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martedì 12 aprile 2016

Attacco al potere

Titolo: Attacco al potere
Regia: Antoine Fuqua
Anno: 2013
Paese: Usa
Giudizio: 1/5

Mike Banning è un agente della sicurezza al servizio del presidente degli Stati Uniti d'America. Brillante e intraprendente, è ben voluto dalla First Lady e da suo figlio, un ragazzino di pochi anni che sogna un giorno di servire il Paese. Alla Vigilia di Natale la donna muore in un tragico incidente, 'sacrificata' insieme a due agenti per salvare la vita del presidente. Sollevato dall'incarico e costretto dietro alla scrivania, Mike conduce una vita ordinaria a cui proprio non riesce ad abituarsi. L'attacco alla Casa Bianca da parte di un gruppo di estremisti nord coreani, che vorrebbero 'detonare' gli States, gli offre finalmente l'occasione di tornare operativo. Sopravvissuto ai colleghi caduti come mosche nei corridoi della residenza presidenziale, Mike prova a raggiungere il bunker dove il Presidente è tenuto in ostaggio con il suo staff. Mentre l'America trattiene il respiro, l'agente Banning si riprende gloria e reputazione.

Classico action americano esagerato e reazionario.
“Gli Stati Uniti d’America non negoziano con i terroristi”.
L'ultimo film di Fuqua, regista specializzato nell'action a stelle e strisce con all'attivo forse un paio di film menzionabili sicuramente non regala gloria e onore a nessuno meno che mai il paese al mondo che non può per storia e bisogno fisiologico, fare a meno della guerra che sia in casa o fuori.
Il problema di questi film estremamente propagandistici di stampo nazionalista e che purtroppo finiscono sempre per cospargere di ridicolo e di pericoloso qualsiasi paese che in un epoca storica o in un'altra colpisce gli interessi yankee, diventandone nemico da bombardare con i media ancora prima che con la forza bellica militare, e quello per cui spesso e volentieri piacciono e la gente legittima le azioni dei suoi protagonisti vedendole come le uniche possibili.

Banning è il tipico esempio di un conservatore che sa di aver fatto la cosa giusta per il suo padrone ma ha dovuto pagare un prezzo. Vive con la speranza che qualcosa di brutto possa capitare al suo stesso presidente per poter riavere fiducia. Sembra la storia di uno di quei cani tanto fedeli al loro paese che per amore incondizionato non riesce mai a ragionare o provare a pensare al significato delle sue azioni.

domenica 21 febbraio 2016

No Escape-Colpo di Stato

Titolo: No Escape-Colpo di Stato
Regia: John Erick Dowdle
Anno: 2015
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Jack Diwer lavora per una compagnia che costruisce e mantiene acquedotti, è un ingegnere e il punto più alto della sua vita è stato inventare una valvola che "stava per diventare qualcosa di molto grande". Le difficoltà economiche in patria portano la sua società a trasferirlo con tutta la famiglia (assieme alla moglie ci sono anche due bambine piccole) in Thailandia per lavorare all'appalto che hanno in loco. Appena arrivati però scoppia una rivoluzione, un gruppo armato, spietato e sanguinolento uccide il primo ministro tailandese e scatena una guerra senza scampo per le strade e nei palazzi. Ci vorrà poco per capire che il bersaglio prediletto di tutta questa violenza, oltre al governo, sono gli occidentali e in particolare proprio gli americani come Jack, quelli venuti per lavorare all'acquedotto. Senza nessuna conoscenza militare, nessuna spiccata capacità da uomo d'azione Jack dovrà cercare di mantenere in vita la propria famiglia.

No Escape è un paradosso.
Perchè intitolarlo "Nessuna uscita" quando invece la famiglia americana è sempre l'unica a trovarla. Forse bisognerebbe cambiare il titolo oppure esaminarlo più attentamente come a dire, tutti i civili non americani sappiano che dovranno, per tutto il film, sacrificarsi affinchè gli yankees sopravvivano o raggiungano una frontiera vicina.
Colpo di stato, titolo storpiato e imbecille ma che ha una valenza contando lo sviluppo del film, narra di questo Diwer che non sa ovviamente di lavorare per una multinazionale cattiva e che noncurante di tutti gli effetti collaterali che essa provoca sulla popolazione locale.
Tra intrattenimento e disimpegno, questi impiegati dello spettacolo, Dowdle, che al loro attivo vantano poche perfide pellicole, danno vita ad un action che cerca purtroppo di prendersi sul serio con venature socio-politiche e una critica al sistema e alla politica americana di cui lo stesso film ne è completamente succube.
Brosnan poi è quello che mancava come ciliegina sulla torta, un killer elite, un deus ex machina, che come nei tipici standard hollywoodiani arriva sempre al momento topico e facendo mea culpa di tutte le aberrazioni fatte, cerca di redimersi salvando con la propria vita la famiglia americana.



sabato 27 giugno 2015

Run all night

Titolo: Run all Night
Regia: Jaumet Collet-Serra
Anno: 2015
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Jimmy Conlon è un ex killer di origini irlandesi tormentato da innumerevoli sensi di colpa che cerca inutilmente di annegare nell'alcol. Il figlio Michael non vuole avere nulla a che fare con papà nel tentativo di creare per sé e la propria famiglia una vita perbene. Ma il destino complica le cose mettendo Michael a confronto con Danny, il figlio criminale e tossicodipendente del boss della mafia irlandese Shawn Maguire. Shawn è anche il capo di Jimmy e suo amico fraterno: entrambi appartengono ad una generazione entrata nel crimine più per mancanza di alternative che per scelta, entrambi sono legati ad un codice d'onore che la generazione dei loro figli ignora o disconosce.

Capita di rado che il fanalino di cosa di una serie reazionaria e hollywoodiana nelle viscere possa essere se non altro il meno antipatico.
Run all night è davvero un film con moltissima azione, un ritmo sempre coinvolgente, in una storia che non fagocita troppi buoni sentimenti, riuscendo perlomeno ad essere meno melenso e ipocrita dei precedenti. Anche se la mediocrità complessiva dell'intreccio non va oltre una banale sufficienza, si lascia guardare senza sbadigli.
Neeson forse è arrivato al capolinea, Ed Harris è riciclato in un ruolo ultra stereotipato e D'Onofrio non è sfruttato come dovrebbe ( e confeziona un altro ruolo indegno come in JURASSIC WORLD)

Collet-Serra come regista trova forse il connubbio migliore, giocando con alcune tecniche di ripresa suggestive e trovando finalmente un film di riscatto con Neeson, soprattutto dopo i precedenti flop di botteghino e soprattutto di trama e messa in scena che non sanno più dove aggrapparsi.

Gunman

Titolo: Gunman
Regia: Pierre Morel
Anno: 2015
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Nel 2006, Jim Terrier si trova in Congo, con l'adorata Annie, sua fidanzata. Ufficialmente è in Africa per conto di una ONG, ma non è tutto. Quello che fa veramente, mirare e uccidere su commissione, lo perseguiterà come un'ossessione una volta abbandonato il paese in fretta e furia per eseguire un ordine, e una volta persa Annie (o almeno così crede). Otto anni dopo, e dopo aver radicalmente cambiato vita, sopravvive ad un attentato e capisce che qualcuno, dal suo passato, lo vuole morto e non si fermerà davanti a nulla. L'unica possibilità per Jim è trovare quel qualcuno prima, batterlo sul tempo.

Penn avrà sicuramente voluto questo film ad ogni costo e i suoi sforzi e la sofferenza che fa emergere in questo film, molto scialbo e pacchiano, non bastano a giustificarne gli intenti umanitari (grossolani e sfruttati in modo indegno) e una scontatezza generale che nel finale trova il più becero happy-ending.
Purtroppo non bastano nemmeno i personaggi secondari di grande prestigio come Bardem, Winstone ed Elba ad accrescere il livello generale di una pellicola sconclusionata che cerca di criticare il potere dilagante delle multinazionali.
Da questo punto di vista un film come quello di Meirelles THE COSTANT GARDENER è tutt'altra cosa, colpisce e danneggia molto di più, senza ricorrere ogni cinque minuti ad una sparatoria o facendo sembrare Jim Terrier il nuovo paladino action in cerca di redenzione che si sa detreggiare meglio di Mc Guyver.

Una delusione sotto tutti i punti di vista compresa la precedente filmografia di Morel.

lunedì 22 giugno 2015

Taken 3

Titolo: Taken 3
Regia: Olivier Megaton
Anno: 2015
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Bryan Mills, ex agente della CIA, si gode il meritato riposo a Los Angeles. La sua vita adesso scorre ordinaria tra una visita alla figlia Kim, che ha appena scoperto di essere incinta, e un bicchiere di vino rosso con l'ex moglie Lenore, in crisi col nuovo compagno e decisa a sedurre il suo ex marito. Ma Bryan vuole restarne fuori, almeno fino a quando Lenore non avrà chiarito la situazione con Stuart, che una sera si presenta alla sua porta e gli domanda nervosamente di stare lontano da lei. La mattina dopo Lenore viene trovata morta nella casa di Bryan, accusato immediatamente dalla polizia. Quasi catturato dagli agenti, Bryan ha comunque la meglio e fugge, deciso a dimostrare la propria innocenza. Ancora una volta lo aiuteranno nell'impresa il fedele Sam, ex collega, e la figlia Kim, che non ha mai dubitato di lui.

Mills è lo stereotipo di un qualsiasi personaggio d'azione in svariate saghe hollywoodiane con pochissime idee e tanta azione, d'altronde è questa la log-line del genere action.
Di questa saga da dimenticare si salva solo il quarto e ultimo capitolo (finora).
In questa nuova avventura viene uccisa l'ex moglie e il dato più tremendo e che si capisce dopo cinque minuti chi è il colpevole.
Prodotto da Luc Besson che alterna produzioni reazionarie a prodotti di un'inutilità mai vista prima (fatta eccezione per qualche sua regia soprattutto del passato davvero incisiva) questa interminabile saga ha visto due titoli nello stesso anno solo per darvi un'idea di quanto nonostante la storia non aggiunga nulla e sia sempre scontata, ottenga comunque un buon incasso.
E poi il villain di turno e gli antagonisti se non sono albanesi sono sempre russi!

Megaton come regista è un mestierante senza anima e guizzi narrativi, capace solo di essere un fedele servo dell'industria hollywoodiana.

lunedì 22 settembre 2014

Expendables 3

Titolo: Expendables 3
Regia: Patrick Hughes
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

In questo nuovo capitolo dei Mercenari Barney, Christmas e il resto della squadra si ritrovano faccia a faccia con Conrad Stonebanks, che anni prima aveva co-fondato Gli Expendables con Barney. In seguito, Stonebanks è diventato un trafficante di armi senza scrupoli, uno che Barney era stato costretto a uccidere ... o almeno così pensava. Stonebanks, sfuggito alla morte, ha ora come principale missione quella di eliminare Gli Expendables - ma Barney ha altri piani. Ha deciso infatti di rinnovare i membri della squadra, per combattere la vecchia guardia con giovani reclute più veloci ed esperte di alta tecnologia.

La saga dei Mercenari ha un vantaggio: diciamo che guardandolo si vedono sfilare le vecchie star dei film d'azione ora invecchiati e rimodellati per cercare di dare un'ultima prova di forza e intenerire i nostalgici.
Stallone a suon di siringate di botox, sembra sul punto di collassare da un momento all'altro mentre Staham è giovane e forse l'erede di Stallone, imbolsito e tamarro come sempre, lì nell'angolo nell'attesa di prendere il testimone dell'action.
Poi ci sono gli altri tra cui compare un Banderas molto sfigato (nel film come nella vita), Gibson (che non sa più che pesci pigliare visto il delirio egocentrico che lo attanaglia), Swarzy che anche lui sembra crollare da un momento all'altro, e poi Lundgren e Snipes che forse hanno meno nemici nei film che nella vita reale.
Mercenari 3 non aggiunge nulla, forse è ancora più lento e infarcito di inutili idiozie dei due capitoli precedenti e i nemici sono sempre più strani da riconoscere, nel senso che probabilmente Stallone non sa più con quale etnia prendersela.
Dovrebbe essere il capitolo finale dicono, la cosa che più stupisce dopo tutti e tre, e di non ricordare nemmeno una scena della trilogia.

mercoledì 2 aprile 2014

300-L'alba di un impero

Titolo: 300-L'alba di un impero
Regia: Noam Murro
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Grazie al sacrificio alle Termopili dei 300 valorosi spartani guidati da Leonida, la Grecia ha una possibilità di resistere all'invasione dell'Impero Persiano. Ma la speranza è legata alla capacità di Temistocle, guida militare degli ateniesi, di riuscire a unire le città-stato indipendenti nella lotta per la libertà dell'Ellade e di contrastare con l'astuzia e le tattiche di combattimento la forza preponderante della flotta persiana.

Nel nuovo 300 Temistocle, ateniese, prende il posto di Leonida, spartano.
Temistocle corre, prende a testate le frecce con tanto di elmetto (alcune scene di lotta sono identiche a WINTER SOLDIER), riesce in manovre mai viste, in mezzo all'Egeo, con delle navi che sembrano uscite da BATTLESHIP, e cerca di portare la democrazia in Senato.
Forse le uniche cose che potevano salvarsi se non fossero state intrise di clichè, erano le storie di Artemisia e Serse. Ridondante di azione e di puro intrattenimento estetico, 300 conferma il suo spirito immutato di digrignamento dei denti, dialoghi mai così imbarazzanti e addominali senza sostanza. Forse l'unica cosa che si salva è il suo taglio squisitamente effemminato.




martedì 25 febbraio 2014

Lone Survivor

Titolo: Lone Survivor
Regia: Peter Berg
Anno: 2013
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Basato sul best seller del New York Times una storia vera di eroismo, di coraggio e di sopravvivenza, Lone Survivor racconta l’incredibile storia di quattro Navy SEAL in missione segreta per neutralizzare una cellula operativa di al-Qaeda che cadono in un’imboscata del nemico sulle montagne dell’Afghanistan. Di fronte ad una decisione morale impossibile, il piccolo gruppo è isolato e circondato da una forza superiore di talebani pronti per la guerra. Quando si confronteranno con impensabili probabilità di sopravvivenza, i quattro uomini troveranno riserve di forza e resistenza che li terranno in lotta fino alla fine.

"Questa storia avvalora l’importanza dell’agire al di là del proprio ego, oltre il proprio individualismo. Si tratta di proteggersi l’un l’altro, prendersi cura a vicenda e guardarsi le spalle, trarre la propria forza dalla squadra più che da individui. Marcus ha scritto un libro che, pur ricordando le diciannove persone uccise in un giorno tragico in Afghanistan, parla di amicizia, sacrificio, e patriottismo di squadra e dell’amicizia che può nascere tra sconosciuti pronti a tutto pur di difenderti dal nemico.”

Lone Survivor è un film molto reazionario.
Bisogna fare attenzione quando ci si confronta con un film così profondamente americano, tratto da una storia vera, che sempre più sembra il fanalino di coda a cui doversi aggrappare per riuscire a strappare qualche lacrima. In questo caso, durante il film, c'è un impianto vero e proprio devoluto a questo con scrapbook a gogò e il risultato è quanto mai spiazzante, vedendo di continuo rimandi di foto alternate alle espressioni sofferte di questo nutrito cast di "eroi".
Sono abbastanza inorridito dal fatto che per l'appunto siano stati scelti proprio un manipolo di attori americani molto seguiti e amati dal pubblico, con cui i fan cercheranno sicuramente un'identificazione.
Peter Berg, ricordiamolo, è un impiegato di Hollywood come tanti, che al suo attivo ha fatto un solo film carino, ovvero la sua opera prima COSE MOLTO CATTIVE.
Lone Survivor è un“Survival” militare basato su un episodio autentico della guerra in Afghanistan: l’operazione Red Wings che, nel 2005, portò un commando di Navy Seals dietro le linee nemiche, col compito di localizzare e uccidere un capo talebano. Furono gli americani, invece, a essere individuati, circondati e presi in trappola. Ma questo elemento in realtà è un'altra farsa, perchè
nella messa in scena delle sofferenze patite dai protagonisti si insinua un vago e fastidiosissimo compiacimento, che Berg esalta continuamente ricorrendo ad un ampio uso ambiguo del montaggio.
L'ultima parte grondante buonismo e propaganda filo-interventista di bassa lega rispecchia il bisogno dello zio Sam di continuare ad instillare idee come la fratellanza, il codice d’onore, il sacrificio per il gruppo che sono elementi totalmente radicati nelle istituzioni militari statunitensi.
Il finale con i pastori afgani che arrivano ad aiutare i soldati è quanto di più imbarazzante e di bassa lega che ci si potesse aspettare.



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venerdì 5 aprile 2013

Red Dawn

Titolo: Red Dawn
Regia: Dan Bradley
Anno: 2012
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Un gruppo di studenti liceali di una piccola cittadina americana si trova a fronteggiare un'improvvisa invasione da parte di truppe nord coreane.

Il primo problema di Red Dawn è quello di essere dannatamente reazionario.
Il secondo problema di Red Dawn è quello di essere assolutamente irreale e poco credibile dalla prima all’ultima scena.
Il terzo problema di Red Dawn è che è un remake tutto azione e dialoghi davvero inquietanti costellato di numerosi clichè.
A parte che non riesco davvero a capire come pellicole come questa possano essere ancora girate creando disordini diplomatici e come sempre ponendo l’accento sul terrorismo orientale come se fosse alla base dei problemi odierni, il film di Bradley girato alla velocissima a tutti i difetti in cui un film di questi tempi non dovrebbe incappare.
Tra l’altro poi a differenza del film dell’84 di Milius con Swayze come protagonista a differenza del Thor di questa pellicola, si faceva riferimento alla guerra fredda e al nemico dell’Ex Unione Sovietica, quindi in un certo senso rimanendo legati alla realtà e a un episodio recente della storia mentre, qui è tutto inventato. Tutto sembra perfettamente legato a una reale paura che non è detto che arrivi mentre qui il figlio del dittatore coreano del nord diventa il protagonista della manovra del male aiutato ovviamente dagli amici russi che dispongono manganelli con segnali di rintracciamento e basta perché poi non si vedono più.
Di nuovo poi il marines diventa l’unico amico su cui fare affidamento in circostanze come questa….
Il fatto poi di vedere un gruppo di fighetti organizzati come se fossero tutti professionisti e mercenari è davvero il massimo dell’inguardabilità.

martedì 16 ottobre 2012

Expendables 2



Titolo: Expendables 2
Regia: Simon West
Anno: 2012
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Barney Ross ed suoi uomini si ritrovano fianco a fianco quando Mr. Church li ingaggia, col ricatto, per un lavoro in apparenza semplice. Con l’aiuto dell’esperta Maggie devono recuperare un prezioso elemento che si trova in un aereo precipitato tra i monti dell’Europa orientale. Ma durante l’operazione uno di loro viene brutalmente ucciso dal feroce boss Vilain che riesce pure a strappare a Ross l’oggetto per cui tutti sono lì: una scatoletta in cui è custodita una piantina che riporta la localizzazione di tonnellate di plutonio. Per i Mercenari, allora, la missione diventa una soltanto: vendicare il proprio compagno caduto ed impedire a Vilain di stravolgere gli equilibri mondiali.

Stallone lascia il timone a West, un regista d’azione tra i tanti. Se il primo tentativo dei Mercenari era stato quasi del tutto uno stratagemma per portare su grande schermo alcune icone dei film d’azione degli anni ’80 e ’90 tutte assieme, il risultato per certi versi era stato quasi divertente.
Ci troviamo di fronte ad un film di genere esageratamente scontato, mieloso e sdolcinato quando prova a cercare dei dialoghi e dei significati sul valore delle cose e dell’amicizia.
A parte tutto questo è dichiaratamente una sparatoria con dei nemici che in alcuni casi non si capisce neanche di che nazionalità siano.
In questo caso poi il pretesto è davvero banale. Personaggi che spuntano dal nulla, altri che scompaiono (Li ad un certo punto sparisce), ragazzini che si arruolano come mercenari per sbarcare il lunario (l’intrepido compagno che muore), ranger solitari (il cameo di Norris è davvero esemplare nella sua disarmante inutilità), e personaggi macchietta che cercano di riesumarsi dalla tomba (Van Damme e i suoi immancabili calci). I toni grezzi e iper-violenti del primo cedono il posto ad alcuni aspetti più soft come l’arrivo dell’immancabile orientale nel gruppo (forse per rispetto nei confronti di Li) oppure la storia d’amore di Stahman. Anche la caratteristica autoironica del primo film in questo caso cede un po’ il passo ad una narrazione più robusta e più seriosa che cerca di prendersi forse un po’ troppo sul serio.

giovedì 28 luglio 2011

Capitan America


Titolo: Capitan America
Regia: 1990
Anno: Albert Pyun
Paese: Usa, Jugoslavia
Giudizio: 3/5

Nel corso della seconda guerra mondiale alcuni nazisti selezionano un bambino italiano, Tadzio De Santis, per sottoporlo a degli esperimenti sulla mutazione. Creano così Teschio Rosso, un aberrante mostro dotato di superforze. Nel team medico vi è anche la dottoressa Vaselli che tenta di opporsi alla sperimentazione sugli umani, ma il tentativo fallisce ed è costretta alla fuga. Reimpiegata per le forze militari statunitensi aderisce al progetto per la creazione del supermilitare, sperimentando sul soldato Steve Rogers una modificazione che lo trasforma in Capitan America. La sua prima missione è però un fallimento: introdottosi in un rifugio nazista viene sconfitto da Teschio Rosso e legato a un missile indirizzato sulla Casa Bianca: all'ultimo Capitan America riesce ad evitare l'impatto, ma il missile devia sull'Alaska dove rimane intrappolato nel ghiaccio per più di cinquant'anni. Il momento viene immortalato in foto da un bambino.

Esisteva già una serie televisiva del ’44 e un film per la televisione del ’79 sul beniamino americano tanto amato dai suoi connazionali. Eppure ancora una volta le atmosfere anni ’90 e la scarsa fama del regista  hanno saputo andare oltre la deriva propagandistica e il fanatismo per veicolare su una storia più interessante e sci-fi che si rifà al filone dei b-movie americani prendendo spunto dal soggetto di partenza per andare oltre e dare una dimensione più a 360° gradi sulla storia del super-eroe.
Il film di Pyun non è brutto. Inizia in modo interessante, i nazisti che conducono i loro esperimenti su questo bambino che diventa poi teschio rosso; Steve che prima di sottoporsi all’esperimento sente la voce della Vaselli che gli dice –Si dimentichi l’Italia di Mussolini- quasi come a profetizzare che l’intera vicenda del terzo reich avrà proporzioni molto più vaste.
Eppure sembra di assistere ad una pellicola che cerca di dare enfasi alle gesta di un super-eroe pur sapendo che i mezzi e il budget non riescono a sostenere l’intero progetto e quindi Pyun trasforma quei pochi mezzi che ha in modo secondo me ottimale (ad esempio il lancio dello scudo, i trucchi e la tuta del protagonista e dell’antagonista, i combattimenti, le scene in esterni sui missili e altri oggetti sparati nel cielo).
Alcuni punti deboli sono il doppiaggio abbastanza squallido,  gli attori che cercano di essere il meno improbabili possibili senza riuscirci del tutto e l’azione che punta su quello che può riuscendo tuttavia a portare a casa delle scene interessanti per capacità e immaginazione e gli evidenti pochi mezzi a disposizione.
Il soggetto veicola sulle gesta del beniamino senza prendere un riferimento preciso, parte dalla nascita ma poi la deriva dopo il congelamento cambia drasticamente il ritmo del film.
La prima parte infatti è veloce, ha un buon ritmo e la suspence anche se centellinata c’è, poi dopo l’incidente Cap sparisce per poi ritornare dopo, elemento abbastanza anomalo in fase di stesura, un secondo atto lentissimo e con derive troppo sentimentali e un finale carico di esagerazione e scene alquanto abbozzate.
Interessante poi la scelta del cast in cui quasi la metà dei personaggi principali sono italiani tra cui spicca la allora semi-sconosciuta Francesca Neri in un ruolo molto magro su cui l’attrice non riesce a dare il meglio di sé.
Un film anomalo e curioso, distante completamente da tutti i canoni da super-produzioni o da block-buster(per fortuna non esistevano ancora nella dimensione asettica odierna) e devo dire anche qualche risata di gusto per un film che mi aspettavo sincerante molto più malvagio.

martedì 26 aprile 2011

World Invasion

Titolo: World Invasion
Regia: Jonathan Liebesman
Anno: 2011
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Nella base militare Camp Pendleton, vicino Los Angeles, un gruppo di marines, capitanati dal Sergente Michael Nantz, è chiamato a rispondere immediatamente ad uno dei numerosi attacchi lungo la costa. Il Sergente Nantz e i suoi uomini intraprendono una feroce battaglia contro un nemico straniero, determinato ad impadronirsi delle riserve d'acqua e distruggere tutto ciò che incontra sul suo cammino.

L'ultimo film di Liebesman a parte essere di una noia mortale fa sorgere non pochi dubbi sugli intenti di propaganda americana mica poi tanto velati.
Il punto di vista di alcuni militari che rievocano le loro esperienze in guerre neanche fossero stati dei salvatori e un messaggio come a dire "aiutateci a difendere l'america dalle forze nemiche" e così il film altalena in maniera pretestuosa l'elemento irrazionale(paura terrorismo/alieni) con l'elemento bellico strutturato come alcuni war-movie.
La trama è di una banalità sconcertante...gli alieni(tra l'altro fatti proprio male, sembrano dei robottini che cercano di fare il verso a DISTRICT 9 ma ne esce solo l'accomunante del paese natale dei due registi entrambi sudafricani) che cercano acqua come rifornimento per il carburante, la California e Los Angeles inizialmente come uniche due basi colpite, un manipolo di eroi(militari)che sembrano gli unici superstiti sulla faccia della terra e che raggiungono la summa quando il colonnello guarda un povero bambino e gli dice che è sicuro che diventerà un ottimo soldato e proteggerà il suo paese da tutti i nemici immaginari o resi reali per intenti economici(queste ultime due parole le aggiungo io).

Se da un lato Liebesman poteva offrire un appiglio diverso su uno scenario sempre affascinante (invasione aliena)sembra perdersi dopo i primi minuti non sapendo come giostrare la produzione e immergendo il tutto in esplosioni e sparatorie che ad un certo punto rendono lo spettatore agonizzante e imbestialito dai luoghi comuni e i presunti clichè in cui il dipendente filmaker americano cade ad ogni buca.
Noiose e a tratti inguardabili le performance del cast tra cui spiccano Aaron Eckhart e Michelle Rodriguez .
Per essere un film da 100 milioni di budget sale davvero la carogna a pensare ad una pacchianata servita così bene.
Loro i creatori degli effetti speciali Greg e Colin Strause sono sicuramente una coppia di cui sentiremo ancora parlare molto dal momento che avevano curato gli effetti di SKYLINE.
Beh se già il sopracitato non era il massimo questo è distante anni luce da una prova che non sia vergognosa e platealmente e strategicamente politica.

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lunedì 21 marzo 2011

World Trade Center

Titolo: World Trade Center
Regia: Oliver Stone
Anno: 2006
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

La squadra di polizia capitanata dal sergente John McLoughlin, viene chiamata per soccorrere i superstiti di una delle Torri Gemelle.
Il primo atto è sicuramente il pezzo meglio curato in cui la squadra di polizia entra nella prima torre per salvare i superstiti. La squadra entra in azione senza sapere che in realtà sono due gli aerei dirottati sulle torri e non uno solo come sembrano credere.
Il secondo atto costituisce la tragedia che catapulta i due protagonisti in un oceano di detriti e sofferenze. Subito dopo protagonisti diventano le mogli dei poliziotti che sperano e piangono per quasi tutto il resto del film.

Apparizioni e flash-back coprono i buchi della sceneggiatura che appaiono evidenti sotto ogni aspetto. Solo che riescono a rendersi ridicoli come quella di Gesu’ che appare ad uno dei disgraziati perché, come ha espresso il superstite, voleva aiutarmi.
Patriottismo a fiumi in un film definito da Stone come assolutamente non politico.
Le icone a cui si è affidato il regista in questo “docudrama” che serve solo come pretesto per aizzare ancora di più le tensioni, sono l’america e la famiglia, unici emblemi di un paese sempre più senza una vera identità è capace solo di inglobare a sé parti di civiltà e tentare con la forza di annetterne altre.
Un film apparentemente strappalacrime che vuole dimostrare come in fondo i veri protagonisti di questa tragedia “voluta”sono le forze dell’ordine. I soli ed unici in grado di rappresentare la speranza. Marines votati alla causa che altro non possono fare che difendere la nazione dalle presunte minacce integraliste. Soldatini di ferro che possono guardare solo a testa alta perché non comprendono sentimenti ed emozioni nella loro rigida e assoluta freddezza.
Gli attori cercano di credere ad un progetto che andava cestinato fin dall’inizio che non riesce a comprendere come invece può fare un documentario, che la narrazione classica da manale hollywoodiano non andava assolutamente usata soprattutto come opera di “sensibilizzazione”.
Cage è nervosissimo e sembra chiedersi anche lui come abbia fatto a partecipare a questo progetto e forse la risposta più ovvia è la smania di fare più film possibili per delle major in cui i soldi valgono più della qualità del prodotto.
La Bello piange e crede nel marito. Stop.

venerdì 18 marzo 2011

A-Team

Titolo: A-Team
Regia: Joe Carnahan
Anno: 2010
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Il film segue le avventure di quattro ex membri delle forze speciali degli Stati Uniti d'America: Hannibal, Sberla e B.A. sono stati arrestati per un crimine che non hanno commesso e per questo motivo sono stati marchiati come criminali di guerra. I tre scappano da una prigione militare e si uniscono al capitano H.M. Murdock, il loro pilota di ricognizione e diventano dei soldati di fortuna perennemente in fuga dalle autorità rappresentate dal colonnello Sosa, l'ex amante di Sberla.

Inutile dire che è difficile proporre un remake di una serie tv che aveva avuto il suo successo negli anni '90. Il sunto è un pretesto per cercare nuova linfa dal passato e contaminare il film con effetti speciali e così tante esplosioni da non riuscire a raccapezzarti.
Carnahan è uno specializzato dell'action e sa che spesso l'esagerazione è proprio il vantaggio di non dover stare a spiegare o a dare un minimo di coerenza con quello che succede. La sua filmografia è altalenante come dimostra SMOKIN'ACES film tamarro ma divertente. Molto meglio era NARC film con un soggetto interessante che ha dato la possibilità a Carnahan di conoscere Cruise e avere le conoscenze giuste per farsi inculare a tuttotondo.
Poi il ragazzo si è perso e il film in questione e una farcitura di cose già viste.
Cambiano gli attori ma l'unico che sembra quasi scavalcare l'originale e Sberla/Bradley Cooper mentre tutti gi altri non convincono a pieno.
La regia è ipertrofica, non lascia il tempo di interrogarsi su ciò che succede e non fa altro che aggiungere anzichè spiegare il vuoto della sceneggiatura.
Sicuramente come block-buster e come film d'intrattenimento avrà il suo successo ma per tutto il resto è la ciliegina sulla torta di un genere che non riesce ad essere incisivo.

giovedì 17 marzo 2011

Giustizia Privata

Titolo: Giustizia Privata
Regia: F.Gary Gary
Anno: 2009
Paese: Usa
Giudizio: 1/5

Un tipo qualsiasi decide di prendere la giustizia fra le sue mani dopo il patteggiamento che ha reso liberi i killer della sua famiglia. Il suo obiettivo: il distretto procuratore che ha orchestrato l'accordo.

Giustizia Privata è un film che parte bene, il confronto tra un cittadino e l'ingiustizia di alcune aule di tribunale, Butler a fare il cattivo e Foxx il buon avvocato, una regia che mai sorprende ma che ha una buona messa in scena. Eppure dalla metà in avanti il film diventa assolutamente scordinato, tutti i tentativi di realisticità vanno completamente a rotoli con Clyde/il cattivo con la nobile causa, che dalla prigione comincia a colpire i suoi bersagli senza apparenti spiegazioni logiche ma scegliendo la carta delle scene d'azione come copiosa distrazione da una storia che fa acqua da tutte le parti. Gray dopo i suoi precedenti film, continua a svolgere un lavoro di routine senza mai crescere preferendo esplosioni e azione a una logica che spieghi quello che succede.

Expendables-I mercenari

Titolo: Expendables-I mercenari
Regia: Sylvester Stallone
Anno: 2010
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

"Questo è il film più difficile che ho mai fatto"
Questa è la proverbiale frase che troveremo scritta sulla lapide dell'attore come ultima testimonianza delle sue cronache di guerra. Stallone credo non abbia mai capito che il cinema è finzione quando invece ha ben chiara la propaganda che può svolgere e i Mercenari anche se per fortuna o per assurdo non sembra alla fine prendersi troppo sul serio lancia comunque un messaggio forte e chiaro sulla distinzione tra buoni e cattivi.
Non che ci volesse molto a scrivere un'idea che serve solo da pretesto per dare vita ad una carneficina e infatti la sceneggiatura è affidata a Dave Callahan sceneggiatore di alcune brutture come HORSEMEN e DOOM. Nei titoli di testa non compaiono Lundgren, Willis e Schwarzenegger. Mentre gli ultimi due amici del regista che si sono prestati gratis hanno solo un cameo all'interno della chiesa, non manca l'apologia della tristezza è lo scambio di battute "Come mai è così impegnato?""Vuole diventare presidente"e immancabile frecciatina tra i due amici.
Stallone si sa è un reazionario e un razzista. In questo film in cui se si inietta ancora qualcosa rischia davvero di esplodere da vita a tutta la sua propaganda usandola come pretesto per ingaggiare una fantomatica guerra contro i rossi che considera despoti e dittatoriali. Non mancano alcune frecciatine allo stesso Li come la battuta "Sei un cacariso" detta da Lundgren, il tossico che viene lasciato perdere per poi redento, che vince in due combattimenti fisici con lo stesso Li, cosa che sembrerebbe inimmaginabile ma i die hard americani ricordo che non possono perdere contro "nanetti" orientali come viene deriso sempre Li dal gruppo. A questo punto mi chiedo perchè abbia accettato visto che inizialmente doveva esserci Jachie Chan.
I mercenari sono quelli che passano il tempo a masticare dialoghi inconcludenti e ridicoli parafrasando cose già dette riciclate da altri film che nel momento dell'azione però bado agli scherzi emerge tutto il loro spirito colonizzatore e predatore che non si risparmia dal massacrare chiunque gli si sbarri di fronte.
Una menzione va fatta alle esplosioni in cui appaiono di ogni gusto, forma e dimensioni.
Le scene come i momenti ridicoli non si contano e potrebbero generare pagine e pagine, così come la recitazione "sboccalona" in cui a crederci di più sono proprio Stallone e Statham (i veri protagonisti) immortali che con la cellulosa sanno che non verranno mai dimenticati da alcuni afecionados di cui non vale certo la pena vantarsi.