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martedì 25 aprile 2017

Void


Titolo: Void
Regia: Jeremy Gillespie
Anno: 2016
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Nel bel mezzo di un giro di controllo di routine, l'ufficiale Daniel Carter si imbatte in una misteriosa figura intrisa di sangue in un tratto di strada deserto. Subito accompagna il giovane nel vicino ospedale, scoprendo che qui gran parte dei pazienti e del personale sta trasformandosi in creature ultraterrene. In poco tempo, i due si uniscono con altri due cacciatori, alla ricerca del responsabile di tutto. Ha inizio così per Carter un viaggio infernale nei sotterranei dell'ospedale in un disperato tentativo di porre fine a quell'incubo prima che sia troppo tardi.

The Void è un film horror maledettamente affascinante riuscito però solo a metà. Un omaggio al cinema sci-fi degli anni '70 e '80 condito da formidabili scene splatter e dal retrogusto "grindhouse".
Un film che scorre su più binari, mettendo in scena diversi personaggi, tutti in un'unica location, mischiando i generi e concentrandosi sulla spettacolarità e la suggestività delle immagini come accadeva per Baskin.
Entrambi hanno l'unica pecca di trovare una narrazione troppo macchinosa, in cui peraltro lo spettatore non si concentra e non si appassiona più di tanto per lasciarsi cullare dalle straordinarie creature e dal body horror che come in questo caso confeziona creature e tentacoli a gogò per dare luce ad un rituale che raggiunge il culmine in un'orgia gore devastante come capitava per il film di Evrenol.
Debitori di Cabal, Baskin e tutta una cosmologia fantascientifica suggestiva quanto apocalittica legata all'orrore cosmico.
The Void è stato scritto e diretto da Jeremy Gillespie e Steven Kostanski, entrambi membri del collettivo canadese Astron 6, fondato nel 2007 dallo stesso Gillespie insieme ad Adam Brooks. Astron 6 ci ha regalato una serie di pellicole che mischiano horror e humor impiegando toni sopra le righe: fra i titoli sfornati da questa compagnia di produzione voglio ricordare almeno Editor, Father's day ed'è stato prodotto da Cave Painting Pictures, una compagnia da portfolio pressoché inesistente, e JoBro Productions & Film Finance, che ha invece all’attivo alcuni titoli riguardanti il genere horror: Extraterrestrial e VVitch.
Cominciando in media res, Gillespie non perde molto tempo con le caratterizzazioni spingendo già l'acceleratore e inserendo il tema della gravidanza e delle nascite come concime per la trama.
L'assedio iniziale, il finale suggestivo, gli omaggi che rimangono scollegati lasciando sempre di più da parte l'originalità per puntare su scelte di fatto funzionali ma un pò ridondanti, sono solo alcuni degli ingredienti sfruttati nell'impianto narrativo.
Come esperimento esoterico rimane comunque un gioiellino da ammirare per tutti i fan del genere.


mercoledì 15 febbraio 2017

Greasy Strangler

Titolo: Greasy Strangler
Regia: Jim Hosking
Anno: 2016
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Il film racconta la storia di Ronnie, un uomo che gestisce un tour di Disco Walking assieme al figlio Brayden. Quando una donna sexy e affascinante prende parte al tour, comincia una competizione tra il padre e il figlio per attirare le attenzioni della donna. Nel frattempo un maniaco viscido e disumano soprannominato ''The Greasy Strangler'' si aggira per le strade di notte a strangolare innocenti.

Esercizio di stile, hipsterata doc, viaggio di nozze weird, trashata mega galattica? Innanzitutto bisogna fare una premessa su coloro che hanno reso possibile questo film che altrimenti non avrebbe mai preso vita (sono sicuro che qualcuno sperava che non si facesse). Infatti dietro a questa produzione troviamo Tim League di Drafthouse Pictures, il regista di culto Ben Wheatley e l'attore Elijah Wood.
Greasy Strangler è un po di tutto e niente di tutto questo. Un film che da spiegare non si può, bisogna vederlo apprezzarlo o detestarlo senza esitazioni.
Un indie disgustoso e offensivo, maniacalmente divertente, anomalo e strano come il regista alla sua opera prima che confeziona qualcosa di non solo bizzarro ma una prova d'amore per John Waters e Lloyd Kaufman e tanta altra scuola.
Abbiamo padre e figlio che fanno schifo oltre ogni modo, forma e misura. Il loro bisogno di provocare e inondare lo spettatore con dei dialoghi che sembrano un'ammissione di negligenza e omosessualità repressa è sintomatico per un film che proprio non riesce ad essere preso sul serio.
Allo stesso tempo è così confezionato bene che ogni accessorio è studiato così ad hoc e impreziosito con dei colori sgargianti e dei contrasti che bilanciano tutto lo scenario che non è mai improvvisato come potrebbe sembrare.
Greasy Strangler oltre ad essere una commedia horror è un'esperienza da fare sobri, vomitando scemenze e depositando resti fecali di un abominio alimentare trattato senza nessun riguardo e con uno schifo cosmico che non vedevo da un pezzo. Il film comunque non è affatto stupido ma si traveste in questo modo per cercare nei suoi silenzi e nelle espressioni luciferine e autistiche dei suoi personaggi, un'alienazione dalla società post-contemporanea e un inno all'anarchia più pura e dura dove padre e figlio combattono per chi ha il cazzo più duro e si fa valere a letto.
Il finale forse è la parte peggiore in cui il regista vuole dare con una metafora un significato alla lotta di questo improbabile duo inserendo un paio di scene che non giovano come dovrebbero e che sembrano dare complessità e intenti politici a un prodotto che vale la pena che voli basso per non rovinare quella componente grassa e cangerogena di cui Ronnie è succube e dipendente.



venerdì 10 febbraio 2017

Ragazza del vagone letto

Titolo: Ragazza del vagone letto
Regia: Ferdinando Baldi
Anno: 1979
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Tre teppisti si scatenano su un treno. L'unico che saprà opporsi alla loro aggressione sarà un detenuto politico.

Exploitation d'annata? Per certi versi sì. Il film di Baldi conosciuto all'estero con nomi tipo "Terror Express" (che comunque è ancora più suggestivo) ci porta ad ampliare con più azione e meno caratterizzazione dei personaggi un altro esperimento di film di genere particolarmente violento e provocatorio . Le ghigne dei personaggi qui sono tutte perfette, la location si sposa a pannello (il treno è sempre suggestivo) e non mancano le perversioni e le devianze sociali che qui però hanno il pregio di non essere tutte addossate sugli antagonisti ma dal momento in cui i tre teppisti prendono il sopravvento scopriamo una galleria di elementi davvero degni di nota.
Dal politico perverso e vigliacco che fa rifornimento di riviste porno prima di salire sul treno, al padre apparentemente premuroso che ha desideri erotici nei confronti della figlia adolescente, una prostituta che batte in accordo con il capotreno, una signora borghese che non disdegna una sveltina con uno degli stupratori, una ragazzina che si innamora del suo carnefice e persino il terrorista politico che alla fine è l'unico a ribellarsi sul serio.
Tutti hanno un loro perchè, tutti se vuoi anticipano come andranno le cose nel nostro paese e soprattutto il film come l'anno in cui è uscito, meritano un discorso a parte sul politicamente scorretto. Mentre alcune scene sono davvero troppo lunghe come la scena di sesso tra uno dei tre teppisti e la ragazzina che come diceva un critico per l'anno di uscita serviva come biglietto da visita per i feticisti delle nostre nazionali starlettes del tempo che fu, dall'altra alcuni passaggi, come nel finale, sono velocissimi soprattutto quando muoiono alcuni personaggi principali.
Luigi Montefiori, noto ai più come protagonista del malatissimo ANTROPOPHAGUS, firma la sceneggiatura, divertendosi ma allo stesso tempo senza andare veramente a fondo nella natura del disagio ma lasciando lo spettatore irritato per il semplice fatto che personaggi così esistono mossi spesso senza una logica ma semplicemente per soddifare i propri bisogni fisici. Punto.




domenica 23 ottobre 2016

31


Titolo: 31
Regia: Rob Zombie
Anno: 2016
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Il 30 ottobre 1975, durante la notte di Halloween, cinque persone vengono rapite e tenute in ostaggio in un luogo infernale chiamato "Murder World", dove sono costretti a partecipare ad un gioco violento, il cui obiettivo è quello di sopravvivere dodici ore contro una banda di pagliacci sadici.

Il settimo film di Zombie era la prova che tutti aspettavano dopo i remake di Halloween 2(2009) che mi avevano fatto annoiare non poco e scavavano troppo nel passato di Miers, elemento che ha fatto peraltro arrabbiare il grande Carpenter.
Con questo slasher grindhouse e vintage Zombie ritorna alle origini. Torna ad un film da lui scritto e diretto. Un surviror movie, una caccia all'uomo che trova nell'azione e in una buona galleria di personaggi i punti di forza. Sembra che l’idea per 31 sia venuta in mente leggendo una statistica secondo la quale, il giorno di Halloween è la giornata dell’anno in cui per qualche “inspiegabile” ragione scompaiono più persone. Dunque da un pretesto esce fuori questa piccola scheggia di follia, un film pieno di ambienti sporchi e violenti con viscidi villain (nano nazista ma soprattutto Doom Head) e bifolchi ad ogni angolo, un vero concentrato di idee pur mantenendo uno script all'osso per cercare di concentrarsi solo su scontri e fughe in questo inferno malatissimo dove alcuni psicopatici sembrano indossare le maschere di Crossed, godere dei fan come Running Man-L’implacabile e riuscire a divertire come ormai non capita spesso negli horror post-moderni.
Un'opera come quelle del passato, carico ed esplosivo, girato con l'estetica forte che contraddistingue il cinema di Zombie, un b-movie in piena regola anarchico a ancora capace di rievocare, senza particolari sforzi, quelle atmosfere tipiche del cinema horror 70’s ed 80’s


martedì 6 settembre 2016

Bad Biology

Titolo: Bad Biology
Regia: Frank Henenlotter
Anno: 2008
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Jennifer e Batz sono due ragazzi con degli strani problemi sessuali. La ragazza è nata con sette clitoridi ed è sempre eccitata e subito dopo ogni rapporto sessuale partorisce dei bambini mutanti. Batz ha invece un pene enorme con una volontà sua, tossicodipendente e capace di provocare orgasmi allucinanti alle ragazze. Per fare due soldi e saziare la fame di droghe e steroidi del suo pene, il ragazzo accetterà di ospitare in casa sua un set fotografico guidato da Jennifer ed i due finiranno per conoscersi.

Una donna con sette clitoridi e un uomo con un pene che se ne và in giro a scopare modelle in giro. E'tutto vero, sono due idee del cazzo che già da sole muovono una certa curiosità nell'ambito weird e soprattutto splatter contando che stiamo parlando di Frank Henenlotter, l'autore di BASKET CASE. Il regista ritorna a girare un film dopo quasi sedici anni di inattività. Ecco forse è proprio questa se vogliamo la critica principale che si può fare al film.
Mentre la Troma e altri registi fedeli a Kauffman e all'exploitation osavano in un certo periodo storico, qui Henenloter se ne esce con questa pillola nel 2008 quindi se vogliamo dirla tutta con un certo ritardo rispetto a quanto ci si poteva aspettare contando che il cinema in quanto a malattia e oscenità sembra aver mostrato ormai tutto e difficilmente si rimane ancora inorriditi di fronte alle scene di violenza.
I b-movie a volte hanno la fortuna di potersi togliere il mantello della credibilità e della seriosità puntando su una clamorosa esagerazione di momenti trash, comici e allo stesso tempo violenti come difficilmente capita in altri contesti.
Poteva essere un film della Troma per certi versi, eppure nonostante tutto la trama non è poi così ridicola anche se di certo non porta l'effetto folle e bizzarro come in altre pellicole.
Eppure quel suo taglio low-budget unito alla commedia erotica politicamente scorretta, funziona molto più di altri suoi simili e non si vergogna di mettercela tutta e creare un humus offensivo e disgustoso di un cinismo crudo ed esagerato dove i bambini vengono partoriti dopo due ore e diventano mostriciattoli da buttare nel cestino.



lunedì 18 luglio 2016

Gun Woman


Titolo: Gun Woman
Regia: Kurando Mitsutake
Anno: 2014
Paese: Giappone
Giudizio: 3/5

Due mercenari stanno attraversando il deserto quando per ingannare l'attesa uno racconta all'altro la storia di un individuo noto come Mastermind, che è riuscito a trasformare una prostituta tossicodipendente in una macchina per uccidere. In cerca di vendetta nei confronti del miliardario sadico che ha ucciso la sua amorevole moglie, Mastermind, un medico giapponese, ha "modificato" la prostituta con l'intento di farla entrare nella struttura sotterranea in cui il miliardario soddisfa i suoi desideri sessuali.

L'exploitation, il genere dnotomista, il trash e lo splatter sono tutti gli ingredienti previsti per questa pellicola molto pulp e con alcuni momenti esilaranti ma anche di spessore.
Ritorna Asami, l’attrice porno nonchè protagonista di numerosi film trash nipponici degli ultimi anni.
Gun woman è pieno d'azione e di sangue. Seguiamo questa piccola fiammiferaia schiava della droga in un Giappone allucinato popolato da individui sempre più ambiziosi ed egoisti in cui la vita umana vale meno di zero e ciò che conta è soddisfare i propri istinti.
Senza inutili pedanterie e dei dialoghi d'effetto, sembra prendere i recenti Lucy e Everly e buttarli in un tritacarne, come se fossero passati sotto il vigile occhio di Miike Takashi.
La chirurgia portata agli eccessi con parti meccaniche di una pistola da montare introdotte nel corpo sembrano citare il cinema di Tsukamoto anche se con alcune varianti differenti.
Forse solo il finale con alcuni colpi di scena un po tirati per le lunghe e senza troppa logica, in realtà servono a ben poco contando che gli intenti del film sono ben altri.
Gun Woman è un revenge-movie dove una donna gira nuda vendicandosi e usando il corpo come magazzino in cui nasconde una pistola da assemblare e qualcuno che vigili su di lei per farle ad hoc una trasfusione.

lunedì 22 giugno 2015

As the gods will

Titolo: As the gods will
Regia: Takashi Miike
Anno: 2014
Paese: Giappone
Giudizio: 3/5

Shun Takahata si è appena lamentato della sua vita, noiosa e uguale a se stessa, quando la mattina, in classe, la testa del professore esplode e al suo posto compare un gioco parlante e assassino (il Daruma ga koronda, "Daruma è caduto"), una versione mortale di "Un, due, tre, Stella" che miete una vittima dopo l'altra, lasciando un solo vincitore per aula. Non c'è tempo per domandarsi cosa stia succedendo, ma solo per prepararsi al secondo gioco, altrettanto infantile e sterminatore.

La scuola. Ancora una volta ad essere presa di mira è proprio l'istituzione ad hoc degli studenti che stanchi della noia sperano in un miracolo.
Quel miracolo arriva e non viene più di tanto spiegato.
Sono le divinità nipponiche che attraverso un insieme di prove stabiliscono un gioco perverso e mortale.
Takashi Miike non merita presentazioni essendo a tutti gli effetti uno degli outsider maggiori e più eversivi del suo tempo. Oltre ad essere anche un precursore e un amante dei generi, ha una nutrita filmografia che abbraccia in un trentennio di anni almeno un ottantina di pellicole (in realtà sono di più).
As the gods will è un film frenetico che parte subito in quinta spiazzando il pubblico e insistendo sullo humor nero e l'elemento splatter onnipresente.
Tratto da un manga, sembra fare il verso a film come HUNGER GAMES contando che lascia aperte le porte per un sequel, risultando un concentrato d'azione, soprattutto nei primi due atti, per poi perdere solo in parte, nel finale, l'aggressività che lo contraddistingue.
Anche a livello tematico non fa una piega.
Divinità che si contraddicono e studenti ambivalenti, il tutto seguendo una line precisa che ha come filo conduttore l'enorme acume del protagonista.
Il Tao che mette di fianco a Shun, in fondo buono e puro, un compagno che rappresenta l'opposto in una parabola delirante in cui comunque l'intrattenimento supera a tutti gli effetti le ambizioni filosofiche che Miike trattava in modo più esaustivo in altri film.

A soli due anni di distanza dal truculento IL CANONE DEL MALE, Miike torna alla ribalta con quel qualcosa di più contaminato che sembra mischiarlo a YOKAI DAISENSO e ZEBRAMAN 2.

domenica 19 aprile 2015

Everly

Titolo: Everly
Regia: Joe Lynch
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Una donna blindata nel suo appartamento, deve affrontare un commando di assassini inviati dal suo ex, uno spietato capo della mafia, per ucciderla.

“Tette Grosse, Bene. Film Pacco, Male”
Se non fosse per la presenza della bomba che più sexy non si può, Salma Hayek, forse non sarei arrivato fino alla fine. Simile il caso di un altro esperimento furbetto simile, ma meno, parlo di COLOMBIANA con la bellissima Zoe Saldana.
Di fronte a tope del genere si arriva fino alla fine è questa la dura realtà.
Everly potrebbe sembrare cool e pulp per chi non ha mai visto pellicole come queste o che si avvicinano (per non dire assomigliano molto e tutte).
Il risultato però, almeno in questo caso, è imbarazzante.
E'imbarazzante la storpiatura di LEON, le strizzatine d'occhio a un certo cinema orientale che sa il fatto suo (prendendone in questo caso solo il lato peggiore come il masochista e il sadico) ad un tentativo di addolcire puntando sulle torture a giovani donne, ad un rapporto con una madre e una figlia abbandonate da cinque anni, e ad un altro orientale che prima di spirare sul divano cerca di redimersi. Per non dimenticare lo stuolo di killer donne tutte a caso che irrompono nella stanza.

Peccato davvero per Joe Lynch che con questo film si è proprio sputtanato, altri lo osanneranno, mentre invece lo ricordo solo per aver girato quella nerdata, almeno divertente, di KNIGHT OF BADASSDOM

Leggenda di Kaspar Hauser

Titolo: Leggenda di Kaspar Hauser
Regia: Davide Manuli
Anno: 2012
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Giunto su una spiaggia disabitata del Mediterraneo, in un tempo e un luogo imprecisati, Kaspar Hauser è costretto a confrontarsi con la malvagità di una Granduchessa che sente minacciato il potere da lei esercitato sulla comunità. Per liberarsi dell'intruso biondo, costei chiede aiuto al Pusher, un criminale con cui ha una relazione, che sa come liberarsi del "nemico". Peccato che non abbia fatto i conti con lo Sceriffo, un dj che considera Kaspar come il nuovo Messia.

Penso che l’esordio di Manuli sia uno dei film italiani esteticamente più belli degli ultimi cinque anni.
I meriti sono tanti e doverosi. 
In primis la fotografia di Tarek Ben Abdallah. 
In secondo luogo le musiche dei Vitalic davvero ipnotiche e suggestive. In terzo luogo le scenografie naturali della Gallura scarne e infinite. 
In ultimo il cast, bizzarro e atipico, quindi, in questo caso, un’operazione riuscita (eccezion fatta per la Gerini che stona).
Un film sperimentale (un western di fantascienza?) di quelli che si amano o si odiano, ma quando si amano, il risultato è lasciarsi invadere mente e corpo da immagini mozzafiato, alcuni sketch che ricordano Cipri e Maresco e la Calderoni e Gallo che ballano in modo divino.
Con un calvario produttivo di tre anni, questo film vide la co-produzione di Bruno Tribboli, Alessandro Bonifazi della Blue Film e dalla Shooting Hope Production di Davide Manuli, con in più la collaborazione di Fourlab e il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Autonoma della Sardegna e della Regione Lazio.
Pochissimi e coraggiosissimi i distributori che in Italia hanno creduto in questo film. Uno scandalo dall’altra parte che un’opera coraggiosa e insolita come questa non sia rimasta per più di una settimana nelle sale.
Un film, un’opera, una colonna sonora da ascoltare con le cuffie della protagonista e con cui lasciarsi proiettare verso mondi lontani su di un’astronave magica come quella che appare all’inizio.


venerdì 19 dicembre 2014

Psych Out-Il velo del ventre

Titolo: Psych Out-Il velo del ventre
Regia: Richard Rush
Anno: 1968
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Giovane sorda va alla ricerca del fratello scomparso che vive nel quartiere hippy di San Francisco e inciampa in un gruppo rock, guidato da un baldo capellone.

Rush continua a filmare una generazione della controcultura dei fricchettoni.
Sembra un film particolarmente divertente, senza eccessi e guizzi narrativi, ma giocando più che altro su scelte tecniche con colori e luci psichedeliche, fotografati da Laszlo Kovacs, che enfatizzano la natura godereccia del film.
Dal punto di vista delle immagini, sono proprio la suggestività e la musica a fare da padroni incontrastati del film, contando che per gli attori sembra un divertissement e basta.
Un film che però rimane solo un accessorio, senza comunicare o assurgere a nulla che non sia lo sballo, il sesso, in particolar modo visto e analizzato dagli occhi di una protagonista timida e sorda e senza nutrire grosse ambizioni ma rimanendo una sorta di docu-film sugli eccessi della fine degli anni '60.


giovedì 4 dicembre 2014

Editor

Titolo: Editor
Regia: Adam Brooks, Matthew Kennedy
Anno: 2014
Paese: Canada
Festival: TFF 32°
Giudizio: 3/5

Rey Ciso era considerato il re della sala di montaggio. I migliori registi si affidavano a lui per l’editing dei loro film. Ma un terribile incidente concluse drammaticamente la sua brillante carriera. Oggi il povero Rey si occupa del montaggio solo di film trash e a basso budget. Durante la realizzazione di uno di questi film attori e attrici iniziano a essere misteriosamente assassinati. La polizia subito fa di lui il sospettato numero uno, e Rey dovrà riuscire a dimostrare la sua innocenza. Presto, però, un oscuro segreto verrà svelato.

The EDITOR come WRONG COPS sono quei film da festival imperdibili che regalano intrattenimento, horror, risate, concentrato di trash e tutto il weird possibile e immaginabile che si possa desiderare.
Con dichiarate venature da b-movie e tanto altro ancora, The Editor si prende maledettamente sul serio come film, citando, omaggiando e prendendosi gioco di quasi tutto il genere neogotico italiano ma anche strizzando l'occhio all'horror anni '70 come anche il genere poliziottesco e tutte le possibili parodie del giallo all'italiana.
Per gli amanti, The Editor si rivelerà presto come un antologia di scopiazzature da altri film (la metafora dei fotogrammi tagliati dal protagonista e le dita perse la dicono lunga su come Brooks e Kennedy procedano per lo studio delle immagini), con un cast perfetto (pensiamo solo che il protagonista sembra una via di mezzo tra Franco Nero e Maurizio Merli, con i baffi ancora più a manubrio, un sempre ispirato Ugo Kier e Laurence R.Harvey, il grasso unto di HUMAN CENTIPEDE II).
Alla regia ci sono una coppia di cineasti canadesi divoratori di cinema che sanno assolutamente il fatto loro e soprattutto sanno come spalmarlo in faccia al pubblico, come la sterminata serie di culi, tette, attrici formose, arti di qualsiasi tipo e forma, e scene di sesso a volontà che mescolate al sangue e al ritmo nonchè alle musiche originali, diventano una bomba esplosiva a orologeria.
The Editor però non va confuso con una produzione low-budget, ma anzi è un grande adattamento scenografico, di costumi, e citazioni a bizzeffe che faranno impazzire i fans del genere.
Tra questi citerei la bionda cieca dagli occhi velati, riferimento palese a L'ALDILA' E TU VIVRAI NEL TERRORE solo per citare il regista numero uno del nostro paese che ha saputo far diventare oro tutta la merda che toccava.
Forse l'unico tranello del film, e i registi se ne accorgono presto, è proprio l'intrattenimento che giocando sempre più sull'esagerazione ad un certo punto rischia di annoiare...o di implodere come facevo riferimento prima alla bomba ad orologeria.

mercoledì 19 novembre 2014

Why don't you play in hell

Titolo: Why don't you play in hell?
Regia: Sion Sono
Anno: 2013
Paese: Giappone
Giudizio: 4/5

Muto e Ikegami sono due gangster che si odiano ma Ikegami è innamorato di Michicko, la figlia attrice di Muto che la madre Shizue vorrebbe vedere apparire in un film. Dopo essere stato scambiato per un regista, il giovane cinefilo Koji chiede al regista indipendente Hirata di scegliere Michiko come protagonista del suo prossimo lavoro ma la situazione prende presto una piega sbagliata.

"Io stesso non credo di capire perfettamente il cinema. Sto ancora cercando di capire cos'è"
Un film totale in tutti i sensi. Forse una delle più grandi sorprese di questi ultimi anni.
Nell'universo di Siono a farla di certo da padrone sono le contaminazioni tra i generi di cui questo film ne è sicuramente un esempio lampante nella sua efficacia e nel suo concetto di Metacinema.
L'opera anarchica dell'outsider giapponese è interpretabile sotto diversi punti di vista.
A partire dalla critica verso le grosse produzioni che con i loro effetti speciali stanno distruggendo il cinema, alle stesse tecniche accomodanti e a volte prepotentemente estetiche (e qui nel calderone ci butta dentro tutti) facendole convergere in un'unica location che sarà anche lo spazio stretto nel quale far detonare tutte le sue voglie e bizzarrie cinematografiche.
In più non si capisce bene se strizza l'occhio o si è stufato del fatto che spesso e volentieri le produzioni occidentali colgano nell'Oriente solo gli aspetti kitchs.
Il 37° film dell'autore giapponese entra di petto dentro gli stessi cardini del soggetto e della sceneggiatura, diventando un motore di propulsione verso il futuro della settima arte, un lungometraggio saturo, in continua deflagrazione cinematografica, sempre dinamico e fuori controllo.
Sono, come i Fuck Bombers, sono in fondo tutti decisi a spingersi ben oltre per realizzare la loro opera d’arte, anche se ciò comporta stringere patti con la yakuza e gettarsi, cinepresa alla mano, in mezzo a sanguinolente battaglie all’arma bianca.
Allo stesso tempo il film ha un ritmo e un gioco a incastro davvero intricato in cui ancora una volta tutti i personaggi riescono ad essere incredibilmente caratterizzati e ognuno di loro assolve una precisa funzione.
Wdypih è un film corale, strutturato sovrapponendo i classici due piani temporali di certi film a tema criminale e connotandolo con tutti gli eccessi che gli passano per la testa diventando e immergendosi nel pieno exploit delirante, dove a farla da padrone è il rosso del sangue che copioso copre buona parte delle inquadrature.
Al di là del fatto che Sono riprende un copione di quindici anni prima, sembra in questa allucinata pellicola, divertirsi come non mai in un divertissement su decenni di cinema action, nipponico innanzitutto, come gli yakuza eiga di Fukasaku Kinji, esplicitamente citati nei dialoghi, o il visionario Suzuki Seijun, di cui Sono Sion riprende l'uso dei colori primari accecanti (la sequenza della bambina che torna a casa e trova un lago di sangue su tutte) o ancora l'eccesso grandguignol delle produzioni Sushi Typhoon di oggi.
"Sono il Dio del cinema"dice uno dei protagonisti durante il film e Sono scherzando, si conferma come uno dei più eversivi, innovativi, inteligenti e coraggiosi autori moderni.

lunedì 22 settembre 2014

Classe 1984

Titolo: Classe 1984
Regia: Mark L.Lester
Anno: 1982
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Un professore di musica viene preso di mira da una banda di cinque studenti criminali, quattro ragazzi ed una ragazza, che controllano anche le attività illegali all'interno della scuola. Dopo che questi si è opposto alle intimidazioni l'atteggiamento dei cinque muta radicalmente, fino ad arrivare allo stupro della moglie incinta; questo evento scatena la sua reazione, che si concretizzerà nell'uccisione dell'intera banda di teppisti.

Mark L.Lester è uno di quei registi,produttori e sceneggiatori che hanno firmato un sacco di film, alcuni assolutamente da dimenticare, per stile, incoerenza e spirito reazionario, mentre altri invece da riscoprire e analizzare in modo meno frettoloso come i due capitoli sulla fantascienza post-apocalittica come CLASSE 1984 e il successivo CLASSE 1999.
In questo caso il film prende svariati temi, centrifugandoli al meglio, senza lesinare sulla violenza e la storia, ma anzi riuscendo a fare un compendio di tanti paradossi soddisfando quasi tutte le tematiche sviluppate.
Mentre nel successivo in particolare la violenza e la disobbedienza, vengono inseriti come conseguenza di un sistema e un'istituzione che ha fallito fin da principio, in questo caso viene sottolineata la violenza tra i giovani nei licei, uniti ad atti di bullismo verso i piu deboli, violenza perpetuata anche dagli insegnanti, costretti a girare armati e una carneficina finale davvero cruda e violenta.
Nel 1968 il nostro buon Di Leo firmava I RAGAZZI DEL MASSACRO sicuramente un film che non è sfuggito all'occhio di Lester e ce se anche trattava un episodio all'interno di una scuola, aveva una sua premura in comune di sottolineare un'emergenza educatica e sociale.

giovedì 26 giugno 2014

Wrong

Titolo: Wrong
Regia: Quentin Dupieux
Anno: 2012
Paese: Usa
Festival: TFF 30°
Giudizio: 3/5

Dolph Springer si sveglia una mattina e si rende conto di aver perso l'amore della sua vita, il suo cane Paul. La ricerca del fidato amico lo porterà a cambiare se stesso e quelli che incontra.

Dupieux e il lato inquietante del non-sense.
Prima di ROBBER e del suo migliore finora WRONG COPS, il dee-jay e regista francese, continua la sua visione bizzarra degli aspetti quotidiani della vita, come sempre sfruttando un impianto a volte grottesco e spesso con grandi dosi di humor nero.
Sembra che a Mr Oizo proprio la quotidianità infastidisca quindi la capovolge ma senza esagerare nemmeno troppo, la riplasma mettendoci del suo a tempi di electro, con un risultato che spesso e volentieri funziona e diventa pure maledettamente divertente.
Da un ufficio di lavoro in cui piove continuamente dentro, ad un vicinato quanto mai difficile da accettare, sembra uno scanner delle nevrosi e delle ansie post moderne e di tutta la frustrazione generata e mal vissuta, per non esplodere, ma anzi implodendo dalla rabbia.
Il meccanismo di difesa dall'assurdo dei personaggi del film è quello della negazione e sembra davvero aver inquadrato una delle caratteristiche post-moderne di noi scimmie ammaestrate male e votate all'egoismo e alla proprietà privata.
Il punto più forte che Dupiex centra (non si capisce se volutamente o no) è proprio l'interessante critica surrealista sull'alienazione piccolo-borghese che ci colpisce ora più che mai.


giovedì 29 maggio 2014

Las brujas de Zugarramurdi

Titolo: Las brujas de Zugarramurdi
Regia: Alex De La Iglesia
Anno: 2013
Paese: Spagna
Giudizio: 4/5

Josè in compagnia di un gruppo di balordi compie una rapina in un banco di pegni e ruba venticinquemila fedi nuziali. Porta con sé il figlio di appena otto anni, facendolo partecipare attivamente al colpo all’insaputa della moglie, in lotta con lui per l’affidamento del bambino. Ma qualcosa va storto, la rapina si trasforma in una caneficina e Josè, con il figlio, un altro strampalato rapinatore, un ignaro tassista e un ostaggio, fuggono verso il confine francese. Ma nella loro fuga approdano a Zugarramurdi, un piccolo paese popolato da streghe bellicose che non hanno nessuna intenzione di lasciarli andare via.

Nel suo ultimo calderone di esagerazioni furibone, Witching & Bitching del talento spagnolo, fa godere come pochi, dal primo all'ultimo minuto, in quasi due ore di film.
Chi conosce il regista, conosce il suo braccio destro, ovvero lo sceneggiatore folle Guerricaechevarria. Ora il suo ultimo film scardina tutto, distrugge, ricolloca, ritrasforma e da una sua particolare visione sul femminino davvero impressionante.
E'però un film che dietro la sua apparente ingenuità narrativa e soprattutto nelle regole e nel taglio action, estrae le più oneste verità, dipingendo uno scenario grottesco ma attuale e veritiero che non strizza mai l'occhio alla misoginia ma invece allo humor nero (caratteristica endemica del regista).
Trovatemi in Europa qualche pazzo come il talento di cui parlo, che riesca a destreggiarsi tra i generi, mantenendo uno schema e una lucida follia come lui e allora forse capirete la difficoltà, l'importanza, il gioco, l'esagerazione e una sceneggiatura perfetta e quanto mai politicamente super-scorretta che ormai è un arto inseparabile del regista che proprio non c'è la fa a non schierarsi.
Ancora nel suo film ne ha veramente per tutti/e dalla paura per le streghe (capite la metafora) e la stoltezza di chi vede nella donna una minaccia o pericolo. Nell'attesa di un salvatore o di un demonio, quando invece vediamo spuntare l'emblema del non-sense come anche il nascituro, il nuovo uomo e adrogino (che strizza l'occhio a HELLBOY) invocato dalle streghe e che porterà ditruzione e caos.
Sulla grande madre un lavoro certosino, una Venere di Willendorf, ovviamente riplasmata e riveduta, che prende per il culo tutti gli ultimi mostri abominevoli, nel senso che sono tutti uguali, partoriti da una c.g senz'anima.
E per finire non và dimenticata l'auto-ironia di cui il film è costellato.
Un film coraggioso, spietato e potente di un marcato autore che prende le distanza da tantissimi colleghi o finti-tali, manovali di Hollywood, che non sono in grado di trasmettere nulla e non hanno quella che ha un solo e unico nome nella settima arte: la passione.



giovedì 22 maggio 2014

Wrong Cops

Titolo: Wrong Cops
Regia: Quentin Dupiex aka Mr Oizo
Anno: 2013
Paese: Usa
Festival: TFF 32°
Giudizio: 3/5

In una Los Angeles immaginaria un gruppo di poliziotti si concede ogni tipo di licenza, spacciando droga o estorcendo prestazioni sessuali attraverso il ricatto. In un mondo in cui la legge non esiste e le regole del buonsenso sono ribaltate, è possibile trovare una borsa di denaro in cortile o incontrare un poliziotto che cerca disperatamente di sfondare nel mondo della musica elettronica.

Ci sono due elementi davvero emblematici nell'ultimo film del dj Mr Oizo.
Il primo è la musica. Totale. Assoluta.Travolgente, malata, disturbante e in parte angosciante. Dall'altra lo humor nero e alcuni dialoghi che sembrano usciti da qualcosa che sembrava essersi perso nel tempo, un ritmo allucinato e suggestivo, mai pacchiano ma weird in toto.
Devo dire che alla prima visione al Tff rimasi in parte deluso, soprattutto contando che non amavo particolarmente Mr Oizo dopo il deludente RUBBER, ma qui ci troviamo di fronte a tutt'altra cosa, un film che sembra unire la Troma a Meyer e Waters e altri richiami che non sto a citare creando quasi un continuum con la tradizione dell'exploitation, in questo caso francese.
C'è una scena che basta da sola a determinare l'esito del film e la sua "serietà", ovvero quando la strana coppia formata da un poliziotto con una benda alla Lady Gaga e una passione insana per la techno e un moribondo interessato più al groove perfetto che a sopravvivere, tentano invano di farsi produrre un loro brano da un produttore discografico.
In quella scena è racchiusa tutta la summa del cinema di Dupiex, quindi prendere o lasciare.
Io pensavo di lasciare, ma dalle risate che mi sono fatto, direi che a questo punto prendo.

venerdì 9 maggio 2014

Raze

Titolo: Raze
Regia: Josh C.Waller
Anno: 2012
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Jamie, Sabrina, Pheobe, Sofia e Rhona sono solo alcune delle oltre 50 donne che sono state rapite da un'associazione segreta ed elitaria che adora assistere a uno spettacolo molto particolare e crudele: quello di due donne che combattono tra di loro a mani nude fino alla morte per difendere la vita dei loro cari.
Tra le rivalità che si formano è proprio quella tra Jamie e Sabrina la più intensa..

Zoe Bell è la protagonista assoluta di questo cat-fight decisamente iper-violento con venature revenge per tutto il terzo atto della storia. Poco da aggiungere su una trama risoluta, che rinchiude tutte e 22 le ragazze costringendole a "massacrarsi" di botte. La violenza è le scene di combattimento vanno per la maggiore senza però portare a nessun guizzo in campo di scrittura e con dei colpi di scena palesemente telefonati.


mercoledì 15 gennaio 2014

Terminal Island-L'isola dei dannati

Titolo: Terminal Island-L'isola dei dannati
Regia: Stephanie Rothman
Anno: 1974
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

In un prossimo futuro, il governo della California ha commutato la pena di morte - definitivamente abolita - con l'esilio perpetuo nell'isola di San Bruno. La colonia penale, conosciuta con il nome emblematico di "Terminal Island", non è sorvegliata dalla polizia poiché, da lì, un tentativo di fuga è impensabile, e i detenuti sono liberi di scegliere come organizzarsi, sia che decidano di orientarsi verso un modello di vita pacifico sia che preferiscano continuare a percorrere fino in fondo la strada della violenza. Nell'isola, inevitabilmente, regna la piú completa anarchia e il gruppo guidato dallo psicopatico Bobby Farr spadroneggia umiliando i rivali e schiavizzando le donne. L'arrivo sull'isola della giovane Carmen segna, però, l'inizio della rivolta da parte degli oppressi.

Bisogna ammettere che sono divertenti questi film del filone women in prison sottogenere dell'exploitation anni '70 in cui fondamentalmente i registi e gli sceneggiatori avevano la possibilità di creare previsioni sul futuro come in questo caso un'isola/carcere dove i prigionieri sono liberi di uccidersi e di organizzarsi come vogliono.
Dal punto di vista del soggetto è decisamente originale contando che molti anni dopo uscì un fumetto giapponese chiamato BATTLE ROYALE che per alcuni aspetti sembra riprenderne l'idea modificando però la storia e il contesto e in più cercando di allargare la denuncia sul mondo civile che espelle i problemi dandogli più una connotazione sociologica e in particolare nel film emerge tutta un'importanza legata al potere e al controllo dell'incertezza.
I personaggi sono tutti bene o male caratterizzati in modo comunque funzionale per la storia e gli obbiettivi del film e a fare da sfondo durante lo svolgimento del film ci pensano delle solide musiche beat.
La donna qui è fondamentale per la rinascita e per cambiare la dittatura che si era imposta sull'isola, una afro-americana diventa la scelta perfetta analizzando quindi diverse sotto-storie, ma anche non risparmiando una certa idea maschilista di relegarla a serva o a cortigiana.
Un film che certo và visto rapportato all'anno di uscita e quindi con tutti i limiti sugli effetti speciali e anche sembra sul budget e purtroppo le scene che soffrono di più di questo fattore sono proprio i combattimenti e le scene di lotta e contando che in un film come questo non sono certo poche si fa fatica a digerirle.

lunedì 25 novembre 2013

Machete Kills

Titolo: Machete Kills
Regia: Robert Rodriguez
Anno: 2013
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Distrutto dalla morte della poliziotta sua compagna avvenuta sotto i suoi occhi Machete viene ingaggiato dal presidente degli Stati Uniti per andare a bloccare un folle che ha puntato un razzo sulla Casa Bianca, in cambio gli vengono offerti la cancellazione di tutti i suoi reati e la cittadinanza americana. Machete accetta ma dopo aver scovato il delirante boss messicano affetto da schizofrenia che ha puntato il missile e dopo averlo scortato per tutto lo stato attraverso il muro che fa da confine con gli Stati Uniti, scoprirà di dover andare ancora più in alto per fermare la minaccia, dal villain che l'arsenale l'ha fornito.

Certo bisogna aspettarsi una tamarrata allucinante quando si parla di spoof exploitation che calcano i Grindhouse anni '70. Rodriguez è uno dei registi più prolifici, folli, senza regole, che sfruttano senza essere sfruttati lo star system e alla fine fanno quello che vogliono.
Certo non tutta la filmografia è costellata di capolavori ma intanto c'è ne sono parecchi e ancora ne aspettiamo. Machete Kills spacca per due motivi: intanto l'unico che ha avuto le palle di fare un vero film dai teaser di Grindhouse è stato proprio Rodriguez e firmando un sequel, dopo il successo del primo, conferma la sua propensione per non abbandonare i progetti (speriamo dunque in BARBARELLA anche se sembra ormai abbandonato definitivamente per dare spazio al terzo capitolo di Machete nello spazio).
Il risultato e il dato sorprendente del film innanzitutto è il ritmo devastante con cui viene concepita l'intera pellicola, ovvero non avere quasi mai pause in cui lo spettatore cerca di capire quello che vede. Per secondo ci sono così tante riuscite e nutrite comparsate da far impallidire OCEAN'S puttanata ELEVEN e tutto il resto. Terzo come sempre l'amore per i b-movie, per lo stile sporco ed efficace, per lo sguardo inespressivo di Trejo, per la passione con cui in un solo film sembra concentrare tutto l'exploitation possibile. Ancora di più rispetto al primo, le immagini e audio trattati per sembrare pellicola di cattiva qualità alternate ad uno splendente e perfetto digitale, funzionano perfettamente con l'anima del film, effetti poco speciali messi in evidenza da un uso appositamente spregiudicato delle controfigure.
E poi ancora più del primo a fare da padrona e un'ironia che pervade tutto il film, altalenando splatter e squartamenti ed esplosioni a frasi fatte e scene tragicomiche.
Folle e dire poco per uno che alla fine riesce ad ottenere successo al botteghino con una fracassonata fatta con stile e che chiama in cattedra forse uno dei pochi capace di trattare la materia in questo modo e credendoci fino alla fine.

sabato 16 novembre 2013

Monster Brawl

Titolo: Monster Brawl
Regia: Jesse T.Cook
Anno: 2011
Paese: Canada
Giudizio: 2/5

Una lotta grottesca e divertente, fino alla morte, con un cast di otto combattenti dell'horror classico. Questi mostri competeranno in uno scontro viscerale e sanguinoso su un ring che determinerà il mostro più potente di tutti i tempi.

Già quando ho letto Canada mi sono venuti dei dubbi. Ero elettrizzato. Il motivo?beh un film così tamarro mancava nel panorama contaminatissimo degli horror moderni. Quando ti appresti a vedere un film fatto abbastanza alla cazzo che non lesina sulle mazzate e fondamentalmente sotituisce i mostri agli idoli del wrestling tutto è presto detto.
Dunque ci si aspettava una miscela di umorismo, momenti topici weird, satira e splatter conditi al giusto punto ma senza esagerare e alcuni momenti davvero esilaranti.
Il fatto in sè è che non avendo una sceneggiatura, il film mostra i combattimenti inframezzati da un background, una specie di corto, in cui una voce narrante racconta la storia di questi mostri.
Ora finalmente mi appresto a dire che questo Cook, sconosciuto al mondo intero, purtroppo commette una cifra memorabile di errori sedendosi e adagiandosi sugli allori con la sicurezza che trovata l'idea, il film si sarebbe girato da solo.
Al di là dei molteplici errori di sceneggiatura, sì lo so che fa ridere notarli quando non c'è neanche un soggetto, così come il fatto di non prendere mai sul serio gli intenti del film. E'vero che un film del genere sin da subito denota quelle che saranno le garanzie commerciali, ma se fosse stata data questa possibilità a Kauffman o un Cosciarelli, l'esito sarebbe stato di sicuro diverso.
Banalità e scontatezza sono quindi gli elementi a fare da padroni in questo che poteva essere un perfetto gioiello nerd, potenzialmente con tutte le carte in regola per essere eletto cult istantaneo del cinema di serie B.