissimo compito di farci addirittura immedesimare e provare pena per alcuni marines.
Aliens come il primo sono due capitoli a parte prima degli ultimi due pre Scott, che seppur molto interessanti avevano da un lato il compito di non far perdere fasti alla creatura, dall'altro di dover trovare spunti nuovi e originali per continuare la saga.
Aliens ancora oggi è spettacolo all'ennesima potenza.

Alien


Titolo: Alien

Regia: Ridley Scott
Anno: 1969
Paese: Usa
Giudizio: 5/5

L'astronave Nostromo sbarca su un pianeta da cui proviene un SOS, ma la colonia sembra essere disabitata. Nel corso di una ricognizione, un membro dell'equipaggio viene attaccato da un essere a forma di ragno. La situazione precipita: i coloni sono stati in realtà sterminati da una razza aliena che ha trasformato la base in una gigantesca covata.

Alien è stato un punto di svolta importante per il genere sci-fi. Un film che ha rivoluzionato completamente idee e teorie sugli alieni riprendendo l'idea di Siegel e trasformandola ad hoc per un film che ha nei suoi punti di forza l'estrema violenza e il carattere dell'alieno.
Alieno è il mostro come la base spaziale. Alieni sembrano i presupposti per cui la creatura abbia solo lo scopo di cibarsi e riprodursi facendo in modo che gli umani siano solo cavie che servono al loro scopo usati come materia organica per cibarsi e come incubatrici per poter dare vita e riprodursi.
La creatura pensata dal pittore Hans Ruedi Giger e realizzato dal mago degli effetti speciali Carlo Rambaldi è sempre risultata inquietante, influenzando molto le fattezze degli alieni e allo stesso tempo per le sue incredibili caratteristiche è riuscito ad essere ancora ad oggi la creatura più perfida, crudele e maledettamente affascinante dell'universo sci-fi come un viscido essere tentacolare dalla forma di ragno, e in seguito si tramuta in un gigantesco xenomorfo dal cranio allungato e dalla lingua letale.
Il pregio enorme del secondo lungometraggio di Scott è stato quello al di là dei meriti delle maestranze, di averla spuntata con un budget di appena 11 milioni costruendo e puntando tutto sull'impianto dell'atmosfera, rendendola sempre suggestiva, inquietante, dove l'astronave, l'universo e il senso di angoscia che permane nello spettatore per tutto il film è proprio quello legato alla paura dell'ignoto, elemento che invece l'alieno non ha, attaccando e massacrando tutto l'equipaggio.
L'alieno diventa dunque la risposta a questa nostra paura, tradotta dal cinema e dalla "scienza" come uno xenomorfo in cerca di cibo e di altri come lei.
Un altro elemento che ha giovato molto e dato originalità e spessore al film è stata sicuramente la sceneggiatura di Dan O’Bannon, frutto di un cocktail di influenze narrative importanti, tant'è che ha sempre risposto alla critica "Non rubai Alien a nessuno in particolare. Lo rubai un po’ da tutti!"
Il pregio dei cult a di là dell'aver sdoganato tempi, modi, intuizioni, scene d'azione, scenari e tutto il resto, è quello di riuscire sempre ad essere attuali, controcorrenti, moderni per la loro freschezza narrativa e per aver dietro la macchina da presa dei maniaci della minimalità. Alien entra nell'olimpo tra i film che più di tutti hanno segnato un'epoca e un genere.




Animatrix


Titolo: Animatrix
Regia: AA,VV
Anno: 2003
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

1-Il secondo Rinascimento (parte I e II)
La genesi di Matrix: le ultime città della razza umana, la guerra con le macchine e la caduta dell'uomo. Un tour guidato agli archivi di Zion e alla storia di Matrix.
2-Programma
Nel mondo simulato di un programma di addestramento di un samurai, Cis, una donna soldato di Zion, è costretta a scegliere tra l'amore e i suoi compagni nel mondo reale.
3-Record del mondo
Attraverso una incredibile combinazione di volontà, potenza e forza fisica, Dan, lo sprinter detentore del record mondiale, rompe Matrix e riesce a dare un'occhiata troppo breve al mondo reale.
4-Storia di un ragazzo
Seduto nella sua classe il ragazzo riceve un invito personale da Neo per uscire da Matrix. Ma trovare un'uscita sarà più difficile di quanto immaginato.
5-Aldilà
In una tranquilla città dove nulla è quello che sembra Yoko trova un bug nel sistema: una dimora abbandonata dove tutto sembra possibile. Ma arrivano gli sterminatori per procedere al de-bug.
6-Detective story
L'investigatore privato Ash segue la cyber criminale Trinity attraverso lo specchio.
7-Immatricolato
Un piccolo gruppo di ribelli ha catturato un robot e procede a programmarlo per lavorare per la causa. L'insegnamento al robot a preferire Matrix umani alla realtà delle macchine ha troppo successo e l'appetito del robot per i Matrix umani eccede l'abilità degli umani nel rifornirlo.
8-L'ultimo volo dell'Osiris
L'equipaggio dell'hovercraft Osiris deve riportare un messaggio di vitale importanza da Zion.

Animatrix visto il successo planetario della saga è stato un progetto voluto dai fratelli Wachowski che hanno collaborato con tutti gli artisti e alcune sceneggiature vengono direttamente da loro. In nove cortometraggi da dieci minuti in media ambientati tutti nel mondo della saga di Matrix, passiamo da corti che a livello di c.g hanno segnato il tempo e parlo dell'unico episodio girato interamente in c.g, ai meriti e i fasti di Maeda che ha cercato di dare un quadro degli eventi che hanno portato allo scontro con l'inteligenza artificiale.
Shinchiro Watanabe, Andy Jones, Yoshiaki Kawajiri, Takeshi Koike, Kouji Morimoto e Peter Chung. Quasi tutti nomi che non hanno bisogno di presentazioni. Gli artisti chiamati a dare forma e idee alla saga hanno avuto carta libera, un budget molto alto e il rischio di portare a casa un dvd che non riuscisse a livello di costi a pareggiarli e così è stato ma si sapeva. Dal'altro canto la coppia di registi che ha pensato al progetto aveva sicuramente dei "debiti" in sospeso con gli animatori giapponesi autori loro stessi di alcune idee portanti della saga di successo. Quello che poi sempre a livello tecnico si nota è la perfetta unione di generi, di forme, di stili diversi di animazione, dell'uso del disegno in alcuni corti semplicemente delizioso portando il livello tecnico dell'animazione all'eccellenza.





giovedì 24 ottobre 2019

Goku midnight eye

Titolo: Goku midnight eye
Regia: Yoshiaki Kawajiri
Anno: 1989
Paese: Giappone
Serie: 1
Episodi: 2
Giudizio: 4/5

Goku Furinji è un abilissimo investigatore privato, tra i migliori nel suo mestiere. Presto però deve  indagare su Genji Hyakuryu, noto mercante d'armi, e durante uno scontro con i suoi uomini si salva a stento perdendo l'occhio sinistro. Aiutato da un misterioso individuo, si risveglierà scoprendo di poter vedere ancora: il bulbo oculare gli è stato sostituito con uno cibenetico avanzatissimo che, permettendogli di connettersi a qualsiasi sistema informatico del mondo, lo rende ipoteticamente un Dio...

Sempre dall'Oriente con un'altra perla nipponica. Due episodi per un perfetto cocktail
poliziesco, sci-fi, action, cyber-punk, thriller, ed action movie con tante scene violente e alcune scene di sesso abbastanza spinte per l'anno di uscita.
L'idea alla base permette a Kawajiri di potersi avvalere di una sceneggiatura davvero ben strutturata, piena di ritmo, di riflessioni interessanti, in grado per tutta la sua durata (due episodi da 45')di coinvolgere lo spettatore facendolo passare da una situazione all'altra in un quadro noir e quasi spettrale dove dalle scelte di look e di forma notevoli, il film dalla sua per fortuna non ha particolari regole o target da rispettare inserendo sparatorie, squartamenti, scontri violentissimi e un linguaggio che non nasconde la sua vena esplicita. Kawajiri ha sempre uno stile molto tetro, scuro e macabro che si ricollega ad altri suoi film d'animazione da vedere assolutamente come MANIE-MANIE (l'episodio dell'uomo che correva), CITTA' DELLE BESTIE INCANTATRICI, NINJA SCROLL, VAMPIRE HUNTER D-BLOODLUST, ANIMATRIX, Highlander(2007).
Nei suoi due episodi Kawajiri fa un salto in avanti rispetto ai suoi precedenti lavori, affinando meglio la tecnica, ma soprattutto dando alla storia quel tratto da noir urbano che complice anche le raffinate inquadrature, riesce a dare equilibrio e ritmo a tutti i generis inseriti.

Specie Mortale

Titolo: Specie Mortale
Regia: Roger Donaldson
Anno: 1995
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Alcuni scienziati assemblano un Dna secondo le indicazioni di un extraterrestre. Pentiti, tentano di uccidere la bimba creata, che però fugge, cresce a vista d’occhio e cerca di riprodursi.

Specie Mortale è un b-movie, un film sci-fi con alcune cadute nel trash ma allo stesso tempo riesce ad essere stranamente oggetto di culto da parte di nobili nerd della fantascienza.
Quella a cui non manca l'action più spedito, alcune scene erotiche dal momento che bisogna sfruttare il fascino fuori dal comune di Natasha Henstridge, dialoghi a volte improbabili, scene truculente, Hans Ruedi Giger scomodato per creare il mostro è poi quel girotondo per cui il film cerca un equilibrio che non trova mai, diventando a ratti estremamente bizzarro, violento, e con alcune scene di sangue notevoli, mentre dall'altro sembra aver avuto una gestazione complessa a partire da un cast che vede un sacco di nomi noti quasi tutti sprecati fino ad alcuni momenti di non-sense molto forti che viste le premesse possono pure starci.
Una cazzatona divertente e che nella sua apparente ingenuità cerca di prendersi molto sul serio con una storia che aveva delle premesse se non proprio esaltanti, almeno all'altezza.
Sil è quell'esempio o quella metafora su cui il cinema di sci-fi negli anni continua a lavorare con risultati altalenanti, dalle invenzioni di SPLICE fino a MORGAN, che avverranno dopo, il film di Donaldson è un fanta-horror di puro intrattenimento, quel film che vogliamo poter pensare un ibrido malato tra ALIEN e DETECTIVE STONE, un po una baracconata fatta apposta per intrattenere e divertire.

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