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venerdì 13 settembre 2013

Bubble

Titolo: Bubble
Regia: Steven Soderbergh
Anno: 2005
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

In una cittadina dell'Ohio, Martha e Kyle lavorano in una fabbrica di bambole. La loro vita è grigia, sempre uguale a se stessa. Lavoro, junk food per pranzo, ancora lavoro, e poi a casa davanti alla televisione. Una linea piatta. Senza ritorno. L'amicizia che li lega, rifugio della rispettiva malinconia, viene improvvisamente minacciata per l'arrivo di una nuova operaia, Rose, che suscita interesse in Kyle. Una mattina Rose viene trovata morta, strangolata. Chi sarà l'assassino?

Soderbergh era passato in sordina con questo suo film indipendente in rassegna alla mostra di Venezia. Semplice, minimalista ed essenziale, Bubble mostra la desolazione della vita di provincia nell'Ohio.
Tra gli stati più tristi degli States, il regista si confronta con la realtà di alcuni personaggi, mostrando due diverse generazioni e di fatto come se documentasse le loro aspirazioni e i loro sogni nel cassetto. Dal possedere una canna da pesca (gli intenti e le aspirazioni sono sinonimo del vuoto che anima le loro vite in questo caso di Kyle) alla gelosia per tutto ciò che è nuovo, più giovane e più bello, Rose è la protagonista che nessuna donna vorrebbe essere.
Una vita a metà tra un lavoro alienante, pasti iperglicemici, un padre da seguire e un amico che forse vorrebbe tenere al guinzaglio per tutta la vita.
La struttura della storia riduce all'osso la trama e proprio nello stile della messa in scena riesce più che mai a sembrare una sorta di limbo in cui rinchiude i protagonisti e su cui permea le scene incorniciando un quadro che prende una sua forma ben definita trasformandola in una tragedia mai così contemporanea e senza colpi di scena, ma anzi ragionando in modo semplice e lineare.
Negli Stati Uniti è stato distribuito contemporaneamente nelle sale, in Dvd e in televisione ad alta definizione ed è stato il primo di sei film che Steven Soderbergh ha diretto con la 2929 production

giovedì 27 giugno 2013

Costant Gardener

Titolo: Costant Gardener
Regia: Fernando Meirelles
Anno: 2005
Paese: Usa/Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

In Kenya, Tessa Quayle, attivista che indaga su alcune aziende farmaceutiche, viene uccisa in misteriose circostanze. La notizia della morte, colpisce drammaticamente il diplomatico inglese e marito della donna, Justin Quayle, al punto che tutte le certezze nella sua vita sembrano scomparire. Ora, l'unico scopo di Justin è trovare gli assassini e portare avanti il lavoro della moglie deceduta.

La vocina che senti nel cervello dopo aver visto il quarto film di Meirelles è quello di un'occasione non del tutto riuscita.
Il tema è davvero interessante e di solito non sono molti i registi che trattano tematiche riguardanti attivisti e multinazionali.
Meirelles, forse visto anche il suo cinema, era interessato al romanzo di De Carrè ed era volenteroso di poter cercare di fare un film che denunciasse il potere dilagante delle grandi corporazioni e tutta un'altra serie di temi che il film intende trattare senza riuscire però a saperli intrecciare nella giusta maniera.
Infatti il film è allo stesso tempo una storia d'amore, un thriller politico e un dramma riflessivo. Nonostante tutto i confini tra generi sono impercettibili, mescolati in modo omogeneo da una fotografia superlativa di César Charlone, il quale sottolinea le differenze culturali tra l'Africa, soleggiata e piena di colore, e l'Inghilterra fredda e triste avvolta nel suo grigiore. A livello tecnico l'unico elemento che appesantisce la narrazione è dovuto ai continui flashback, in particolare nella prima parte.
Il cast è ottimo e di grande livello con una buona intesa tra le due parti. Lo stile frammentato e documentaristico poi diventa di nuovo il marchio del regista, attento ancora una volta più alla parte della bassa soglia e l'area disperata delle periferie urbane, a discapito di prendere troppo seriamente l'idea di un thriller-politico.

Sulla Pfizer del film si fa riferimento ad un insieme di casi giudiziari che vedono coinvolta la multinazionale farmaceutica in seguito ad alcuni eventi accaduti nel 1996, quando – nel corso di una grave epidemia nella città di Kano, in Nigeria– diversi bambini furono oggetto di una
sperimentazione umana non autorizzata.
Tale sperimentazione non era stata preventivamente concordata né con le competenti autorità nigeriane, né con i genitori. Gli interventi riguardarono bambini malati di meningite, dameningococco, cui fu somministrata trovafloxacina – un'antibiotico sperimentale – invece della ben più documentata terapia a base di ceftriaxone.
Secondo le accuse mosse alla Pfizer, i decessi e le lesioni gravi registratisi in seguito alla sperimentazione sarebbero imputabili al protocollo usato; a sua difesa, la multinazionale sostiene che il proprio farmaco è risultato efficace almeno quanto la migliore terapia disponibile all'epoca dei fatti.
L'intera vicenda venne alla ribalta dell'opinione pubblica dopo un'inchiesta del Washington Post del dicembre 2000, suscitando un notevole clamore a livello internazionale. Ad oggi il caso è oggetto di due controversie legali, una negli Stati Uniti ed una in Nigeria.
Agli episodi di Kano è ispirata la trama del romanzo"Il giardiniere tenace di John le Carré, dal quale è stato tratto il film.(Wikipedia)


martedì 21 maggio 2013

Kakurenbo

Titolo: Kakurenbo
Regia: Shuhei Morita
Anno: 2005
Paese: Giappone
Giudizio: 4/5

L’Otokoyosama no Oyugi è una pericolosa variante del Kakurenbo (nascondino). La sua peculiarità è il luogo in cui esso si svolge: una città buia e spettrale, accessibile ai soli bambini. Lungo le vie secondarie, le luci di alcune insegne riportano le sillabe che compongono il nome del gioco e, se seguite nell’ordine corretto (o-to-ko-yo), conducono al piazzale dell’Otokoyo. Solo quando sette bambini mascherati da volpe raggiungono la piazza, l’Otokoyo può avere inizio. Si dice, però, che la città sia infestata da creature demoniache.

Ma che piccolo gioiellino che è questo corto giapponese. Un piccolo capolavoro di 25’minuti che approfondiscono il tema del nostro bel gioco del nascondino rendendolo ovviamente molto più folkloristico e culturalmente imponente con la sua tradizione nipponica di base.
L’ottima grafica e messa a punto degli Oni vale da sola la visione del corto. Solo per alcuni aspetti mi hanno ricordato le maschere di TMNT dei nemici che però era del 2007 quindi dopo l’uscita di questo corto.
Azzeccatissima anche la scelta di far indossare ai protagonisti le maschere di volpe, in questo modo è stata risparmiata la fatica di dover disegnare i visi delle persone (cosa non facile con questo stile di disegno), per di più questo aspetto contribuisce ad aumentare l'aura di mistero che circonda l'intera opera. L'animazione cel-shaded funziona benissimo e si sposa perfettamente con la colonna sonora davvero suggestiva che riesce a dare maggiore inquietudine alla pellicola.
Premiato al Tokyo Anime Fair e al Fantasia Film Festival di Montreal, l’opera (perché è un’opera a tutti gli effetti)di Shuhei dai toni freddi e cupi che tinteggiano l’inquietante metropoli orientale è una metafora, una favola e un bisogno anche di capire cosa si sta lentamente dimenticando…

giovedì 7 marzo 2013

Mosquito Man

Titolo: Mosquito Man
Regia: Tibor Takacs
Anno: 2005
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

In America si sta diffondendo una malattia mortale trasmessa dalle zanzare. Per combatterla un’azienda farmaceutica tenta di creare delle zanzare mutanti che possano evitarne la trasmissione accoppiandosi con le zanzare letali. Un detenuto che sta per essere utilizzato come cavia umana tenta di fuggire nascondendosi nel laboratorio dove però entra in contatto con radiazioni e liquido mutageno che lo trasformano in un mostro-uomo-zanzara! Anche una scienziata viene colpita (anche se marginalmente) dai mutageni e il zanzarone maschio aspetterà che questa si trasformi per tentare di accopiarvisi… Intanto passa il tempo uccidendo gente!

Mosquito Man a parte il budget e le riprese che fanno tanto televisione di serie c-1, aveva davvero degli ottimi spunti e un motore d’azione che poteva dare certo molto di più ma cerchiamo di capire da dove arriva e chi lo ha prodotto.
Sci-fi Channel è una miniera d’oro di queste cazzate quasi tutte con tema mostri o robe simili.
Delle innumerevoli pellicole che ho visto su questo canale e su questo genere quasi nulla si salva. Spesso poi alcuni di questi film visto che il successo che potrebbero avere da noi non vengono neanche tradotte oppure sottotitolate. Dicevo quasi perché quello che si salva vince grazie al grosso apporto trash, spesso e volentieri neanche voluto dichiaratamente.
Mosquito Man ci arriva direttamente dalla Nu-Image (vi ricordate SNAKEMAN,SHARKMAN,METAMORPHOSIS etc), tutti girati nel giro di un paio di anni e in cui non è così difficile notare cosa predomina nelle pellicole a dispetto di cosa viene trascurato. Come dicevo però prendendolo per quello che è ovvero un film di serie B con pochi soldi e alcuni effetti speciali che forse andavano risparmiati, riesce perlomeno a divertire come dicevo grazie ad un bel plot anche se sfruttato male. Un cast che cerca di crederci un po’ come la scena iniziale del prigioniero portato nell’industria farmaceutica per essere usato come cavia o come la protagonista o co-protagonista che quanto intuisce di essersi presa anche lei il virus non reagisce proprio come farebbe un qualsiasi cristiano.
Qualche scena mi ha ricordato la MOSCA anche se qui la creatura uccide solo con il pungiglione per succhiare la linfa vitale (sembra Cell il nemico di Dragon Ball).
Comunque tra le scempiaggini più disumane prodotte dalla Nu-Image, mosquito Man offre un notevole svago anche quando vediamo chiaramente una testa a forma di gomma rompersi in due oppure questa evoluzione dalla zanzara tigre che vola goffamente nascondendosi da una parte all’altra della città.





giovedì 17 gennaio 2013

V per Vendetta

Titolo: V per Vendetta
Regia: James McTeigue
Anno: 2005
Paese: Usa/Germania
Giudizio: 3/5

V for Vendetta è tratto dall'omonimo fumetto di Alan Moore, illustrato da David Lloyd e pubblicato per la prima volta sulla rivista a fumetti inglese Warrior tra il 1982 e il 1985. Moore illustra una società inglese distopica molto simile a 1984 di Orwell, in cui, in seguito ad una grave crisi interna ed estera, un partito unico di estrema destra ha preso il potere trasformando la Gran Bretagna in uno stato totalitario. Questo comprende l'eliminazione del dissenso, delle minoranze, la costruzione di campi di concentramento e un controllo totale delle attività dei cittadini.

Non mi stupisce il fatto che ancora una volta uno dei più grandi lavori del grande Alan Moore abbia ricevuto così tanti consensi da parte di pubblico e critica ma sia invece stato disconosciuto dallo stesso autore.
Ancora una volta sembra lui l’unico a non essere contento e d’accordo su questa trasposizione. D’altronde non è mai capitato che sia rimasto soddisfatto di qualsiasi film tratto dalle sue opere.
V è diventato famoso per la maschera simbolo di rivoluzione, di opposizione e di schieramento contro un regime “fascista”che mette a repentaglio la libertà dei cittadini.
Di sicuro a primo impatto colpisce e non poco l’aspetto estetico del film che come per la fotografia e i combattimenti predilige i connotati della grafica anziché trovare piena fedeltà rispetto allo scritto di partenza e ai suoi catartici dialoghi.
D’altronde lo stile ipnotico e allucinato (peccato che i fratelli Wachowski abbiano deciso di non inserire la sequenza in cui Deitrich, per poter indagare su "V" in maniera intuitiva ricorre all'LSD) dello scrittore non era facile e soprattutto avrebbe potuto avere problemi concernenti il target del film. La critica e la vendetta contro un regime totalitario (perfetto in questo caso per svariate analogie la scelta della Gran Bretagna) potevano essere meglio concentrate nel film che in tutto e per tutto rincorre il sano rigore estetico. McTeigue d’altronde ha girato con questo il suo film migliore, contando che NINJA ASSASSIN è un tentativo che non ha saputo concretizzarsi a dovere e THE RAVEN ha svariati problemi di plot e di ritmo del film.
Di V c'è stato tutto, di troppo e di più. Del V originale, davvero ben poco. Quindi mi congedo mettendomi dalla parte dei fedeli del fumetto, di chi ha saputo meglio apprezzare i disegni di David Lloyd a dispetto del’estetica fine a se stessa e di un mestierante che ha poco a che vedere con l’autorialità di un grande inno all’anarchia scritto da uno degli autori più scomodi in campo di fumetti e altro.
Un simbolo che è stato poi usato e ripreso da cantanti, leader politici, attivisti etc.
Cambi drastici rispetto alle pagine come accade giusto per fare un esempio con il secolo in cui è incentrata la storia insieme a molti altri buchi di sceneggiatura fanno certamente sì che V non sia un brutto film ma se si vuole fare quel passo in più allora diventa fondamentale leggere il grande volume.

Shark Invasion

Titolo: Shark Invasion
Regia: Danny Lerner
Anno: 2005
Paese: Usa
Giudizio: 1/5


Un misterioso campo magnetico attira un branco di feroci squali bianchi nel Triangolo delle Bermuda mettendo in pericolo l'equipaggio della base sottomarina "Oshona" dislocata in quelle acque per effettuare rilevazioni scientifiche. Nel tentativo di salvare la moglie Linda intrappolata nel laboratorio, il dottor Mike Olsen ottiene aiuto dal capitano Riley e dal suo sommergibile, ma le operazioni di soccorso rischiano di essere vanificate dall'arrivo di Ben Stiles, agente di una sezione speciale dei servizi segreti, incaricato di fare in modo che l'accaduto rimanga "top secret" e di scoprire la sorgente radioattiva la cui energia potrebbe in futuro essere utilmente sfruttata per scopi militari... Nel cielo, intanto, un'astronave aliena attende il momento opportuno per entrare in scena: l'origine dell'insolita energia è, infatti, un contenitore di cristalli sconosciuti che, anni prima, due UFO in volo nell'orbita terrestre hanno perduto a causa di un'accidentale collisione...

Un altro film sugli squali. Questa volta cambia solo il nome ma la cagata è fumante e fa ancora più schifo di tanta merda che ho già recensito.
Lerner sta alla fantascienza come Borghezio sta alla politica. Difficile cercare di capire quante idee sono state sviluppate in questo film che non riesce a trasformarne nemmeno una.
Qualcosa di carino però alla base c’era ed è un peccato, ma non così grosso vista la natura del film, non riuscire a svilupparne nulla di interessante.
Ad esempio avrei optato per l’exploitation più azzardato trasformando gli squali in alieni. L’elemento poi del copia/incolla con immagini di squali prese da altri film o da documentari è una caratteristica nostra del nostro cinema italiano dei bei tempi che pur di fare un film l’avrebbe commissionato a dei napoletano travestiti da cinesi.
La Nu-Image cerca dunque di apportare una novità trovandosi ingenuamente in un confine che ne delimita gli intenti e la messa in scena.





giovedì 1 novembre 2012

Isola dei sopravvissuti



Titolo: Isola dei sopravvissuti
Regia: Stewart Raffill
Anno: 2005
Paese: Gran Bretagna/Usa/Lussemburgo
Giudizio: 1/5

Due coppie di ricconi s’imbarcano su un piccolo yacht per una crociera nei caraibi. Con loro tra l’equipaggio c’è Manuel, un giovane ragazzo bello e aitante che appena prima di imbarcarsi ha un’accesa discussione con una donna. Sarà proprio una sua distrazione a causare un incidente che porta la nave al naufragio. Dopo il disastro la bellissima Jennifer e Manuel si ritroveranno dispersi su un’isola deserta e dopo un’iniziale astio i due impareranno a convivere. Presto troveranno vivo il marito di Jennifer, il gelosissimo Jack e la convivenza sull’isola si farà difficile…

Prevedibilità, noia e scontatezza è questo il triangolo di cose che come per i protagonisti porta ad un inevitabile destino tragico. Assurdo e con alcune aggiunte davvero senza senso, il film di Raffill è una delle cose più brutte viste negli ultimi tempi.
La gelosia, il possesso, la paura, la lotta per una donna, sono tematiche che potevano svilupparsi molto meglio anche se sono state abusate molto.
Se si pensa che poi il cattivo di turno è il solito Billy Zane che ripete il suo ruolo di antagonista allora l’unica cosa interessante da vedere è il corpo di Kelly Brook e qualche esterna sull’isola.
Ad un tratto per portare ad alti livelli il tasso di minchiate della pellicola c’è niente di meno che un rito vodoo. Cazzate a gogò.

domenica 24 giugno 2012

Sin City


Titolo: Sin City
Regia: Robert Rodriguez
Anno: 2005
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Sullo sfondo della violenta e oscura Sin City si intrecciano diverse storie: Marv, un killer indistruttibile, è pronto a tutto pur di vendicare la morte di Goldie, l'unica donna che nella sua vita è riuscita a fargli provare un po' d'amore e che è stata uccisa mentre dormiva accanto a lui; John Hartigan, un poliziotto in procinto di andare in pensione accusato di un omicidio che non ha commesso e che ha promesso di proteggere la giovane Nancy dalle grinfie di un criminale pedofilo; Dwight, un ex-fotografo alle prese con Jackie Boy, un poliziotto violento che minaccia Shellei, la cameriera di cui Dwight è innamorato, la bella prostituta Gail e le altre ragazze della Città Vecchia...

Rodriguez è pazzesco e dannatamente senza regole nel suo modo di fare cinema. Una delle anomalie americane che ho sempre stimato per il coraggio e la passione che trasmette in ogni sua pellicola.
Da sempre ha girato e si è divertito con quella che ha sempre reputato la sua missione.
A partire dall’azione(suo punto di partenza con il MARIACHI) che nel trash (PLANET TERROR), i b-movie (MACHETE), la fantascienza (FACULTY) e l’horror (DAL TRAMONTO ALL’ALBA) per arrivare infine a girare film d’avventura per i figli e per un pubblico eterogeneo (la saga di SPY KIDS). Si è sempre mosso con quel suo spirito citazionista e omaggiando i suoi registi preferiti e i film che più lo hanno influenzato.
Sin City è il capolavoro definitivo del regista.
L'impareggiabile uso di un bianco e nero nitido e perfetto anima il disegno di Miller portandolo fuori dalle pagine degli albi e infondendogli la vita (menzione che spetta solo a Rodriguez se contiamo che Miller appena ha mosso i passi da solo a girato quella porcheria senza senso di SPIRIT), l'uso parziale del colore invece traghetta l'attenzione su alcuni particolari e simboli come da tempo non si usava più al cinema e Rodriguez potenzia l’effetto alternando stili e color-correction come mai si era visto prima.
Alla fine sono belle storie e bei personaggi, in certi casi nemmeno si nota che le scenografie (3 escluse) sono ricostruite digitalmente.
Le atmosfere ricreate invece sono dirette discendenti che omaggiano i noir anni ’40.
"Sin city" riesce ad essere, forse fortuitamente o forse no, il connubio di forme artistiche diverse ma accomunate da una simile poetica. Rodriguez trova pane per i suoi denti in questa pellicola, molti sono gli elementi comuni che legano l'universo che questi due autori amano mostrarci: eroi "con macchia" dal grilletto facile e donne da salvare (viene in mente DESPERADOS), passioni violente, sacrifici estremi, il tutto condito da ironia e violenza. Troviamo anche in questa occasione l'immancabile apporto del grande amico e collega Quentin Tarantino, che gira la sequenza in cui Dwight ( Clive Owen) e Jackey Boy (un Benicio Del Toro in una situazione a dir poco surreale) sono in auto.
Un film che ancora una volta è il risultato di maturità, occhio alle mode cinematografiche, ai vecchi maestri, ai dialoghi taglienti e tanto,tanto altro ancora.
Si aspettano gli altri due capitoli.

mercoledì 20 giugno 2012

Isolation-La fattoria del terrore


Titolo: Isolation-La fattoria del terrore
Regia: Billy O'Brien
Anno: 2005
Paese: Gran Bretagna/Irlanda
Giudizio: 3/5

In una remota località della campagna irlandese, sorge la Dan Reilly. In gravi difficoltà economiche, il fattore accetta di ospitare nella sua proprietà un laboratorio che si occuperà di studi sulla fertilità animale. Ma le cose prendono una piega spaventosa quando una terribile mutazione inizia a colpire il bestiame...

Ultimamente l’horror come genere che non è sinonimo di cazzate, spesso definito come un genere infantile in cui viene solo mostrata violenza, decide come molti documentari e film-drama di denunciare alcune realtà davvero oscene come l’allevamento intensivo o esperimenti genetici che sconfinano nella bestialità.
O’Brien parte in quarta senza stare a mostrare animali che divorano vittime inermi ma anzi sondando il lavoro di questo laboratorio che come in molti casi sembra staccarsi dalla fattoria e dal resto del genere umano per sviluppare nel suo microcosmo tutti gli orrori indicibili che noi povere scimmie non potremmo mai comprendere.
L’ingranaggio che il film mette in atto è interessante, cresce mano a mano come il pathos che Robbie Ryan trasmette con la sua fotografia e dopo poco cominci a chiederti cosa fa sì che il film nella sua sottrazione riesca meglio di molti altri in cui tutto è palesato mentre qui è tutto claustrofobicamente azzerato.
Certo il ritmo è lento e i dialoghi a volte dovrebbero essere soppiantati da qualche scena che non faccia venire il latte alle ginocchia ma nel complesso, complice anche il plot narrativo, il risultato è interessante.

martedì 27 marzo 2012

Narok


Titolo: Narok aka Hell
Regista: Tanit Jitnukul/Sathit Praditsarn
Anno: 2005
Paese: Thailandia
Giudizio: 3/5

Una piccola troupe televisiva (in trasferta) ha un terribile incidente stradale causato da un colpo di sonno del guidatore e dalla demenza della controparte… Il gruppo è trasportato d’urgenza in ospedale, ma, nonostante le condizioni critiche, gli amici si risvegliano in un mondo infernale popolato da demoni e supplizianti assortiti…

L’inferno dantesco con tutti i suoi cerchioni visto dai thailandesi. In realtà già solo questo fatto e tutto l’impegno e l’audacia che ci hanno messo merita un punto in più anche se il risultato scade alle volte prepotentemente nel trash più paradossale con alcuni effetti speciali probabilmente tra i più brutti della storia del cinema orientale.
Metallo bollente fuso in bocca, scuoiamenti perpetui, corpi segati con lame di legno vetusto, pancie battute con mazze , arrotolamenti di budella e quant’altro sono solo alcuni dei divertimenti che la pellicola macina continuamente.
I due registi ci credono e cercano invano, dal momento che è proprio la nota dolente del film, di restituire una sorta di spiritualità ai protagonisti salvando i puri di cuore e condannando gli avidi e i corrotti.
In più la parte sul dramma famigliare sembra fare da paiolo con la povertà di sentimenti che invade il nostro sfortunato cinema nostrano e anche in questo caso contando che il lato gore e onnipresente, alcuni cali di tono rallentano e riducono non di poco il lato horror della pellicola.