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giovedì 12 maggio 2022

Seed (2021)


Titolo: Seed (2021)
Regia: Sam Walker
Anno: 2021
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

Quello che inizia come un weekend di ragazze nel deserto del Mojave diventa una storia di orrore, morte e invasione aliena.
 
A volte non mi spiego il pubblico. Seed è una figata totale detto da uno che mastica gli horror come gli smanettoni masticano i porno. E qui nell'opera prima di Walker c'è tanta carica erotica. Un alieno che penetra le protagoniste in un gioco di carne cronemberghiano e che in parte mi ha ricordato Yuzna. Un alieno che sembra essere l'alter ego del male di ET. Un film che parla di destini, di fine dell'umanità, del non poter combattere alcuni poteri telepatici che rischiano di far sopperire chiunque non sia disposto a farsi ingravidare dalla creatura. Con un finale in parte prevedibile ma che distrugge ogni sorta di happy ending, Seed è un perla di cattiveria, dove sembra di vedere anche i Visitors, tanta scifi anni 50' e 60', dove l'orrore cosmico straborda e dove quando finalmente capiamo cosa sta per succedere è ormai troppo tardi e il film esplode con la sua malvagità.
Sembra la metafora che a voler salvare una specie di un altro pianeta si finisca col fare una gigantesca cazzata e dare così il pianeta in pasto agli alieni. Soprattutto se l'alieno in questione fa tutto dal letto dove viene lasciato senza nemmeno muoversi ma agendo in maniera telepatica e sorridendo mentre ingravida e devasta le menti delle tre amiche.
Seed prova ad essere il più disgustoso e rivoltante possibile riuscendoci molto bene e regalando un altro film sull'invasione aliena che sembra quasi un home invasion di un piccolo e tenero cucciolo di tartaruga.

martedì 12 aprile 2022

Mad God


Titolo: Mad God
Regia: Phil Tippett
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 5/5

In un mondo popolato di mostri, scienziati pazzi e maiali da guerra, una campana subacquea corrosa fa la sua comparsa in una città in rovina. Dal suo interno, fuoriesce l'Assassino, arrivato per esplorare quel labirinto di paesaggi bizzarri popolato di personaggi altrettanto strambi.
 
Phil Tipett è un baluardo dell'animazione e della stop motion. Innumerevoli solo le sue collaborazioni con vari registi nel corso degli anni e negli anni '80 tra le altre cose ha inventato la tecnica Go-motion, convertendosi alla computer grafica negli anni '90. Tra grandi studios ha sempre trovato il modo e il tempo di portare avanti i suoi progetti personali dove il film in questione rappresenta l'apoteosi ma dove si possono trovare altri corti interessanti in rete come PREHISTORIC BEAST o MUTANT LAND. Mad God come tutti i suoi lavori precedenti è un parto malato, un'opera sontuosa che mischia elementi bizzarri, un universo confuso e caotico, dove come sempre il tema principale dell'autore è la vittoria da parte del più forte e dove non c'è mai salvezza. Insomma una sorta di inferno dantesco degenerato e senza regole dove ogni forma di aberrazione sembra la norma e dove in questa genesi mitologica tutto sembra non avere senso, lasciato alle crudeli leggi di divinità sadiche.
Mad God è un calvario, un film crudele e poetico, un'esperienza visiva che non capita di vedere tutti i giorni e dove probabilmente solo gli amanti del genere verranno premiati con una galleria di immagini strazianti, ipnotiche, una fiera delle atrocità dove il piacere è subissato dal dolore, dalla carne e dal sangue e dove non a caso i protagonisti della storia dell’umanità sono delle marionette mosse un passo alla volta da un Dio beffardo e osservate da un assassino.





Alone with you


Titolo: Alone with you
Regia: Emily Bennett e Justin Brooks
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Charlie che prepara il suo appartamento per la fidanzata Simone per festeggiare insieme il loro anniversario. Simone, una fotografa professionista, è via per un viaggio di lavoro e Charlie sta facendo del suo meglio per accogliere il suo partner a casa. Tuttavia, non tutto va bene. Tra la ricezione di videochiamate condiscendenti dalla sua amica Thea e una videochiamata dalla madre prepotentemente religiosa, Charlie inizia a sentirsi sempre più nervosa, soprattutto con Simone che non risponde affatto alle sue chiamate. Le cose diventano inquietanti molto rapidamente: scorci di una figura inquietante all’interno della casa possono essere visti alla periferia di alcune scene, i video iniziano a presentare problemi in un modo piuttosto inquietante e la porta d’ingresso si rifiuta di muoversi, lasciando Charlie intrappolato all’interno.
 
Pandemia, disorientamento, isolamento (forzato), incubi, allucinazioni e infine la follia.
Emily Bennett scrive, dirige e interpreta questo indie horror casalingo low budget dove seppur i canoni utilizzati non portano a nulla di sofisticato, l'impianto regge quasi interamente sulle spalle dell'autrice/attrice. Coppia queer, amiche di sostegno al telefono, videochiamate con una madre che non accetta la fede e la sessualità della figlia e poi la consorte che non risponde.
Alone with you lascia presagire sin dal titolo nella sua immediatezza come Charlie comincerà una vera discesa all'inferno tutta tra le mura di casa partendo dalle voci incessanti e inquietanti dalla presa d'aria che inizialmente partono come una richiesta d'aiuto e poi cominciano a perseguitare la protagonista. Una porta che non si apre e dunque si rimane bloccati in balia delle forze dell'ordine che non arrivano e di un'amica che comincia a delirare dal locale in cui si trova.
In più se ci mettiamo una figura misteriosa nella casa, una macchina fotografica che comincia a dare i numeri, una figura che si palesa davanti alla porta e dei manichini inquietanti, il risultato seppur raffazzonato in alcuni momenti riesce ad avere sempre un'atmosfera intrigante contando che Charlie parla solo al telefono e non ha dialoghi con nessun essere umano fatta eccezione per degli squarci di flash back dove vediamo che fine sta facendo o ha fatto la consorte Simone.

My heart cant beat unless you tell it to


Titolo: My heart cant beat unless you tell it to
Regia: Jonathan Cuartas
Anno: 2020
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Dwight e Jessie faticano per mantenere in vita il loro malato fratello minore. Per riuscire nel loro scopo, devono dargli da mangiare sangue umano.
 
Un altro indie low budget americano che parla di malattia. Quella malattia che diventa il male da cui ci si deve allontanare oppure curarlo e nasconderlo semplicemente perchè non si può fare altrimenti. Cuartas crea un film molto minimale, deprimente, quasi esclusivamente un'unica location all'interno di una casa e un trio di personaggi emotivamente molto distanti dallo spettatore. Lo stesso non si può dire per alcune vittime le quali provocano una certa comprensione soprattutto perchè non vedono in Dwight il classico maniaco o assassino ma qualcuno che sta facendo qualcosa per una causa di cui non sembra poi così sicuro.
Un horror sociale permeato di disagio che tratta il vampirismo (qui pur non essendo mai citato è doveroso ribadirlo) come emarginazione sociale già visto negli ultimi anni in film come Blood Red Sky, LASCIAMI ENTRARE o soprattutto Transfiguration. Un film triste negli intenti che muove ma per alcuni aspetti molto realistico seppur Cuartas sembra fregarsene a priori di darci almeno un paio di informazioni utili ad esempio del come nessuna indagine venga mossa per cercare gli scomparsi (perlopiù messicani irregolari) o del perchè non venga spiegato il nucleo come è arrivato lì e che cosa realmente è la malattia di Thomas.
My heart cant beat unless you tell it to è una metafora tetra e disarmante su dove si è disposti ad arrivare per aiutare qualcuno che si ama, a che livelli possa arrivare la povertà e delle conseguenze legate al gesto di uccidere una persona.





domenica 27 marzo 2022

Hellbender


Titolo: Hellbender
Regia: Toby Poser, Zelda Adams e John Adams
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Izzy, 16 anni, mentre inizia a mettere in discussione il suo modo di vivere. A causa di una rara malattia, ha vissuto in isolamento con la madre sulle montagne di New York, lontana dal resto della civiltà. Izzy inizia a mettere in discussione la sua realtà e si ribella facendo amicizia con una ragazza che vive nella zona. Tuttavia, il raggiungimento della maggiore età di Izzy viene fatto deragliare dopo che lei mangia un verme vivo come parte di un gioco giovanile e scopre che una fame insaziabile e violenta si è risvegliata dentro di lei. Izzy scopre quindi gli oscuri segreti del passato della sua famiglia e l’antico potere nella sua stirpe.
 
Finalmente un gioiellino low budget dall'indie horror. Hellbender è la consacrazione dell'atto magico dove viene creato un folklore apparentemente inesistente mischiando l'horror popolare radicato in una storia odierna (questo per ribadire come non bisogna sempre e solo attingere da quanto c'è già, ma se possibile e si hanno le idee crearne di nuovi). Film di formazione sulla magia, sull'esoterismo, sull'orrore e il simbolismo occulto, un coming of age atipico dove si attinge da quanto si è già visto da parte della protagonista voler sfidare le regole e la propria inviolabilità mettendosi alla pari con i rituali adolescenziali.
Dall'altra una madre, una strega contemporanea e originale che riesce con la musica e le arti magiche e gli incantesimi a rimanere in una sorta di limbo tra la natura incontaminata e la società creando un gruppo musicale, Hellbender del titolo, con la figlia per aumentarne il legame e la complicità. Quando ovviamente Izzy vorrà liberarsi da questo tedio stanca e vogliosa di mettersi alla pari con i suoi coetanei inizieranno i guai dove da una parte mancano del tutto i legami patriarcali e gli unici uomini che si avvicinano al confine con la casa vengono magicamente fatti esplodere da una madre iper protettiva.
Hellbender ha certamente anche dei piccoli difetti ma tutti tecnici legati al budget, agli effetti speciali ad alcune inquadrature amatoriali e una fotografia non sempre al meglio, soprattutto nei minuti finali.
Eppure siamo di fronte ad uno degli horror più belli e importanti del 2021

venerdì 4 febbraio 2022

Innocents


Titolo: Innocents
Regia: Eskil Vogt
Anno: 2021
Paese: Norvegia
Giudizio: 4/5

Durante una luminosa estate nordica, un gruppo di bambini rivela i propri poteri, tanto oscuri quanto misteriosi, solo quando gli adulti non vedono.

Un'altra pellicola sulla presunta innocenza dei bambini. Poteri soprannaturali ESP che vanno dalla telepatia, alla chiaroveggenza fino alla precognizione e alla capacità di creare allucinazioni in maniera inizialmente non consapevole e per la prima volta uno scontro solo tra pari dove gli adulti sono azzerati o meglio un contorno che non sembra accorgersi di nulla, lasciando ai piccoli protagonisti conflitti e approcci. Un coming of age, un viaggio di formazione per la piccola protagonista ma anche per chi le sta attorno come la sorella autistica e pochi gregari che abitano vicino a lei.
L'innocenza perduta o l'empatia di saper percepire quando si sta superando un confine. Vogt con strumenti psicologici e pedagogici mette alla prova le capacità di alcuni bambini nel cercare di capire cosa è bene e cosa è male. Cosa è lecito o cosa no. Se schiacciare il cranio ad un gatto inerme e ferito è divertimento oppure nasconde una crudeltà e un sadismo a cui è difficile dare voce fino a che non esplode azzerando ogni barriera (l'uccisione della madre). Un horror minimale e sofisticato , originale quanto ambizioso regalando interpretazioni incredibili, riuscendo a far commuovere quando vengono trattate tematiche sociali legate alla malattia e al potere della guarigione. Un film semplice e lento, dove l'atmosfera, l'audio e i primi piani sugli occhi dei bambini sembrano voler agire e rimanere impressi ancora più dei gesti e delle scene d'azione centellinate ad hoc.

Superdeep


Titolo: Superdeep
Regia: Arseny Syuhin
Anno: 2020
Paese: Russia
Giudizio: 4/5

Nel 1984, al Circolo polare artico, il Kola Superdeep Borehole è il più grande laboratorio segreto dell'URSS, situato a 12 mila metri sotto terra. Pochi mesi dopo l'apertura del sito, gli scienziati registrano voci e urla di origine sconosciuta. Il laboratorio viene allora chiuso e un team di ricerca d'emergenza, guidato da Anna, viene inviato per scoprire cosa si nasconda nel buco più profondo del mondo.
 
Dopo Sputnik un altro imperdibile horror russo di tutto rispetto. La COSA ritrasformato aggiungendo pochi elementi ma rendendoli funzionali più che mai alla narrazione. Ciò che stupisce di questi horror russi è l'ambizione di cimentarsi con lo spazio e l'orrore cosmico mentre qui si deraglia verso un laboratorio segreto nascosto nelle cavità della terra al circolo polare, il pozzo super profondo di Kola.
Tanta scifi quindi correlata da horror, body horror, thriller psicologico, dramma e tanto altro ancora. Capace di prendere alcuni topoi di genere e trasformarli al meglio anche se spesso e volentieri, esagerando e rischiando di trasformare quanto di meglio in alcune virate ridicole e troppo inverosimili. Nonostante la durata, il regista parte subito all'attacco spedendo la nostra epidemiologa nell'inferno sotto terra dove leggenda narra che da quel buco di 14 km sia stato piazzato un microfono registrando voci umane appartenenti, secondo la credenza popolare, alle anime dell’inferno. Senza però trattare la materia sulla base della suspance, Syuhin mostra trasformazioni fisiche, abnormità, body horror appunto con creature artigianali simili a quelle di Carpenter e dove un enorme polmone gigante e alieno sembra attirare a sè tutto ciò che lo circonda (la scena finale nel ponte sotterraneo a parte qualche limite di c.g è perfetta nel creare tale sensazione e quale orrore possa scaturire dal sangue nero della terra). Superdeep è imperfetto e commette qualche stupidaggine e lungaggine di troppo ma di sicuro ha un ritmo formidabile, i personaggi c'è la mettono tutta e la protagonista serba è così affasciante da creare un effetto calamita per lo spettatore.

domenica 23 gennaio 2022

Climate of the Hunter


Titolo: Climate of the Hunter
Regia: Mickey Reece
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Due sorelle, Alma ed Elizabeth, insieme al loro cane fanno ritorno nella remota casa della prima per ricongiungersi con Wesley dopo vent’anni. Alma è divorziata da poco, Elizabeth è una maniaca del lavoro mentre Wesley vive solitamente a Parigi, dove si occupa di una moglie gravemente malata. A poco a poco, le due donne si contenderanno le attenzioni di Wesley, che in realtà potrebbe essere un vampiro.
 
L'opera di Reece è un indie low budget interessante, old style, vintage ed elegante.
Sette attori in totale e un cane. Un trio che cena dopo cena, svela le proprie carte, suddiviso in capitoli e da indizi che il film sciorina poco alla volta per dare pathos e atmosfera alla storia.
Un cottage in mezzo alla natura e distante dalla civiltà, due sorelle, due adepte che aspettano il loro maestro, figli e figlie che partecipano al banchetto nella casa e infine un guardia boschi pazzo e solitario che sembra annusare nell'aria l'avvento di qualcosa di pericoloso.
Climate of the Hunter è tutto concentrato sui dialoghi dei tre protagonisti dove Wesley sembra l'incarnazione del maschio alfa, elegante e intellettuale, capace di dimostrarsi adatto in ogni luogo e circostanza. Un uomo che ha viaggiato ovunque, divorando donne di ogni tipo e dimostrando di poter avere qualsiasi cosa che anela.
Sul tema del vampirismo di cui ho visto ogni film possibile, questo riesce ad avere una tematica originale, potrebbe quasi sembrare il cugino lontano delle STREGHE DI EASTWICK meno ambizioso e con un ritmo lento e parecchi dialoghi. Solo il finale sembra muoversi troppo spedito portando ad una resa dei conti che di fatto sembra terminare troppo velocemente una storia che sul più bello trova un climax finale discutibile.

Son


Titolo: Son
Regia: Ivan Kavanagh
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Dopo che un misterioso gruppo di individui irrompe nella casa di Laura e tenta di rapire suo figlio David di otto anni, i due fuggono dalla città in cerca di un posto sicuro. Ma subito dopo il fallito rapimento, David si ammala gravemente, soffrendo di psicosi e convulsioni sempre più frequenti. Seguendo il suo istinto materno per salvarlo, Laura compie atti indicibili per mantenerlo in vita, ma presto dovrà decidere fino a che punto è disposta a spingersi per salvare suo figlio.
 
Son è un horror robusto e potente con tanti topoi di genere visti e stravisti ma mischiati assieme con una buona scrittura e diretti dalla mano abile di Kavanagh. CanalNever grow old, erano lavori molto interessanti e intensi dove l'atmosfera la faceva da padrona come nel suo ultimo film.
L'autore mette insieme il tema del figlio del male assieme a quello della setta, del cannibalismo, della gravidanza, dell'istinto materno, della malattia e molto altro ancora.
Si urla parecchio nel film, prima dalla nascita di David e poi nella malattia sempre dello stesso.
Son è una fuga continua, una lotta incessante tra Laura e il resto della società di cui ha paura, da cui fugge e si ripara. Dove non sembrano esserci complici e amici, dove si è in continua e perenne crisi identitaria e dove il passato è un trauma senza parole.
Un film a tratti eccessivo come il finale che non vuole regalare nulla, anzi, restando memorabile per chi non ama gli happy ending e soprattutto per un disegno e un piano diabolico che sembrava già delineato in partenza. Una fuga da un orrore da cui non si può fuggire.

venerdì 21 gennaio 2022

Scary of sixty first


Titolo: Scary of sixty first
Regia: Dasha Nekrasova
Anno: 2020
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Due giovani coinquiline vedono le loro esistenze sconvolte dopo aver scoperto che il loro nuovo appartamento a Manhattan nasconde un oscuro segreto.
 
Siamo dalle parti dell'indie estremo e infatti il film della Nekrasova, anche protagonista, entra di rito nell'horror psicologico, quello endemico, quello facente parte di film assurdi come Queen of Earth dove con pochi mezzi e un budget risicato si riesce a fare del buon cinema.
E qui le premesse sono ambiziose per quanto il film all'inizio risulti assurdo e dove non si capisce lo sviluppo e soprattutto dove andrà a parare. Scelte ingegnosissime capaci di rendere originali alcune scene già viste in mille modi ma qui sviluppate in modo atipico e astuto. Un film malato, macabro, femminile in tutti i sensi, dove solo verso la metà o meglio il terzo atto esce fuori la vicenda del miliardario pedofilo Jeffrey Epstein. Con alcune scene erotiche che non si vedevano da anni e un coraggio delle protagoniste di mettersi a nudo in tutti i sensi, il film peraltro molto sanguinolento, percorre sentieri insidiosi, alcuni dei quali vengono presi nella giusta maniera. Altri invece come la vicenda appunto del complotto e della setta nella casa, sembrano sfuggire nelle reali ambizioni e fare un miscuglio generale di sicuro effetto cinematografico ed estetico ma inespresso dal punto di vista narrativo

venerdì 24 dicembre 2021

Sator


Titolo: Sator
Regia: Jordan Graham
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Adam vive un'esistenza solitaria in una foresta desolata, dove riceve occasionalmente le visite del fratello Pete. Ben presto, però, un'altra presenza familiare si profila per lui all'orizzonte: si tratta di sua nonna "Nani", il cui corpo da tempo fa da tramite per uno spirito che lei chiama Sator. Secondo le sue parole, Sator l'ha aiutata e le ha insegnato a divenire quello che è ma Adam scopre pian piano che ha intenti decisamente più malvagi. Non limitandosi alla psiche della nonna, Sator inizia a manifestarsi in altri modi e minaccia la vita non solo di Adam ma anche del resto della sua travagliata famiglia.
 
"Sator ti ha cercato e ti conosce. Sa quando riposi e quando ti alzi. Percepisce i tuoi pensieri da lontano. Osserva quando esci (...) Non c'è niente di nascosto che non sarà rivelato e segreti che non saranno conosciuti. Colui che rivela il profondo e nascosto, saprà cosa c'è nel buio. Quello che non si vede nell'oscurità può essere mostrato alla luce." (Nani)
Sator è uno di quei folk horror indipendenti e molto curati. Girato quasi tutto all'interno di un bosco e in una catapecchia dove ascoltiamo i ricordi di una anziana donna che sciorina testimonianze su una misteriosa creatura dei boschi. Pochi attori, dialoghi ai minimi termini, tanta mdp a spalla e un'atmosfera anomala come una lenta e misteriosa ricerca di qualcosa più grande di noi.
Graham è rimasto 7 anni sul progetto rendendolo ancora più personale con la presenza della nonna a raccontare le leggende di Sator. Contatti extrasensoriali, scrittura medianica, sembra che varie esperienze della nonna dopo una brutta avventura avuta con tavola Ouija l'abbiano completamente fatta impazzire e ricoverata. Pur soffrendo di demenza senile (spesso non ricorda il nipote quando questo va a farle visita) Graham ha usato i disegni e gli appunti originali della donna e delle sue esperienze passate. Un film personalissimo dove la natura ancora una volta svolge un ruolo prezioso nel creare suggestioni. La figura di Sator viene accennata in qualche scena come all'interno della grotta. Ci sono molti sfasamenti temporali e spesso non è chiaro quali siano gli obbiettivi dei personaggi (due fratelli e una sorella). Infine indizi strani e anomali come la ragazza legata ad un albero in piena notte in mezzo al bosco e un finale aperto che lascia sbigottiti per il livello molto alto di violenza a cui il film non aveva mai fatto ricordo prima, rimangono perlomeno dei buoni tentativi



sabato 18 dicembre 2021

Reckoning


Titolo: Reckoning
Regia: Neil Marshall
Anno: 2020
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 2/5

Inghilterra, 1665. La Grande peste ha colpito il paese facendolo crollare in un clima di paura, sfiducia e morte. Disperata e terrorizzata, la popolazione fa affidamento alla superstizione e la Chiesa cattolica ne approfitta crudelmente dando avvio a una caccia delle streghe senza precedenti. Grace Haverstock ha appena seppellito il marito quando, costretta a provvedere da sola a tutti i suoi bisogni, viene guardata con sospetto dai suoi concittadini per la sua indole. Quando il padrone di casa tenta di costringerla a pagargli i suoi debiti con favori sessuali, Grace lo rifiuta con violenza. L'uomo l'accusa allora di stregoneria, facendola rinchiudere in prigione. Qui, Grace affronterà orribili interrogatori per mano dell'inquisitore più spietato della Gran Bretagna.

Per me Marshall è come Re Mida. Persino il suo Hellboy(2019) mi è piaciuto più di quello di Del Toro (che amo) per ragioni che qui non starò a discutere. Marshall poi è uno di quegli autori così amante del cinema di genere da aver esplorato anche lui un sacco di territori immettendo nella sua politica d'autore tutti i mostri possibili. Reckoning è un film sulle "streghe" molto anomalo e classico per degli stilemi che in un autore come lui non siamo abituati a vedere. Perchè le streghe non si vedono, il male come demonio solo in piccolissime parti, la peste domina il film, la tortura c'è ma non è l'elemento preponderante (per fortuna) e infine c'è il revenge movie e la protagonista che si inalbera così tanto da far fuori mezzo castello pieno di preti spretati, personaggi stereotipati al massimo come il viscido Pendleton e l'inquisitore Moorcroft che aveva al tempo bruciato la madre di Grace.
C'è qualcosa nella rotazione di tutti questi elementi come nella tortura strutturata in capitoli che fa acqua da tutte le parti rendendo il film lezioso, moralista, prevedibile e scontato e con un'assenza di ritmo che da Marshall non mi sarei aspettato. Quasi tutti i ruoli sono spaccati con l'accetta come se non ci fosse la possibilità di rendere dei personaggi combattuti per le scelte che portano avanti. Il fantasma del marito di Grace che compare ogni tanto sembra lo spauracchio di un film voluto fortemente dalla protagonista e sceneggiatrice aka fidanzata del regista.



Prisoners of the Ghostland


Titolo: Prisoners of the Ghostland
Regia: Sion Sono
Anno: 2020
Paese: Giappone
Giudizio: 2/5

Un famigerato criminale deve rompere una maledizione malvagia per salvare una ragazza che è misteriosamente scomparsa.
 
Lungi da me l'idea di poter dare un'insufficienza ad un autore che amo e venero nel pantheon nipponico come Sion Sono assieme naturalmente a MIIKE TAKASHI, SHINYA TSUKAMOTO, TAKASHI SHIMIZU, RYUHEI KITAMURA e tutti gli altri.
Sono è uno di quei registi come Miike prolifici e ciò nonostante sempre garanti di una qualità formidabile e un cambio di registri narrativi e di genere come pochi sanno fare.
Questa pellicola, questo connubio con Nicolas Cage e un cast americano in parte sinceramente non mi aveva stupito negativamente, sapendo bene che quando il regista c'è, il risultato arriva subito dopo. Il problema in questo caso pur avendo una messa in scena e una scenografia strabordante in termini positivi di precisione minimale e di confezione del prodotto con delle maschere bellissime e inquietanti rimane la storia. Purtroppo questo prigioniero si trova a dover varcare un confine in un viaggio dell'eroe simile ad altri film ma dove il limbo in cui si muove sembra non trovare mai una collocazione esatta e dove il protagonista fa cose senza avere un obbiettivo preciso se non quello rubato dai soliti cult di genere di riportare la figlia scomparsa al ricco possidente di turno.
La confezione come dicevo è la parte migliore. Sono mischia strani mondi, da quello post-apocalittico ma pure un po’ steampunk, a quello in cui si mescolano tratti del western americano, del chanbara orientale e del B-movie europeo tanto caro al post-modernismo anni ’90 .
L'elemento che più mi ha danneggiato è stata una noia imbarazzante che prende le redini del film e di un personaggio che poteva essere caratterizzato di più magari avvalendosi di qualche sceneggiatore fenomenale come in Giappone c'è ne sono tanti.
Prisoners è una corsa senza senso di un’ora e tre quarti che inanella una dopo l’altra sequenze sempre più folli e visivamente frastornanti ma tutte in parte slegate come alcuni personaggi lasciati troppo alla deriva o cambi drastici nella caratterizzazione senza averne motivato il significato.
Scena cult, il coglione che esplode nella tuta di Nicolas Cage.

mercoledì 15 dicembre 2021

Monstrum (2018)


Titolo: Monstrum (2018)
Regia: Huh jong-ho
Anno: 2018
Paese: Corea del Sud
Giudizio: 2/5

Uno strano oggetto misterioso appare improvvisamente a Joseon. A causa di questo strano oggetto, si diffonde un'epidemia che minaccia la vita delle persone. Yoon Gyeom, Sung Han, la figlia di Yoon Gyeom Myung e Heo uniscono le forze per annientare l'epidemia.

“Questo film è basato su eventi storici registrati negli Annali della Dinastia Joseon”
Monstrum è un super blockbuster coreano storico. Un 'opera che intreccia intrighi di corte, tradimenti, epidemia, tantissimi combattimenti, peste e un mostro gigantesco. E'rarissimo che un film coreano sia un flop per il sottoscritto, in questo caso tutto il lavoro delle maestranze, i costumi, la messa in scena e tanto altro sono come sempre ai massimi livelli, eppure ciò che rimane davvero troppo scontata è una storia vista ormai in tutte le formule e varianti con l'immissione di un mostro che alla fine è un leoncino timido e indifeso fatto diventare un mostro per colpa del solito tiranno che ama collezionare animali rari e selvaggi torturandoli. Monstrum forse vuole essere un titolo metaforico sulla mostruosità e le efferatezze degli uomini che superano più che mai quelle dei "mostri" se così vogliamo intenderle.
Eppure anche la storia principale con questo padre e sua figlia e lo zio che devono prestare servizio al cospetto di un re malvagio dove finiranno all'interno di scorrerie e complotti di corte non riesce mai a diventare intrigante, lasciando sempre da parte quella componente narrativa in grado di rendere la storia misteriosa e avvincente con in aggiunta qualche buon colpo di scena.

lunedì 9 agosto 2021

Pool (2018)


Titolo: Pool (2018)
Regia: Ping Lumpraploeng
Anno: 2018
Paese: Thailandia
Giudizio: 2/5

Day, un art director insicuro e sottopagato, ha appena finito di girare una pubblicità in una piscina olimpionica deserta. Incaricato della pulizia e dello svuotamento della vasca profonda sei metri, prima di cominciare vuole godersi il silenzio e la tranquillità del posto. Senza pensarci molto su, si addormenta su un materassino. Poco dopo, si risveglia con una spiacevole sorpresa: qualcuno ha già svuotato la vasca e lui non può uscire. Per di più, è senza le sue siringhe di insulina. Come se non bastasse, un alligatore è nelle vicinanze.
 
The Pool è un film ambizioso per un paese che in quegli anni si è fatto avanti con diverse pellicole prevalentemente legate all'horror, al soprannaturale e al poliziesco. Un b movie di qualità, un film di fatto girato in un'unica location, la piscina appunto, dove ad un certo punto cominciano delle fasi di gestazione legate alla produzione e alla sceneggiatura che devastano quanto di buono il film lasciava presagire dopo il primo atto. Troppa carne al fuoco, un alligatore che diventa secondario in più punti. Una lotta contro le proprie ambizioni, un cane messo in scena così male che nella scena in cui muore si vede il costume indossato dallo stuntman. Una serie di trovate sempre più esasperate che sfociano in una scena di totale non sense quando il protagonista e la sua compagna, rimasti intrappolati nella piscina vuota, decidono di mangiare le uova dell'alligatore facendolo incazzare ancora di più (perchè in fondo l'alligatore non era cattivo ma voleva salvare i suoi cuccioli). Dopo una svolta narrativa di questo tipo non si può che fare il tifo per la bestia e sperare che la coppia muoia male nonostante lei sia incinta

venerdì 9 luglio 2021

Caveat


Titolo: Caveat
Regia: Damian Mc Carthy
Anno: 2020
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

Un vagabondo solitario, saltuariamente vittima di temporanei attacchi di amnesia, accetta un lavoro per prendersi cura di una donna psicologicamente problematica, finendo per essere ospitato in un'antica e decadente abitazione sperduta su un'isola.
 
E di nuovo ci pensa il Regno Unito a tirar fuori gli assi dalla manica. E direi che assieme a Censor quest'anno siamo davvero a ottimi livelli. Caveat è l'esordio di un autore che ha visto tanto cinema. Conosce o meglio intuisce cosa piace ai fan del genere e cerca di stupire con un film silenzioso e isolato, ambientato quasi tutto in un'unica location, con tre attori e un piccolo pupazzo.
Caveat riesce a creare vera suspance intersecando uno strano miscuglio di schizofrenia, terrore e spietatezza (oltre il solito revenge movie) che permea le personalità disturbate dei personaggi, giocando con archetipi in fondo basilari, mischiando dramma sociale, malattia mentale, isolamento, stupore e un ambiente molto claustrofobico e atmosferico. Un film molto indie e low budget che sfiora la perfezione per quanto concerne i dialoghi e la messa in scena. Tuttavia bisogna anche ammettere qualche licenza di troppo che la sceneggiatura sembra prendersi come quando Isaac accetta troppo repentinamente di attaccarsi la catena in casa oppure il suo passato, reso attraverso dei flash back che vogliono dire troppo nascondendo l'intrigo della trama. Però diciamocelo, l'occhio della madre, in quelle due o tre scene porta a casa il film riuscendo veramente a creare ansia e paura come tanti non sono mai riusciti a fare.



mercoledì 2 giugno 2021

Adoration


Titolo: Adoration
Regia: Fabrice Du Welz
Anno: 2019
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Il dodicenne Paul vive con sua madre nell'istituto dove lei lavora come infermiera. Quando incontra Gloria, decide di fuggire con lei

Il mio amore per Du Welz nacque dopo il suo esordio alla regia con Calvaire.
Successivamente per il regista belga ci sono state opere molto disturbanti e originali con rare eccezioni come i lavori da mestierante in America. Con Adoration dopo Alleluia Du Welz si concentra di nuovo su un dramma sociale in questo caso sulle spalle di due bambini, di Paul in particolare e la scoperta del mondo e dell'amore al fianco di una piccola Gloria a metà tra un disturbo borderline e una schizofrenia. Per Paul la sfida diventa quella di doversi elevare a figura genitoriale, compagno, amico e molto altro nei confronti di Gloria. In questo viaggio di formazione non mancano gli incontri, la vendetta, la fuga, l'amore, la scoperta ma più di tutto una libertà inusuale attorniata da gregari e figure adulte che non sanno come comportarsi con questi due giovani adulti, la loro fragilità e i loro tabù. Adoration ci porta dentro la natura, dentro i sentimenti e le emozioni di due protagonisti che nell'adorazione generale scoprono la vita e alcuni misteri di essa con una complicità e una sete enorme.
Adoration ha quella caratteristica tipica dell'autore che rimanda non solo al dramma Alleluia ma soprattutto a Vinyan per prediligere una storia immersiva, che lavora con i sensi, con le emozioni, con le immagini e con l’ambiente, piuttosto che con i dialoghi o con le trovate di sceneggiatura.

Fried Barry


Titolo: Fried Barry
Regia: Ryan Kruger
Anno: 2020
Paese: Sudafrica
Giudizio: 4/5

Barry è un bastardo tossicodipendente e violento che - dopo l'ennesimo blackout - viene rapito dagli alieni. Barry viene messo in secondo piano mentre un visitatore alieno assume il controllo del suo corpo e lo porta a fare un giro attraverso Cape Town.
 
Sappiamo poco del Sudafrica e di questo molto è legato a ciò che ci hanno mostrato i Die Antwoord. Trip lisergici, lsd, metanfetamine, droghe di tutti i tipi, prostitute che danno alla luce bambini durante il coito, alieni che portano via le persone, pedofilia, criminali e manicomi.
Ryan Kruger ha mischiato tutti questi ingredienti assieme e gli ha fatti bere a Gary Green dicendogli "adesso fai il cazzo che ti pare, ma fallo bene.."
Fried Barry è uno di quei film di genere difficili da catalogare perchè di fatto sono assurdi, eccessivi, senza senso, esagerati, sboccati, disturbanti, delle chicche di follia e non sense.
Un protagonista eroinomane che ha una moglie che si prende cura di lui e dopo l'ennesimo litigio esce di casa e comincia un lunga notte di bagordi dove viene rapito dagli alieni, i quali ‘impiantano’ nello sventurato un’entità extraterrestre attraverso un processo non lontano da quello descritto da Cartman nel primo spumeggiate episodio di South Park (una sonda anale, in quel caso, qui nel prepuzio), facendo in modo che come dicevo prima possa impiantare il seme in una donna che immediatamente da alla luce un bambino.
Barry oltre ad essere un disadattato sembra non cogliere ciò che gli sta attorno, come un autistico in trip, che cammina come un derelitto venendo attratto da tutto ciò di non conforme alle regole possa succedere. Una calamita degli incontri sbagliati dove finisce per essere internato in un ospedale psichiatrico tentando la fuga con altri due pazzi oppure salva la vita di un gruppo di ragazzini tenuti imprigionati da un orco pedofilo. Tutto succede in maniera pazzesca e confusa senza avere una struttura narrativa equilibrata, ma d'altronde film del genere sono così o si amano o si odiano.

Koko di koko


Titolo: Koko di koko
Regia: Johannes Nyholm
Anno: 2019
Paese: Svezia
Giudizio: 3/5

Una giovane coppia perde la propria bambina di 8 anni in seguito ad una reazione allergica, proprio nel giorno del suo compleanno. Per l’occasione le avevano regalato un carillon che non avrà mai la fortuna di scartare.
 
Koko di koko è un altro film a tratti bizzarro sfruttando l'elemento spazio temporale come un vortice di umiliante terrore psicologico. Scopriamo questa coppia disfunzionale (soprattutto lei) che in seguito alla perdita della bambina dopo tre anni decidono di andare in campeggio in un posto osceno nel mezzo del nulla senza nemmeno aver ben chiaro come mai siano finiti lì.
E da qui o da lì inizia il calvario, l'inferno dove un triangolo composto da due bifolchi e un vecchio intrattenitore giorno per giorno umiliano la coppia uccidendoli in modi diversi. Nyholm trasforma un horror anche se sembra più grottesco e onirico ( come la dissolvenza a disegni composta da un trio simile a ornamento di un carillon che una bambina osserva da una vetrina) rispetto a un horror vero e proprio con disamina sul disagio sociale cercando di rappresentare e dare una metafora della perdita rappresentandola come un orrore ancestrale. Il tempo diventa un'arma scaraventando i suoi personaggi in un loop, al fine di esplorare il dolore in tutti i suoi terribili aspetti e ondate di disagio senza fine. In uno scenario da incubo che si ripeterà sei volte con alcune variazioni, come altrettante reazioni dell'inconscio (impotenza, senso di colpa, solitudine, ecc.) murati nel loro isolamento Nyholm cerca in tutti i modi di non farci empatizzare con i protagonisti, anzi facendoceli odiare, come una delle scene più forti quando Tobias dalla sua tenda guarda le torture alla moglie rimanendo impassibile senza fare nulla.

martedì 11 maggio 2021

Lucky (2020)


Titolo: Lucky (2020)
Regia: Natasha Kermani
Anno: 2020
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

La vicenda di una donna aggredita da uno strano uomo che continua a comparirle davanti.
 
Da sempre nell'horror l'home invasion ha saputo portare "oceani"interi al suo mulino.
Un sotto genere, una metafora, un attacco alla famiglia, ai valori di una nazione.
L'home invasion da sempre ha suscitato un certo interesse anche perchè è qualcosa di intimo che succede e si dipana tra le mura casalinghe e quindi crea spesso un'atmosfera claustrofobica per chi è costretto a combattere contro un nemico dentro le mura di casa spesso dovendo difendere anche i propri figli. Solo per alcuni aspetti Lucky della Kermani al suo secondo lungometraggio mi ha ricordato Elle. Se nel film del maestro Verhoeven c'era un darsi al carnefice per una consumazione di corpi e tutta una desamina sull'aspetto erotico e sessuale, qui invece sembra esserci un ciclo a ritroso con il killer che ritorna in loop nonostante la nostra protagonista riesca più volte ad ucciderlo in maniera diversa. Il sogno, la schizzofrenia, la paura di non essere creduta, il cadavere che scompare appena morto. Eppure il vero intento della Kermani è una denuncia sociale che già era sottointesa ed espressa a livelli molto alti con Invisible man (sempre sotto l'ottima Blumhouse), riflettendo sulla paura di rimanere da sole in una società maschilista che sembra sempre sul punto di sottolineare il fatto che la donna in questione se l'è andata a cercare.
Lucky però da un impianto di planting and payoff calzante nel primo atto, finisce senza avere quel guizzo narrativo di diventare un film troppo lento e concettuale e con un climax finale decisamente