Visualizzazione post con etichetta Grottesco. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Grottesco. Mostra tutti i post

sabato 18 giugno 2022

ABCs of death 2


Titolo: ABCs of death 2
Regia: AA,VV
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Sequel della più ambiziosa antologia cinematografica mai realizzata. Ciascuno dei 26 registi coinvolti - tra i massimi talenti a livello mondiale del cinema contemporaneo - dirige uno dei 26 capitoli individuali, libero di scegliere una parola - che inizia con la lettera a lui assegnata - per creare una storia dedicata alla morte.

Anche qui troviamo alcuni dei master dell'horror contemporaneo: Robert Morgan , Aharon Keshales e Navot Papushado, Jim Hosking, Jen e Sylvia Soska, Vincenzo Natali, Steven Kostanski, Julien Maury e Alexandre Bustillo. Nonostante la critica abbia bocciato il primo capitolo per dare risalto a questo secondo penso invece che in un modo o nell'altro siano sullo stesso piano anche se in questa seconda tranche sicuramente si verte meno sul weird quindi sulle flautulenze e le merde assassine del primo capitolo.
A is for Amateur (di E. L. Katz) è assolutamente ironico e grottesco allo stesso tempo dove un killer rimane imprigionato nell'impianto di ventilazione ma riuscirà lo stesso, anche da morto, a svolgere la propria missione.
B is for Badger (J. Barratt) Barratt al suo esordio dirige un mockumentary sulle radiazioni e delle talpe cannibale in pochissimi minuti se non fosse che non le vediamo mai..ma di per sè la prova non è affatto male
C is for Capital Punishment (J. Gilbey) un uomo viene incolpato ingiustamente per la morte di una ragazzina di cui non è il responsabile. Finirà davvero molto male..
D is for Deloused (R. Morgan) R.Morgan non compare tra i registi eppure il suo corto in stop motion è forse uno dei risultati più originali, malati che meglio coglie lo spirito del progetto
I is for Invincible (E. Matti) sembra la parodia dei classici risultati in cui si cerca di uccidere i parenti per avere l'eredità..ma con gli ultracentenari sarà molto difficile.
J is for Jesus (D. Ramalho) un torture porn lgbt su un omosessuale che come Gesù torna in vita per vendicare il suo compagno..blasfemo ma originale
O is for Ochlocracy (H. Ohata) una corte di morti viventi giudica una donna per aver ucciso alcuni di loro..
W is for Wish (S. Kostanski) chi, da bambino, non ha mai desiderato di vivere le avventure del suo eroe preferito?
Ecco, gli (s)fortunati ragazzini protagonisti di questo corto scopriranno, a loro spese, che il loro sogno è diventato realtà. Crudelissimo, violentissimo, bellissimo dall'autore di Psycho Goreman e Manborg.


venerdì 4 febbraio 2022

Blood Paradise


Titolo: Blood Paradise
Regia: Patrick von Barkenberg
Anno: 2018
Paese: Svezia
Giudizio: 4/5

In difficoltà dopo il flop del suo ultimo romanzo, la scrittrice di best-seller di genere crime Robin Richards viene inviata dal suo editore nella campagna svedese per ritrovare l’ispirazione. Lì, da sola, incontra un assortimento di personaggi peculiari, tra cui il suo autista e il suo fan più ossessivo, la moglie incredibilmente gelosa e l’uomo progressivamente più sconvolto che possiede la fattoria di cui è ospite. Totalmente fuori posto nel suo nuovo ambiente – ad esempio, è sempre vestita per la vita glamour della grande città – Robin scopre quanto pericolosi possano essere questi strani tizi.
 
Blood Paradise fin dalla scena iniziale propone un certo tipo di cinema indipendente coraggioso e pieno di idee con una protagonista esageratamente attraente e tutti i topoi di genere che lo rimandano ad un thriller, una dramedy con tinte grottesche, attimi di non sense, personaggi assurdi che sembrano usciti da un Polanski allucinato con il suo CHE?.
Blood Paradise è fresco e vitale come i luoghi che assapora, le campagne immerse nella natura in una Svezia quanto mai insolita con paesaggi magnifici popolati da bifolchi e perversi di ogni natura.
Un film che rincorre una certa idea di cinema di genere, dove i cambi repentini sono una scelta che Barkenberg segue pedestremente come il cambio di vita tra la grande città e la campagna, il lusso e la vita quotidiana contadina. Tutto questo porta la razionalità di Robin a esplodere mano a mano che i personaggi attorno a lei sembrino volerla possedere a tutti i costi.
Ironico, con scene e sequenze indimenticabili, con alcuni grossi passi falsi nel terzo atto dove viene aggiunto tanto, troppo, soprattutto con delle scene "torture" che a conti fatti non hanno molto senso e non danno polso aggiungendo poco e male alla storia.
Un film misteriosamente sconosciuto che spero venga, come molti suoi simili, distribuito il prima possibile.

Mandibules


Titolo: Mandibules
Regia: Quentin Dupieux
Anno: 2021
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Jean-Gab e Manu, due perfetti idioti sulla quarantina, fannulloni e perdigiorno, vivono di espedienti. Una mattina trovano nel bagagliaio di un’auto rubata una mosca gigantesca, delle dimensioni di un cane di media taglia. Decidono di provare ad ammaestrarla e insegnarle a rubare cibo e altri beni primari per conto loro, così da poter stare al mondo senza faticare e continuare a non fare niente nella vita.
 
Quentin Dupieux aka Mr Oizo è una scheggia impazzita come l'artista poliedrico che dimostra di essere ancora una volta. Prima con la musica ma poi soprattutto con il cinema. Opere fresche, divertenti, demenziali, surreali, grottesche, goliardiche dove il non sense predomina lasciando disorientati e dove ora più che mai c'è bisogno del suo cinema.
Finora non ha sbagliato nulla. RUBBER, WRONG, WRONG COPS, REALITE, STEAK, AU POSTE, DAIM e ora Mandibules. Mosche giganti, cani divorati, scambio di persone, vagabondaggio e cazzeggio, queste sono le componenti della sua ultima pellicola.
L'aspetto squisito e sempre di più gestito alla grande dall'autore e la freschezza di prendere un soggetto molto lineare e farlo deragliare oltre le aspettative condendolo con anormalità e paradossi continui in cui succedono cose inverosimili nella più totale indifferenza di chi vi assiste e dove nessun personaggio sembra prendersi mai sul serio. Mandibules è un film manifesto della stupidità e dell'amicizia dove l'artista francese continua la sua iperbole cinematografica passando dal recente horror ad una commedia divertentissima dove entrati nel suo mondo si rimarrò piacevolmente sorpresi.




domenica 23 gennaio 2022

Don't look up(2021)


Titolo: Don't look up(2021)
Regia: Adam McKay
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Una coppia di astronomi si accorge dell'esistenza di un meteorite in rotta di collisione con la Terra. I due scienziati cercano di avvertire tutti sulla Terra che il meteorite distruggerà il pianeta in sei mesi.

Parabola, metafora, precursore di un avvento nefasto che prima o poi sancirà lo zenit dell'ipocrisia mondiale. Se non sarà un meteorite, saremo noi stessi a decidere il nostro destino affidando alle sorti di un miliardario il destino dell'umanità.
Quasi un eco vengeance, un dramma forte, grottesco e maturo che seppur alzando il livello nella caratterizzazione dei personaggi e rendendoli a tratti bizzarri e stereotipati conduce un'analisi attenta e insolita in un cinema più che mai manifesto nel denunciare catastrofi globali.
Con un cast che mette insieme divi del cinema che si danno da fare divertendosi molto, Adam McKay tira fuori dal cilindro l'ennesimo delirio post contemporaneo: i sopragguardisti.
Di questi tempi ormai, in cui tra complottisti e altro, sembra che l'intera civiltà stia facendo sempre più passi indietro. Il film in questione nel suo essere particolarmente drammatico e triste, riesce a bilanciare bene ritmo, azione, interpretazioni e tutto il resto. Dove Peter Isherwell, interpretato dal camaleontico Mark Rylance sembra l'unione di Zuckerberg, Bezos, Cook e Musk, con un personaggio inquietante e potente capace di decidere le sorti del pianeta e in grado di controllare economia e presidenti. La palmetta se la aggiudica assieme a Cate Blanchett, i due più in forma del film, in grado a loro modo di regalare due personaggi e performance indimenticabili.
Gli sceneggiatori devono essersi davvero divertiti molto come il climax finale dimostra, senza regalare nulla in termini di happy ending ma dando un messaggio di amore e solidarietà

venerdì 24 dicembre 2021

Seven Stages to Achieve Eternal Bliss


Titolo: Seven Stages to Achieve Eternal Bliss
Regia: Vivieno Caldinelli
Anno: 2020
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Una coppia che vive in una cittadina trova l'appartamento perfetto nella grande città, ma c'è un solo problema: l'appartamento è stato teatro dei rituali suicidi di una setta.
 
Sette tappe per raggiungere l’eterna beatitudine passando attraverso la porta scelta dal Santo Storsh. Una horror comedy con toni grotteschi e quasi mai surreali diviso e scansionato in capitoli.
Un film abbastanza assurdo se non fosse che dopo una partenza davvero tragicomica e con una ironia nera sopra le righe ma mai irritante, il film purtroppo non riesca nel terzo atto a mantenere tali premesse mangiando la foglia e piazzandosi come un tentativo interessante ma che poteva essere approfondito meglio. Ormai il tema delle sette è stato argomento di dibattito nel cinema in lungo e in largo. Questo devo ammettere che apre le premesse per una struttura abbastanza atipica e sintomatica delle follie che possono avverarsi. La strizzatina è rivolta a molte new religion e la presenza di un guru come Taika Waititi che con WHAT WE DO IN THE SHADOW è riuscito nel giro di pochi anni a diventare un colosso assoluto per importanza in quella Hollywood che conta ne è la riprova in un ruolo costruito ad hoc. Per quasi tutto il film vediamo una galleria di personaggi uno più assurdo dell'altro suicidarsi o farsi uccidere dalla coppia che dopo l'apparente shock iniziale decide di contribuire aiutandoli a morire nella vasca da bagno preparando un cocktail mortale.
Se ci mettiamo pure un ispettore di polizia completamente sopra le righe che anzichè cercare di frenare il fenomeno cerca solo di farsi produrre la sua sceneggiatura di un film e una proprietaria di casa che non sembra affatto sopresa di questa mattanza, il film prende binari decisamente assurdi che potevano essere ancora più incisivi e meno ridondanti.

sabato 18 dicembre 2021

Beta test


Titolo: Beta test
Regia: Jim Cummings
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Hollywood sta crollando. Spaventosi omicidi infestano la notte. Mentre la battaglia infuria, Jordan Hines, un agente che sta per sposarsi, riceve una lettera anonima che lo invita a un misterioso rendez-vous sessuale. Chi gli ha inviato questa lettera? E chi lo aspetterà dietro la porta chiusa? La sua vita è a un bivio. Jordan rimarrà intrappolato in un mondo di menzogne e infedeltà.
 
Beta test è una bella sorpresa. Finalmente un film fresco, spericolato, originale, dai tratti estetici molto marcati, con un ironia drammatica, tante morti e una narrazione solida. Cummings è uno che ama le commedie nere come questo film che solo in alcuni momenti ha delle virate horror, rimanendo un film molto cinico con riflessioni sul ruolo dei social oggi giorno, la privacy, dove vanno a finire i dati e l'importanza degli algoritmi. E'anche un film sulle relazioni di coppia, sul desiderio, menzogne, infedeltà, una satira oscura americana, un thriller avvincente, una satira furtiva della corruzione di Hollywood, un incubo del consumismo di Internet impazzito.
Certo senza lesinare qualche passo falso perchè altrimenti sarebbe stato un capolavoro e un concentrato di diavolerie, Cummings riesce sempre a tenere un ritmo molto alto bilanciando satira e ironia con scene macabre e incontri scottanti. E poi quell'incontro finale con il nerd di turno che sembra tenere per le palle le persone altolocate di Hollywood con tutti i loro dati e la loro privacy è geniale.

mercoledì 20 ottobre 2021

Happy new year Colin Burstead


Titolo: Happy new year Colin Burstead
Regia: Ben Weathley
Anno: 2018
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

Colin Burstead noleggia un maniero d'epoca, di proprietà di un nobile ormai squattrinato, per riunire lì tutta la famiglia e festeggiare l'anno nuovo. Ma la sorella Gini invita David, fratello di Colin messo al bando per le sue malefatte, e le cose si complicano irreparabilmente.
 
Weathley è stato fin dal suo esordio uno dei miei registi contemporanei preferiti con la missione di spiazzarmi completamente con ogni scelta e genere o sotto-genere. E qui con un film che aspettavo da tempo ma che per ragioni balorde mi ha fatto aspettare del tempo per trovare i sottotitoli, arriva finalmente questa perla tutta narrata all'interno di un maniero rappresentando in chiave grottesca la formula di rinchiudere i suoi personaggi in uno spazio limitato per lasciare agire solo i dialoghi, le parole e i sentimenti, nel bene e soprattutto nel male.
Una famiglia allargata, una festa di Capodanno per motivi che come sempre il regista non intende giustificare o lo fa solo in parte (una delle particolarità dei suoi film) numerosi personaggi è un ribaltamento tra quello che dicono e come si comportano lasciando spesso spiazzati nelle scelte, nei tempi e nei modi, nei dialoghi, nelle azioni, e nel sapere infine che invitare alcune persone può diventare una miccia che sicuramente farà esplodere tutti i non detti.
Weathley è famoso per passare da progetti ambiziosi a film tascabili girati con una piccola troupe e con telecamera a mano come lascerà intendere nel bellissimo e commovente ballo finale dove la troupe e Weathley stesso compariranno a fianco degli attori.
E così con un ritmo sempre più serrato, una galleria intensa di personaggi dove alcuni si vedranno solo in alcune scene per poi scomparire o altre invece appariranno solo nel finale, lo spirito puramente british dell'autore non si smentisce nemmeno questa volta con un film sulla famiglia, sui valori che riprende in parte quella tematica iniziata con DOWN TERRACE e che riprende qui in un dramma da camera con cinismo e un umorismo nero tra i vari confronti verbali tra i personaggi.
Un finale poi dove tutto viene ribaltato con l'uscita di scena di Colin e David che invece da pecora nera viene quasi portato in trionfo. Una sola domanda, ma il bambino?


Titane


Titolo: Titane
Regia: Julia Ducournau
Anno: 2021
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Alexia ha una placca di titanio conficcata nel cranio a causa di un incidente passato. Ballerina in un 'salone di automobili', le sue performance erotiche la rendono preda facile degli uomini, che l'approcciano senza mezze misure. Ma Alexia uccide con un fermaglio chi si avvicina troppo e colleziona omicidi che la costringono a fuggire e ad assumere l'identità di un ragazzo, Adrien, il figlio scomparso dieci anni prima di un comandante dei pompieri. Lei è una macchina programmata per uccidere che cerca un rifugio, lui una divisa programmata per salvare vite che ha disperatamente bisogno di prenderla per qualcun'altro. Tutto li separa ma poi qualcosa improvvisamente li unisce per sempre.
 
In Titane un auto mette incinta la protagonista. Al suo secondo film Ducournau dimostra coraggio, continuando a provocare in maniera ancora più netta, giocando con i generi, prendendosi incredibilmente sul serio per poi entrare a gamba tesa facendo molto male e questo ci piace assai. Vuole dare fastidio e ci riesce benissimo. Titane che abbia vinto o no la palma d'oro non credo sia questo il punto per un film che ormai non ha più nessuna barriera o confine precipitando in un vortice mostruoso e trasformandosi continuamente. Horror ma soprattutto body horror, influenze di tanto cinema, una specie di nuovo exploitation nel new horror francese estremo che ha saputo rinforzarsi e dare tra i maggiori contributi negli ultimi anni. Qualcuno mentre uscivo dalla sala lo ha definito il nuovo Blade Runner per le derive che senza stare a spoilerare cambiano così di netto una società ormai alla deriva dove il cambiamento e la trasformazione del corpo segnano un passaggio importante senza sapere fino a cosa veramente vogliamo osare e sperimentare. Sospendendo ogni forma di coerenza nella narrazione, rifiutando l'armonia e le traiettorie convenzionali, Alexia nel suo girotondo infernale e assai grottesco arriva a uccidere senza esitazione (la scena nella villa è veramente assurda a tratti quasi comica) a ribellarsi, mordere, rendersi inizialmente una dea e poi un abominio, esibendo una fisicità ostentata senza pudori, in un film molto legato al concetto di famiglia, di creare legami, immergendo "padre" e "figlio/a" in un bagno di violenza malsano e allo stesso tempo romantico e rivelatore di certi aspetti dell’interiorità umana che altrimenti resterebbero nascosti.


domenica 17 ottobre 2021

Fargo- Prima stagione


Titolo: Fargo- Prima stagione
Regia: AA,VV
Anno: 2014
Paese: Usa
Stagione: 1
Episodi: 10
Giudizio: 4/5

La prima stagione di Fargo è ambientata nell'inverno del 2006 tra le cittadine di Bemidji e Duluth (Minnesota). Questi due luoghi sono stati segnati dall'arrivo del violento delinquente Lorne Malvo, che durante un casuale incontro a Bemidji trascina in un piano criminale un sempliciotto assicuratore senza successo, Lester Nygaard. Ad indagare sugli intricati avvenimenti è la giovane e intraprendente agente di polizia Molly Solverson
 
Per qualche strano motivo mi sono imbattutto tardi in questa serie figlia di un piccolo gioiello che aveva portato ai fasti il cinema autoriale dei Coen. Bisogna ammettere che questa serie ha la verve giusta per rimanere impressa in tempi ormai scanditi dalle serie tv. Nonostante tutto forse siamo sulle vette per quanto concerne storia, caratterizzazione dei personaggi e svolgimento nonchè epilogo, colpi di scena, incidenti scatenanti e tutto il resto.
Rimane fin dal primo gelido episodio, un'atmosfera imperniata di un umorismo macabro, nero e grottesco, politicamente scorretto e originale, spiazzante e ambiguo, un cinema dove tutto è il contrario di ciò che sembra intarsiato infine da ellissi e sottrazioni. Con una galleria di attori straordinaria contando tutti i co protagonisti, tutto riesce di fatto ad asservire due protagonisti che sembrano scambiarsi continuamente di ruolo. In tutto questo ognuno di loro non viene mai deresponsabilizzato ma i comportamenti e il bene o il male che compiono viene sempre da loro stessi subendo le conseguenze delle proprie azioni in modo arbitrario senza provare quasi mai a sfuggirvi. Da un lato Lester un personaggio pavido e bistrattato che viene a contatto, quasi per pura casualità, con qualcosa di più grande di lui, e cerca per tutta la durata della storia di evitare le conseguenze dei suoi gesti. E quasi la fa franca. Dall'altro Malvo il puro male, un deus ex machina che non ha paura di niente e nessuno in grado di seminare e provocare caos e distruzione nel mondo anche con chi apparentemente non c'entra nulla con lui, per poi vedere come gli uomini rispondano alle sue azioni.



Fargo-Seconda stagione


Titolo: Fargo-Seconda stagione
Regia: Noah Hawley
Anno: 2015
Paese: Usa
Stagione: 2
Episodi: 10
Giudizio: 4/5

Minnesota, 1979. Il giovane agente Lou Solverson, reduce dal Vietnam, torna a Luverne e indaga su un caso che coinvolge una gang criminale e una grande associazione mafiosa. Contemporaneamente cercherà di proteggere il candidato repubblicano alla presidenza Usa quando la sua campagna elettorale farà tappa nella malfamata cittadina di Fargo.

Incredibile come la seconda stagione riesca ad essere così distante dalla prima per trama e personaggi ma allo stesso tempo così efficace nel riproporre quegli schemi ed elementi fedeli e incisi nella prima stagione. Ne esce fuori un perfetto simbiota in termini di intenti con una messa in scena e una trama imbastita in maniera eccellente e creando un'altra spessissima atmosfera ricca di colpi di scena e momenti indimenticabili. Perchè qui se vogliamo proprio dirlo si allargano i confini vengono inserite famiglie criminali, gruppi di bifolchi, redneck e così via. Anche qui l'incidente scatenante è quanto mai grottesco prendendo di nuovo il concetto che a persone normalissime possano succedere eventi più grandi di loro in grado di trasformarli in qualcosa che non credevano possibile come per il macellaio e sua moglie. Dall'altro l'inforcata di criminali e gregari è fantastica con tutte le loro regole e il ranch dove alla polizia non è permesso avere legge ma devono sottostare al codice criminale. Per tutta la durata della serie succederanno eventi bizzarri e imprevisti come vere e proprie calamità, come sempre tutto spiazzerà senza lasciare lo spazio per decifrare le efferatezze e i colpi di scena davvero esplosivi e dotati di una loro "coscienza determinante".
Cambia il copione ma “questa è una storia vera. Gli eventi descritti hanno avuto luogo in Minnesota nel 1979. Su richiesta dei sopravvissuti, i nomi sono stati cambiati. Nel rispetto dei morti, il resto è stato narrato esattamente come è avvenuto”.
Anche gli episodi della seconda stagione di Fargo si aprono con questa introduzione. I più attenti avranno notato, anche senza avvertenze ulteriori, che rispetto alla prima stagione l’unica differenza è nell’ambientazione temporale: se la prima stagione si sviluppava nel 2006, Fargo 2 fa un tuffo nel 1979.
Una serie antologica, ma non troppo, dal momento che sono diversi i contatti tra le prime due stagioni entrambi relativi alla famiglia Solverson: ritroviamo Molly, protagonista della prima stagione che ora è solo una bambina marginale alla storia e poi Lou, padre di Molly che in Fargo 1 è in pensione dal suo vecchio lavoro di poliziotto e gestisce un umile bar, ma nel 1979 è al centro di una delicatissima indagine che parte da una serie di omicidi.

lunedì 9 agosto 2021

Nient'altro che guai


Titolo: Nient'altro che guai
Regia: Dan Aykroyd
Anno: 1991
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

A Valkenvania quattro tipi vengono arrestati per infrazione al codice della strada e i loro guai non sono che all'inizio
 
L'esordio e unico film alla regia di Aykroyd è stato vessato e criticato all'inverosimile manco ci trovassimo di fronte al manifesto della schifezza. Trovo invece il film nonostante alcune ingenuità, un ottimo esempio di quel filone legato ai redneck, ai bifolchi che abitano nelle lande più remote dell'America rurale, in questo caso nel Jersey in un luogo inventato chiamato Valkenvania.
Un film bizzarro, demenziale, grottesco, horror. Un b movie fortemente legato allo sporco, a quell'antitesi che vede da un lato un milionario spocchioso che abita in un palazzo di lusso trovarsi di fronte ad un gruppo di bifolchi vecchia maniera ancorati ad un loro codice civile e morale.
E così finiamo in questa mansione gigantesca, dove tutto è controllato rigidamente dal suo leader e giudice che ha trasformato casa sua in un labirinto di trappole, insidie, prigioni sotterranee e bizzarri congegni di tortura come l'otto volante/montagne russe, chiamato “Mr. Strappaossa”, con cui condanna subito a morte un gruppo di ragazzi arrivati in paese per caso, dopo il gruppo di protagonisti. Ovviamente le peripezie per cercare di scappare da questo luogo "infernale", porteranno i nostri personaggi a doversi scontrare con stramberie di ogni tipo dove la menzione speciale è quella legata alla discarica/sfasciacarrozze dove vivono i due nipoti del vecchio giudice, Bobo e Debbull, due dementi e grottescamente deformi, tanto da somigliare a dei troll o ai gemelli Pinco Panco e Panco Pinco.
Il cast è ottimo, Chase, Candy e Aykroyd danno il meglio lasciando in secondo piano gregari come la Moore e Negron. Aykroyd andando oltre le scelte commerciali ha fatto una cosa che apprezzo molto, ha soddisfatto il suo gusto personale pur andando incontro a rischi e critiche.


Suicide Squad – Missione suicida


Titolo: Suicide Squad – Missione suicida
Regia: James Gunn
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Una nuova squadra di supercriminali viene ingaggiata per recuperare le informazioni sul misterioso progetto Starfish, sull'isola Corto Maltese
 
Suicide Squad corolla al meglio la filmografia di un autore anarchico che ha saputo spiazzare i fan di genere con film piuttosto esagerati e anticonvenzionali. Gunn prende le redini di un progetto sfortunato con un primo film assolutamente da dimenticare cercando di ridare enfasi e gloria al marchio Dc che si trova nel de profundis rispetto alla rivale Marvel.
Parliamo di un autore a cui hanno fatto il filo tutti e che con Guardiani della Galassia si è portato a casa il film più bello di tutta la filmografia Marvel.
Ora Missione Suicida è interessante perlopiù per come tira fuori dal cappello i colpi di scena, per come alcuni protagonisti muoiono in maniera del tutto inaspettata. Cerca di essere sempre molto sboccato anche se alla lunga stanca con alcuni dialoghi che anzichè far ridere risultano solo imbecilli e ridicoli. Porta in primo piano dei loser interessanti (chi più, chi meno) cerca di mandare un messaggio politico sulla responsabilità delle scelte governative legati a progetti scientifici pericolosissimi (che creano per poi distruggere) e alla fine promuove il suo happy ending mettendo d'accordo tutti e facendo sopravvivere la donnola gigante. Twist improvvisi, splatter, continue iperbole che si superano, un terzo atto che profuma ancor più di b movie con momenti trash quasi a strizzare l'occhio alla scifi dei vecchi tempi. Alla fine assistiamo a Stella Marina "Godzilla" che distrugge tutti vs un esercito di topi cazzutissimi.

venerdì 9 luglio 2021

Benny loves you


Titolo: Benny loves you
Regia: Karl Holt
Anno: 2019
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

A seguito della morte accidentale dei genitori, Jack deve vendere la casa di famiglia e iniziare una nuova vita. Mentre si libera dei vecchi cimeli di famiglia, Jack butta via anche il suo amato peluche d'infanzia, Benny. Una mossa che si rivela letale perché Benny prenderà vita con un solo obiettivo: proteggere Jack e la loro amicizia ad ogni costo!
 
Ultimamente sul sottogenere horror dei dolls movie viene sempre in mente la saga di Don Mancini.
Holt è inglese e condisce al meglio con humor nero una commedia splatter molto ironica e in grado di inserire alcuni elementi interessanti e molto esilaranti come la parentesi iniziale con una bambina odiosa che disprezza il pupazzo che si vendicherà e la morte tragica e grottesca dei genitori di Jack.
Un giovane adulto che si ritroverà a dover trovare un suo posto nel mondo, una complicità con un pupazzo crudelissimo e una girandola di situazioni goliardiche dove Jack acquisterà carattere smettendo di essere quel nerd mammone, capro espiatorio di un'azienda in cui tutti si prendono gioco di lui.
Ancora una volta grazie alla Midnight Prime Video abbiamo il primo pupazzo molto stile Muppets per niente accattivante nell'estetica, anzi molto pacioccone, cambiando così un modus operandi che da sempre mostrava bambole o bambolotti particolarmente inquietanti. Jack dopo la morte dei genitori trasforma la casa in un museo di cultura nerd fin nel midollo, come suggerisce una ragazza che dopo aver visto tutti gli accessori gli lancia la profetica domanda "vivi ancora con i genitori" e via dicendo in una trottola di scene con un buon ritmo e sempre bilanciate tra slasher (come la scena in cui Benny massacra tutti i colleghi di Jack) e trovate grottesche e ironiche.
Perde parecchio nell'ultimo atto dovendo aderire ad un plot narrativo abbastanza scontato ma vince già solo per quel primo atto così ghiotto di scene madri.

Fuck you immortality


Titolo: Fuck you immortality
Regia: Federico Scargiali
Anno: 2019
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Tony e Kacy sono due hippie con un chiodo fisso: ritrovare il loro vecchio amico Joe che, a quanto pare, è rimasto giovane come ai tempi delle comuni. Vegani, cultori delle droghe psichedeliche e con le radici saldamente piantate negli anni ’70, la coppia scoprirà ben presto che il loro amico è immortale, ma stufo marcio della sua vita eterna. In nome della loro vecchia amicizia, Tony e Kacy tenteranno di uccidere Joe in qualsiasi modo e di aiutarlo nel contrappasso, ma nulla sembra funzionare. Tra ninja assetati di sangue, furiosi metallari, wrestler, sciamani e antichi rituali, i due si imbarcheranno in un viaggio senza ritorno.
Scargiali ha sicuramente del coraggio per un mockumentary così ambizioso e particolare.

Fuck you immortality è un corollario weird di interviste, scene truculente e splatter nonchè torture (il tutto accettato dalla presunta "vittima"), un road movie dove non mancano momenti esilaranti, yoga, peace & love, yippie e fricchettoni, personaggi strambi, ninja e bifolchi.
Un puzzle sconnesso in senso positivo anche se altalenante nel ritmo, per un autore amante del cinema di genere che gira in inglese per creare quel respiro internazionale. Fuck you immortality (il titolo forse è la parte migliore) resta un'opera davvero strana e in parte insensata. Negli ultimi 40' quando i nostri protagonisti trovano Joe avviene l'impensabile in senso buono, eppure il film per tanto tempo latita con interviste non sempre così interessanti e accattivanti e monologhi che spezzano l'atmosfera che il fim seppur con un budget limitato riesce più volte a conservare.

Homunculus


Titolo: Homunculus
Regia: Takashi Shimizu
Anno: 2021
Paese: Giappone
Giudizio: 3/5

Susumu Nakoshi, un uomo sulla trentina che vive sostanzialmente nella sua macchina, in qualche modo viene convinto a lasciare che Manabu Ito, uno studente di medicina con strane aspirazioni e modi misteriosi, lo sottoponga a trapanazione. Tale operazione consiste nel praticare un foro nel cranio del paziente per “alleviare la pressione cerebrale”, nella speranza che questi possa aprire il proprio terzo occhio spirituale. All’inizio Nakoshi è riluttante, ma poi accetta ingolosito dal premio di 700.000 yen. Dopo l’intervento, si rende conto che quando chiude l’occhio destro può vedere le persone attraverso un prisma distorto, che di solito ha qualcosa a che fare con i loro pensieri e i ricordi interiori. Nokoshi inizia allora a comunicare con le persone, per provare a ‘salvarle’. O qualcosa di simile. Un grande successo insomma, che spinge Ito a chiedergli di iniziare a documentare queste esperienze.
 
Takashi Shimizu è un regista abbastanza prolifico salito sull'olimpo dei registi horror nipponici con la saga di GRUDGE ma che aveva stupito con un horror malsano e davvero atipico girato con due soldi, un piccolo cult di nome MAREBITO, una delle cose più belle dell'horror giapponese di sempre e interpretato da Shin'ya Tsukamoto. Abbandonando i ghost-movie e quindi i j-horror, Shimizu ritorna in cattedra con un'opera complessa e ambiziosa, un esperimento particolare che vede un senzatetto mettersi alla mercè di un ricco figlio di un medico per un'operazione assolutamente fuori di testa.
L'idea del film è la più coraggiosa in assoluto, gli effetti che questo dono comporta sono visivamente molto interessanti e ricchi di fantasia e immaginazione.
Eppure Homunculus ad un certo punto prende una pista complessa in grado di seppellire quanto di buono per una sorta di vendetta e redenzione. Un riappropriarsi di una parte di memoria scomparsa che lascia il protagonista in un limbo per cui diventa un barbone, come se qualcosa nel suo passato fosse responsabile di questo cambiamento.
L'homunculus poi è una strada interessante, l'idea di poter vedere ciò che gli altri non possono riuscendo a trasformarsi in una sorta di psicoterapeuta intuendo i segreti nascosti degli altri è un altro elemento di spicco che però ad un certo punto il film perde anche se alcune parentesi come quella del boss della yakuza sono grottesche e divertenti al punto giusto.
E'un film davvero anomalo e originale per certi versi l'ultima opera di Shimizu, il quale cerca di andare controcorrente misurandosi con un'opera diversa dopo che la sua filmografia ruotata per buona parte intorno ai j-horror e ai remake voluti dagli americani dei suoi stessi film.

mercoledì 2 giugno 2021

In the earth


Titolo: In the earth
Regia: Ben Weathley
Anno: 2021
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

Mentre il mondo cerca una cura per un virus disastroso, uno scienziato e uno scout del parco si avventurano nel profondo della foresta per ritrovare dei colleghi scomparsi

Ben Weathley è uno dei miei registi post-contemporanei preferiti da sempre.
Uno dei pochi inglesi ad aver con originalità e talento dato risalto al folk horror britannico con tanto di paganesimo, rituali, sette e molto altro ancora, anche se quasi tutte queste caratteristiche risiedono nel suo cult Kill List mentre vengono annusate in A Field In England e a suo modo in veste più da crime-movie ma con alcune incursioni in Down Terrace.
Al momento Weathley viene richiesto addirittura dalle major per il suo enorme talento e lo humor nero che contraddistingue i suoi film. Dopo produzioni enormi come High-Rise per la serie provo sfide che tutti considerano impossibili o remake fatti solo per far cassa come Rebecca, l'autore può con i proventi auto finanziarsi i suoi film preferiti con una produzione low cost e poche ma eccellenti location e un manipolo di attori funzionali.
In the earth è qualcosa di grottesco e assurdo, uno scifi, un eco vengeance, un horror rurale, un survival movie, un dramma sociale, un film sulle distanze e forse molto altro ancora..
Un film suggestivo quanto enormemente complesso scritto dallo stesso regista durante la pandemia dove la fantascienza diventa materiale da scoprire in una metafora sociale in un film peraltro difficile con più sentieri e sotto trame e intenti non sempre così chiari.
In the earth parla di funghi che sembrano ridare vita alla fauna, parla di una meglio non precisata entità folkloristica Parnag Fegg che risiede nel bosco (una specie di Pan) e una strana comunicazione tra natura e uomo che passa sotto diverse stratificazioni e livelli arrivando a far impazzire i due scienziati nascosti nella struttura governativa dentro al cuore del bosco.
La materia è complessa e spesso Weathley incrocia i flussi tra mito e scienza ponendo tante domande e come spesso osa fare regalando poche risposte e dando tanti finali aperti.
I suoi tocchi magici e gli elementi di riconoscimento anche qui non mancano dalle suggestioni, al voler dare un nome a qualcosa quando non è possibile, ai trip collettivi, alle scene di inusitata violenza che dopo il martello iniziale, qui ci regala ferite sotto i piedi, accette e scene splatter come funghi sotto la pelle che sembra debbano portare una sorta di mutazione o malattia o altro ancora.
Un film extrasensoriale perchè soprattutto nel terzo atto quando ormai viviamo al fianco della dottoressa Wendle, tutto sembra ovattato, la natura stessa ingloba e intrappola i protagonisti facendoli impazzire e creando degli intrecci narrativi mica da ridere.
Usando e dando voce alle fobie collettive di tutti i diversissimi personaggi e delle loro apparenti fragilità e complessità Weathley ancora una volta ricalca e cerca di approfondire una tematica ambiziosa e poco trattata da scienza, religione, mito e tecnologia ovvero cercare di capire il segreto di ciò che umano non è, di qualcosa di indefinito e forse alieno, di qualcosa che la natura rivendica e non vuole concedere all'uomo.


Fried Barry


Titolo: Fried Barry
Regia: Ryan Kruger
Anno: 2020
Paese: Sudafrica
Giudizio: 4/5

Barry è un bastardo tossicodipendente e violento che - dopo l'ennesimo blackout - viene rapito dagli alieni. Barry viene messo in secondo piano mentre un visitatore alieno assume il controllo del suo corpo e lo porta a fare un giro attraverso Cape Town.
 
Sappiamo poco del Sudafrica e di questo molto è legato a ciò che ci hanno mostrato i Die Antwoord. Trip lisergici, lsd, metanfetamine, droghe di tutti i tipi, prostitute che danno alla luce bambini durante il coito, alieni che portano via le persone, pedofilia, criminali e manicomi.
Ryan Kruger ha mischiato tutti questi ingredienti assieme e gli ha fatti bere a Gary Green dicendogli "adesso fai il cazzo che ti pare, ma fallo bene.."
Fried Barry è uno di quei film di genere difficili da catalogare perchè di fatto sono assurdi, eccessivi, senza senso, esagerati, sboccati, disturbanti, delle chicche di follia e non sense.
Un protagonista eroinomane che ha una moglie che si prende cura di lui e dopo l'ennesimo litigio esce di casa e comincia un lunga notte di bagordi dove viene rapito dagli alieni, i quali ‘impiantano’ nello sventurato un’entità extraterrestre attraverso un processo non lontano da quello descritto da Cartman nel primo spumeggiate episodio di South Park (una sonda anale, in quel caso, qui nel prepuzio), facendo in modo che come dicevo prima possa impiantare il seme in una donna che immediatamente da alla luce un bambino.
Barry oltre ad essere un disadattato sembra non cogliere ciò che gli sta attorno, come un autistico in trip, che cammina come un derelitto venendo attratto da tutto ciò di non conforme alle regole possa succedere. Una calamita degli incontri sbagliati dove finisce per essere internato in un ospedale psichiatrico tentando la fuga con altri due pazzi oppure salva la vita di un gruppo di ragazzini tenuti imprigionati da un orco pedofilo. Tutto succede in maniera pazzesca e confusa senza avere una struttura narrativa equilibrata, ma d'altronde film del genere sono così o si amano o si odiano.

Koko di koko


Titolo: Koko di koko
Regia: Johannes Nyholm
Anno: 2019
Paese: Svezia
Giudizio: 3/5

Una giovane coppia perde la propria bambina di 8 anni in seguito ad una reazione allergica, proprio nel giorno del suo compleanno. Per l’occasione le avevano regalato un carillon che non avrà mai la fortuna di scartare.
 
Koko di koko è un altro film a tratti bizzarro sfruttando l'elemento spazio temporale come un vortice di umiliante terrore psicologico. Scopriamo questa coppia disfunzionale (soprattutto lei) che in seguito alla perdita della bambina dopo tre anni decidono di andare in campeggio in un posto osceno nel mezzo del nulla senza nemmeno aver ben chiaro come mai siano finiti lì.
E da qui o da lì inizia il calvario, l'inferno dove un triangolo composto da due bifolchi e un vecchio intrattenitore giorno per giorno umiliano la coppia uccidendoli in modi diversi. Nyholm trasforma un horror anche se sembra più grottesco e onirico ( come la dissolvenza a disegni composta da un trio simile a ornamento di un carillon che una bambina osserva da una vetrina) rispetto a un horror vero e proprio con disamina sul disagio sociale cercando di rappresentare e dare una metafora della perdita rappresentandola come un orrore ancestrale. Il tempo diventa un'arma scaraventando i suoi personaggi in un loop, al fine di esplorare il dolore in tutti i suoi terribili aspetti e ondate di disagio senza fine. In uno scenario da incubo che si ripeterà sei volte con alcune variazioni, come altrettante reazioni dell'inconscio (impotenza, senso di colpa, solitudine, ecc.) murati nel loro isolamento Nyholm cerca in tutti i modi di non farci empatizzare con i protagonisti, anzi facendoceli odiare, come una delle scene più forti quando Tobias dalla sua tenda guarda le torture alla moglie rimanendo impassibile senza fare nulla.

martedì 11 maggio 2021

Bad Luck Banging or Loony Porn


Titolo: Bad Luck Banging or Loony Porn
Regia: Radu Jude
Anno: 2021
Paese: Romania
Giudizio: 4/5

Emi, un’insegnante gira per uso privato un video ad alto tasso di erotismo che però finisce su PornHub e viene scoperto dai suoi allievi. Viene immediatamente convocata l’assemblea dei genitori che debbono dare un parere dirimente sulla sua futura presenza nella scuola.
 
Sicuramente non è un mistero che il cinema d'autore rumeno negli ultimi anni abbia dato prestigio e peculiarità alla sua filmografia. Sitaru, Mungiu, Mirica sono ad esempio tre esponenti di una certa rinascita a cui bisogna includere anche Jude, autore decisamente più eclettico e sovversivo, che con questa coraggiosa quanto esplosiva ed estremamente provocatoria pellicola si mette subito in discussione con un film complesso, ambizioso e a tratti incredibilmente weird.
La scena iniziale sicuramente sarà quella che farà più discutere dal momento che ritrae un filmino porno amatoriale senza nessuna censura. Da lì poi il film diventa un antologia, un catalogo con divisioni di capitoli, la storia che si dipana per poi prendersi alcune pause, dare una propria idea dei preconcetti in generale nel mondo con tanto di ordine alfabetico in un montaggio e una didascalia quasi documentaristica e infine ritornare sulla storia con tre finali alternativi dopo il processo all'insegnante che si pone come uno dei momenti più interessanti e di denuncia del film trattando la materia del sacro/profano, lecito/proibito, privacy ma soprattutto revenge-porn e sessismo.
Il film di Jude è un'approfondimento grottesco che pone le basi sulla desamina di una società perbenista solo in apparenza nascondendo gli scheletri nell'armadio e le piaghe di un falso moralismo incredibilmente attuale e sincero dove fanno capolino nel finale alcune delle mascherine anti Covid più imbarazzanti che si siano mai viste. L'inizio col porno amatoriale e il finale con i cazzi di gomma ad inculare una certa classe politica sembrano la vendetta di una certa generazione di registi contro tutto quello che il popolo ha sofferto a causa di dittatori che hanno sempre imposto una certa censura e dittatura.


domenica 18 aprile 2021

Down Terrace


Titolo: Down Terrace
Regia: Ben Weathley
Anno: 2009
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

Una famiglia criminale cerca di smascherare l'informatore di polizia in mezzo a loro che minaccia di smantellare i loro affari.
 
Adoro. Ben Weathley è un autore e regista che stimo da sempre. Sono stato tra i primi a vedere Kill List e tutti gli altri suoi film (che apprezzo tutti anche il bistrattato Rebecca).
Per Down Terrace ho dovuto aspettare e faticare a lungo dal momento che essendo un'opera a tutti i livelli autoriale e indipendente ci ha messo un pò per espandersi sul web.
Definirlo poliziesco sarebbe riduttivo dal momento che alcune componenti sono da sempre presenti nel cinema di Weathley. Noir, black comedy, grottesco, ironia nera, personaggi inquietanti, violentissimo (forse assieme a Kill List è il film più violento in assoluto dal momento che chiama in causa alcune scelte davvero cruente e crudeli che fino alla fine non credevi possibili). Un film che come per altri non ha speranze di salvezza, non esiste happy ending, ma solo scelte e decisioni che porteranno un vuoto interiore incredibile.
Down Terrace ha un cast importante dal momento che il lavoro svolto sugli attori è lungo e regala delle prove davvero commoventi. Il teatrino e la galleria dei gregari in casa di Bill e Karl è pazzesco. Da temuti sicari e killer indiscussi che si odiano a vicenda e che portano alcune vittime sacrificali a nascondersi in bagno, a una pletora di musicisti che brindano felici condividendo droghe tutti insieme come un perfetto quadretto famigliare. Ricco di simbolismi che Ben adora e inserisce in tutti i suoi film, qui come accessori all'interno della casa, sui ripiani e tra i cassetti.
Con un finale di una violenza esplosiva e delle musiche fantastiche, il film che si concentra praticamente tutto all'interno della casa, dimostra come il talento di questo artista e autore dava già importanti segnali.