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lunedì 27 aprile 2015

Den

Titolo: Den
Regia: Zachary Donohue
Anno: 2013
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Elizabeth, una giovane donna che studia le abitudini di coloro che usano le videochat per la sua tesi di laurea, è testimone dal chiuso del suo appartamento di un brutale omicidio online. Si ritroverà così al centro di incubo in cui lei e i suoi cari sembrano destinati alla stessa raccapricciante fine toccata alla prima vittima…

Ancora un found-footage o mockumentary (spesso i sotto-generi sembrano convergere), ma in questo caso, non su mostri e paure legate ad un mondo rurale ormai sempre meno sconosciuto, ma quella che a tutti gli effetti vuole essere un'indagine sui media in un "home Invasion" versione 2.0 in particolare sullo studio "tecno-antropologico" della chat Den rimanendo 24 ore al giorno connessa.
Se da un lato lo spunto di partenza e alcune intuizioni sulla gestazione del tema possono rivelarsi interessanti, il film crolla proprio nel momento in cui vuole cercare di diventare un thriller/splatter con omicidi seriali in rete, una poco convincente retromarcia delle forze dell'ordine e una Elizabeth che vuole vedere chiaro senza averne gli strumenti.
Quello che mi stupisce, è che ci si meraviglia di fronte ad una chat come questa, in una post-contemporaneità ormai risucchiata dai media, in cui ci prestiamo sempre di più come cavie pubblicitarie a tutti gli effetti.
Avrei indirizzato di più sulla critica e su quello che tramite l'uso del desktop del pc, poteva cercare di regalare.

La setta, i maniaci e tutto il resto, non fanno davvero più paura, sono spesso il risultato di una pornografia on-line sempre più consolidata e che genera conseguenze inattese ed effetti perversi.

venerdì 19 dicembre 2014

Hangar 10

Titolo: Hangar 10
Regia: Daniel Simpson
Anno: 2014
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 2/5

Gus e Sally, cacciatori di tesori, invitano l'amico Jake a seguirli nella ricerca illegale di oro sassone in un pezzo di alcuni terreni privati. Inavvertitamente, finiscono su alcuni lotti di terra di proprietà del Ministero della difesa, incontrando strani fenomeni che si spiegano come di natura extraterrestre. Spaventato e smarrito, il gruppo si imbatte nell'Hangar 10, una struttura militare segreta abbandonata. Qui, scopriranno la verità dietro ad alcuni eventi verificatisi 30 anni prima mentre diventeranno a loro insaputa partecipi di una nuova terrificante invasione aliena.

Era iniziato con BLAIR WITCH PROJECT per poi continuare su binari che hanno attraversato quasi tutti i sotto-generi dell'horror.
A differenza degli ultimi film di matrice aliena, dalla violenza pura di EXTRATERRESTRIAL, alle telecamere e il vaso di pandora aperto in SKYNWALKER RANCH, fino a prodotti amatoriali che non starò a citare per il male che gratuitamente continuo a riversarmi addosso, quest'ultimo, purtroppo, non aggiunge nulla di nuovo e diventa, purtroppo, un malriuscito esempio soprattutto per come non deve essere usata una telecamera. Dal punto di vista tecnico è lampante il limite di budget a differenza dei film sopracitati.
Senza stare a rimarcare come alcuni passaggi siano del tutto privi di logica, assurdi e macchinosi, il film non sembra prendere mai una vera svolta, colpendo di striscio più volte lo spettatore ma quasi sempre e soltanto con inutili tecniche che alla lunga stufano. Parlo del sonoro nonchè del montaggio, e come da prassi, forse però dagli inglesi non me l'aspettavo, il solito dato per cui la pellicola trae spunto da uno dei casi più controversi di avvistamento UFO avvenuto in Inghilterra. Nel 1980, noto come l'incidente nella "foresta di Rendlesham", ovvero una pattuglia di militari della base aerea di Woodbridge, avvistò per ben due volte fra i boschi un oggetto di forma piramidale che emetteva delle strane luci.
A tutto c'è un limite, il finale di Hangar 10, non dicendo nulla e palesando ancora di meno entra istantaneamente nella lunga lista dei film pensati e girati troppo velocemente sulla scia del fenomeno del found footage e degli alieni.

Religious

Titolo: Religious
Regia: Larry Charles
Anno: 2008
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Già autore di Borat, Larry Charles, presenta un documentario dissacratore sulla religione e sulle sue implicazioni attraverso il mondo. Il titolo Religulous è la contrazione delle parole "Religion" e "Ridiculous"

Girare un mockumentary sulle religioni "in generale" è un pò come aprire il vaso di Pandora della rete e provare a prendere elementi a caso, paragonandoli e confrontandoli, senza una precisa direzione da seguire.
Bill Maher, comico americano, con quel suo sorriso sicuro e la parlata veloce, è il portavoce ideale di tale tipo di operazione.
Motivato da una saggezza epicurea e da una retorica voltairiana, il comico americano parte da un principio incontrovertibile: la ratio deve sempre dominare sulla religio, la saggezza immanente deve sempre risultare superiore ad ogni superstizione trascendente.
Maher quindi non relega di fatto il contesto ad un unica religione cercando di approfondire un dogma e cercando di analizzarlo in tutta la sua complessità, ma usa lo sfotto con cui sembra prendersi gioco dei fedeli trovando una facile risposta ad ogni domanda e senza argomentare più di tanto il fatto religioso.
Maher e Charles partono dal dato storico che le religioni non solo sono state per millenni "oppio dei popoli" per eccellenza, ma anche causa, supporto o giustificazione per guerre, eccidi, soprusi e morte indagando e cogliendo anche alcuni aspetti davvero inquietanti e contraddittori (il grassone nella tavola calda che ha messo tutto nelle mani di Dio dopo svariati anni come Satanista e pappone) in cui ogni fedele non dsi discosta mai dal primato religioso e politicamente, ma anche culturalmente e storicamente l'idea di religione come "religione di stato", punto di vista unico sulle cose e sulla natura che non permette divagazioni o eccezioni.
Seppur con alcuni dialoghi particolarmente riusciti e mostrando alcuni "assurdi" religiosi soprattutto nei territori inesplorati e sempre in aumento del fenomeno delle "new-religion" Religious come il titolo, scherzosamente anticipa, è pura propaganda mutuata sul linguaggio dell'infotainment televisivo, dunque nulla di intellettualmente stimolante, ma invece un night-show continuo che regala più di tutto ironia e assurdi, oltre circa l'85% di informazioni che qualsiasi persona che ha un minimo di preparazione religiosa già conosce.


Willow Creek

Titolo: Willow Creek
Regia: Bobcat Goldthwait
Anno: 2013
Paese: Usa
Giudizio: 1/5

Un film avente per protagonisti dei ragazzi che credono di aver visto il Bigfoot. Le versioni degli avvistamenti sono contraddittorie e alcuni litigheranno tra di loro su quella che considerano la versione corretta. Il progetto esplorerà l'idea dell'essere un testimone, la quale verrà usata per fare delle osservazioni sulla fede e sulla religione.

Ormai il quantitativo di horror "Found Footage" comincia ad essere preoccupante sopratutto per i gonzi come me a cui basta vedere una suggestiva locandina e qualche riga su un tema interessante e allora è la fine.
Anche il Bigfoot è stato ormai fonte di svariati film, quasi tutti brutti però, è soprattutto, una bruttissima seconda prova nel caso del regista che si era messo in luce con una commedia grottesca niente male come GOD BLESS AMERICA.
Partendo dai territori di Klamath River, fuori Orleans, California, dove il noto "Patterson-Gimlin" e dove il Bigfoot sembra essere stato colpito con un arma da fuoco nel 1967, in Wilow Creek non succede nulla nella prima ora e quasi nulla nel finale in cui qualche urla, ben 5' di inquadratura fissa su un filo d'erba e nemmeno l'ombra del mostro, diventano sinonimi del vuoto totale della pellicola.
La scena top è quando entrambi i piccioncini sono nella tenda assorti nel silenzio naturale aspettando che da un minuto all'altro arrivi il mostro. Trainterviste vuote e inutili a qualche bifolco, la videocamera mai usata così male e così tanto fastidiosa, Willow Creek sembra ben peggio della peggiore amatorialità con cui ci si possa confrontare.

giovedì 13 novembre 2014

Vhs Viral

Titolo: Vhs Viral
Regia: AA,VV
Anno: 2014
Paese: Usa
Festival: TFF 31°
Giudizio: 1/5

Marcel Sarmiento (“ABCs of Death”segment “D is for Dogfight”)
Un inseguimento della polizia che coinvolge un camion di gelati rubato da uno squilibrato ha catturato l'attenzione della grande area di Los Angeles. Decine di ragazzi ossessionati dalla fama affollano le strade con le loro videocamere e telefoni cellulari con fotocamera decisi a catturare il prossimo video virale. Ma c'è qualcosa di molto più sinistro che si sta verificando per le strade di Los Angeles di un semplice inseguimento della polizia. Qualcosa di inatteso colpisce tutti coloro che sono ossessionati dal riuscire ad acquisire filmati per nessun altro scopo che quello di divertire e intrattenere. Ben presto scopriranno che loro stessi sono i protagonisti del prossimo video, quello in cui si troveranno ad affrontare la propria morte.

Gregg Bishop (“The Birds of Anger”)
Bishop invece ci regala la storia di Dante the great un mago incapace,che diventa famoso grazie ad un mantello magico che permette di fare magie vere; ma ogni cosa ha un prezzo

Nacho Vigalondo (“Timecrimes”) Parallel Monsters di Nacho Vigalondo invece è la chicca ,un corto completo che narra di uno scienziato che riesce ad aprire una porta su un altro universo,dove troverà la sua controparte, quanto realmente saranno uguali i 2 universi

Justin Benson (“Wrecked”) and Todd Lincoln (“The Apparition”)
Per ultimo la coppia Justin Benson e Aaron Moorhead che ci regala la storia di un gruppo di skater che vogliono firmare le loro acrobazie in un acquedotto di Tijuana, finendo in mezzo ad un rito del culto dei non morti

Quando in uno schema corale di registi e di corti se ne salva solo uno, è sinonimo che questa triste saga ha forse già detto tutto, o come invece io credo, debba solamente puntare su registi più interessarti dando "totale" carta bianca.
Era da aspettarsi che da Vigalondo arrivasse l'episodio migliore, tra l'altro nemmeno così eccitante, ma rispetto agli altri apre un vaso di Pandora di pura originalità. Se pensiamo alle trashate della coppia Justin Benson e Aaron Moorhead, o alla palla senza senso di Sarmiento e infine il deludentissimo che poteva dare ben di più Bishop, con il suo mantello del male, allora si intuisce subito come Vigalondo prevalga su tutti.
La cosa che stupisce è da un lato la fretta delle produzoni di dover fare sempre più lavori sbrigativi, senza dare mai quella possibilità di concentrarsi su un soggetto ma invece di ripiegare su scelte convenzionali e che portino azione e soprattutto come in questo inseguimenti senza senso ed esplosioni a caso.
Vigalondo comunque è un furbetto che mischia Cronemberg a Barker e come ciliegina sulla torta, una macchina che porta ad un altra dimensione.
Non tutto però si salva del suo pregevole lavoro, verso il finale scade nella trashata più totale e l'atronave che compare sopra le loro teste, a forma di croce, sembra una mezza puttanata, ma comunque ci sta e il corto, ribadisco, è il migliore di tutti.



mercoledì 12 novembre 2014

Afflicted

Titolo: Afflicted
Regia: Derek Lee
Anno: 2013
Paese: Canada
Giudizio: 2/5

Il viaggio di due amici prende una brutta piega quando uno dei due cominca a soffrire di una misteriosa malattia che colpisce la pelle

Ormai sembra che le regole del genere horror vengano sempre più avvalorate quando ricalcano strutture e tecniche che funzionano dal punto di vista commerciale, in più sembrano strizzare l'occhio con idee abusate con qualche piccola modifica furbetta come in questo caso, mischiando qualche elemento e giocando molto sulla diversificazione delle location.
Afflicted non si risparmia da questa prassi che ormai sta germinando in tutti i vari paesi, portando poche volte dei contributi insoliti, sperimentali e originali.
Vincitore per il miglior film (Horror), migliore sceneggiatura (Horror), miglior regista (Horror) al Fantastic Fest 2013 e di altri riconoscimenti al Toronto International Film Festival e al Festival Internazionale del Film Fantastico di Sitges e in ultimo poassato da noi in sordina al ToHorror di Torino 2014, Afflicted sembra prendere in prestito l'idea di CHRONICLE e un qualsiasi horror che tratti temi di virus in stile mockumentary e in chiave found footage.
Purtroppo non c'è nessun valore aggiunto e non è nemmeno chiaro, ammesso che i registi che poi sono anche sceneggiatori e attori, quale sia il virus che colpisce l'amico. Forse vampirismo...
Purtroppo il plot dopo un quasi buon inizio, diventa di una prevedibilità incredibile e poco può fare la performance di Lee per cercare di infondere paura nello spettatore.

lunedì 22 settembre 2014

Ritual

Titolo: Ritual
Regia: Mickey Keating
Anno: 2013
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Dopo aver ricevuto una concitata telefonata, un uomo arriva in un motel sull’autostrada per scoprire che sua moglie, affetta da disturbi psichici, ha appena ucciso un uomo collegato a una pericolosa setta.

Brutto e scollegato quest'ennesimo horror sulla scia del sotto-genere mockumentary.
L'incipit di maggior interesse, come specchio per le allodole, ancora una volta è la locandina.
E'difficile confrontarsi con un film anomalo e irrisolto che vola su se stesso come Ritual.
Situazioni già masticate, scene già viste e che non vorremmo rivedere, un misterioso video in cui vediamo cioè solo infiniti, estenuanti giri di pellicola in cui non si scorge nulla, per poi intravedere i soliti teschi di bovini defunti, i soliti (stracotti) coltellacci sacrificali, le solite (inutili) candele accese, e non ci é concesso neppure di assistere all'uccisione della vittima, quand'anche fosse al limite posta in un evocativo fuoricampo.
Era difficile pensare di fare qualcosa di così brutto e senza senso, quando i rimandi potevano esserci, così come il plot e il soggetto che per quanto abusati, forse messi in altre mani, avrebbero dato un differente esito.

venerdì 16 maggio 2014

Borderlands

Titolo: Borderlands
Regia: Elliot Goldner
Anno: 2013
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 2/5

Una squadra di investigatori del Vaticano viene inviata nella British West Country per indagare su delle attività paranormali in una chiesa.

Ora ditemi voi se è realistico e soprattutto se ha un senso, mettersi a inseguire un prete, che nemmeno si vede, giù per cunicoli e passaggi segreti in stile THE DESCENT, fino a finire quasi al centro del mondo, con sostanze fossili che ti sciolgono il corpo.
Borderlands ha così tante falle da diventare uno dei nuovi casi di questa travolgente (solo per numero di titoli) scia di film in stile mockumentary o found footage che si ispirano ormai a qualsiasi evento, fatto di cronaca, religione o setta, leggende o cronache locali.
Borderlands tenta di parlare di Paganesimo, ovviamente mostrandolo per come non è, tentando un disperato collage di cose già viste, tra cui compare anche il film che di certo non si ricorda SKINWALKER RANCH sempre del 2013.
La differenza è che nel film succedevano un quantitativo impressionante di eventi paranormali, un vero "bestiario" sovrannaturale, unito alle leggende indiane dei "mutaforma"e Vimana, una figura mitologica del pantheon indiano.
Abduction, ovvero possessione o impossessati, o qualcosa che si è impossessato di un oggeto nella casa o della casa stessa, è un impianto che sembra ormai spianato per quanto è stato abusato, in buona o cattiva forma.
Il non sapere più da dove andare ad attingere, e sceneggiandolo pure male, sta diventando sempre più il manifesto di un genere che non ha più la forza di un tempo e non è più in grado di regalare quelle emozioni che al tempo avevano modo di comunicare qualcosa come BLAIR WITCH PROJECT o REC. In Borderlands l'azione vacilla ancor prima di decollare, i personaggi non conquistano e le vocine dei bambini di sottofondo e un prete che cade giù da una chiesa, creano forse più imbarazzo che suspance.

mercoledì 14 maggio 2014

Sacrament

Titolo: Sacrament
Regia: Ti West
Anno: 2013
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Un giornalista e un video operatore di Vice Media, piattaforma di produzione e distribuzione alternativa di contributi video in rete, decidono di seguire un amico e collega fotografo alla ricerca della sorella, ritiratasi in una comunità rurale, fuori dagli Stati Uniti. Nel cuore di una foresta isolata, fuori dal controllo del governo e dei mezzi di comunicazione, i tre raggiungono la parrocchia Eden, dove circa duecento persone vivono secondo le regole di un capo carismatico che chiamano “Padre”, immersi in quella che appare come un’utopia realizzata di autarchia e non violenza. Ben presto, però, alcuni segnali inquietanti portano i tre a ricredersi sulla benevolenza del leader spirituale e sulle sue reali intenzioni.

“La mia intenzione era di analizzare gli ultimi giorni di vita di un culto religioso creando un film di genere che fosse di un tenore elevato. E’ raro trovare film di questo tipo che vadano oltre il brivido dozzinale regolato sul denominatore comune più basso. Per me era importante ritrarre questi personaggi non come insensati e psicotici adepti di un culto, bensì come persone reali con cui è possibile relazionarsi, ma che, per varie ragioni, hanno scelto di affrontare la vita seguendo un percorso alternativo e controverso. Spero di aver creato un film che susciti paura e che, nel contempo, abbia un valore sociale, un film che stimoli il pubblico a riflettere profondamente sul contenuto”.
Io spero solo che Eli Roth non diventi un nuovo Luc Besson, rovinando alcuni talentuosi registi horror. Il caso di Sacrament è abbastanza imbarazzante, rispetto ad un altro film invece molto più carino e di più facili intenti e spirito splatter come AFTERSHOCK sempre prodotto da Roth.
Lo splat pack comincia a mostrare alcune crepe mica da ridere se prendiamo ad esempio questo ennesimo found footage e cerchiamo di analizzarlo più da vicino.
Ci sono almeno due imbarazzantissimi vuoti di scrittura che bombardano lo spettatore che vorrebbe sapere, ma che invece, proprio nel finale, vede cancellare tutto con un suicidio di massa, che come spesso capita per le religioni o ibridi del genere, cancella tutto rivelando l'inconsistenza e le furbizie in campo di scrittura o forse l'unico vero intento del film.
Father è uno come tanti, un guru o forse semplicemente un pazzo che non da nemmeno l'idea di credere in quello che dice e di certo non ama il prossimo.
I protagonisti sono la solita manciata di agnelli sacrificali (purtroppo nemmeno quello) che ovviamente portano la luce della ragione in una comunità assemblata alla rinfusa, in cui quasi nulla viene spiegato, se non con un incidente scatenante davvero telefonato e per nulla originale.
Senza stare a insistere sui dialoghi imbarazzanti e sull'omologazione di massa dei membri, il film non decolla mai, anzi crolla sotto il macigno del climax finale.
Lasciava presagire qualcosa di diverso o forse leggermente più originale che si aspetta per tutto l'arco del film ma che non arriva e che riuscisse a cogliere alcune reali esigenze di questi persoanggi per poter scavare di più nell'anima del fanatismo religioso.
Il fatto che nel finale venga ricordato l'elemento reale a cui il film si ispira e le solite frasi per cercare un rinforzo, non serve più, è ridondante ed è diventata ormai la scusa dei fessi.



domenica 2 marzo 2014

Skinwalker Ranch

Titolo: Skinwalker Ranch
Regia: David McGinn
Anno: 2013
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Un gruppo di ricercatori scientifici indaga sugli eventi soprannaturali che circondano la misteriosa scomparsa di un bambino di dieci anni, figlio di un allevatore di bestiame.

Skinwalker Ranch è uno di quei film che mi sfugge il motivo per cui l'abbia visto.
Il film aveva sicuramente dei buoni elementi di partenza, anche se il limitato budget e il limite tecnico, preludevano a una serie di limiti che il film, trattando di eventi sovrannaturali, non avrebbe permesso, cosa che invece stranamente non è così.
Dunque in questo caotico film sembra succedere davvero di tutto e la cosa che più mi ha colpito e che ad un tratto dal cilindro esce fuori pure Vimana, una figura mitologica del pantheon indiano. Dopo questo elemento, assolutamente atipico e senza nessun apparentemente nessun motivo logistico, si è acceso in me l'interesse di vederlo fino alla fine, se non altro perchè quello che McGinn crea, e che nessun altro aveva fatto a parte qualche pazzo, è proprio un "bestiario" sovrannaturale unito alle leggende indiane dei "mutaforma".
Un altro esempio di cinema simile a questo anche se tratta temi del tutto diversi è L'EVOCAZIONE. In entrambi i film, a parte le differenze di budget, tutti e due hanno tentato la carta dell'esagerazione più totale, infilando chi in un modo, chi in un altro, tutto quello che si poteva tirare giù.
Se Wang ha di certo molta più familiarità con la materia e con i mezzi tecnici, McGinn alla sua opera prima, tenta facendo come può, ma senza lesinare sulla messa in scena, un altro film di genere sul filone che tanto sta andando di moda, o forse sta ritornando di moda.
Tratto da fatti realmente accaduti, come ultimamente piace molto al genere, sembra essere di questi tempi l'equazione commerciale preferita.
In realtà tra fantascienza e horror, quando si crea questo accessorio produttivo, dei fatti realmente accaduti e filmati attraverso la lente e la messa in scena del found footage, proprio questa chiave di lettura appare ormai non più una tecnica sperimentale e d'avanguardia, ma solamente una tecnica sfruttata spesso e volentieri per sondare il già visto.
Abduction ovveri possessione o impossessati o qualcosa che si è impossessato di un oggeto nella casa o della casa stessa, è un impianto che sembra ormai spianato per quanto è stato abusato, in buona o cattiva forma.
McGinn costruisce la sua storia (scritta da Adam Ohler) intorno all’indagine di una squadra mista di esperti che, dopo una breve residenza nella fattoria, constatano la veridicità dei fatti andando loro stessi incontro ai pericoli dell’ultraspazio.
Innegabile uno dei punti che hanno fatto sì che il film, non avendo come dicevo i milioni, non se ne uscisse fuori con effetti in c.g che facessero storcere il naso e il contributo di Steve Berg, oltre alla presenza oscura ma tangibile, in fase di produzione esecutiva, di Ken Bretschneider, guru della Deep Studios e deus ex machina di grande carisma.



venerdì 21 febbraio 2014

Frankenstein's Army

Titolo: Frankenstein's Army
Regia: Richard Raaphorst
Anno: 2013
Paese: Olanda
Giudizio: 4/5

Ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, il film racconta la storia di Adolf Hitler che, ritrovati alcuni documenti relativi a degli studi ad opera dello scienziato Victor Frankenstein, vorrà metterli in pratica al fine di contrastare l'inarrestabile avanzata degli Alleati. Le truppe naziste saccheggeranno i cimiteri in cerca di cadaveri ancora freschi, che verranno sezionati e conservati in casse che saranno poi consegnate direttamente ai laboratori tedeschi: l'obiettivo è quello di usare questi corpi per dare vita ad un esercito di supersoldati non morti...e quindi invincibili.

Il supersoldato da sempre ha esercitato una sorta di fascino nella letteratura e infine nel cinema.
Chi prendendone la matrice fantastica, chi orrorifica, alla fine il messaggio e l'obbiettivo sembra essere lo stesso. Ora, che durante il nazismo ci fossero degli studi specifici sull'argomento non dovrebbe neanche stupire, dal momento che mi è bastato leggere il libro di Ledenda-Satana e svastica e altre storie sulle rune, per capire come i nazisti avessero una fantasia contorta e malata.
Questo horror è decisamente prelibato poichè attinge dalla old school, consolidandola con elementi nuovi e originali. Ha un buon cast dove già solo il nome di un caratterista come Karel Rodel basta per tranquillizzare gli scettici. Poi prima di tutto chi è questo olandese di nome Raaphorst?boh non ci è dato saperlo, ma comunque entra di fatto nella lista delle cose che ci piace.
E'lo stile tale da accomunarlo con altri esempi di ottimo cinema europeo e legato da una grande voglia di rivisitare miti, leggende,folklore e fatti storici.
Già il fatto che siano i russi e non gli americani a scoprire le barbarie naziste e gli scienziati che mischiano tessuto umano preso dai cimiteri unendolo a parti meccaniche, è una verità che mi è piaciuta dal momenti che non tutti sembrano essere fedeli ai fatti storici.
Questi zombie bio-meccanici, montati e assemblati come quando costruisco un mobile Ikea, hanno tutti i limiti e i difetti possibili, ma allo stesso tempo risultano figherrissimi, reali, dotati di difetti come dovrebbe sempre accadere e il film gli sottolinea proprio per connotarne questo fattore.
Possiamo dunque dire che tutto è sporco e rozzo e alle volte la telecamera a spalla sembra essere presa d'assalto, eppure il film non solo non vacilla, ma ti porta proprio quasi come un found footage ambientato ai tempi della seconda guerra mondiale, dentro questo laboratorio umano degenerante.
Sospendete l'incredulità e buona visione....


sabato 16 novembre 2013

Conspiracy

Titolo: Conspiracy
Regia: Cristopher MacBride
Anno: 2013
Paese: Canada
Festival: TFF 31°
Giudizio: 2/5

Due registi stanno girando un documentario su Terrange G., un teorico della cospirazione convinto che tutti i più importanti eventi mondiali - dall'assassinio di Kennedy all'11 settembre, passando per la guerra in Vietnam e la crisi bancaria mondiale del Duemila - siano riconducibili a una società segreta che controlla il corso della storia a scopo di lucro. Improvvisamente, dopo quattro settimane di costante sorveglianza, Terrance scompare e i due registi cominciano ad essere seguiti da alcuni furgoni neri. Continuando ad indagare sulle ragioni di tale scomparsa, troveranno collegamenti con il misterioso Tarsus Club, un gruppo segreto che venera le antiche divinità Mitra, e decidono malauguratamente di infiltrarvisi.

E siamo infine giunti al culto di Mitra. Negli ultimi anni come vanno di moda le new-religion allora si ritorna anche ai culti pre-cristiani e dunque a tutti i riti pagani. Quest film cerca di descrivere da una parte ipotesi di complotto e quello che verso la fine si scoprirà il disegno per un nuovo "ordine mondiale",mentre dall'altro un'astuta ricerca per cercare di esaminare cosa fanno alcuni membri di un antichissima setta.
MacBride alla sua opera prima, sfrutta il mockumentary per cercare di dare ancora più realisticità alla vicenda e nella prima parte alcune scelte e impieghi di camera sono funzionali soprattutto descrivendo le gesta di Terrange. Il problema sta proprio nella materia che il regista descrive e alle numerosissime ipotesi di complotto che si alternano una dopo l'altra senza dare il tempo allo spettatore di riuscire a stare dietro a tutto quello che succede.
Il film inciampa del tutto nella seconda parte quando MacBride spinge sull'accelleratore e punta direttamente alla setta e alla sua cerimonia. Tutto sembra troppo semplice e proprio la suspance cala perchè lo spettatore più di tutti è cosciente grazie anche all'impiego del mockumentary che quello che sta succedendo accade troppo veloce e senza una coerenza che ne giustifichi lo svolgimento.
Peccato perchè il tema della cospirazione è sempre interessante e se accomunata con alcuni culti pagani allora il tutto acquista un certo fascino e mistero.Però bisogna saperci fare...

domenica 29 settembre 2013

Quarto tipo

Titolo: Quarto tipo
Regia: Olutunde Osunsanmi
Anno: 2009
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Nel 1972, fu stabilita una scala di misura per gli incontri con gli extraterrestri. Il semplice avvistamento di un UFO è chiamato incontro ravvicinato del 1° tipo, la raccolta di elementi di prova è del 2° tipo, il contatto diretto con gli extraterrestri è definito incontro ravvicinato del 3° tipo. Il livello successivo, quello del rapimento, è un incontro ravvicinato del 4° tipo.... Alaska, ai giorni nostri. Dagli anni 60 si sono verificati tantissimi casi di sparizioni misteriose. Nonostante le molteplici investigazioni del FBI, nessun caso è mai stato risolto. La dottoressa Abigail Tyler, psicologa, comincia a videoregistrare le sedute con pazienti traumatizzati e comincia a scoprire le più inquietanti prove di rapimenti alieni mai documentate...

Tutti i film di fantascienza che trattano la materia come se fosse una storia reale al cento per cento incappano in alcuni fatali errori. Quando la stessa protagonista del film diventa lei per prima giornalista e quindi prende le distanze dalla macchina da presa allora gli intenti del film diventano davvero difficili da equilibrare.
Il Quarto tipo però non è uno squallido prodotto di marketing come ultimamente Hollywood sputa come palline di bonza dalla bocca di uno spacciatore ma solo per alcuni aspetti riesce almeno nell'unico scopo che si vuole prefiggere: suspance e qualche salto dalla sedia.
La storia, infatti, parte dall'incontro del regista Olatunde Osunsanmi con la Dottoressa Abbey Tyler che, nei primi mesi del Duemila, mentre faceva l'amore con suo marito se l'è trovato accoltellato e morto nel letto…
Una situazione decisamente sconvolgente che non impedisce, però, alla donna di portare avanti gli studi del marito psicologo sui misteriosi casi di insonnia di uno sperduto centro abitato dello stato americano.
Diciamo che il punto forte e la preparazione con cui i casi vengono spiegati e mostrati. Il grosso limite del mockumentary è invece quello di associare gli alieni alla strana lingua che parlano i "rapiti"ovvero un idioma simile al Sumero.
Gli alieni che dovrebbero essere la metafora di un ordine sociale diverso, comunicano con simboli e animali(tipo gufi)che appaiono come segni di sventura a chi verrà preso di mira.
Di nuovo dunque l'alieno rappresenta una minaccia, qualcosa che un pò come diversi miti e leggende apparteneva a questa terra e chi lo sà, si spera che non faccia ritorno...


lunedì 1 luglio 2013

Gerber Syndrome

Titolo: Gerber Syndrome
Regia: Maxi Dejoe
Anno: 2011
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Un nuovo virus tiene in scacco l'Europa. Decisamente peggiore dell'influenza aviaria e di tutte le altre pandemie che hanno allarmato le organizzazioni sanitarie mondiali, il morbo di Gerber è una malattia a metà tra un'influenza e l'Aids. Scoperto in Germania nel 2008 e ormai diffuso in tutto il mondo, si contrae entrando in contatto con sangue o saliva infetti e si manifesta con una febbre molto alta e aggressiva. Ma ben presto la sindrome di Gerber rende gli esseri umani simili a zombie. Il virus si sta diffondendo a macchia d'olio, perché gli infetti perdono il controllo e tendono a essere violenti, attaccando chiunque capiti loro a tiro. Una volta contagiati, non c'è scampo. Il terzo stadio della malattia conduce, infatti, alla morte. Ecco perché è stato istituito un centro sanitario dedicato, il CS, in cui i malati vengono messi in quarantena e allontanati definitivamente dalla società. Una troupe televisiva decide di realizzare un documentario su questo nuovo e temibile virus, seguendo il lavoro di Luigi, un ventitreenne addetto alla sicurezza, incaricato di intercettare gli infetti segnalati e portarli al CS, e quello di un medico in prima linea, il dottor Ricardi, che si sta occupando del difficile caso di Melissa, una ragazza contagiata accidentalmente.

Ultimamente ho visionato davvero parecchi horror italiani e di questi forse uno dei primi con venature sci-fi riuscito è questo Gerber Syndrome di un giovane regista torinese.
Un film maturo, certo che soffre ancora di tutti i difetti di un'opera prima, ma che dall'altra è un bene perchè mostra comunque la voglia e l'interesse di cercare di dare una propria impronta e sapersi imporre con uno stile personale.
Dopo alcuni corti passati al TFF arriva l'esordio con il suo primo lungometraggio.
Il film è stato girato low-budget con un manipolo di attori sconosciuti ma funzionali, ed è ottimo in questo caso l'aver preso nomi non noti (penso soprattutto legato ad un problema di budget) ma che in realtà aiuta ancora di più lo spettatore nel duro lavoro dell'immedesimazione che noi viviamo e assistiamo sotto gli occhi di un medico, di una guardia e di una ragazza malata e il suo toccante dramma famigliare.
Mai banale ed evitando come la peste inutili soluzioni che debbano far versare una lacrimuccia, il film è un mockumentary quasi tutto telecamera a spalla che sembra adattarsi alla forma scenica di altri film horror recenti.
Mi è piaciuta molto l'idea di non mettere in scena zombie o creature create dallo stesso virus ma invece qualcosa di molto più reale, molto più vicino, che attaccando il sistema nervoso, porta ad una paura primordiale anche molto più sentita nello spettatore perchè fondamentalmente più vera e vicina a noi.
Un film sul contagio e sulla pandemia, tema che oggi, insieme al cinema post-apocalittico, sta diventando una delle risorse petrolifere più saccheggiate dall'industria cinematografica e dagli autori internazionali.
Per fortuna che i risultati finora visti segnano un risultato che lascia ben sperare.

giovedì 20 giugno 2013

Bay

Titolo: Bay
Regia: Barry Levinson
Anno: 2012
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Chesapeake Bay, Maryland. È il giorno che il cinema ha raccontato innumerevoli volte e che si colloca nel profondo del sentire Americano: il 4 luglio. La città si prepara, sindaco in testa, a festeggiare con una molteplicità di iniziative, a partire dalla gara dei mangiatori di granchi. Questa atmosfera ci viene descritta, in un collegamento via Skype, da una giovane che all'epoca (qualche anno prima) conduceva un reportage per una piccola emittente televisiva. Donna Thompson, così si chiama, ci racconta come dall'atmosfera di festa si passò nell'arco di pochissimo tempo all'orrore a causa di un parassita cresciuto a dismisura ed impegnato a divorare qualsiasi tessuto vivente

L'ultimo film di Levinson si slaccia totalmente dalla precedente filmografia per andare ad abbracciare un genere assai diverso che negli ultimi quindici anni sta riscuotendo parecchio successo. Levinson però non è un ingenuo e perciò non cade nella trappola di farsi trascinare solo dietro urla agonizzanti e mostrando a tratti qualche immagine nemmeno troppo nitida.
La sua idea nasce innanzitutto da un bisogno di denunciare gli orrori che ci stanno attorno a partire dall'inquinamento ambientale come conseguenza dell'allevamento intensivo. Un danno e un pericolo maggiore di quello che si pensa contando che modificando la catena alimentare e dando da mangiare ai pesci del pollo forse si crea qualcosa che non si vorrebbe mai vedere.
La critica poi si fa ancora più spiazzante quando come spesso capita si tenta di occultare le prove cercando di nascondere la verità tramite mezzi mediatici o anche solo con una campagna elettorale dal vivo.
Solo questi due temi sviluppati con una logica che non lascia nulla al caso ma aumenta di tensione spalmando per tutto l'arco del film una tensione molto più realistica del previsto.
L'idea poi di fare un film a basso budget, di chiamare attori sconosciuti, di usare spesso la telecamera in spalla con moltissime inquadrature traballanti potranno essere elementi che faranno storcere il naso ma che invece riescono ad essere funzionali.
Un found-footage che saprà essere accolto dagli amanti della suspance anche grazie a dei buoni effetti speciali e poi l'idea semplice ma geniale di scegliere un parassita come nemico comune per essere precisi il Cymothoa Exigua. Questo parassita dei pesci entra nelle branchie degli animali, taglia la vascolarizzazione della lingua del suo ospite e si sostituisce alla stessa agganciandosi direttamente ai muscoli. Quando poi se ne vede uno lungo tre metri che si nasconde dentro un sottomarino abbandonato allora direi che ci siamo...

lunedì 24 dicembre 2012

Dinosaur Project


Titolo: Dinosaur Project
Regia: Sid Bennet
Anno: Gran Bretagna
Paese: 2012
Giudizio: 2/5

Nel cuore della giungla del Congo, una spedizione, accompagnata da una troupe televisiva, scopre che creature che si pensava fossero estinte da 65 milioni di anni, sono in realtà vive.

Io sinceramente pensavo che il fenomeno del found-footage fosse solo una realtà passeggera che transitava per qualche anno mostrando le sue uniche ragioni di esistere.
Purtroppo Hollywood ha spinto parecchio su questo sotto-genere, soprattutto con l’horror, con la conseguenza che molti altri paesi europei hanno seguito lo stesso esempio ma con una filmografia meno nutrita.
Poi tocca alla Gran Bretagna che probabilmente voleva fare il verso alla Norvegia dopo il notevolissimo TROLL HUNTER uscito nel 2010 oppure gli spagnoli del riuscitissimo REC. A differenza degli Usa che hanno sempre sviluppato le loro storie su infezioni QUARANTENA oppure maledizioni THE BLAIR WITCH PROJECT o PARANORMAL ACTIVITY o ancora terribili catastrofi CLOVERFIELD o poteri sovrannaturali CHRONICLE, diciamo che prendeva ogni pretesto come buono pur di fare leva sul successo al botteghino.
Nel caso del film di Bennet ci si aspettava davvero di più contando che già il motore della storia non era così originale. Facendo il verso ad altre pellicole e con evidenti richiami, perde l’obbiettivo principale ovvero quello di creare pura suspance sfruttando appunto i dinosauri.
In secondo luogo lo stile tecnico è lascia davvero basiti per i troppi vuoti di sceneggiatura e la mancanza di creare un ritmo favorevole allo scorrimento del film. Ci sono troppe soggettive con presunti monologhi noiosissimi di personaggi che non si rendono conto che in questo modo ammazzano quel poco che il soggetto del film poteva ancora dire.
Un’occasione decisamente sprecata da parte di un paese che soprattutto nell’ambito dell’horror negli ultimi anni ha saputo regalare alcuni tra i migliori film della stagione.

mercoledì 13 giugno 2012

Atrocious


Titolo: Atrocious
Regia: Fernando Barreda Luna
Anno: 2010
Paese: Spagna
Giudizio: 2/5

La trama è incentrata sul misterioso e inquietante assassinio di Cristian e July Quintanilla, fratello e sorella. La polizia, durante le indagini, ritrova più di trenta ore di materiale registrato: i due stavano infatti realizzando un documentario su un’antica leggenda locale

Ultimamente i mockumentari utilizzano e sviluppano le loro storie su un impianto narrativo quasi del tutto superfluo e giocando invece sulla latitanza delle immagini e uno stile di ripresa molto simile a quello che ha lanciato il filone BLAIR WITCH PROJECT.
Detto in parole povere, se ho poco da dire e novanta minuti da impegnare, sfrutto la confusione dello spettatore con articoli, scene a caso, una fotografia nulla e degli effetti davvero beceri, per puntare tutto su un finale spiazzante per la disarmante violenza(anche in questo caso si poteva fare un po’ di luce, elemento sicuramente non nelle intenzioni di Luna).
Un film come ATROCIOUS, che fa il filo al filone dei film che denunciano il fenomeno snuff, non approfondisce niente, limite di quasi tutti i film che trattano questo tema, risultando sicuramente spiazzante solo per chi non ha mai visto nulla che si avvicini al tema.
Deludente e a tratti davvero noioso, poi quando senti che per aumentare la verosimiglianza, il regista ha deciso di servirsi di autentico sangue umano per l’allestimento delle scene più cruente allora lo spettatore non ha più parole per denunciare lo schifo.

mercoledì 6 aprile 2011

Troll Hunter

Titolo: Troll Hunter
Regia: André Øvredal
Anno: 2010
Paese: Norvegia
Giudizio: 4/5

In questo mockumentary, un gruppo di studenti di cinema norvegese parte per un viaggio che ha l'obiettivo di ritrarre in video dei veri Troll, dopo aver scoperto che la loro esistenza non è un mito ma una realtà tenuta per anni nascosta da una cospirazione governativa.

Il mockumentary non è propriamente un genere anche se ultimamente viene considerato come tale. Spesso e volentieri è una scusante per accaparrarsi dei soldi sfruttando il contesto della storia reale girata da giovani ragazzi con il morbo di Parkinson. Questo film è stato spesso paragonato per lo stile a THE BLAIR WITCH PROJECT solo che mentre lì non succedeva niente se non nei cinque minuti finali, in questo caso le cose cambiano drasticamente.
Partendo dal presupposto che questa non è una produzione indipendente come molti sostengono, il film si avalla di una storia e una struttura molto semplice con il classico sotterfugio governativo che cerca di nascondere la presenza di questi esseri. Già una prima pecca dal momento che vista in alcuni casi la grandezza e il nomadismo di alcuni di loro(i troll appunto) diventa impossibile nascondere la loro esistenza(soprattutto quando sono dei giganti nel vero senso della parola...).
I due unici punti a sfavore del film sono il finale, davvero pacchiano e scontato non me l'aspettavo davvero e in secondo luogo questa brutta moda di dire all'inizio del film che i fatti trattati sono realmente accaduti, una postilla che potevano risparmiarsi dal momento che risulta essere un escamotage oramai davvero commerciale.

Per il resto signori miei finalmente vediamo delle creature fatte con i controcazzi.
La mitologia scandinava sfrutta una creatura su cui non si è mai investito molto, contare che Fragasso, un italiano, è stato uno degli unici ad occuparsene e neanche tanto male anche se sbandava un po troppo nel trash a causa di un budget che non era certo all'altezza.
E poi finalmente un beast-movie che in alcune parti decolla come non ci si aspetta assolutamente.
Gli attori fanno quello che possono contando che i veri protagonisti sono appunto i troll e neanche il cacciatore riesce a tenere alta la tensione anzi spezzandola il più delle volte come a dire che oramai non ne può più di avere a che fare con queste creature fameliche che distruggono tutto e si cibano anche di "orsi" e capre.
Un prodotto che per gli amanti dei film sui generis sicuramente darà un tassello in più se non altro per aver sbarcato un prodotto scandinavo che non capita spesso di vedere e con alcune scene davvero sorprendenti.

domenica 20 marzo 2011

Rec 2

Titolo: Rec 2
Regia: Paco Plaza e Jaume Balaguerò
Anno: 2009
Paese: Spagna
Giudizio: 3/5

Continua la terribile avventura nel claustrofobico condominio di Barcellona in cui un'epidemia ha trasformato tutti gli inquilini in orribili zombie. Non si hanno più notizie neanche della reporter Angela e della sua troupe televisiva, ma di sicuro qualcuno è ancora vivo all'interno dello stabile e sta comunicando con l'esterno. Per questo il palazzo è stato circondato e messo in quarantena. Le Forze Speciali fanno il loro ingresso nel palazzo degli orrori: braccati insieme a una spaventosa e insondabile minaccia, riusciranno a sconfiggere il virus che lo infesta?

Dopo l’enorme successo in patria del primo capitolo che ha finalmente ripuntato i riflettori sulla scena horror spagnola, tralasciando pochi casi e fin troppi ghost-movie alcuni dei quali noiosi e ripetitivi, il secondo capitolo arriva due anni dopo e inizia da dove termina il primo ma a differenza del predecessore questo non ha particolare motivo di esistere e a parte una trama che si sviscera su due binari opposti non ha lo stesso spessore legato al soggetto che aveva contraddistinto la storia originale.
Il film in sé è sicuramente girato bene, stesso stile claustrofobico che sembra uscito da THE BLAIR WITCH PROJECT, sangue a litri e un protagonista diverso che se nel primo capitolo era una giornalisti che seguiva la troupe di pompieri nella famosa palazzina qui il protagonista sembra essere un prete che cerca di esorcizzare il male dagli infettati mandato dal Vaticano per cercare di scoprire cosa succede.
I due fratelli firmano anche la sceneggiatura e cercano di disorientare con un lungo flashback a metà del film la storia per illustrare alcuni personaggi catartici.
Interessante per chi piace il genere ma assolutamente inferiore al primo.