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sabato 26 marzo 2022

Boys-Diabolical


Titolo: Boys-Diabolical
Regia: AA,VV
Anno: 2022
Paese: Usa
Stagione: 1
Episodi: 8
Giudizio: 4/5

Racconti animati inediti emotivamente scioccanti e irriverenti ambientati nell'universo dei supereroi di The Boys.
 
The Boys è sempre stata una serie a fumetti esagerata come lo sono Ennis, Ellis, Millar, Hill, Morrison e compagnia varia . Ma se da questa postilla ci concentriamo sull'animazione allora veramente non sembrano esserci limiti alla sagace satira degli autori. Tutti gli otto episodi sono come sempre connotati da uno spirito dissacrante e fortemente politico conditi da uno humor nero, toni grotteschi, il politicamente scorretto che fa un salto in avanti dimostrando come dalla metafora degli anti eroi possano nascere disamine sulla società e critiche che non sembrano risparmiare nessuno con un registro beffardo e pungente particolarmente efficace.
Da Seth Rogen, all'autore di Rick and Morty, John e Sun-Hee che sembrano omaggiare Miyazaki, lo stesso Ennis con una storia di droga ed eccessi. Le storie sono sempre dure e toste senza risparmiare nulla in termini di trash, contaminazioni, profusioni di sangue e budella, dimostrando come un franchise se utilizzato bene possa beneficiare di tutte le tracce più eterogenee spaziando come contenuti, temi e stili che qui richiamano diverse scuole e artisti famosi.
L'unico peccato è la durata di poco più di un quarto d'ora ad episodio. Qualsiasi fruitore se le sparerà una dopo l'altro continuando a gongolare nell'attesa che ne arrivino di più come se fosse in carenza da composto V.




martedì 28 dicembre 2021

Ice Road


Titolo: Ice Road
Regia: Jonathan Hensleigh
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Un autista, specializzato in terreni ghiacciati, comanda la missione di salvataggio dei lavoratori rimasti intrappolati in una miniera di diamanti nel nord del Canada. Oltre al pericolo di scongelamento, c'è un altro rischio che non aveva calcolato.
 
Ormai Liam Neeson tranne qualche eccezione è diventato, o lo è stato da sempre, uno degli ultimi eroi americani. Salva il mondo, salva la figlia, salva gli innocenti, salva i messicani che arrivano negli States, salva la propria dignità auto denunciandosi come rapinatore di banche professionista.
E infine manco a farlo apposta si vendica di tutti coloro che gli hanno fatto del male o gli hanno ucciso il figlio, etc. Reazionari o meno gli action con Liam Neeson sembrano quasi un filone dal momento che sono marchiati tutti, o quasi, con lo stesso stampino e marchio di fabbrica.
In questo caso cambia la location e l'identità del personaggio ma non cambiano le sorti.
The Ice road sicuramente come thriller grazie alla componente ambientale riesce a risultare più incisivo e con un bel ritmo per tutto l'arco narrativo. Alcune trovate non sono affatto male e i personaggi seppur stereotipati riescono a dare manforte all'ennesima storia di salvataggio di un gruppo di minatori rimasti intrappolati. Tre furgoni partono per l'ice road ovvero una sorta di impresa impossibile dove le 5t di carico per ogni furgone rischiano di farli sprofondare tra i ghiacci. Ovviamente quando il problema del ghiaccio sembra risolto, uno di loro diventa l'infame pagato dai capi per stanarli tutti.

mercoledì 15 dicembre 2021

Bingo Hell


Titolo: Bingo Hell
Regia: Gigi Saul Guerrero
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Nella cittadina di Oak Springs, Mario sembra sparito ed il suo Bingo, unica attrazione del luogo, viene ristrutturato ed aperto da uno stravagante straniero che si fa chiamare Mr. Big. Alcuni anziani cittadini, fomentati da Lupita vogliono vederci chiaro ma saranno tentati dai meravigliosi premi messi in palio da Mr. Big. Solo Lupita non vuole cedere alle allettanti tentazioni del nuovo bingo e vuole vederci chiaro sulle misteriose sparizioni che sembrano aver colpito la cittadina.
 
Bingo Hell dalla sua ha un antagonista di tutto rispetto, un feticcio di Rob Zombie che immolandosi alla causa recita con una ghigna davvero inquietante. E poi c'è il bingo che per quanto ne sappia nell'horror non era mai stato usato anche se qui il tema principale è debitore di alcune cosucce di King come Cose Preziose e ritornando al solito clichè del dare ciò che si vuole prendendo in cambio la vita del giocatore. Una critica sul "guadagno facile", osannato nella società moderna, e su come i beni materiali vengano quasi divinizzati. Una tranquilla città sconvolta da questo abile personaggio nel confondere la pace e l'unione tra gli abitanti. E poi ci sono due anziane paladine della giustizia, modelli alla mamma "Abigail", di cui in particolare una sembra avere a cuore le sorti della comunità ai margini formata da neri e latinos avendola già salvata in passato.
Sul finire poi un degenero splatter anche se rimane un horror comedy a tutti gli effetti con un perfetto mix di humor e azione, grintoso e cruento con un pizzico di stile Tex-Mex che vede i cittadini distruggere di mazzate Mr Big e mandare in frantumi l'antro dell'orrore che marchia con uno stampo a forma di soldi le vittime e i predestinati.



martedì 2 novembre 2021

Jolt-Rabbia assassina


Titolo: Jolt-Rabbia assassina
Regia: Tanya Wexler
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Lindy è stata una bambina molto difficile, per via di un particolare disturbo della personalità definita "esplosiva intermittente". Basta poco per farla arrabbiare fino a farle perdere il controllo, cosa che la rende fortissima e veloce. Nel tentativo di dare uno sfogo a questa ira e placarla ha anche avuto vari addestramenti militari e marziali, che la rendono una donna pericolosissima. Per fortuna uno psichiatra ha realizzato un prototipo che le permette di riprendere il controllo quando sente la rabbia salire, dandosi una scossa attraverso una sorta di esoscheletro toracico elettrificato che porta sotto i vestiti. Le cose nella vita di Lindy sembrano cambiare per il meglio inizia una relazione con Justin, che presto però viene stravolta scatenando la sua rabbia...
 
Continuiamo con le femme fatale spietate. Un altro prodotto derivativo, molto meno spettacolare dei suoi simili con una Beckinsale che di fatto non convince mai senza riuscire mai a dare quella prova sporca e cattiva dimostrando di avere le palle come le sue coetanee. Una scelta già fallita in partenza con Tucci troppo tenero nel rendere macchietta un ruolo da mentore che avrebbe potuto fare molto di più in termini di spessore del personaggio.
Sembra l'ennesimo ibrido su come possa trasformarsi il potenziale interno provocato dalla solita sostanza sparata nel sangue. Il contenimento della rabbia, gli inutili siparietti immaginando come avrebbe potuto uccidere chi le sta intorno e via dicendo in una noiosa galleria di scene viste e riviste. Qualcosa di simpatico c'è come la voce over che racconta come fosse una fiaba la violentissima formazione di Lindy, facendo il suo lavoro di controcanto per il montaggio iniziale per poi togliersi di torno. Ma siamo alle solite e alla fine sembrano tutti ibridi venuti male di ATOMICA BIONDA che forse era l'unico vero prototipo a rilanciare il genere.


lunedì 9 agosto 2021

Guerra di domani


Titolo: Guerra di domani
Regia: Chris McKay
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Un uomo viene arruolato per combattere in una guerra del futuro in cui il destino dell'umanità sarà affidato alla sua capacità di affrontare il passato

Il film prodotto e interpretato da Chris Pratt è il blockbuster dell'anno da più di 200 milioni di dollari. Un film catastrofico, distopico, disneyano per certi aspetti con alieni e viaggi del tempo e la doverosa premessa di salvare il genere umano e la propria famiglia. Inizia così un testacoda che si lancia dal 2051 al 2021, mostra un'orda di bestie fameliche particolarmente riuscite e la loro madre la quale assurge il ruolo di leader incontrastata dominando oltre che con il corpo con una mente malvagia e intelligente. La guerra di domani riesce ad essere particolarmente coinvolgente e catastrofico, pur avendo un messaggio sociale e un happy ending forzato ha delle scene d'azione bestiali, massacri ed eserciti votati al sacrificio, dove ognuno è forzato a partire per la battaglia senza dover per forza rispondere a requisiti di forza fisica.
Uomini e donne, vecchi e adolescenti, il film riesce a confezionare una mattanza interessante, gli alieni massacrano duro e i nostri eroi con i loro mitra sembrano inadeguati ad affrontarli. Eppure non si prende nemmeno troppo sul serio scegliendo a volte delle prassi come dicevo da teen-movie come quando i nostri eroi entrano in una scuola media per avere un parere da un bambino circa i vulcani e dove possano trovarsi gli alieni criogenati.
Anno: 2021


venerdì 9 luglio 2021

Invincible


Titolo: Invincible
Regia: AA,VV
Anno: 2021
Paese: Usa
Stagione: 1
Episodi: 8
Giudizio: 4/5

Mark è figlio di Nolan Grayson, ovvero il supereroe Omni-Man, un alieno proveniente dal remoto pianeta Viltrum. Il giovane, nonostante sia spronato dal padre a credere in sé stesso, sembra non possedere quella scintilla Viltrumita che gli consentirebbe di acquisire i superpoteri. Al raggiungimento, però, del diciassettesimo compleanno qualcosa in lui inizia a cambiare, e lentamente si rende conto di avere in sé una forza ed una resistenza al di fuori delle umane capacità. Assunta l’identità di Invincible ed allenato dal padre, il ragazzo impara a volare e a combattere, giurando di proteggere i deboli dai soprusi e l’umanità dagli invasori alieni. Qualcosa di oscuro, però è già presente nella vita del ragazzo.
 
Ennis (BOYS) come Kirkman (WALKING DEAD) sono autori scomodi, o meglio degli outsider che non devono misurarsi con regole da rispettare, censure o target. Semplicemente destrutturano una regola Disney che negli ultimi anni ha reso equilibratissimo un franchise di film Marvel fatti tutti con lo stesso stoppino e tutti praticamente uguali con qualche eccezione che vede il nome di un certo James Gunn.
Invincible come per THE BOYS con cui ci sono stilemi e simbologie in comune, pur non esente da errori o punti deboli, rimane comunque una serie incredibile dove i colpi di scena fanno da padroni e dove ancora una volta non esiste il politicamente corretto. Alcuni personaggi come Omni-Man, Cecile, Atom Eve, Robot e Allen the Alien riescono davvero a dare quella componente in più caratterizzando personaggi complessi e mai superficiali, andando a prendere alieni, umani, meta-umani, cloni, robot, abitanti di galassie sconosciute e molto altro ancora dando una pluralità di registri narrativi con moltissimi rimandi ad una sci-fi mai banale ma dagli intenti complessi e stratificati.
Invincible poi mette subito in chiaro come nei dialoghi si possa dire qualsiasi cosa sbattendosene della censura, con una violenza incredibile e scene di massacri che come dall'episodio iniziale alzano l'asticella sulla componente splatter della serie.
A detta di molti che non hanno apprezzato la realizzazione artistica old school fine anni '80, a me non è affatto dispiaciuta rispondendo ad un quesito topico che nasceva negli anni '80 proprio con una delle serie più importanti al mondo quella di Parker e Stone dove la storia e la narrazione valgono di più della realizzazione grafica.
Qui seppur di buon livello assurge ad un altro compito che Kirkman svolge adeguatamente ovvero un'unità di fondo invidiabile dove con così tanti personaggi, trame e sotto trame, il film riesce a rispondere quasi sempre in maniera adeguata.


mercoledì 24 marzo 2021

Principe cerca figlio

 

Titolo: Principe cerca figlio
Regia: Craig Brewer
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Dopo che suo figlio è fuggito a New York, Akeem è costretto a partire dal continente africano e fare ritorno nel Queens, il quartiere della Grande Mela dove tutto ebbe inizio, per rintracciare e riportare a casa il giovane principe ereditario.

Ci sono quei sequel che regolarmente devastano ogni cosa riuscita bene del predecessore. Ultimamente la lista è sempre più lunga e questo film della terza età lascia davvero basiti per quanto non abbia nessun tipo di senso e soprattutto manca due appuntamenti fondamentali: la quasi e totale assenza di ironia per lasciare spazio a battute sul sesso di indubbio gusto e Eddie Murphy che non è più Eddie Murphy ormai completamente assente quando in passato era proprio lui a portarsi sulle spalle l’intero film. Un altro fattore determinante è la regia che nel precedente capitolo aveva niente poco di meno che John Landis capace di trasformare una scialba commedia in un film ironico e incredibilmente divertente.
Zamunda sembra una Wakanda ancora più brutta dove un generale come Izzi interpretato anzi scimmiottato da Wesley Snipes dovrebbe essere il vero cattivo facendo invece un pasticcio inguardabile.
Tutto è fuori posto, trent’anni non sembrano aver beneficiato soprattutto negli intenti lasciando solo perplessità, lacune, scene inguardabili, un montaggio tremendo e delle recitazioni pessime.


martedì 12 gennaio 2021

Get Duked


Titolo: Get Duked
Regia: Ninian Doff
Anno: 2019
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Tre ragazzi dalla carriera scolastica disastrosa, tra cui un giovane rapper, vengono coscritti a partecipare a un programma naturalistico: una gara di campeggio dove dovranno imparare a collaborare, a orientarsi e a trovare risorse nella natura. Insieme a loro partecipa Ian, che invece ha la testa fin troppo a posto e vuole riuscire nell'impresa per migliorare il proprio curriculum scolastico. Nelle Highlands scozzesi però qualcuno dà loro la caccia, mascherato come il Duca di Edinburgo, così i ragazzi sono davvero costretti a collaborare, orientarsi e cercare risorse per sopravvivere. Nel mentre la polizia, impegnata nella ricerca del ladro del pane, viene chiamata in aiuto ma sembra tutt'altro che efficiente.

Prendendo in prestito la locandina di Cottage, l'esordio di Doff prova a mischiare diversi sotto testi partendo dal survival movie, temi sociali, giovani adolescenti allo sbando e infine il thriller e qualche spruzzata grottesca e horror. Il risultato non è riuscitissimo ma riesce a coinvolgere e intrattenere con qualche interessante risata. Cast giovane, le higlands scozzesi ormai saccheggiate da diversi registi negli ultimi anni e tanta carne al fuoco inserendo bifolchi, un pulmino che sembra godere di vita propria e qualche colpo di scena nel finale abbastanza azzeccato. Lo humor inglese quando diventa in parte grottesco riesce a trovare un giusto equilibrio come in questo caso senza mai prendersi troppo sul serio ma riflettendo sulle scelte apparentemente istintive e spesso senza senso del gruppo di giovani protagonisti scapestrati. E' così tra allucinazioni, funghetti, esibizioni rap nei capannoni, merda di coniglio allucinogena e vecchi bifolchi mascherati e armati, Doff riesce a regalare un film scanzonato con poco sangue ma tante risate e come sempre un manipolo di poliziotti fuori portata e presi costantemente in giro.

sabato 16 maggio 2020

Les Miserables


Titolo: Les Miserables
Regia: Ladj Ly
Anno: 2019
Paese: Francia
Giudizio: 5/5

Montfermeil, periferia di Parigi. L'agente Ruiz, appena trasferitosi in loco, prende servizio nella squadra mobile di polizia, nella pattuglia dei colleghi Chris e Gwada. Gli bastano poche ore per fare esperienza di un quartiere brulicante di tensioni tra le gang locali e tra gang e forze dell'ordine, per il potere di dettare legge sul territorio. Quello stesso giorno, il furto di un cucciolo di leone dalla gabbia di un circo innesca una caccia all'uomo che accende la miccia e mette tutti contro tutti.

Nel film HAINE del 95' erano protagonisti i giovani delle periferie con il loro disagio, i difficili rapporti sociali e il sentimento d'odio verso le forze dell'ordine. Ly al suo secondo film unisce tutti i protagonisti della strada, nordafricani musulmani, sinti, orde di bambini, poliziotti in parte corrotti, famiglie che nascondono dentro le mura di casa e poi ancora traffici e segreti. I miserabili, perchè lo sono le forze dell'ordine quanto i gregari e gli aitanti nel film, è un dramma post contemporaneo sconvolgente, attuale quanto adrenalinico, un documentario sociale per come vengono inquadrate e narrate alcune dinamiche e allo stesso tempo pieno di ritmo e momenti di riflessione dove in fondo tutti a loro modo sono vittime delle conseguenze di un sistema che non sa più cosa fare.
Un film incredibile per la messa in scena, le interpretazioni, la caratterizzazione dei personaggi, il finale e troppe scene indimenticabili. L'avvento della tecnologia, l'uso dei droni, i cellulari, gli interrogatori poco ortodossi, l'abuso di potere. Quasi un road movie, una caccia all'uomo, l'inseguimento di troppe persone in un circolo pericolosissimo dove ognuno è alla ricerca di qualcosa in una sorta di western moderno nelle terre selvagge di Les Bosquets a Montfermeil.
Uno dei grandissimi meriti del film a parte dal punto di vista tecnico che rasenta la perfezione è quello di mantenere un equilibrio di giudizio senza prendere mai veramente le parti di nessuno, ma cercando un difficile quadro corale dove gli intenti di ogni attore sociale coinvolto assumono contorni e pesi molto difficili da sostenere. Tutti sanno di essere in parte nel torto e nessuno ha mai veramente la coscienza pulita in un continuum di deflagrazioni, colpi di scena, scorribande, rivendicazioni. E poi vogliamo parlare dei bambini/adolescenti. Ci voleva qualcuno che finalmente filmasse il degrado a cui siamo arrivati, l'assenza di valori, vivere la giornata di espedienti e aderendo a regole del branco per mettere a tacere gli adulti.





lunedì 4 maggio 2020

Blow the man down


Titolo: Blow the man down
Regia: Bridget Savage Cole & Danielle Krudy
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

C'è un cadavere da far sparire, un mucchio di soldi che fanno gola a molti, la polizia che indaga ma resta ai margini e soprattutto ci sono i tanti segreti che poco alla volta emergono mostrando il lato nascosto di una piccola cittadina

Blow the man down è l'esordio di una coppia di registe che andranno tenute d'occhio da qui in avanti. Il perchè? Qualsiasi elemento all'interno del film potrebbe rivelarne la risposta.
Una dark comedy ispirata tutta al femminile, dove proprio le donne hanno il proprio dominio incontrastato gestendo decisioni e affari e tutte le trame possibili in maniera dolce e sofisticata.
Un noir all'interno di un luogo dove predomina il freddo, la temperatura è sempre molto bassa, si cerca rifugio dove si può, si fanno gli incontri più pericolosi e se sei un forestiero, beh faresti meglio ad andare via da Easter Cove. Segreti, incubi, intrighi, fanno di quest'opera un film piuttosto complesso dove le comparse sono gli uomini, coloro che cercano di entrare in un luogo a loro sconosciuto e inaccessibile. Recitato benissimo, da guardare esclusivamente in lingua originale, con una colonna sonora fantastica a cui fa da sfondo un coro maschile che come per la tragedia greca rappresenta un gruppo omogeneo di personaggi, che agisce collettivamente sulla scena insieme agli attori ma senza palesarsi. Infine omicidi, dispute, dialoghi che sanno arrivare al dunque senza nascondere spesso una sottile malizia e un braccio di ferro tra personalità complesse e fuori dall'ordinario.


venerdì 27 marzo 2020

Zerozerozero


Titolo: Zerozerozero
Regia: Stefano Sollima
Anno: 2020
Paese: Italia
Stagione: 1
Episodi: 8
Giudizio: 5/5

Il traffico di droga e l'economia globale si intrecciano in tre storie del giorno d'oggi unite dal viaggio di una nave che trasporta un carico di cocaina. Sull'Aspromonte, l'anziano boss Don Minu acquista la partita di droga per rinsaldare la sua leadership, ma è tradito dal giovane e ambizioso nipote Stefano. A New Orleans, il broker dell'affare, Edward Lynwood, si ritrova nei guai quando dall'Italia non arriva il pagamento pattuito, mettendo a rischio la sua compagnia navale presso cui lavorano i figli Emma e Chris. In Messico, le forze dell'esercito cercano di fermare l'avvio della spedizione, ma al comando della squadra designata c'è il soldato 'Vampiro', anche lui al soldo del Cartello.

Sollima è il nostro Michael Mann italiano. Ormai non si può nascondere l’evidenza dei fatti. Un autore nato nel cinema e figlio del cinema che sapendo aspettare è diventato la nostra garanzia, la forza più importante nell’action nazionale e internazionale. Presentata a Venezia e ancora una volta resa così attuale e importante dalla firma di un outsider come Roberto Saviano e tutti i colleghi editor che lo hanno aiutato.
Zerozerozero è come se fosse la continuazione di un percorso intrapreso con la seconda filmografia di Sollima. Mentre la prima riguardava AcabSuburra e GOMORRA 2, la seconda più matura e definita da una politica d’autore ormai evidente nel suo modo di condurre le riprese e il ritmo ha saputo dare i suoi frutti con lo stupendo Soldado (raro caso in cui il sequel supera Sicario) e ora questa struggente serie di otto episodi che vorresti non finisse mai.
Poche storie ma con tanti intrecci e vie secondarie, scorciatoie, passaggi segreti che scelgono Italia, Messico e Usa con alcune incursioni in Africa (Marocco e Senegal)
Una messa in scena minimale, pulitissima, una scelta di cast che non poteva fare di meglio e parlo per tutte le parti coinvolte anche sugli attori secondari, che mostra la vera crudeltà e gli interessi che muovono le parti in causa e una violenza reale e mai nascosta inusitata e travolgente in grado di far abbassare la testa a tutti i precedenti lavori dell’autore e tanti film fantocci americani sul genere.
La serie spara molto in alto e in profondità, riesce ad essere sempre verosimile e reale, crea una storia che riesce a rendere interessanti e mai banali i flash forward con quel qualcosa in più nella scrittura che si faceva difficoltà a credere, incasella così tanti colpi di scena da rendere la trama un thriller, noir, giallo, dramma, poliziesco, una esamina del narcotraffico, della ndrangheta e dei nuovi imprenditori americani che vogliono inserirsi nel gioco del trasporto della droga senza sapere con cosa avranno a che fare ma imparando molto in fretta.
Emma, Manuel e Don Minu sono il triangolo della quintessenza di come vanno caratterizzati i personaggi con Emma che ha quel qualcosina in più rispetto a tutti gli altri nelle vesti di una Andrea Riseborough per cui bisogna solo godere di come riesce a dare peso e sostanza al personaggio femminile che riesce a eguagliare e superare tutti dimostrando una sofferta storia di perdite ma che riescono a farla diventare la più importante e pericolosa. Il carico, la nave e le sue mille peripezie, sono solo la traiettoria di fondo di una costosissima operazione commerciale e una lotta per il potere più che per la cocaina in sé che di fatto non vediamo mai. In questa ambiziosa operazione chi riuscirà ad uscirne vincitore e soprattutto vivo, avrà il potere assoluto. L’accordo finale tra Emma e Don Minu e poi Manuel tratteggia come le regole cambieranno perché una delle frasi che sanciscono meglio l’enorme arco narrativo è proprio che non contano le leggi (quelle sono per i deboli) ma contano solo le regole. Giochi di potere, cambi all’ultimo, personaggi sempre molto complessi e impegnativi ma mai sopra le righe che giocano sui meccanismi psicologici e umani facendo parte di un gioco gigantesco difficile da pensare che abbia portato a dei fasti e risultati di questo tipo.

mercoledì 22 gennaio 2020

Report


Titolo: Report
Regia: Scott Z. Burns
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Un uomo indaga sui metodi che la CIA ha adottato dopo l'11 settembre.

I film d'inchiesta schierati dalla parte della carta dei diritti umani ormai cominciano ad essere un fenomeno importante nonchè una ricca galleria di punti di vista per mostrare alcuni lati orrendi della politica americana. Il cinema poi si sa di questi tempi è difficile da nascondere o bruciare come poteva succedere in passato per testimonianze, carte e video ripresi durante le torture.
Burns prima di essere un regista al suo secondo lungometraggio, ma di cui questo è il suo vero esordio, è uno sceneggiatore formidabile che ha scritto Panama Papers e Informant. Report però è un film maggiormente complesso che si basa su un realismo e un’asciuttezza narrativa ridotta ai minimi termini senza mettere in scena spazi larghi, ma sempre uffici angusti e bunker dove avvengono le peggiori efferatezze ai danni di presunti terroristi quando il film dimostrerà ben altro. La tortura, la ricerca della sottomissione, percosse, musica ad alto volume, isolamento, deprivazione fisica, tecnica del waterboarding, quella della tortura diventa una pratica che da sempre interessa gli uomini della Cia, alcuni convinti della sua funzionalità, altri costretti solamente a rimanere spettatori inermi.
Report sceglie una storia, quella di Daniel Jones che all'apparenza non sembra aver timore di nulla pur di cercare la verità e dare una nuova spinta verso un processo di giustizia e una inchiesta durata diversi anni che ha portato a qualcosa come 7.600 pagine di rapporto, condensate in poco più di cinquecento per essere rese note al pubblico.
Richiami al cinema di denuncia della Bigelow, Driver sempre in forma straordinaria come se fosse un alunno attento e sempre molto concentrato, una messa in scena che non cerca sensazionalismi disponendo di una storia macabra quanto attuale. Un film necessario, un'opera che dimostra il coraggio di voler far luce su un fenomeno assorbito dai media e dai sostenitori di una certa politica americana reazionaria che dimostra le falle e il potere delle fake news.
La più grande democrazia, come spesso si auto definiscono gli Usa viene ancora una volta messa in discussione come a sostenere la tesi che smettendo solo per un attimo di mentire acquisterebbero dignità.
Un film che non è mai scontato o prevedibile, che non cerca manierismi o inquadrature eleganti, che sfugge da tutta una serie di esercizi di stile di cui di fatto il film non ha bisogno e per questo non scende a compromessi se non quello di offrire uno scorcio limpido su una ferita ancora aperta della recente storia americana.

martedì 7 gennaio 2020

Guava Island


Titolo: Guava Island
Regia: Hiro Murai
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Sull'Isola di Guava un musicista locale è intenzionato a organizzare un festival per tutta la popolazione.

Guava Island è un film che sprigiona così tanto amore, umanità, colori, freschezza, danze e bellezza che fa quasi commuovere nella sua breve durata di un'ora scarsa. Una fiaba metropolitana con sognatori, amori che non finiscono mai, leggende folkloristiche, boss locali e tanta, tanta musica e finalmente il concetto di musical che riesce a configurarsi perfettamente con alcune canzoni di Childish Gambino potenti e frenetiche che poi altro non è che il nome d'arte dell'attore che interpreta il protagonista.
Il film è di un regista americano di origine giapponese in una località tutta africana e con attori del luogo più alcune star che non hanno bisogno di presentazioni. Una combo strana di elementi che si rivela frizzante e funzionale, di fatto regalando un film squisitamente acceso e politicamente schierato. Un film che parte con una favola folkloristica locale d'animazione per poi prendere una piega che dalla quotidianità tira fuori tutta la vitalità e la voce di chi crede strimpellando una chitarra di poter cambiare le cose e creare un mondo migliore.
Deni è il vero protagonista della vicenda il quale sceglie e non potrebbe vivere in un altro luogo, nonostante il regime dittatoriale del boss dell'isola che detiene e controlla tutto. Deni è parte così attiva e integrante della comunità, conoscendo tutti, essendo amico di quasi tutti, con una vitalità contagiosa in una non meglio specificata isola esotica che sembra esteticamente e tecnologicamente rimasta fuori dal tempo. Tutto sembra convergere sul protagonista il quale deve barcamenarsi tra un impiego al porto e una trasmissione radiofonica propagandistica, nella quale è costretto - sempre col sorriso, sempre con le buone maniere - a tessere le lodi e osannare il leader di Guava Island, il boss Red Cargo. Il mediometraggio assume così un contesto socio-politico più ambizioso e complesso che se è vero viene affrontato con una certa facilità e forse prevedibilità degli scenari riesce ad essere sempre calzante nel ritmo e funzionale sia dal punto di vista narrativo che formale.
«Guava Island è il risultato finale di quattro incredibili settimane trascorse a Cuba con alcuni dei più creativi talenti che abbia mai incontrato», ha dichiarato il regista in una nota, «Designer, artisti, musicisti e attori si sono uniti da tutto il mondo per creare questo folle sogno»


mercoledì 2 ottobre 2019

Boys-Prima stagione

Titolo: Boys-Prima stagione
Regia: AA,VV
Anno: 2019
Paese: Usa
Serie: 1
Episodi: 8
Giudizio: 4/5

I supereroi che vivono nel mondo moderno, fra social network e grandi società, sono seguiti da una multinazionale che ne gestisce immagine, merchandising, apparizioni e collocazioni nei vari stati del nord-america. Ma i "super" non sono sempre quello che sembrano: hanno vizi, più o meno accettabili dall'opinione pubblica, e commettono errori. La Vought-American si occupa di nascondere al mondo i difetti dei loro assistiti e di gestire le loro eroiche azioni, arrivando anche ad organizzare finti crimini, affinché aumentino la loro popolarità. In base al gradimento del pubblico, ai Super vengono dati incarichi più o meno importanti, diventano star del cinema e testimonial commerciali di prodotti che sponsorizzano la Vought-American.
Il gruppo di Super più famoso sono i Sette, capitanati dal Patriota, il perfetto eroe americano. Con la dipartita di Jack da Giove, viene inserita nel gruppo la giovane eroina Starlight, molto amata dal pubblico perché incarna lo stereotipo della brava ragazza del sud. Ma subito i colleghi si rivelano cinici e tutt'altro che eroici come pensava.
Il giovane Hugie è insieme alla sua ragazza quando A-Train la travolge in piena corsa, disintegrandola. Il Super si scusa spaventato e scappa. Questo fatto e la richiesta di Hugie di avere giustizia, fanno sì che venga avvicinato da Billy Butcher che vuole riformare la squadra di ex-agenti incaricati di punire i Super per i loro crimini: i "Boys".

Invasi ormai dall'universo Marvel e in parte minore dai prodotti Dc, le produzioni da tempo stanno intuendo come la materia possa cercare di osare di più andando oltre la visione del super-eroe beniamino di tutti quando potrebbe essere tranquillamente uno stronzo egoista.
E chi scomodare allora se non il prolifico Garth Ennis che dopo il successo della serie di Preacher-Season 1 viene di nuovo chiamato in causa per una delle sue opere più famose appunto The Boys dove il nome sta ad indicare gli antagonisti dei cattivi e corrotti super-eroi.
La prima stagione non fa sconti mettendo nel calderone tutto lo schifo che possiamo pensare di credere da chi in realtà dovrebbe proteggere i deboli ma in realtà e al soldo di un'importante multinazionale che controlla tutto per i propri profitti.
Con un incidente scatenante davvero gustoso e splatter gli episodi fin da subito intuiscono l'elemento più importante quello dissacratorio dove ad essere presente sempre e manifesta per lo spettatore è la scorrettezza di fondo di tutti buoni e cattivi in un girotondo perverso dove la carica di violenza e irriverenza travolge tutti facendo uscire il peggio dalle persone comuni come Hugie.
La corruzione e il cinismo sono gli elementi che più corrispondono agli intenti dello scrittore lasciando come sempre un'amara condanna sulle scelte dei singoli individui e del mondo che ci circonda sempre più avvezzo a portare a termine i suoi tornaconti.
Il modo in cui conosciamo i Super con la scena in cui Starlight viene costretta come in un battesimo del male a fare un pompino a The Deep è magistrale e in un attimo riesce ad essere un compendio di tutti i sentimenti e i rancori nonchè l'onnipotenza di questi strani impostori. Sembra quasi la parodia del movimento #metoo dove alla fine Starlight accetta.
Svettano sicuramente alcuni personaggi rispetto ad altri, non tutti riescono sempre ad essere caratterizzati a dovere.
I Super altro non sono e rimangono che lo specchio della società che si nasconde dietro uomini e donne forti che riescono ad avere follower a dismisura e trasformare l'opinione pubblica. Investiti di così tante responsabilità che alla fine diventando super problemi e dando loro personalità a dir poco disturbate, maniacali, egoiste e qualsiasi altro difetto possa venire in mente, incluso lo sfruttamento della schiavitù sessuale e persino la pedofilia.
L'opera cult di Ennis racconta quindi in sostanza un fenomeno culturale che riesce ad essere estremamente funzionale e attuale dove tutto è all'opposto di ciò che sembra basato su continue fake news, dove la manipolazione dell'opinione pubblica è la chiave per arrivare al potere.

lunedì 17 giugno 2019

In Bruges


Titolo: In Bruges
Regia: Martin McDonagh
Anno: 2008
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Ray e Ken , due killer, sono costretti dal loro capo a riparare a Bruges. La loro ultima missione è andata storta: Ray ha ucciso per sbaglio un bambino.

In Bruges è un film particolare da definire come la carriera del regista che al suo attivo vanta tre pellicole che devo ammettere funzionano tutte e tre seppur molto diverse, trovando un paragone tra questo e il successivo. In Bruges adotta una strategia particolare e non è così facile da definire proprio per le vicende narrate e come vengono trattate. Una coppia di killer che si trova in terra straniera a doversi quasi scontrare in un bel finale (forse la parte più tesa e ritmata dell'intera pellicola) dopo aver passato tutto il resto del film a girare per le strade e i musei, incontrare brutti ceffi e ragionare su cosa è andato storto nella vita. E' un film che parla di killer che non vediamo quasi mai con una pistola in mano, un film malinconico che sembra voler interessarsi, come per la città, di troppe cose, perdendone di vista alcune e invece dall'altra parte avendo delle buone intuizioni quasi tutte rese al meglio dall'ottima scelta di cast.
Come per 7 psicopatici tutti cercano pace e riposo nella loro vita travagliata, tra redenzione, riposo e tranquillità. Elementi assurdi e in totale contrapposizione con le vite di chi ha deciso di privarne altre per soldi. Un film che mano a mano apre altri spiragli, alcuni tragici come il senso di colpa legato all'omicidio di un bambino, ma soprattutto inserisce una donna come metafora e simbolo della speranza e dell'amore. Per certi versi un noir che non è propriamente un noir e altri generi che soprattutto nel cinema di McDonagh sembrano rincorrersi e unirsi al contempo.


sabato 10 novembre 2018

Hap & Leonard


Titolo: Hap & Leonard-Season 3
Regia: AA,VV
Anno: 2018
Paese: Usa
Stagione: 3
Episodi: 6
Giudizio: 4/5

In questa nuova avventura Hap e Leonard vanno a Grovetown, una città che più razzista non si può, a cercare Florida, fidanzata del loro amico poliziotto Marvin Hanson ed ex di Hap. Florida si è recata lì per indagare sul suicidio di un ragazzo di colore avvenuto in carcere ma da giorni non dà notizie di sé.

La terza e ho paura ultima stagione di Hap & Leonrad manco a dirsi è la più straziante.
Sundance Tv ha detto che questa è l'ultima, ma io spero nei miracoli e chi lo sa magari Lansdale, Mickle e D'Amici, riusciranno a trovare qualche folle che produca le gesta dei due anti eroi più interessanti degli ultimi anni.
Bisogna fare una premessa. E'difficile condensare il pulp e l'azione di Lansdale su cellulosa.
Prego sempre Satana che prima o poi vedrò su grande schermo LA NOTTE DEL DRIVE-IN ma comincio a pensare che rimarrà solo un sogno, oppure nella malaugurata ipotesi che diventi un trappolone commerciale, spero che rimanga il best seller che è.
Hap & Leonard vivono ormai da anni in qualcosa come svariati romanzi e appunto per chi non fosse un fan accanito dello scrittore texano come me, la serie potrebbe rivelarsi abbastanza noiosa anche se parlo per le prime due stagioni, mentre questa merita davvero un encomio particolare per la gestione di tutta la matassa, per come viene dipanata la storia e soprattutto della spinta propulsiva che dimostra.
Innanzitutto la coppia di attori qui è rodata più che mai, ma soprattutto non manca nulla, dall'azione (che nelle precedenti stagioni a volte era proprio poca), al noir, al dramma, al mistery, al grottesco, al tema sempre scottante del razzismo, e a tanti altri elementi favorevoli, dove finalmente gli antagonisti e i villain riescono ad essere credibili.
Il Mambo degli orsi è un libro stronzo con una storia avvincente che ci porta a calci in culo nella Gomorra degli xenofobi. Una città, nella sempre più inquietante America, dove davvero bisogna avere paura dal momento che si rischia di avere tutti, ma proprio tutti, contro se il colore della tua pelle non è a stelle e strisce.
Narrata per la quasi totalità come un lungo flashback, questa terza stagione non nasconde proprio nulla, partendo con una storiella niente male che richiama alcuni racconti dello scrittore sui musicisti jazz, sul voodoo (D'Amici che interpreta il Diavolo mi ha fatto sorridere) e su tante storie che ci piace sentire per poi accostare il tutto con il romanzo sopra citato.
Il finale è davvero disperato ma l'elemento che più mi ha colpito e che come dimostrano i primi frame degli episodi, la coppia di amici piange, si dispera. Davvero ha visto l'abisso dell'odio razziale e non solo. Sono stati tirati dentro e sputati fuori a calci in culo con le ossa e le costole rotte.



mercoledì 1 agosto 2018

Metti la nonna in freezer


Titolo: Metti la nonna in freezer
Regia: Giancarlo Fontana & Giuseppe Stasi
Anno: 2018
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Claudia è una giovane restauratrice che lavora in proprio, con l'aiuto delle due amiche più care. Da mesi ha completato un grosso lavoro per la Sovrintendenza ma la pubblica amministrazione non le paga quanto dovuto. L'unica entrata certa è la pensione della nonna Birgit, ma improvvisamente la nonna muore, e nella mente di Claudia e delle sue amiche si fa strada un insano proposito: surgelare il cadavere dell'anziana signora per continuare ad incassare la sua pensione fino a quando non avranno recuperato il credito loro dovuto. Simone è un incorruttibile maresciallo della Guardia di Finanza intenzionato a smascherare tutti coloro che compiono atti di piccola o grande illegalità.

Che il cinema italiano si stia leggermente scongelando dopo anni di assenza non è una novità anche se in questo caso si parla comunque di commedia di genere, il solito impasto che piace al nostro pubblico poco raffinato. La speranza è che in futuro si possa fare più cinema di genere.
Il duo di registi dopo l'esordio sconosciuto mettono le mani su una coppia di attori, uno bravo, l'altra troppo bella con il risultato che di sicuro l'accoppiata funziona anche se in alcuni momenti non sembra molto realistico il loro rapporto.
E'un film confezionato bene, dove si ride abbastanza, alcune gag funzionano, ci sono alcuni momenti decisamente inaspettati e gode di qualche piccolissima scintilla nei colpi di scena.
Per il resto rimane comunque un prodotto che alza di poco l'indice della mediocrità sfruttando quasi sempre gli stessi meccanismi. C'è da dire che Fontana & Stasi comunque ci ha provato portando a casa tutto sommato una storiellina che vanta pure alcuni momenti grotteschi.

martedì 1 maggio 2018

Hap & Leonard-Season 2


Titolo: Hap & Leonard-Season 2
Regia: AA,VV
Anno: 2017
Paese: Usa
Stagione: 2
Episodi: 6
Giudizio: 3/5

I due detective più improbabili del mondo, Hap Collins e il veterano del Vietnam Leonard Pine, si trovano ancora una volta in guai seri: viene ritrovato all’interno della casa dello zio di Leonard lo scheletro di un cadavere. Nonostante sia proprio l’ex soldato a denunciare il corpo alla polizia, viene inserito nel registro degli indagati ed arrestato; la situazione per i due amiconi rischia di diventare ulteriormente ingestibile perché lo scheletro rinvenuto è solo il primo di una lunga serie (le vittime sono tutti ragazzini afroamericani) ma, grazie anche all’aiuto della giovane avvocatessa di colore Florida Grange, cercheranno in tutti i modi di scoprire la verità.

Tocca ad un altro bel romanzo del famoso scrittore sceneggiato sempre dai benimini dell'horror Nick D'Amici e Jim Mickle (nonchè attore/sceneggiatore e regista di alcuni bellissimi film).
Rimanendo nell'indie non mi stupisco di come la coppia da qualche anno stia lavorando solo su queste serie tv e non su lungometraggi di cui sentiamo fortemente la mancanza.
Mucho Mojo ha dalla sua una storia accattivante, dei temi sociali e politici importanti, Lansdale è sempre una garanzia anche se negli ultimi anni si sta un po ripetendo, e alcune scene davvero crude e indimenticabili come la bambina che si appresta a vedere la sua famiglia trucidata dai membri del Ku Klux Klan.
In tutto questo la comunità nera viene sviluppata ancora meglio rispetto alla prima stagione.
Manca la Trudy di Hap delle precedenti puntate, in modo tale così da dare finalmente più risalto alla coppia di protagonisti che dimostra una chimica davvero funzionale.
Nelle sei puntate non manca l'azione, la sceneggiatura richiama il noir in tutte le sue forme, l'indagine riesce ad essere interessante e con alcuni climax finali che seppur non così inaspettati sanno dare spessore e credibilità alla storia.
Si ride di meno in questa stagione e ci si prende più sul serio.
Questi sono solo alcuni dei motivi per cui sinceramente ho preferito questa seconda stagione rispetto alla prima dove a parte la femme fatale comparivano alcuni villain di indubbio gusto.
Qui la corruzione fa da padrona rivelando tutte le falle del sistema e un tale livello di marciume che Lansdale in tutti i suoi romanzi non smette mai di tirare fuori come scheletri nell'armadio del lato nascosto dell'America.

domenica 22 aprile 2018

You Were Never Really Here



Titolo: You Were Never Really Here
Regia: Lynne Ramsay
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Joe è un veterano di guerra, sopravvissuto anche a molte altre battaglie. A casa lo aspetta solo la madre anziana a malata, con cui ha un rapporto di grande affetto e pazienza. In una New York desolata e piena di segreti, il cui profilo nobile resta sempre in lontananza, Joe fa il mercenario per chi vuole liberarsi di nemici pericolosi ma non ne ha l'abilità o il coraggio. Il suo ultimo incarico è quello di sottrarre Nina, la figlia preadolescente di un politico locale, ad un giro di prostituzione minorile: una creatura abusata e offesa che fa da specchio al passato dell'uomo. Joe appare e scompare, spesso armato di un martello, come se non fosse mai stato lì (questa la traduzione del titolo originale), menando fendenti e scacciando con la stessa allucinata intensità i ricordi devastanti, tanto della propria infanzia in balia di un padre sadico, quanto dei crimini di guerra compiuti (anche da lui) dietro la giustificazione di una divisa. Quello di Joe è un universo di bambini perduti cresciuti alla mercè degli orchi e spesso diventati come loro, un mondo in cui l'uomo si muove come un giustiziere, cercando di rattoppare la sua vita ridotta ad un puzzle di sensazioni e (brutti) ricordi.

Lynne Ramsay non so per quale strana ragione mi viene da associarla a Ana Lily Amirpour.
Entrambe sanno fare del bel cinema spesso imperfetto ma sempre affascinante anche se la Ramsay ha dalla sua quella perla di E ora parliamo di Kevin che è praticamente magistrale dall'inizio alla fine.
Anche questo suo ultimo film ha qualcosa di strano, di quasi esoterico per come viene mostrato quello strano edificio che sembrerebbe molto normale se non fosse per gli abusi sui minori da parte di una certa elite.
Poi per me Joaquin Phoenix è uno di quegli attori così belli e dannati che anche se non si impegna a fondo riesce comunque a fare la sua porca figura.
Un film strano con alcuni eccessi, ma non nelle scene di violenza quanto nei flash back a volte ridondanti e pesanti che rischiano di spezzare quell'atmosfera esplosiva che sembra sempre sul punto di deflagrare. Ed è proprio così l'anti eroe Joe che sembra muoversi a rilento, stanco e vittima di incubi feroci che lo assalgono continuamente da dover prendere pillole e liberare il mostro solo quando si trova degli orchi davanti.
La trama del film è tutta così piuttosto semplice con qualche piccola scintilla e un climax finale forte e qualche piccolo scivolone soprattutto quando la Ramsay mescola troppo il sogno e la realtà.



mercoledì 7 marzo 2018

Lady Macbeth


Titolo: Lady Macbeth
Regia: William Oldroyd
Anno: 2016
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

La giovane Katherine vive reclusa in un gelido palazzo isolato nella campagna, inchiodata da un matrimonio di convenienza, evitata dal marito, disinteressato a lei, e tormentata dal suocero che vuole un erede. La noia estrema e la solitudine forzata spingono Katherine, durante una lunga assenza del marito, a avventurarsi tra i lavoratori al loro servizio e ad avviare una relazione appassionata con uno stalliere senza scrupoli. Decisa a non separarsi mai da lui, folle d'amore e non solo, Katherine è pronta a liberarsi di chiunque si frapponga tra lei e la sua libertà di amare chi vuole.

Lady Macbeth è un esordio squisitamente malvagio di uno stimato regista teatrale.
Lady Macbeth poi è uno dei personaggi femminili più completi e meglio delineati della drammaturgia shakespeariana.
Un dramma in costume potente in cui il bisogno principale non era certo quello di fare un film accomodante ma anzi rendere la natura umana il più controversa possibile alterando scenari che di fatto propongono al di là della sobria campagna inglese, quasi sempre la stessa location ovvero un maniero ottocentesco affascinante in cui la servitù viene addirittura appesa nuda ad un cappio come i maiali da parte degli stessi contadini poveri che non sanno come passare le giornate.
Crudo, minimalista, geometrico e astuto nonchè di un fascino e di una rara capacità di spostare e usare pochissimo la camera da presa grazie ad inquadrature perfette e quasi tutte ferme come a ribadirne tempi, dilatazioni e misure.
Un debutto impressionnate per un film crudele che mostra ancora una volta le differenze tra le classi sociali, la nascita dell'arroganza della dark lady ingenua che diventa perversa e di come la borghesia
non diventa solo il pretesto per il conflitto ma la rappresentazione di una battaglia tra i sessi che pone la mente algida e calcolatrice della protagonista la vera arma terribile capace di usare come pedine chiunque le capiti a tiro a partire dal sesso che quando viene finalmente sdoganato (contadino=vittima sacrificale che in quanto persona umile deve essere sacrificata e diventare il vero capro espiatorio) non diventa più un taboo ma una calamita, una droga inarrestabile che ha il solo compito per Katherine di riempire un vuoto profondo.