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domenica 11 ottobre 2020

Black Water


Titolo: Black Water
Regia: David Nerlich, Andrew Traucki
Anno: 2007
Paese: Australia
Giudizio: 3/5

Grace, insieme al suo ragazzo Adam e a sua sorella minore Lee, decide di fare un giro turistico dell'Australia del Nord, una zona ricca di paludi di mangrovie. I tre passano il tempo fra parchi dove si possono ammirare i feroci coccodrilli della zona e un giorno si avventurano per tour dei corsi d'acqua a bordo di una piccola barca, con una guida locale. Arrivati in un tratto di palude molto tranquillo e al riparo dalla corrente del fiume, i quattro si preparano a passare qualche ora a pescare quando un enorme coccodrillo rovescia l'imbarcazione, divorando la guida. I tre, rifugiatisi su una mangrovia, dovranno giocare una mortale partita contro il mostro, che sembra mosso da una intelligenza diabolica...

A differenza del filone sugli shark movie, i coccodrilli purtroppo non hanno avuto lo stesso successo o la stessa fortuna. Difficile comprenderne le ragioni in termini di messa in scena e non di intenzioni. Black Water è da molti ritenuto uno dei caposaldi del sotto genere, come poteva esserlo LAKE PLACID, il primo di una saga di ben cinque capitoli senza contare LAKE PLACID VS ANACONDA.
Black Water dalla sua mantiene una buona atmosfera. Poche premesse, tre attori e un coccodrillo, anzi una testa di coccodrillo che vediamo pochissimo come la tradizione della suspance impone.
Per metà film vediamo le due sorelle sopra un albero che cercano di capire cosa fare coscienti di un pericolo che non sanno come affrontare come capitava per la coppia in OPEN WATER.
I due registi amanti degli effetti speciali portano a casa un film a costo zero incassando molto. Sfruttano tante ingenuità di trama e una narrazione praticamente inesistente per lasciare tutto sulle spalle delle due sorelle in una sorta di dramma interiore e disperazione che accresce fino ad esplodere con la morte del marito di Grace. Purtroppo il film non va oltre quello che ho detto, annoiando in diversi momenti dove il ritmo è sbilanciato e la camminata tra un ramo e l'altro palesa una difficoltà mortale a riuscire ad andare oltre.

sabato 1 agosto 2020

47 metri uncaged


Titolo: 47 metri uncaged
Regia: Johannes Roberts
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Yucatan, Messico. Mia e Sasha, sorellastre, non vanno molto d'accordo. Mia è introversa, timida e viene bullizzata a scuola. Sasha è sicura e disinvolta e anche un po' infastidita dall'atteggiamento passivo di Mia. Il fatto che la famiglia si sia dovuta trasferire in Messico a causa del lavoro del padre, che si occupa di ricerche archeologiche sottomarine, non aiuta Mia, che si sente fuori posto. Per favorire l'intesa tra le sorellastre, il padre compra loro i biglietti per un'escursione su una barca dal fondo vetrato per vedere gli squali. Ma Sasha ha un'altra idea e, con le amiche Alexa e Nicole, trascina Mia sino a un laghetto nascosto da dove si può accedere alla città sommersa dei Maya, sede, da un altro accesso, delle ricerche del padre. Adeguatamente attrezzate, le ragazze si immergono nelle caverne sottomarine, ma gli squali le attendono.

Sequel del fortunato 47 metri, Uncaged è un gradino superiore, trait d'union la stessa regia di Roberts ormai affezionato all'horror. Un film con tante figlie d'arte da Corinne Foxx, Sistie Rose Stallone e poi che non c'entra niente ma il nome è strambo Khylin Rhambo.
Citta maya nascosta sotto i fondali marini, due sorellastre che diventeranno inseparabili dopo aver vissuto il peggio, più personaggi per aumentare le morti e i colpi di scena nonchè il clima ansiogeno, una spedizione che finirà molto male, squali bianchi cechi abbandonati in quel regno dimenticato dove non ci si riesce a capacitare dove trovino il cibo e statue nei fondali che crollano appena una di loro ci si appoggia contro. La tensione nel film è alta, lo squalo arriva dopo ed è un bene (come la vecchia scuola insegna) tutta la suspance legata al livello di ossigeno è ottima come la scelta del ritmo, lento e molto d'atmosfera, senza lesinare le scene d'azione ma immettendone poche e funzionali soprattutto nel terzo atto.
Se i dieci minuti finali sono la parte più bella, quel momento poco prima dove tutte loro quattro più il padre della protagonista si troveranno come esche in mezzo a due squali giganti (per tutto il film era uno, poi nel terzo atto aumentano) e correnti marine di una potenza devastante, devo dire che il divertimento e l'ansia sono assicurati per un survival movie davvero ben diretto ad alzare l'asticella di un'estate con pochi shark movie.




lunedì 20 luglio 2020

Congo


Titolo: Congo
Regia: Frank Marshall
Anno: 1995
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Gli uomini di una spedizione alla ricerca di diamanti in Congo vengono massacrati da alcuni gorilla. Viene inviato un secondo gruppo, con uno scienziato in grado di comunicare con i primati.

Congo è un classico film di genere, leggermente pasticciato nel suo cercare di evolversi continuamente e mettere più carne al fuoco possibile mischiando la lotta dell'uomo contro la natura, guerre locali africane per accaparrarsi il potere, antiche città scomparse, l'analisi dettagliata del progresso scientifico, multinazionali alla ricerca di un purissimo diamante necessario per la messa a punto di rivoluzionarie tecnologie laser, potenzialmente impiegabili anche a scopo militare e infine molteplici interessi che agiscono assieme nello stesso team. Primati, sci-fi e azione e una piccola parte più horrorifica finale con tanto di scimmie preistoriche e cannibali e un'atmosfera che usando le parole del rumeno Herkermer Homolka intrepretato da Tim Curry, rilegge le miniere del re Salomone di Rider Haggard.
Marschall (ARACNOFOBIA, ALIVE), il produttore associato di Steven Spielberg, fa un buon lavoro da mestierante conoscendo bene i mezzi e riuscendo grazie ad un cast funzionale a creare un buon ritmo e dare la giusta caratterizzazione ai personaggi anche se alcuni servono solo come stereotipi per mandare avanti la narrazione.
Nella sua sconclusionatezza generale come la trattativa in Africa cercando di corrompere i funzionari locali, il film passa da un estremo all'altro diventando un concentrato di intrattenimento dove forse la parte più noiosa e data dai momenti di tenerezza e i dialoghi tra lo scienziato e il gorilla Amy. Comparsata iniziale per il buon Bruce Campbell



mercoledì 1 luglio 2020

Dead Ant


Titolo: Dead Ant
Regia: Ron Carlson
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Una rock band oramai sulla via del tramonto vuole tentare un ritorno sulle scene grazie al Coachella, il festival che si svolge nel deserto californiano. A bordo del loro furgone, in compagnia del loro corrotto manager, i musicisti deviano per recuperare droghe e provare nuove sensazioni Ben presto, l'arrivo della notte e la loro mancanza di rispetto per la natura li renderà il bersaglio perfetto per delle gigantesche ed affamate formiche.

Dead Ant è un b-movie su insetti giganti quindi depone fin da subito le armi per diventare una trashata comica e demenziale. Con un intro in cui una ragazza piano piano si spoglia prima di essere divorata da una formica gigante (la scena migliore del film), il resto è una galleria di luoghi comuni, prove iniziatiche sulle sostanze, confessioni, amori ritrovati, quell'impossibilità a sentirsi adulti appieno e la voglia di continuare a combinare cazzate e inseguire un successo che semplicemente non è mai arrivato.
Il film ci mette davvero molto tempo a partire con alcuni dialoghi interminabili e noiosi senza appassionare mai, la deliranza di un manager che organizza un pit-stop notturno a base di peyote, affinché i musicisti ritrovino l’ispirazione per scrivere un nuovo pezzo che spacchi, ovviamente senza riuscirci.
I nativi americani post-contemporanei e globalizzati che si fanno pagare con la carta di credito e contestualmente lanciano un monito: durante l’assunzione del funghetto non dovranno molestare o uccidere nemmeno una piccola mosca, altrimenti la natura si vendicherà.
Purtroppo le risate sono il fattore più anomalo del film dal momento che suscitano ilarità solo in qualche patetico deficiente.


lunedì 4 maggio 2020

Slaughterhouse rulez


Titolo: Slaughterhouse rulez
Regia: Crispian Mills
Anno: 2018
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

Un illustre collegio inglese diventa un sanguinoso campo di battaglia quando una misteriosa buca appare in una zona vicina, scatenando orrori indicibili.

Ogni tanto la classe british torna a brillare e il film di Mills sembra aver avuto la benedizione da Wright portando tanto del suo spirito. Sembra una parodia, un omaggio semplice ed efficace a tanti sotto generi e ingredienti horror dosati con quella satira e ironia che contraddistingue l'equipe di Pegg, Frost e company.
Il mood di farsa e splatter, slasher e grottesco, azione e digressioni sulla crescita personale, l'iniziazione, la confraternità, segresti nascosti e riflessioni sull'eco vengeance più che funzionali.
Il film mischia così tanti target, vede protagonisti adulti, adolescenti, bambini, ognuno caratterizzato splendidamente, con un mix efficace di protagonismo infantile e pronto a dare il suo valido contributo al momento giusto.
Sembra Harry Potter sotto lsd.
Il film di Mills crea una sua geografia ben precisa con il collegio, il bosco con gli esperimenti e i militari e il campeggio degli sballoni e naturalmente sotto terra le creature che aspettano solo di uccidere tutto e tutti partendo dall'orgia Baccanale dei più anziani della confraternità.
Lo humor inglese ancora una volta riesce a spezzare la galleria di efferatezze e sangue facendo diventare tutto un gioco molto equilibrato e divertente con le dovute riflessioni e metafore, creando un intreccio convincente e non stonando mai se non in alcune parti del montaggio.
Un film con un ritmo bestiale capace di passare da una storia all'altra con una facilità impressionante.

Squirm


Titolo: Squirm
Regia: Jeff Lieberman
Anno: 1976
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Fly Creek, piccola cittadina tra le foreste della Georgia, paludosa e dedita alla pesca. Quando una violenta tempesta la colpisce, causando il crollo di un grande generatore di corrente, un’enorme carica elettrica penetra il sottosuolo fangoso, causando la mutazione letale di tutti i vermi che popolano la zona.

Squirm come Bug-Insetto di fuoco, condividono gli stessi anni, il film di Swarc è di un anno prima ed entrambi affondano le radici nella sci fi per diventare poi robusti caposaldi di un sotto genere che coniuga horror e eco vengeance. Quando non sono gli esperimenti dell'uomo, rimangono comunque errori legati a qualcosa che semplicemente non doveva essere lì come nel caso dell'incidente a Fly Creek nel prezioso film di Lieberman.
Una storia peraltro complessa che segue parallelamente mutazione e orda malefica di quella stirpe di 250 mila vermi presenti in scena e allo stesso tempo uno spaccato sociale tra forestieri e contadini, città e provincia. Il film venne presentato a Cannes per sottolineare la complessità dell'opera e non relegarla solo a un b movie con insetti che uccidono e basta.
Più il contesto sociale, le paure che sfociano in odio, la caratterizzazione dei personaggi e molto altro ancora salgono di livello, più il resto sembra già fatto, facendo decollare il film in un thriller complesso e ambizioso. Attraverso interviste al regista Jeff Lieberman e all'attore protagonista Don Scardino, sono raccontati diversi retroscena della realizzazione del film, inizialmente pensato per il New England, per ricalcare le atmosfere dei racconti di Lovecraft, e poi girato invece nel Sud, in Georgia, con un budget molto basso e avvalendosi della gente del posto, spesso ignara d'essere ripresa, o invece felicemente scritturata, come i boy scout locali, impiegati per animare il mare di vermi visibile in una delle scene finali del film. Tra i tanti e divertenti aneddoti, si ricorda come a causa di Squirm: i Carnivori della Savana e del suo utilizzo di circa 250 mila vermi, per tutto l'anno successivo ci sia stata una carenza cronica di esche su tutta la costa orientale!

lunedì 20 aprile 2020

Slugs


Titolo: Slugs
Regia: Juan Piquer Simon
Anno: 1988
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Nei pressi della città di Ashton, uno stabilimento chimico si sbarazza delle scorie di lavorazione riversandole in un condotto fognario abbandonato. I rifiuti tossici innescano una spaventosa mutazione in comunissime lumache trasformandole in grosse predatrici, aggressive, assetate di sangue.

Slugs è uno di quei film che visti oggi sembrerebbero datati e fuori luogo visti i limiti di budget ed effetti speciali che cercano di fare come possono. La storia poi non ha quei fasti narrativi come ad esempio Bug-Insetto di fuoco, ma riesce ad intrattenere coinvolgendo lo spettatore e arrivando a tracciare una sorta di sci fi con eco vengeance e fanta ecologia.
Quegli stessi stabilimenti chimici responsabili della pandemia di lumache assassine rappresentano per il genere uno dei nemici di spicco, i quali “inconsapevolmente” decretano stragi a volontà. Slugs dalla sua però riesce a difendersi molto bene. Un prodotto artigianale curato dall’inizio alla fine ad opera di un autore, Simon, che si è sempre confrontato con il cinema di genere.
Alcune sequenze riescono ad essere davvero funzionali e inquietanti, l’elemento splatter non è mai troppo forzato ma riesce nel compito di creare il giusto disgusto dell’azione carnivora delle limacce che non essendo veloci, tentano agguati di nascosto alle loro vittime o agiscono in gruppi numerosissimi
Simon riesce a far apparire il film un b movie che si unisce alla galleria di film di genere su animali assassini o su insetti muta forma o qualsiasi altra etichetta possa essergli affibiata.


Arachnid


Titolo: Arachnid
Regia: Jack Sholder
Anno: 2001
Paese: Spagna
Giudizio: 3/5

Un'astronave aliena impegnata a prelevare specie animali dal mare si scontra con un aereo Stealth e precipita su un'isola. Un enorme ragno alieno riesce così a fuggire dal velivolo e inizia a proliferare, causando la mutazione di tutti gli aracnidi presenti nell'atollo in letali predatori. Preoccupato per la vita dei nativi dell'isola, che vengono decimati apparentemente senza motivo, un medico e la sua assistente decidono di organizzare una spedizione sull'isola, assoldando uno specialista in ragni, un pugno di mercenari e una pilota di aerei.

Arachnid è un b movie con un incidente scatenante che definirlo trash non rende l'idea.
Il tornado che preleva gli animali dall'oceano dove si va a schiantare l'aereo è di una bruttezza cosmica, ma il peggio arriva il minuto successivo quando il pilota si salva finendo sull'isola dove vede questa sorta di alieno (fatto col culo) venir ucciso dal ragno gigante. Davvero sono rimasto basito. Forse nemmeno la Asylum poteva fare peggio.
Poi il film è il classico survival movie di una banda di personaggi che devono andare sull'isola per trovare l'incognita legata al siero dei nativi x e troveranno la madre di tutti i ragni y che gli uccide uno per uno.
In mano a qualcun altro, il film avrebbe fatto ancora più schifo ma io Sholder lo ammirerò sempre anche quando gira film a basso budget come questo che sembra una parodia di Alien, Predator e Tarantula come tante altre cose, mettendo insieme tutto e male, ma il timoniere è il regista dell'Alieno e Nightmare 2-La rivincita.
Alcune scene d'azione poi non sfigurano nemmeno così tanto, la parte horror a causa di un ironia nell'impianto narrativo e di alcuni non attori, non riesce a mordere quando deve e il ragno nei limiti di budget non è nemmeno così brutto ma fa il suo dovere sterminando tutti a parte i bellocci di turno e spalmando una ragnatela che imprigionerà ogni umano sull'isola.

giovedì 16 aprile 2020

Underwater


Titolo: Underwater
Regia: William Eubank
Anno: 2020
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Un gruppo di scienziati sta lavorando sott'acqua quando vengono travolti da un terremoto. I sopravvissuti dovranno fare delle scelte estreme per rimanere vivi.

Underwater è stato preda di un accanimento in negativo che mi ha lasciato perplesso.
Sicuramente non esente da difetti, l’opera di Eubank ci porta nelle profondità marine e quindi già per questo ha tutta la mia attenzione. E’un b movie che soprattutto nel primo atto riesce nel suo obbiettivo quello di cospargere tutto di un pessimismo cosmico all’interno della base sperimentale di perforazione, facendoci capire come tutto l’impianto rimanda al survival movie con inquadrature claustrofobiche e un buio minaccioso che soprattutto nel secondo atto sarà uno dei veri protagonisti.
Fin da subito capiamo che l’incidente scatenante avverrà subito, senza stare a prendersi troppo tempo per mostrarci i personaggi e la loro psicologia ma andando dritto al punto, la sopravvivenza ad ogni costo che richiederà sacrifici, vittime, carne da estirpare, tute che imploderanno, la pressione costante che sfinirà i protagonisti e una minaccia che aprirà le fauci immense proprio nei fondali di una natura ormai stufa di essere violentata e trivellata.
Underwater ha una bella atmosfera, una deliziosa e curata messa in scena, effetti speciali che non esagerano mai, ma arrivano precisi a fare il loro dovere e mostrarci una popolazione subacquea piena di polipi giganti e anfibi che sembrano mostri della laguna più cazzuti, esseri che sembrano materializzarsi per poi svanire come nebbia. Underwater deraglia da tante scelte che potevano apparire scontate e inverosimili, cercando di aprirsi una strada insidiosa e fatta tutta di scelte prese all’ultimo, di soluzioni che non potranno portare mai a nulla di buono sapendo bene che ciò che si è andato a risvegliare avrà la meglio.
Underwater è un film dove i personaggi a parte Norah, sembrano non esistere come se fossero tutti preda della sua immaginazione (contando che è solo lei che di fatto accende i segnali di speranza) mentre gli altri potrebbero essere una suggestione che si è creata negli abissi della sua psiche. Partendo da questa riflessione il film potrebbe aprire un’altra valvola di interpretazioni per accrescere la sua forza evocativa.

Uninhabited


Titolo: Uninhabited
Regia: Bill Bennet
Anno: 2010
Paese: Australia
Giudizio: 3/5

Una giovane coppia si reca in campeggio su un'isola corallina, remota e deserta, solo per scoprire che non è disabitata come si credeva…

Uninhabited come dimostra il titolo, non nasconde la sua essenza e gioca tutto su un’atmosfera decisamente curiosa almeno nel primo atto per andare via via scemando. Una coppia di attori che cerca di mettercela tutta, un’isola desolata (anche se qualche segno premonitore viene lanciato dalla guida che gli accompagna) e per il resto il film gioca molto sulle suggestioni senza far vedere quasi mai nulla con questi echi e pianti che provengono dal bosco in grado di far pensare a una moltitudine di pericoli.
La parte migliore rimane un primo atto dove tra insidie acquatiche e tracce lasciate vicino alla tenda, arriviamo alla piccola capanna in mezzo alla foresta dove i punti di forza, a mio avviso, crollano miseramente. Probabilmente tutti si aspettavano un mostro o una creatura, qui i fantasmi del passato, un libro “maledetto”, la capanna di Coral e l’isola che sembra comportarsi come un’entità fanno tutto il resto.
Lo spunto da eco vengeance poteva essere una modalità per dare forza e consistenza alla trama che soprattutto nel finale cerca di caricarsi troppo deragliando da una suggestione iniziale che rimaneva l’aspetto migliore. Capita poi ad un certo punto una coppia di personaggi che sembrano portare il film verso tutta un’altra direzione. Deboluccio ma con quella strana atmosfera australiana che amo e che come per Long Weekend gioca tutto di allusioni e atmosfera.

domenica 15 dicembre 2019

Tremors


Titolo: Tremors
Regia: Ron Underwood
Anno: 1990
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Mentre i due operai Valentine McKee e Earl Basset stanno battendo in lungo e in largo il deserto del Nevada in cerca di qualche lavoro redditizio, una sismologa registra strani movimenti del terreno, proprio in quelle zone.

Tremors nella classifica degli horror sui mostri, o meglio action-horror sui mostri è uno dei più belli di sempre. Un film del '90 che ancora ad oggi riesce ad essere un caposaldo, mostrando una creatura originale in un film che ha saputo dare enfasi e sfruttare un'idea niente affatto scontata.
Un orrore che arriva dalle viscere della terra in maniera atipica, inaspettata, riuscendo a condire tutti i suoi ingredienti con un'atmosfera e un ritmo impareggiabili, puntando tutto su elementi basici ed efficaci e riuscendo al contempo ad essere intelligente e scanzonato, un eco-vengeance di fantascienza preistorica che sposa l'intrattenimento puro.
Le creature poi riescono ad essere davvero sorprendenti e funzionali, mischiando riminiscenze che vanno dagli squali della sabbia di lynchani ricordi alle beetlejuiciane bartoniane.
Tremors poi ha un ritmo che decolla praticamente da subito riuscendo in una difficile missione ovvero quella di creare un appassionato cocktail di generi, mescolando tanti ingredienti dal western, all'action, la commedia, l'horror e la sci-fi.



lunedì 7 ottobre 2019

Crawl

Titolo: Crawl
Regia: Alexandre Aja
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Haley ignora gli ordini di evacuazione per cercare il padre scomparso. Trovandolo gravemente ferito e bloccato in un'intercapedine della loro casa di famiglia, i due restano rapidamente intrappolati e sommersi. Mentre il tempo stringe e fuori la tempesta è sempre più forte, Haley e suo padre scoprono che il livello dell'acqua che sale è l'ultimo dei loro problemi.

Crawl è quel genere di film che non vedo l'ora che esca in sala per gustarmelo appieno, sapendo fin dall'inizio ciò che mi darà: adrenalina.
Un pregevole horror d'azione, un survival horror, con gli animali assassini, i monster movie, che ci piacciono tanto. E' si rimane giustamente soddisfatti da un film che sembra l'esatto opposto di quell'altra chicca che rispondeva al nome di Meg, coccodrilli contro squali, unica location contro un'oceano, padre e figlia contro un'eroe e il suo equipaggio, e per finire una mini produzione contro un budget titanico.
Seminterrati, canali di scolo, cantine, intercapedini, tutto il film è ambientato in queste condizioni, in questa sorta di deposito di animali morti, una quasi cantina, un luogo anonimo e desolato che hanno appunto quasi solo gli americani, dove ancora più pericoloso degli alligatori è l'uragano di fuori. Tutto sta dietro questa scelta d'intenti, fuori una minaccia pericolosissima e dentro un'altra minaccia da affrontare e stanare.
In questo mood la tensione diventa alta fin da subito, Aja torna a fare quello che gli riesce meglio, l'horror, ma prendendosi i suoi tempi, costruendo una messa in scena efficace e con un'atmosfera che non abbandona mai il suo punto di partenza. Il ritmo è ottimo facendo in modo che la buona scelta dei tempi narrativi lasci sempre una situazione di alta tensione e forte allerta, dove padre e figlia faranno di tutto per non finire tra le fauci degli alligatori.
La storia è così semplice e tagliata con l'accetta che non lascia molti colpi di scena, Aja è bravo nel non cercare di spostarsi oltre ma insistendo su quello che ha con forse l'unica nota dolente nelle lacrime e nella caratterizzazione del legame padre figlia. Anche i jump scared
funzionano bene, non sono mai invasivi diventando armi funzionali ad accrescere la tensione e il ritmo. Speriamo che Aja dopo questo e Piranha 3d torni in acqua visto che si trova così a suo agio e speriamo magari con un bel shark movie.

mercoledì 2 ottobre 2019

Bug-Insetto di fuoco

Titolo: Bug-Insetto di fuoco
Regia: Jeannot Szwarc
Anno: 1975
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

In seguito a un terremoto, un tipo di insetto mai visto prima esce dalle viscere della Terra. L'entomologo James Parmiter scopre che questi insetti hanno la capacità di inescare fuochi. Gli insetti iniziano ad uccidere gli umani ed una delle vittime è proprio la moglie di Parmiter. Le cose peggiorano quando, in seguito ad un esperimento d'ibridazione compiuto da Parmiter, gli insetti dimostrano di essere divenuti intelligenti.

Bug è un pregevole film di sci-fi con risvolti catastrofici e spunti eco-vengeage che di fatto viene spesso associato alla categoria fanta-horror o il sotto filone degli animali assassini, tratto dal romanzo La piaga Efesto (The Hephaestus Plague), un romanzo di fantascienza apocalittica del 1973 scritto da Thomas Page.
Szwarc che non ha avuto una filmografia felice, riesce come mestierante ad infondere fin da subito un'atmosfera allucinata dove il film non si prende molto tempo prima di mostrare i piccoli insetti resi in maniera verosimile e in grado, nonostante il film sia del '74, di infondere allo stesso tempo una sensazione di orrore e di inquietudine risultando al contempo ripugnanti e facendo scaturire tutte le paure ancestrali dei blattofobi.
Blatte plaeistoceniche da un altro tempo che volano, alloggiano nei tubi di scappamento, non sembrano temere nulla  a parte i giochi di pressione e che ormai a detta del professore hanno esaurito le scorte del sottosuolo con l'evidente bisogno di andare a procacciarsi cibo e sostentamento sulla superficie dopo l'incidente scatenante, un terremoto a suo modo reso in maniera apocalittica come il discorso del prete.
Il film calca molto lo sci-fi, studiando l'anatomia e le caratteristiche degli insetti piuttosto che in una vera caccia, cercando di sterminarli. Proprio la fase evolutiva della creatura, per quanto in certi versi troppo repentina, diventa uno degli aspetti più interessanti di pari passo con la paranoia del professore, il suo bisogno di chiudersi in una casa isolata per poter fare tutti gli esperimenti del caso lasciando di fatto che il film evolva esso stesso in una sorta di sottile horror psicologico. Ci sono alcune scene sicuramente deliziose, l'attacco degli insetti, la metamorfosi finale, il senso di impotenza degli umani, l'aver sottovalutato il pericolo e poi il film non ha un happy ending, muoiono tutti e gli insetti vincono.

domenica 29 settembre 2019

Di origine sconosciuta

Titolo: Di origine sconosciuta
Regia: George P.Cosmatos
Anno: 1983
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Con moglie e figlio in vacanza, Bart vorrebbe godersi la tranquillità del suo appartamento a Manhattan. Ma un topo invadente disturba la sua pace: si scatena così una spietata caccia al roditore che avrà effetti devastanti...

Più che un horror Di origine sconosciuta è un thriller che mette tensione e inquieta lo spettatore toccando un tema di per sè poco abusato e riflettendo su alcune situazioni realistiche e alla portata di tutti.
Giocato quasi tutto in interni e quasi in una sola location con un attore e un topo, il film rende reale e interessante il fatto di far scaturire il nemico da un luogo abituale e "sicuro" come la nostra casa giocando a più riprese sull'elemento paranoico che porta il protagonista a distruggere la sua abitazione, in una vera battaglia dove tutto può nascondere un pericolo.
Un home rat invasion, dove il coinvolgimento cresce fino a diventare un tutt'uno con lo spettatore dal secondo atto in avanti. L'idea brillante è che il topo sia uno solo e non un esercito come chiunque forse avrebbe fatto.
Tratto dal romanzo “The Visitors” di Chauncey G. Parker III, mette in scena il quotidiano che manifesta misure incommensurabili, traumanti ed ingestibili, risvegliando l’anima violenta latente nell’uomo medio. Claustrofobico, senza cessare mai di comparire da un momento all'altro e con alcuni incubi interessanti che servono a far crescere la solitudine e la paura del protagonista verso il piccolo mammifero, un piccolo gioiello di tensione, dove la normale avversione umana verso i roditori si trasforma in vero e proprio orrore tra le mura domestiche.

martedì 2 luglio 2019

47 metri


Titolo: 47 metri
Regia: Johannes Roberts
Anno: 2017
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Due giovani sorelle - Lisa e Kate - sono in vacanza in una località marina in Messico. La situazione sarebbe ideale per svagarsi alla grande, ma Lisa è turbata per essere stata lasciata dal suo fidanzato. Così Kate, la più disinvolta delle due, cerca di farla divertire portandola fuori di notte a spassarsela. Due giovani messicani propongono alle ragazze di provare lo sballo di un'immersione in una gabbia in un luogo infestato da squali: totalmente sicuro, totalmente avvincente. Lisa, preoccupata, è titubante, ma dato che è stata lasciata dal fidanzato proprio perché ritenuta noiosa, decide, spinta dalla sorella, di tentare la botta di vita. Quando vede la vecchia gabbia arrugginita del "capitano" Taylor, Lisa è di nuovo colta da dubbi, ma Kate è risoluta: l'avventura va vissuta. In mare aperto vengono gettate le esche per attirare gli squali che subito arrivano. Poi le ragazze si calano in mare dentro la gabbia per potersi godere la vista degli squali al sicuro della loro protezione. Ma per un problema tecnico la gabbia precipita a 47 metri di profondità e le ragazze si trovano nei guai con poca aria e troppi squali.

Che lo shark movie sia un sotto genere ormai abusato è un dato di fatto.
Prove di sopravvivenza, cloni di squali, esperimenti genetici, sotto prodotti amatoriali o virati sul trash e poi i blockbuster.
47 metri del mestierante Roberts, una filmografia abbastanza sfortunata, riesce nonostante una regia molto tecnica a portare a casa il suo film di genere migliore.
Qui lo sport estremo gioca un bel connubio con il survival movie e un'atmosfera davvero claustrofobica dove il gioco forza delle due sorelle produrrà tutta la materia drammatica dovuta e necessaria per dare pathos e atmosfera al film.
47 metri come Open Water cerca la soluzione più faticosa ed estrema, senza mettere troppa carne al fuoco, con un ritmo abbastanza soporifero per un finale e un ritmo tutto sommato centellinato come le risorse e le aspettative di vita delle ragazze che riescono a non far cadere mai troppo o sbilanciare il binomio del ritmo claustrofobico. Un film che negli intenti riesce sicuramente a far meglio di PARADISE BEACH trovando nello schema corale un maggior ritmo e giocando sulle differenze e le diversità delle due sorelle entrambe destinate a doversi scontrare con l'orrore vero dove lo squalo per assurdo passa pure in secondo piano.
Ottimo il finale che non concede soluzioni facili e il tipico happy ending facile da trovare negli horror destinati al cinema che qui se così fosse stato ne avrebbe distrutto tutti gli intenti.
47 metri è composto soprattutto di tensione, regalando molto tempo con uno sguardo profondo ai difficili rapporti e agli aspetti umani, la solitudine e la disperazione che prevaricano giocando un bel braccio di ferro tra le due complesse psicologie delle protagoniste e poi tanta, tanta suspance che dimostra ancora una volta come l'abisso e l'ambientazione marina rimangono sempre sinonimo di una minaccia incombente più forte di noi
Pochissime le pecche, se vogliamo proprio trovarne qualcuna diciamo la tipica vittima sacrificale e la corda ormai consumata dalla salsedine. Potevano trovare degli espedienti un pò più originali.



Open Water


Titolo: Open Water
Regia: Chris Kentis
Anno: 2003
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Susan e Daniel stanno attraversando un periodo di stress e nervosismo a causa del lavoro che porta via loro troppo tempo e di una scarsa comunicazione. Per sopperire a queste lacune, i due decidono di partire per una vacanza da sogno ai Caraibi, luogo magico e adatto alla loro passione atavica preferita, la subacquea. Giunti in quello che alcuni definiscono il paradiso terrestre, Susan e Daniel si prenotano con una compagnia locale per l’immersione tanto agognata. Quando la barca parte per il mare aperto, i due non sospettano nemmeno il loro sfortunato destino. Quella che doveva essere una gita di riappacificazione tra pesciolini colorati e variegati si tramuta immediatamente in un incubo dal momento che il mezzo riparte per la terraferma senza accorgersi che la coppia non è rientrata. Quando riemergono in superficie si rendono conto della gravità della situazione, soli, dispersi in mezzo all’oceano e trascinati per di più dalla corrente. Non ci vorrà molto prima che la situazione peggiori, Susan e Daniel, difatti, prendono coscienza di ciò che accade sotto di loro: un branco di squali è pronto ad attaccare.

L'elemento di forza di Open Water non credo sia che è tratto da una storia vera (d'altronde la drammaticità della cronaca mondana ci porta a pensare che possano essere successe situazioni ben più terrificanti di questa) bensì l'atmosfera in cui Kentis relega letteralmente la coppia in questione.
L'abbandono fa paura più degli squali e la paura di non sapere cosa accadrà, dell'ossigeno che sta terminando, della mancanza di viveri per sopravvivere, sono elementi che a conti fatti creano il terrore quello vero e puro che in mezzo all'oceano diventa ancora più terribile.
L'intento fa da padrone a dispetto purtroppo di una regia tremolante, anch'essa figlia del Parkinson effect dei registi figli di Blair Witch Project e del mockumentary o found footage, con riprese così mosse che sembra davvero di essere lì soffrendo il mar di mare al posto dei due protagonisti




mercoledì 6 febbraio 2019

Blood lake-L'attacco delle lamprede killer


Titolo: Blood lake-L'attacco delle lamprede killer
Regia: James Cullen Bressack
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Dopo aver decimato la fauna ittica, migliaia di lamprede affamate iniziano ad attaccare i cittadini di una sonnolenta località in riva al lago, costringendo la comunità a lottare per rimanere in vita.

Tra i tanti esseri che hanno dominato i film dalla b alla z le lamprede killer mi mancavano.
E chi meglio meglio della scassonatissima Asylum poteva pensare a colmare questa lacuna.
Blook Lake a parte il cameo di Lloyd che si prende una mega lampreda che gli entra nel culo, è davvero penosetta come storiella.
Qualche spunto in cui le cose migliori sono le copiature da altri film di genere più fortunati e che hanno segnato un'epoca senza per forza dover stare a citarle tutte.
Alla fine sono delle specie di sanguisughe che attraverso una ventola "magica" raggiungono gli umani dal momento che hanno divorato tutto il loro ecosistema.
La parte legata alla caratterizzazione come quella del biologo è penosa, ma parliamo di Asylum dove il tasso di intrattenimento deve essere molto alto, con budget risicati, attori che non c'è la fanno più, come la Doherty, e alcuni non sense di base che risultano l'unico elemento ironico del film, proprio quando invece il film cerca facendo il possibile per sembrare il contrario.

giovedì 18 ottobre 2018

Boar



Titolo: Boar
Regia: Chris Sun
Anno: 2018
Paese: Australia
Giudizio: 2/5

Il bestiame comincia a scomparire in una piccola città rurale e due contadini dediti all’alcol si ritrovano faccia a faccia con un gigantesco cinghiale. Dopo essersi imbattuti nei resti devastati di un camping, i due uomini – con abbondanza di bottiglie di whisky, ma con una scorta di munizioni insufficienti – devono così provare a respingere la bestia da soli, prima che questa torni a uccidere di nuovo. Nel frattempo, la famiglia Monroe arriva in città per far visita ad alcuni parenti e, mentre trascorre un idilliaco pomeriggio a nuotare nel vicino fiume, anche i suoi membri finiscono nel mirino della creatura predatrice selvatica dall’appetito insaziabile.

Boar entra a far parte di quel sotto filone creature film o monster movie.
Un b movie cresciuto nell'outback australiano figlio di un certo genere ozploitation che dalla terra dei canguri ogni tanto fa spuntare qualche pellicola di genere.
Boar però a differenza di Razorback-Oltre l'urlo del demonio o chessò Pig Hunt, non ha proprio niente a che vedere. Sun purtroppo, non parliamo solo di limiti di budget, confeziona degli errori eclatanti in fase di montaggio e in alcuni punti della narrazione.
Mai cinghiale è stato visto così poco con dei pessimi effetti speciali e con un finale dove lo prendono a fucilate, da arresto.
La storia oltre essere infarcita di luoghi comuni continua il discorso che già aveva iniziato Kotcheff con il suo capolavoro esprimendo la sua impressione sugli australiani che sono dei redneck alcolizzati. I protagonisti a parte un nonnetto simpatico e sempre arrapato già visto in due horror che con questo non hanno nulla a che fare, sono fantasmi messi lì solo per dire assurdità e morire malamente. Quando ti rendi conto che uno dei personaggi meglio caratterizzati è un ex lottatore di wrestling che fa lo stunt man, beh siamo proprio arrivati alla frutta.
Si salva davvero poco. Il cinghiale compare sempre con il tele trasporto di fronte alle sue vittime.
Alcuni, disarmati, provano anche a prenderlo a pugni con risultati direi piuttosto penosi.
Pensatela così. Campi sterminati dove non c'è nulla nemmeno un albero quindi diciamo che se non siete proprio ciechi riuscireste a vedere anche il buco del culo di un canguro a miglia di distanza.
Eppure Sun, che in questo o è stato esageratamente stupido per buttarla sull'ironia, sbam, oppure ha proprio cannato tutto dove infatti dal nulla giacchè prima non c'era nulla compare il cinghiale tra l'altro con una velocità ancora più impressionante dei quella dei velociraptor

sabato 1 settembre 2018

Meg


Titolo: Meg
Regia: Jon Turteltaub
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Un sommergibile oceanico - parte di un programma internazionale di osservazione sottomarina - viene attaccato da un'imponente creatura che si riteneva estinta e che ora giace sul fondo della fossa più profonda del Pacifico con il suo equipaggio intrappolato all'interno. Il tempo stringe, l'esperto di salvataggi subacquei Jonas Taylor viene incaricato da un visionario oceanografo cinese, contro il volere della figlia Suyin, di salvare l'equipaggio - e l'oceano stesso - da questa inarrestabile minaccia: uno squalo preistorico di quasi 23 metri conosciuto come Megalodon.

Se Maometto non va dalla montagna...interessante quest'ultima sorprendente scoperta scientifica che nelle profondità dell'oceano esiste un luogo per nulla intaccato dal tempo, che ha conservato temperatura e caratteristiche adatte alla vita di alcune specie animali sparite altrove.
Pur non scegliendo mai la carta della demenzialità, il confine in alcune scene è arduo.
È infatti molto importante capire con quale spirito affrontare la visione, se qualcuno mai si fosse aspettato uno shark movie con ettolitri di sangue ci rinunci perchè è dosato con il contagocce, se con piglio serio oppure con l'esplicita volontà di ridere, accettando di perdere qualsiasi regola logica. Al di là di una storia che ha poco o nulla di originale, che non aggiunge niente di nuovo al filone, se non la scoperta scientifica iniziale che speravo mostrasse qualcosa di più, ci troviamo infatti dinanzi a personaggi caratterizzati in modo superficiale, che fanno costantemente azioni ridicole mettendo in pericolo loro stessi e gli altri.
In questo l'immortale Jason suona davvero come la nota dolente perchè distrugge, con l'azione più tamarra mai vista, quel poco che invece riusciva a mantenere un'aria da thriller giocando con un'atmosfera solo a tratti convincente.
Invece qui si gioca con un sonoro che alza le antenne, il nostro "eroe"che a petto nudo e fiocina in mano combatte un Megalodonte di 23 metri..

mercoledì 9 maggio 2018

It cames from the desert


Titolo: It cames from the desert
Regia: Marko Mäkilaakso
Anno: 2017
Paese: Finlandia
Giudizio: 2/5

Un gruppo di formiche giganti invade il New Messico. Un gruppo di persone deve cercare di mettersi in salvo.

It cames from the desert sembra una brutta versione di qualcosa che potrebbe assomigliare ad un film della Troma mischiato con i sequel di TREMORS. Il risultato è ad un passo dall'Asylum.
Videogiochi dell'amiga, b-movie, trash e in parte exploitation sono ancora parte degli ingredienti di questo film che nonostante il divertissement che poteva dare, non riesce mai a decollare sfigurando di fronte a film come Arack Attack(e credo di aver detto tutto).
Purtroppo la trama è di una banalità assurda, i protagonisti sono ad un passo dalla cretineria più pura stereotipati in maniera assurda e i non sense del film pur essendo in parte giustificati dal genere non solo non esaltano ma non divertono neppure.
Un "Creature Features" ma di quelli brutti dicevo, dove c'è così tanta povertà in tutti i campi mezzi e sensi che prima di vedere queste famigerate formiche (d'altronde lo spettatore solo quello aspetta) dobbiamo quasi arrivare al secondo atto.
Purtroppo pur essendo un film d'intrattenimento e scherzando con intelligenza fra scene splatter in puro stile videloudico, non riesce nonostante gli omaggi e i riferimenti a tenere a galla il film, che risulta deficitario in molti altri aspetti.