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sabato 30 settembre 2023

Welcome Venice


Titolo: Welcome Venice
Regia: Andrea Segre
Anno: 2021
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Venezia, isola della Giudecca. Le famiglie di tre fratelli - Alvise, Piero e Toni - si riuniscono a tavola nella casa dove sono nati. Dove ormai abita solo Piero, ma a cui Toni le è molto legato perché da lì insieme si muovono con un paio di amici per praticare la pesca di moeche, ovvero i granchi di laguna. A seguito di un incidente improvviso, l'abitazione di famiglia assume un valore ancora più cruciale e mette Alvise - che vorrebbe ristrutturarla e metterla a rendita come "dimora di charme" per turisti stranieri - contro Piero, ostinatamente contrario a trasferirsi sulla terraferma.

Welcome Venice ha il merito di raccontare una realtà poco conosciuta esplorata ancora una volta da un certo solido cinema italiano che scopre e indaga su alcune macro o micro questioni del nostro paese. Segre da sempre ci ha deliziati perlopiù su documentari in ambito sociale o descrivendo alcune realtà italiane. Welcome Venice è un film di narrazione di vicende molto semplici come la pesca delle moeche ma dall'altra questioni legate ai soldi, alle eredità, alla vendita di case, a compromessi, alleanze e rabbia atavica mai superata. Una grande famiglia dove si condividono asprezze, interessi, ricordi, passati da dimenticare, vite non sempre pulite con la voglia di riscattarsi senza perdere la dignità. Un film che riesce a descrivere molto bene con una pulizia delle immagini, una fotografia possente in grado di dare splendore all'isola della Giudecca e della laguna.
Un film a cui non manca la ricchezza di saper inquadrare anche spaccati di povertà, le umili origini cantate dal bimbo in "Nina ti te ricordi" fino ad un finale amaro che esalta e sottolinea come alcune faide fraterne non possono essere cancellate così velocemente.

Sol dell'avvenire


Titolo: Sol dell'avvenire
Regia: Nanni Moretti
Anno: 2023
Paese: Italia
Giudizio: 2/5

Giovanni, regista italiano in ambasce tra una moglie in analisi e un produttore sull'orlo del fallimento, ha smesso di credere nell'avvenire. A immagine del suo protagonista, figura di prua dell'Unità e della sezione comunista del Quarticciolo, vuole 'farla finita' col mondo che avanza in direzione ostinata e contraria: la consorte ha deciso di investire su un giovane regista de-genere, la figlia di sposare un uomo (molto) più vecchio di lei, la sua attrice principale di improvvisare l'amore in un racconto politico e poi c'è Netflix che produce cinema in scatola.
 
Forse alcuni autori dovrebbero gettare l'ancora e guardare l'avvenire di chi invece ha le idee molto chiare. Moretti aveva fatto abbastanza bene con l'ultimo TRE PIANI disegnando un dramma contemporaneo verosimile. Qui sbaglia proprio tutto. A partire dalla sua recitazione con un vocione macchinoso, una presenza che vuole rendersi altezzosa e fastidiosa oltre che petulante ma in fondo tenera e buona con il risultato finale gravemente insufficiente. Praticamente nessun attore e attrice nel ruolo, quasi nulla si salva, dalla descrizione e dal voler dare vita ad una fiction storico/politica così noiosa e preistorica al descrivere le nuove leve come se fossero solo e soltanto interessati alla violenza, ad una retorica continua in tutte le sue parti e forme che plasma il film senza mai farlo decollare ma invece distruggendo un'avvenire che Giovanni stesso sembra temere più di tutti gli altri.

domenica 3 settembre 2023

Signore e signori...buonanotte


Titolo: Signore e signori...buonanotte
Regia: AA,VV
Anno: 1976
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Un ordinario giorno di follia quotidiana in un emittente televisiva pubblica. Si alternano sullo schermo il telegiornale, condotto da Paolo T. Fiume, e una serie di programmi che riempiono il palinsesto della rete.
 
Un fiume che con la sua corrente trascina l'Italia nel baratro in cui sembra essere sprofondata.
La Cooperativa 15 Maggio è formata da vari autori, cinque registi e dieci sceneggiatori che disegnano l'Italia di allora, purtroppo anche di oggi, con una satira pungente sulla politica.
Un film fatto di episodi molto divertenti ma anche drammatici e diversi tra loro per intuizioni, generi, messe in scena, potendo godere di alcuni tra i migliori attori italiani di sempre.
Quando si hanno a disposizione Tognazzi, Manfredi, Mastroianni, Gassman, Celi e Villaggio è impossibile sbagliare. Le malefatte del nostro paese, la corruzione, la povertà, la sete di potere, l'alto tradimento, passando dalla politica alla religione, al razzismo e alla solitudine
DA MALATA A CONVALESCENTE in cui un gruppo di amministratori imparentati tra loro obesi e squallidi intervistati dallo stesso Fiume sull'amministrazione e la corruzione di Napoli guardando la cartina finiscono per mangiarsela e rubare l'orologio al giornalista.
SINITE PARVULUS in cui viene mostrato un bambino e la sua vita nei bassifondi di Napoli in una famiglia numerosa con madre malata e padre disoccupato in cui nel tentativo di ritirare la roba stesa in balcone cadrà giù
MANGIAMO I BAMBINI in cui Villaggio interpreta un sociologo tedesco che citando Swift parlerà della teoria di disfarsi dei bambini poveri mangiandoli e creando un campo apposito per loro.
GENERALE IN RITIRATA dove il generale Tognazzi comincerà a perdere dei pezzi della sua divisa in un cesso pieno di merda. Come sentenza per la sua condotta finirà per fare una brutta fine.
DISGRAZIOMETRO dove sempre Villaggio come presentatore televisivo ci porta a visionare tre disgraziati in cui vince quello messo peggio. Il concorrente vincente finirà per esplodere.
SANTO SOGLIO in cui nella lotta per incoronare il nuovo papa, tra sotterfugi dei cardinali Piazza-Colonna e Canareggio per essere eletti nel ‘500, entrambi chiedono quel voto mancante a Manfredi caduto in disgrazia e proprio quest'ultimo con scaltrezza finirà per essere eletto e far tagliare la testa ai due usurpatori
BOMBA è insolito e ahimè anche una metafora niente affatto distante dalla realtà dove dopo un falso allarme bomba in una centrale di polizia per aumentare l'audience delle forze dell'ordine contro attentati terroristici e anarchici sovversivi, viene messa dalle stesse forze dell'ordine un vero ordigno
VESTIVAMO ALLA METALMECCANICA dove all'interno di una fabbrica un giornalista scopre che in mezzo al lavoro minorile si nasconde un nano che non riuscendo a trovare lavoro perchè adulto viene scambiato per un bambino.
ISPETTORE TUTTUNPEZZO dove Gassman e Celi, ispettore e imprenditore corrotto conducono le danze in un episodio tutto in rima con la voce narrante dello stesso ispettore
POCO PER VIVERE, TROPPO PER MORIRE dove viene intervistato un pensionato interpretato da Tognazzi che porta il giornalista nella sua vita quotidiana tra stenti e difficoltà ma tutte con il sorriso in faccia. Uno degli episodi più toccanti e meglio studiati, un reportage autentico e commovente
CERIMONIA DELLE CARIATIDI dove vediamo istituzioni sempre più vecchie e decrepite chi con il girello, chi con la bombola d'ossigeno e soprattutto comizi impronunciabili in una sorta di Parlamento rielaborato


Notte fantasma


Titolo: Notte fantasma
Regia: Fulvio Risuleo
Anno: 2022
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Un poliziotto, misterioso e dal fare minaccioso, sorprende il giovane Tarek a comprare dell'erba e lo costringe a trascorrere una notte per le strade di Roma a bordo della sua macchina.
 
Notte fantasma è una sorpresa crepuscolare e originale. Un film fresco, di quell'azione italiana frenetica senza virtuosismi ma realistica e complessa. Un'opera accellerata, con due attori e una macchina. Il poliziotto corrotto e tutte le sue maniere per ottenere favori da una vittima inconsapevole. La sete di potere, l'ingiustizia, il non sapere cosa ci si possa aspettare scena dopo scena. Risuleo firma con grazia un sofisticato film di genere che aggiunge una tacca ad un interessante filone di film che si stanno realizzando negli ultimi anni nel nostro paese.
Un film tutto in una notte, un road movie allucinato e straniante dove Pesce conferma di essere uno dei migliori attori italiani, in una veste mai così azzeccata dove semplicemente non sembra nemmeno recitare.

Atlantide


Titolo: Atlantide
Regia: Yuri Ancarani
Anno: 2021
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

La laguna rappresenta un rifugio per molti giovani veneziani. Tra di essi, Daniele, giovane ventiquattrenne che si distingue dai suoi coetanei per un carattere più schivo e una vita più solitaria. Tutti loro, però, condividono la passione e il culto del barchino. Avere l'imbarcazione più veloce è sinonimo di potere e anche il protagonista, dopotutto, vorrebbe battere il record di velocità. Decide quindi di rubare un'elica, azione che lo porterà a vivere tragici eventi. Intanto, lo seguiamo nelle sue relazioni amorose e nei confronti con gli altri ragazzi della città.
 
Ancarani sembra un seguace di Nicolas Winding Refn. Avrà studiato l'autore a memoria nell'impostazione dei neon, della geometria delle inquadrature e di come illuminare e dare massima intensità a luoghi e personaggi.
Atlantide è un piccolo trip di rara bellezza. Un film minimale, dove i dialoghi quasi non esistono.
Si vive di sguardi, di pensieri, di laguna, di barchini e di speranze e di poter diventare qualcuno anche solo per una notte di follia, come capita per il protagonista Daniele quando ruba l'elica e trova la ragazza dei suoi sogni.
Il sogno di una notte. Tutto solo in funzione di poter provare quell'ebrezza sempre immaginata e sognata ma che mai sembra potersi avverare veramente contando le umili origini e un confronto con un'aristocrazia che semplicemente non sembra nemmeno vedere gente come Daniele.
Un' arte molto provocatoria, un film girato in quattro anni senza una sceneggiatura di riferimento ma con delle idee che andavano maneggiate in fase di montaggio.

Grande giorno


Titolo: Grande giorno
Regia: Massimo Venier
Anno: 2022
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Caterina ed Elio, lei figlia di Giovanni, lui figlio di Giacomo, si conoscono fin da bambini, si frequentano da una vita e sono in procinto di sposarsi. Giovanni e Giacomo lavorano insieme da decenni in un'azienda che fabbrica divani ma non potrebbero essere più diversi: il primo è entusiasta, esagerato e generoso, il secondo è preciso, pignolo e un po' taccagno. E se Giovanni è disposto a spendere una fortuna per il matrimonio della figlia, Giacomo si preoccupa di come rientrare da quelle spese faraoniche che condivide. Valentina e Lietta, le rispettive mogli, sopportano con pazienza gli eccessi dei mariti, e a Valentina tocca anche sobbarcarsi la nostalgia che Giovanni prova per l'ex consorte Margherita, fuggita anni prima in Norvegia dove ha vissuto da single indipendente. Quando al lago dove si stanno per celebrare le nozze di Elio e Caterina Margherita arriva con il suo nuovo compagno, Aldo, un uomo del sud carismatico e pasticcione, la tre giorni di festeggiamenti prende pieghe impreviste e talvolta tragicomiche.
 
Finalmente dopo alcune cadute di stile imbarazzanti, il trio comico che mi ha sempre fatto morir dal ridere a teatro riesce a funzionare nella settima arte. Senza stare a citare i precedenti film che sono stati, soprattutto gli ultimi, dei veri e grandi fallimenti a parte ODIO L'ESTATE. Questa storia seppur già vista innumerevoli volte, ha qualcosa di spontaneo, di piacevole, di comico, di tenero e romantico.
E' film per certi aspetti corale con tantissimi attori e attrici, con i soliti luoghi comuni legati al terrone e ai lombardi borghesi che fanno a gara per sfoggiare denaro senza lesinare però le tirchierie. E' un film che parla di amicizia, quasi un testamento del terzetto dove succedono disastri uno dopo l'altro in questa sontuosa magione nei giorni che precedono un matrimonio che fino all'ultimo viene messo in discussione dagli stessi sposi.

sabato 2 settembre 2023

Arrapaho


Titolo: Arrapaho
Regia: Ciro Ippolito
Anno: 1984
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Due capi tribù pellirosse, Arrapaho e Cavallo Pazzo, vivono nello stesso territorio e si contendono l'amore della bella Scella Pezzata.
 
Ciro Ippolito & gli Squallor. Un connubio scellerato che porta alla luce quello da molti definito come "il più brutto film italiano di tutti i tempi". Invece così non è..c'è ne fossero di film così anarchici e sboccati in confronto con i cinepanettoni.
Arrapaho è un metaforone ignorante e sboccato che riesce però a dire la sua e regalare intrattenimento e risate. Girato con due lire ha la forza di essere una parodia con tantissime trovate, alcune goliardiche, altre semplicemente grottesche e trash con dialoghi di un'ignoranza cosmica e alcuni doppi sensi molto infantili. Porta alla blasfemia ogni elemento e destruttura gli indiani d'America con una parodia per certi versi originale ma mai saggiamente sfruttata e troppo imbastita sulla scelleratezza di poco conto e gusto. E' un film che andava fatto? Assolutamente sì.

Blood on Melies moon


Titolo: Blood on Melies moon
Regia: Luigi Cozzi
Anno: 2016
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Francia, 1890. L'inventore Louis Le Prince, dopo aver brevettato una macchina per filmare le immagini in movimento e proiettarle in grande sullo schermo, è scomparso in circostanze misteriose: da allora di lui e di quella sua invenzione non si è saputo più nulla. Cinque anni più tardi, i fratelli Lumière di Lione hanno brevettato una macchina molto simile a quella di Le Prince denominata Le Cinematographe: da quel momento, il 1895 è stato considerato universalmente come la data ufficiale della nascita del cinema. Ma resta un enigma: che cos'è successo a quel Louis Le Prince? E dove sono finiti lui e la sua invenzione brevettata? Fino a oggi questo mistero (assolutamente autentico) è rimasto irrisolto.
 
L'ultimo film di Cozzi è oggettivamente brutto con pessimi effetti speciali e recitato in maniera molto amatoriale. Eppure in quel suo voler essere un mistery con indagine per svelare segreti e cospirazioni riesce anche se con una discontinuità molto sentita a rendere partecipe lo spettatore della storia e di alcune stranezze che succedono. E' uno di quei progetti che un amante di cinema di genere come Cozzi si è portato dietro per decenni con la speranza di poterlo realizzare, portando alla luce un mistero sepolto della settima arte e facendo luce su alcune storie che non conosciamo di Melies. In particolare ad opera di Louis Aimé Augustin Le Prince, inventore di un processo che anticipava di alcuni anni quello dei Lumière, su cui Luigi cerca di investigare intervistando emeriti intellettuali e citando fonti, il quale sparì a bordo di un treno e non venne mai trovato proprio quando stava per portare alla luce la sua scoperta. C'è poi il caso di Aureo Silvestre che nel Seicento scrisse il trattato dove con la luce si cancella la luce. In tutto questo l'autore compie dei veri e propri viaggi nel tempo. Se si è amanti del low budget, delle produzioni indipendenti, questo film pur nella sua lunghissima durata ha un suo perchè e merita una visione.

Napoli Velata


Titolo: Napoli Velata
Regia: Ferzan Ozpetek
Anno: 2017
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Adriana, anatomopatologo a disagio coi vivi, incontra Andrea, un giovane uomo che la seduce e la ama una notte intera, appassionatamente. Adriana è travolta, finalmente viva. Al risveglio gli sorride e dice sì al primo appuntamento. Ma Andrea a quel rendez-vous romantico non si presenta. È l'inizio di un'indagine poliziesca ed esistenziale che condurrà Adriana nel ventre di Napoli e di un passato, dove cova un rimosso luttuoso.

Protagonista dichiarata del film, Giovanna Mezzogiorno deve vedersela con Napoli, che assurge in primo piano col suo potenziale esplosivo, la sua straordinaria energia linguistica, le sue contraddizioni interne.
Diciamo che Ozpetek nella sua politica d'autore ha una peculiarità, un tema che sembra ritornare sempre e su cui gravita attraverso diversi personaggi e incastrando storie con protagonisti diversi.
La conversione dell'autore che di fatto emerge grazie all'interazione tra chi perde qualcosa e un inaspettato incontro. Così è stato in quasi tutta la sua filmografia e così non poteva certo mancare qui dove Adriana perde Andrea per ritrovare il gemello Luca e tutto ciò che ne consegue. Scenografia e fotografia in grado ancora una volta di unire sacro e profano in una Napoli deliziosa, mistica, pagana e religiosa dove tutte queste forme spirituali e organizzatrici di senso sembrano riuscire a trovare un'armonia e un equilibrio e proprio di questi Ozpetek è sempre sinonimo di garanzia. Per la prima volta vediamo l'autore alle prese con un vero e proprio thriller che cerca di strizzare l'occhio al maestro inglese senza riuscirci ma senza nemmeno perdere le sue peculiarità grazie anche ad un cast che riesce a caratterizzare bene i protagonisti.


venerdì 11 agosto 2023

Profondo Rosso


Titolo: Profondo Rosso
Regia: Dario Argento
Anno: 1975
Paese: Italia
Giudizio: 5/5

Il musicista inglese Marc Daly, in Italia per motivi professionali, è casualmente testimone del sanguinario omicidio della sensitiva Helga Ullman, che abita nel suo stesso palazzo. Poco prima, durante un congresso di parapsicologia, Helga aveva avvertito in sala una presenza malevola, di una persona che aveva già ucciso e che avrebbe ucciso ancora. Marc è turbato e incuriosito da quanto ha visto e decide di indagare per conto suo, trovando una sponda nella giornalista Gianna Brezzi che vede la possibilità di uno scoop. La pista investigativa che segue porta Marc in direzione di una scrittrice, Amanda Righetti, ma, quando arriva a casa sua per parlarle, la trova morta assassinata. Il killer ha colpito ancora e sembra in grado di prevedere tutte le mosse di Marc e Gianna, in una scia di sangue che si fa sempre più lunga e tortuosa.
 
Profondo Rosso è uno dei capolavori dell'horror italiano. Un film audace che ha saputo grazie al talento di tutte le maestranze coinvolte, dare originalità, estro, colpi di scena, momenti di puro cinema, brividi, splatter ma soprattutto un thriller mai scontato dove addirittura viene mostrato il killer all'inizio del film e dove come spesso accade, per parte del film l'assassino/a potrebbe sembrare proprio l'innocente partner di Marc. Le musiche dei Goblin, l'uso della fotografia e delle luci, le cromature, il montaggio perfetto, la scelta di alcuni personaggi mai sopra le righe ma memorabili. E' il film dopo il quale Argento ha cominciato ad alternare thriller e soprannaturale inserendo temi demoniaci e possessioni. Il tutto con quella vena creepy nel saper mischiare e intensificare l'atmosfera di alcune scene grazie all'inserimento di nenie infantili deformate e ossessionanti. Ci sono troppe scelte stilistiche importanti che si alternano regalando momenti di memorabile cinema che non è in primis solo e puro orrore ma racconta anche una storia d'amore tra Marc e Gianna. Le scene mostrate solo per il valore del regista, senza peraltro essere mai spiegate, compaiono e hanno una loro forza estetica determinante come la sequenza dell’automa semovente psicopombo che sbuca da una cortina di tende, muovendosi come un soldatino di latta e ridendo come il Diavolo, introducendo di fatto la morte.

Funeralopolis-A Suburban Portrait


Titolo: Funeralopolis-A Suburban Portrait
Regia: Alessandro Redaelli
Anno: 2018
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Vash e Felce (il secondo trentenne, l'altro più giovane) fanno musica insieme, consumano droghe (eroina compresa) e condividono tutto. Sono cresciuti a Bresso e si sono incontrati grazie al rap e all'esoterismo. La telecamera li segue ovunque senza remore né censure.

Alessandro Redaelli in un'intervista ha dichiarato: "Volevo fare un lungometraggio, e mi dicevo: sono povero e non ho nessuno che mi possa appoggiare, cosa faccio? Un documentario d'osservazione era l'unica opzione". Non sempre questo punto di partenza conduce a risultati apprezzabili. Anzi, spesso accade il contrario. E invece grazie alla liberatoria del gruppo di ragazzi che ha deciso di farsi filmare accettando di portare Redaelli ovunque con loro forse senza sapere a cosa potessero andare incontro è un elemento non così atipico nel cinema ma sempre interessante per gli sbocchi e le testimonianze che può esprimere. E' un film duro, uno spaccato sulle droghe intenso che non censura nulla e mostra tutto da chi si buca nelle vene del collo rimanendo fermo con un ago a guardare la telecamera a abusi di droga di tutti i tipi. Vash e Felce sono due bonci non così poveri ma accomunati da una spregiudicatezza e un desiderio di sperimentare e non lesinare proprio nulla. Alcuni passaggi riescono ad essere veramente catartici come il festino a casa dell'amico dove conosciamo alcuni elementi davvero impressionanti. Il finale nel bosco di Felce, il rapporto coi rave e con i familiari per Vash e poi un b/n che riesce a rendere ancora più impressionanti e d'effetto le scene e le inquadrature. Dialoghi improvvisati, scene tante buone alla prima (altrimenti ci sarebbero stati decine di buchi in più da farsi) e una filosofia nichilista e auto distruttiva che continua a far riflettere

Ipersonnia


Titolo: Ipersonnia
Regia: Alberto Mascia
Anno: 2022
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

In un futuro distopico il sistema carcerario italiano è stato riformato grazie all'invenzione dell'ipersonno: le pene vengono scontate dai detenuti in uno stato di sonno artificiale in apposite celle acquatiche. David Damiani è uno psicologo che si occupa di monitorare la psiche e lo stato di memoria dei detenuti tramite risvegli periodici. Viola, la sua fidanzata ed ex moglie di un neurologo arrestato per omicidio, entra in contatto con una persona che sostiene di essere in possesso di informazioni che proverebbero non solo l'innocenza, ma anche il complotto che ha portato all'arresto di suo marito. E se questo fosse solo il primo indizio dell'oscura verità che si cela dietro al progetto ipersonno?
 
L'esordio di Mascia e un indie low budget interessante con buoni spunti ma troppa carne al fuoco e soprattutto numerose sotto trame e storyline. Da questo punto di vista forse rimanere nel carcere e concentrarsi di più sulla parte bio etica e psicologica dei danni e delle conseguenze ai prigionieri avrebbe giovato di più ma il film si vede che parte con discreto coraggio e voglia di aggrapparsi a diverse tematiche scifi prendendo di mira un po tutti con risultati non sempre soddisfacenti ma dotati di un notevole coraggio. Damiani è una sorta di Neo meno incosciente ma bisognoso di fare luce su cosa stia realmente perseguendo se un'ideale di innovazione volto a migliorare le sorti del mondo o un esperimento sociale crudele e senza nessun tipo di aiuto.
Ipersonnia oscilla tra così tante parti da sembrare un ibrido insaziabile che prende ovunque e in realtà sembra dire ben poco ma allo stesso tempo ha un ritmo e una fame che lo rendono un perfetto prodotto d'intrattenimento e un'ancora di salvezza per il cinema di genere italico (dove la scifi è sempre più messa da parte per evidenti ragioni di budget)

Primo giorno della mia vita


Titolo: Primo giorno della mia vita
Regia: Paolo Genovese
Anno: 2023
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Arianna ha perso la figlia e non se ne dà pace. Napoleone è un motivatore che riesce a spronare tutti tranne che se stesso. Emilia è un'eterna seconda confinata sulla sedia a rotelle che ha messo fine alla sua ascesa nella ginnastica artistica. E Daniele è uno youtuber riluttante sfuggito ai bulli ma non alla propria mancanza di autostima. Un uomo misterioso intercetta i quattro nel momento in cui hanno deciso di farla finita, e ora deambulano insieme a lui, né morti né vivi. L'uomo ha intenzione di fornire loro una prospettiva diversa dalla quale guardare la propria situazione durante una settimana in cui rimarranno sospesi nel tempo, senza bere né mangiare, e senza che nessuno si accorga della loro presenza. Ma non è facile far cambiare idea a chi si sentiva arrivato al capolinea della propria vita.
 
Genovese è quel regista mediocre che fa un cinema mediocre che comunque rimane il meno peggio tra tanti mestieranti nel nostro paese. Negli ultimi anni è migliorato anche se alcuni film mi lasciano sempre perplesso per quella intrusione nel soprannaturale in formato molto basic senza mai provare ad andare oltre i toni da commedia come in PLACE. Seppur con delle similitudini qui si lavora sul suicidio, sul senso di colpa e sull'accettazione. Su alcuni morti che come in una sorta di limbo vengono portati in giro da una sorta di Caronte buono che cerca di lavorare con loro su ciò che hanno fatto e le conseguenze dei loro gesti. E' un film a tratti molto drammatico e con parecchio pathos pur lasciando quel dubbio di fondo su come a livello drammaturgico si potesse fare qualcosa di più. Manca una risonanza emotiva in grado di coinvolgere, alcune scene alcuni personaggi appaiono davvero troppo sterili come se non ci fosse qualcuno a dirigerli con le idee chiare sapendo tirar fuori quel qualcosa in più da una galleria tra gli attori più famosi del nostro paese.

Ritorno di Casanova


Titolo: Ritorno di Casanova
Regia: Gabriele Salvadores
Anno: 2023
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Leo Bernardi è un regista che non riesce a completare il suo ultimo film su Giacomo Casanova, in procinto di partecipare in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Il suo montatore Gianni cerca di farlo uscire dall'impasse e da una depressione incipiente, mentre Leo si consuma fra due sentimenti che gli paiono inadatti ai sui 63 anni: la competitività con un giovane regista, Lorenzo Marino, osannato dalla critica e anche lui in predicato per il concorso veneziano, e l'amore per Silvia, un contadina volitiva e indipendente, molto più giovane di lui. Dunque Leo temporeggia, procrastina, è nervoso e distratto, agitato da sogni e visioni, impolverato come il Casanova che racconta, cui tutto appare "insensato e ripugnante" - a cominciare dal passaggio inesorabile del suo tempo di vita.
 
Servillo sta lavorando troppo. E' sempre in scena. Si vede che nonostante il talento impressionante l'attore cominci ad essere spossato. Con un fantastico b/n e una sontuosa fotografia (forse uno degli elementi più belli del film) Salvadores cerca di riportare al cinema il dramma di un cineasta ormai annoiato e alla ricerca della sua bella. Con due storie alternate (quella di Casanova interpretato da un Bentivoglio sempre più sopra le righe) il film di Salvadores purtroppo non riesce ad avere quella garra e ritmo per dare un mordente alla storia ma riducendolo quasi per certi versi ad un esercizio di stile. Se la storia del passato è pretestuosa e noiosa a tratti con l'unica vera scena interessante di quando Casanova si sveglia nel letto dopo aver posseduto grazie ad una scommessa la bella contadinella e questa guardandolo smarrita gli da del vecchio..
Attori abbastanza fuori controllo o forse non particolarmente nelle parti in particolar modo Gianni, Natalino Balasso, comico che stimo ma che come attore purtroppo non lascia il segno interpretando sempre se stesso. Interessanti e curiose alcune trovate come quelle della casa iper tecnologica che comincia a impazzire nel momento in cui Leo non sta bene così come la sempre bellissima Serraiocco a dare drammaticità e carisma ai suoi personaggi.

lunedì 10 luglio 2023

Ultima notte di Amore


Titolo: Ultima notte di Amore
Regia: Andrea di Stefano
Anno: 2023
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Franco Amore è un poliziotto all'ultimo giorno di lavoro dopo trent'anni di integerrimo servizio nelle forze dell'ordine. Ha già anche a lungo meditato il discorso d'addio in cui ricorda di non avere mai sparato a nessuno anche se gli incarichi pericolosi non gli sono mancati. La sua nuova moglie, la figlia che studia all'estero e gli amici hanno organizzato una festa a sorpresa per lui quando, all'improvviso, viene richiamato in servizio perché è accaduto un fatto grave.
 
Un grande thriller all'italiana, un polar nostrano, consapevole dei suoi mezzi, dell'enorme lavoro di scrittura e di una scelta peculiare e soddisfacente dei protagonisti. Di Stefano dopo tutto il suo pellegrinaggio in America con thriller biografici e crime-movie, porta a casa la sua opera migliore. Un film a differenza degli altri ancora più realistico e con sfumature che assorbono bene un'analisi socio politica, il tessuto cinese a Milano ormai diffuso ovunque con faide interne per il controllo del potere, corruzione e poi lui, Franco, che per mettersi in tasca qualche soldo pochi giorni prima della pensione come in una tragedia greca sembra già annusare il dramma che si verrà a dipanare.
E' una narrazione intensa, un'atmosfera e un ritmo che tengono il fiato sospeso, ci sono accordi e amicizie tossiche, rapporti familiari calabresi intrisi nel sangue ma c'è anche tanto amore e fragilità per un protagonista che vedrà assieme alla moglie in pochissimo tempo un viaggio all'inferno terrificante perchè diversamente dal solito così tanto reale ed è proprio qui che senza fare uso eccessivo se non estremamente parsimonioso dell'azione che di Stefano riesce a creare quel clima di disillusione, di stallo e di senso di sconfitta che lo relegano a tutti gli effetti ad un polar e un noir italico solido e maturo come non mai.

Questo mondo non mi renderà cattivo


Titolo: Questo mondo non mi renderà cattivo
Regia: Zerocalcare
Anno: 2023
Paese: Italia
Stagione: 1
Episodi: 6

Nel quartiere in cui Zerocalcare abita da sempre la tensione aumenta: è nato un centro di accoglienza profughi e i bulli locali ne approfittano per montare la solita polemica contro i migranti. Fra i residenti la reazione è mista: c'è chi è favorevole ad un'inclusione dei profughi, chi invece, come Cesare, amico di Zero fin dall'infanzia, si unisce agli intolleranti. E c'è anche chi si ritrova nel mezzo, senza sapere più da che parte stare.
 
Zerocalcare cresce in tutti i sensi. Sarà perchè è concentratissimo, ansioso, pulito (non beve e non fuma), curioso, nerd. Ormai è come una valanga che quando scende trascina e porta con sè una pluralità di contenuti importanti passando dal cinema, alle serie tv, ai fumetti, ai cartoni animati e alla Sailor Moon fluida che da noi in Italia è stata accuratamente censurata. Ci sono ormai dei personaggi noti Zero, Secco, Sarah, l'Armadillo che sembra sempre di più una sorta di grillo parlante meno moralista e poi tutte le contraddizioni di Roma, dei rapporti sociali fluidi, delle amicizie, dei pregiudizi, delle fragilità e dei non detti. Con dei dialoghi e citazioni a dismisura, Michele Rech sonda ancora di più la periferia per allargarne poi la desamina ed esplorando tutto ciò che la circonda grazie alla sua immancabile ironia, al senso del grottesco e sapendo sfruttare il dramma quando la storia lo esige e non può farne a meno. C'è sempre un risvolto socio politico, le ideologie, lo scontro con le Guardie su diversi piani, l'importanza per lui che hanno avuto le manifestazioni e i centri sociali e lo schierarsi sempre e comunque senza però perdere la capacità di analizzare i fenomeni e sapendo regalare momenti di pathos e dramma di quella post contemporaneità che ci assale sempre di più e che fingiamo di non vedere. Usando il linguaggio del popolo ma senza essere populista, Zero sembra assalito dalle domande che si pone continuamente e a cui lui o la gente che gli sta attorno o lo stesso Armadillo provano a rispondergli facendogli fare continui esami di coscienza mettendosi in gioco e riflettendo continuamente.

Dampyr


Titolo: Dampyr
Regia: Riccardo Chemello
Anno: 2022
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Balcani, 1992. La guerra consuma, devasta e uccide. Linee invisibili dividono le genti e le terre, ma su ogni popolo e città calano indifferenti le bombe e i massacri. Non c'è confine al dolore, solo indifferenza e disordine. Così, senza un apparente motivo in questo conflitto palesemente senza senno, il comandante Kurjak e i suoi uomini arrivano nel villaggio di Yorvolak. Stanno solo eseguendo gli ordini. Ma quello che trovano è inaspettato anche per gente come loro: tutti gli abitanti di Yorvolak sono stati trucidati in modo brutale da un nemico senza nome né volto. Decidono così di accamparsi nel villaggio per scoprire cosa davvero sia successo, ma durante la notte vengono attaccati da alcune misteriose creature insensibili ai proiettili e capaci di squarciare in due un uomo. L'unica soluzione sembra essere quella di chiamare un dampyr, che nelle leggende balcaniche è il figlio di un vampiro e di un'umana...
 
Dampyr è quell'operazione che poteva varcare le soglie del trash diventando uno dei più grandi flop sui fumetti di Bonelli quando invece a stento riesce a salvarsi dagli abissi. Il che non lo rende un buon film ma almeno decreta il primo di una serie che vediamo se riusciranno a proseguire visto il finale aperto. Riesce a non mettere troppa carne al fuoco gestendo quello che ha soprattutto in termini di budget in modo lineare e attento soprattutto nelle scene d'azione o quando i vampiri devastano e sterminano soldati e villaggi. Se l'elemento migliore è la fotografia e una certa atmosfera, la recitazione a volte è sbilanciata soprattutto quando il Dampyr deve rendersi bucolico e tristone rispetto invece a quando deve tirar fuori le palle. Con 15 milioni di budget abbiamo il primo capostipite (senza contare il TEX dell'85) della saga bonelliana che rimanendo in un limbo nei Balcani e alternando come dicevo cose molto buone e apprezzabili a dispetto di un ritmo che soprattutto nel secondo atto, sembra ricalcare la stessa matrice senza dare particolari guizzi narrativi.

martedì 6 giugno 2023

Angelo dei muri


Titolo: Angelo dei muri
Regia: Lorenzo Bianchini
Anno: 2021
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Trieste. Pietro vive da solo in un vecchio appartamento all'ultimo piano di un vecchio edificio malmesso, ma la sua regolare monotonia viene interrotta dall'avviso di uno sfratto esecutivo. L'uomo però non vuole abbandonare la casa. Così, attraverso un muro del lungo corridoio, riesce a sparire e a non farsi trovare il giorno in cui arriva l'ufficiale giudiziario. Dal nascondiglio vede tutto quello che sta accadendo. Si rifugia lì ogni volta che c'è una minaccia esterna (il proprietario, i potenziali inquilini) e ha sempre l'ossessivo timore di essere scoperto. Un giorno però si trova davanti a due nuovi 'ospiti': Zala, una madre disperata e Sanya, la figlia che sta perdendo la vista.
 
Dopo Oltre il guado Bianchini firma un altro importante film di genere indie italiano.
La vicenda drammatica di Pietro e tutto ciò che gli passa attraverso e intorno ha i connotati di una fiaba nera, moderna per una tematica come quella degli sgombri, della solitudine, nel non avere nessuno che lo possa aiutare e l'ostinatezza a prendere una decisione e non mollarla anche se questo può portare a conclusioni nefaste. Tutto in un'unica location, tre attori, un lavoro sopraffino sul sound designer in particolare per sottolineare il vento e ciò che porta fuori e dentro la casa. Un'opera minimale, dai toni antichi e affascinanti, dove parlano i gesti e gli sguardi più delle parole e dove ci sono momenti di assoluta tenerezza e altri di deprivazione toccanti.

Predatori


Titolo: Predatori
Regia: Pietro Castellitto
Anno: 2020
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Pierpaolo è un medico sposato con Ludovica, affermata regista. Il loro figlio Federico è un laureando in filosofia tiranneggiato da un barone universitario che gli preferisce qualunque altro studente. Le loro vicende si incrociano con quelle di Bruno, primario amico di Pierpaolo, e di sua moglie Gaia, nonché con quelle di Claudio e Carlo, due fratelli che gestiscono un'armeria e fanno parte di un gruppo neofascista. Completano il quadro le moglie i figli di Carlo e Claudio, e un sulfureo personaggio che resterà (di fatto) innominato e che compare solo all'inizio e alla fine.
 
Predatori è una di quelle commedie sporche e cattive di degna caratura grottesca e spregiudicata.
Un esordio quello di Castellitto jr che seppur con troppa carne al fuoco e diverse storie da seguire anche se spesso si ricollegano, mostra l'amarezza degli animi umani, i rapporti fluidi, genitori che riescono a fare peggio dei figli, famiglie criminali che ancora inneggiano al fascismo.
Nessuno sembra degnare di rispetto i propri simili e consanguinei e così anche una cena con i parenti serpenti diventa l'arma per insultare e umiliare il prossimo senza nessuna vergogna e dove la dignità di alcuni sembra ormai affondata. Azioni paradossali e comportamenti eccentrici come il voler comprare una bomba per fare il botto e stanare tutti coloro che sembrano perseguitare il protagonista. Faide familiari che raggiungono un climax di violenza senza pari e dove ancora una volta il ruolo dei bambini appare mai così deviato e senza colpa. Come pochi altri cineasti nostrani,
il figlio d'arte ha coraggio senza dubbio nel dare voce ancora una volta a quel sottobosco romano piccolo-medio borghese da far accapponare la pelle per quanto si passi da un estremo all'altro con inusitata facilità.

Migliori giorni


Titolo: Migliori giorni
Regia: Massimiliano Bruno, Edoardo Leo
Anno: 2023
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Quattro storie, ambientate rispettivamente alla vigilia di Natale, a Capodanno, per San Valentino e per la Festa della Donna. Nel primo episodio, la cena della vigilia in epoca Covid si tramuta in un reciproco massacro verbale fra i componenti pro-vax e no-vax della famiglia riunita a tavola. Nel secondo, un viscido imprenditore, accompagnato dalla volgare consorte e dalla figlia tossicomane, partecipa soltanto per fini pubblicitari a un cenone di Capodanno organizzato per i senzatetto, ma deve vedersela con il suo ex-autista, malato terminale, che a suo tempo fu licenziato in tronco. Nel terzo, una spenta coppia eterosessuale alto-borghese si trova a festeggiare il venticinquesimo San Valentino facendo lo slalom tra amanti abituali e nuove tentazioni bisessuali. Nel quarto, una vulcanica conduttrice della tv del pomeriggio assiste la figlia adolescente che ha tentato il suicidio e nel frattempo deve combattere con gli autori del suo programma per mettere una pezza a una gaffe misogina avvenuta in trasmissione nei giorni della Festa della Donna…

Due sì e due decisamente no. Di certo ci si diverte, in storie di una caratura amara, cinica, per certi versi quasi grottesca o tragi comica, dissacrante, romantica nel senso becero del termine.
Il primo scritto e interpretato dallo stesso Leo è il migliore indiscusso per tematiche, interpretazioni, ritmo e dialoghi. Sembra uscito da uno script di Ammaniti come anche quello del Capodanno decisamente su atmosfere e toni molto più tragici. Un cinema decoroso che sembra per alcuni aspetti diventare l'outsider a tutti gli effetti dei cinepanettoni infimi dove questo cinema non ha nulla da spartire animato da una sua anima specifica, sapendosi collocare nelle tematiche attuali e prendendone spunti e riflessioni interessanti soprattutto usando il cinismo anzichè la volgarità fine a se stessa. Qui vengono smitizzate le feste, i dogmi sui rapporti di coppia, la fedeltà, la correttezza, l'onestà. Tutto diventa una facciata per mostrare solo una volta ogni tanto con i parenti o con gli elettori o con i cari, cosa loro si aspettano nelle formalità di momenti che nessuno vuole e sente veramente. Peccato che l'episodio sulle donne e la parità dei diritti con la Gerini e il menage a four di Argentero brancolino nel buio senza mai avere quella freschezza e carica degli episodi precedenti.