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mercoledì 23 marzo 2011

Others

Titolo: Others
Regia: Alejandro Amenabar
Anno: 2001
Paese: Usa/Spagna/Francia
Giudizio: 3/5

1945, Isola di Jersey. Grace vive in una grande casa isolata assieme ai suoi due figli Anna e Nicholas. I figli soffrono di una grave allergia che non li consente di vedere la luce del giorno, così Grace vive chiudendo continuamente porte infinite dell’enorme abitazione attendendo l’arrivo del marito partito per la guerra ormai da un anno.
Un giorno arrivano tre persone che decidono di offrire, in cambio di un posto dove stare, il loro aiuto di domestici nella casa.
Da questo punto iniziano i problemi: i figli di Grace cominciano ad avvertire la presenza di un bambino di nome Victor e la stessa Grace, dapprima incredula, finisce a trovarsi invischiata completamente nella faccenda.

Amenabar, il cui talento si era già visto con le altre pellicole, confeziona un thriller che deve molto ai vecchi horror del passato. Il regista riesce sempre a mantenere la suspance senza uso di sangue(tanto per dirne una)regalandoci nel terzo atto una serie di colpi di scena che spiazzano lo spettatore con quello stile compatto e diretto che lo distingue.
Il tema non è sicuramente originale, una storia di fantasmi, ma convince per la giusta miscela d’indizi che andiamo mano a mano scoprendo, senza essere certi che in verità, la realtà non è quella che sembra.
Il mondo dei vivi che incontra quello dei morti è sempre argomento affascinante, come nel film “Beetlejuice”in cui la chiave è più demenziale e grottesca.
Insomma un buon film che si lascia vedere senza rimanere annoiati o senza, dopo 20 minuti, intuirne tutto lo svolgimento.
Brava la Kidman anche se sembra da parte sua un esercizio di stile più che un’interpretazione vera e propria.

martedì 22 marzo 2011

Tenembaum

Titolo: Tenembaum
Regia: Wes Anderson
Anno: 2001
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Royal Tenenbaum e la moglie Etheline, hanno tre figli ex bambini prodigio. Si tratta di Chas, Richie e Margot, che, nell'infanzia, sono stati rispettivamente prematuro genio della finanza, piccola scrittrice e campioncino di tennis. da adulti, però, subiscono una serie di fallimenti, e la colpa di tutto viene addossata al padre, che li ha abbandonati anzitempo.

Wes Anderson è una delle giovani promesse di questi anni. Quasi tutti i suoi film hanno sempre elementi indimenticabili così come il suo gusto minimale e mai scontato per i dettagli, le situazioni, i dialoghi, e la scenografia. Sembra di assistere all’opera di un pittore che dipinge quadri diversi della stessa situazione dandogli una verve che mischia elementi puramente drammatici e profondi a scene condite da uno humor spiccato e da attori che sanno caratterizzare al meglio i personaggi.
I Tenembaum quindi è un film didascalico e preciso. Si divide in capitoli ed ha una voce narrante che solo ogni tanto diventa forzata. C’è da sperare che Anderson continui a curare i suoi film sempre con lo stesso entusiasmo, sapendo regalare momenti di gran cinema.

Shark Attack 2

Titolo: Shark Attack 2
Regia: Bob Misiorowsky
Anno: 2001
Paese: Usa
Giudizio: 1/5

Un nuovo "Animal Horror Sharks Movie"...
Nella locandina si vede la bocca di uno squalo che insegue famelico una bella fanciulla con un bel balcone che aggrappata ad una tavola prova a fuggire tentando un'espressione spaventata.
Questo potrebbe essere il promo per catalogare questa pellicola tra gli innumerevoli prodotti destinati alla tv statunitense e che senza troppi indugi riassume subito i suoi limiti e le sue pecche.
La storia è abbastanza confusa nel senso che sembra quasi che lo squalo venga deportato da aquario in aquario senza nenache motivare bene le scelte. Poi ci sono gli attacchi telefonati e le attese che in film come questi puntano tutto sugli squartamenti da parte delle bestie e che purtroppo deludono abbastanza contando che la casa di produzione Nu Image non è che non abbia i soldi. Sono poche e centellinate le scene di combattimenti così come il sangue centellinato e le scene documentaristiche saccheggiate dai documentari.
Come tutti i sequel purtoppo non gode dello stesso cast anche se la ragazza copertina non è male, e purtroppo il punto dolente si sa è l'inverosimile noia legata a dialoghi da fiction che non danno spessore alla storia ma ne enfatizzano i limiti così come la necessaria storia d'amore che come da prassi si sussegue per annoiare di meno ottenendo l'effetto opposto.


Plaga zombie-Zona mutante

Titolo: Plaga zombie-Zona mutante
Regia: Pablo Pares, Herman Saez
Anno: 2001
Paese: Argentina
Giudizio: 3/5

L'FBI ha testato un virus alieno su una piccola città, con il terribile risultato che i morti ora ritornano in vita. Per eliminare una pericolosa fuga di notizie (oltre che di contagio), l'agenzia decide di isolare la cittadina ed abbandonare all'interno di essa tre individui che aveva rapito per degli studi.

Plaga zombie fa parte di quel filone comico-zombie che negli ultimi anni ha sfornato alcuni prodotti carini come questo forse uno dei più interessanti come gag, parodie, e personaggi alcuni dei quali sembrano a loro volta essere parodie di altri film e così via per un continuo rimando a cose già fatte ma che possono essere contaminazioni interessanti come dicevo in questo caso.
Il film è stato girato in quattro anni, con pochissimi soldi e parecchi sforzi. Un film low-budget che è diventato un vero e proprio cult per parecchi fan del genere.
Le scene comiche non si contano così come quelle trash e i litri di sangue misto a prodotti simil-sangue che vengono usati a iosa. Buoni e forse gli unici ad aver comportato un esiguo costo sono gli effetti speciali, casalinghi ma funzionali.
La casa di produzione è la famigerata Farsa Producciones che al suo attivo vanta quattro pellicole e diversi corti tutti horror-trash e quasi tutti introvabili tranne questa chicca.
Un zombie-movie cult che farà sempre ridere.

lunedì 21 marzo 2011

Uomo che non c'era

Film: Uomo che non c'era
Regia: Joel ed Ethan Coen
Anno: 2001
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Il film è ambientato negli anni '50. Ed Craine lavora come secondo barbiere dal suocero. E’sposato con una moglie che lo tradisce con Big Daddy direttore di un grande magazzino. Un giorno Craine incontra Tolliver, un uomo grasso e ambiguo che entra nel negozio in orario di chiusura. Tolliver comincia a parlare di un socio che gli servirebbe per aprire una linea di lavaggio a secco e della cifra di diecimila dollari come investimento. Craine pensa all'offerta, voglioso di diventare qualcuno e di lasciar perdere la sua attuale posizione di parrucchiere. Cosi’ decide di ricattare Big Daddy, dicendoli che spargerebbe la voce della loro relazione, in modo da ottenere i soldi che gli servono per l'investimento. Big Daddy sospetta come colpevole del ricatto un imprenditore che da poco gli ha offerto un investimento........

Il film è uno dei noir più belli e intelligenti degli ultimi anni. La figura di Ed Craine come uomo insignificante(da questo il nome del film)elegante, silenzioso, tabagista maniacale(come tutti nel noir)e ottimamente caratterizzato. Il protagonista è passivo senza scomparire. La fotografia è anch'essa impeccabile come gli attori(Thorton su tutti).
La struttura è tipica del noir, infatti, non manca la femme fatale(un’ancora poco conosciuta ma brava Scarlett Johansson)e l'ambiente specifico è sempre la citta'(posto anonimo, industrializzato). Nel noir la citta'(e qui trovo che il bianco e nero aumenti l'effetto d’anonimia)è simbolo di malessere, pessimismo, cinismo, durezza e disincanto. Le strade ombrose, la pioggia, i luccichii, le ambiguità morali(in particolare di Tolliver)dimostrano come sia difficile discernere la realtà. Non c'e'crescita e mancano completamente le aspettative, in particolare per il protagonista. Non a caso il film è ambientato negli anni 40' e 50'del dopoguerra americano in cui vedevano minacce dappertutto dentro e fuori casa(e quali saranno gli effetti di questa paura, tanto per uscire dal film?).

Guys from Paradise

Titolo: Guys from Paradise
Regia: Miike Takashi
Anno: 2001
Paese: Giappone
Giudizio: 4/5

Un uomo d’affari viene arrestato nelle Filippine per traffico d’eroina. Si ritroverà in una prigione particolare in cui capirà come le leggi possono essere tranquillamente ribaltate e le possibilità di curare gli affari non mancano.

Fenomenale questo film in cui troviamo quasi tutte le tematiche care al regista. Il personaggio si ritrova spaesato in un territorio che non conosce e che rappresenta una sorta di esilio per il nostro eroe. Fuori da una dimensione razionale e seguendo i suoi soliti schemi liberi Miike dirige un altro bellissimo e struggente film in cui si parla di famiglia, yakuza, isolamento, complicità, lealtà, fiducia, etc etc.
Come sempre il regista nipponico filma una società come quella nelle Filippine in cui la corruzione regna sovrana e i boss possono uscire di prigione come vogliono e continuare a svolgere impuniti i propri traffici. La società anche se caotica e dura della prigione, mostra comunque un’umanità diversa e un ascolto nonché un’atmosfera calma e tranquilla in un paradiso naturale che è sempre più difficile da immaginare soprattutto per un giapponese frenetico che pensa solo al guadagno.
Il protagonista troverà amici e ri-scoprirà un altro percorso di vita abbandonando l’avvocato, la società e l’infedele moglie che lo assilla.
Ottimo esempio del viaggio dell’eroe. Una storia d’avventura e un percorso di formazione interessante. In conclusione un’altra perla della ragguardevole filmografia di uno dei talenti incontrastati del Giappone.

Fulltime Killer

Titolo: Fulltime Killer
Regia: Johhnie To
Anno: 2001
Paese: Hk
Giudizio: 3/5

Due killer, uno serio e silenzioso (O), l’altro presuntuoso (Lok), si affrontano per accaparrarsi il titolo di numero 1.

Insieme a RUNNING ON KARMA è forse uno dei film più occidentali del regista. Una regia veloce e piena di scene d’azione che cita e ri-cita volutamente il cinema “hardboiled” europeo ed americano.
La storia seppur un pretesto per dare al regista mano libera per ingegnarsi in alcune trovate vede sempre alla sceneggiatura Wai Ka-Fai. Tratto dal romanzo di Edmond Pang il film segue due stili diversi che si affrontano, due modi diversi di porsi e di affrontare il nemico. Non ci possono essere due numeri uno. La storia non è impegnativa anzi alcune sottotrame come l’amore che entrambi dimostrano per la stessa ragazza taiwanese e banaloccia, come anche l’incidente che ha colpito il killer burlone cantonese e che come deus ex machina incomberà nel finale.
C’è una giustizia che non riesce a riscattarsi e per esempio il commissario del caso dopo aver visto la carneficina a cui i due killer sottopongono la sua squadra decide di nascondersi e scrivere un libro sui due killer.
La fotografia e del sempre attento Siu-keung Cheng.
Almeno da ricordare la strage di Lok con le nozze di figaro come colonna sonora.

Visitor Q

Titolo: Visitor Q
Regia: Takashi Miike
Anno: 2001
Paese: Giappone
Giudizio: 4/5

Visitor Q narra le vicissitudini degli Yamazaki, una tipica famiglia appartenente al ceto medio giapponese e composta da padre, madre e due figli, un maschio e una femmina. Il padre e' un repressissimo cronista televisivo che ha il compito di girare un documentario sulla violenza e il sesso tra i giovani, la madre e' una casalinga con problemi di tossicodipendenza, nonché prostituta, il figlio maschio e' vittima di continue violenze da parte dei suoi coetanei e la figlia e' fuori casa e anch’essa si prostituisce. Un giorno, un misterioso personaggio, il Visitatore, incontra il padre (in maniera alquanto insolita: gli molla un macigno in testa) e da qui entra prepotentemente all'interno della sfera familiare degli Yamazaki. L'arrivo del visitatore sara' tutt'altro che ininfluente per la famiglia Yamazaki, e questo portera' a grossi cambiamenti ad un riavvicinamento dei vari componenti della famiglia…

Prologo: “Hai mai scopato con tuo padre?”. Il padre e insieme alla figlia in una stanza d’albergo, lei si prostituisce e il padre la filma durante il loro brevissimo rapporto. Alla fine il padre paga la figlia, la quale, non soddisfatta dalla prestazione di chi la messa al mondo vuole di più.
Inizio: “Hai mai picchiato tua madre?”. La famiglia Yamazaki è alla deriva. Il padre Kiyoshi è un giornalista televisivo umiliato dai propri colleghi, i quali lo sodomizzano con un fallo finto. La moglie Keiko fa uso di droghe e per procurarsi i soldi si prostituisce nel tempo libero. Il figlio adolescente è vittima dei soprusi dei compagni, i quali bombardano più di una volta casa sua con dei fuochi d’artificio, sotto gli occhi indifferenti dei genitori. Il ragazzo si riscatta picchiando la madre con un battipanni. La figlia Miki è scappata di casa e per mantenersi si prostituisce come la madre. Una sera Kiyoshi viene colpito violentemente alla testa con un masso da un ragazzo. Kiyoshi lo invita a casa propria e inizia a chiamarlo Mr Q.
Mr Q si ferma nella casa Yamazaki e comincia ad interessarsi delle storie di ognuno di loro. Keiko è frustrata a causa del continuo disinteresse da parte del marito. Una sera, Mr Q, l’abbraccia, riuscendo a farle provare un piacere dimenticato: l’affetto. La donna allora sì tocca insistentemente i seni, facendone uscire del latte. Anche Miki è a sua volta colpita da Mr Q ma quando rientra a casa vede dalla finestra del giardino il padre attaccato ad un capezzolo della madre. Miki si unisce al quadretto succhiando dall’altro capezzolo. Il figlio decide di impegnarsi e gioca nel lago di latte fuoriuscito dai seni della madre. La famiglia ora è di nuovo unita, grazie all’intervento di Mr Q.
Il film è girato interamente in digitale. Questa scelta a parte per il costo che è certamente minore serve per dare più realisticità alla storia. I toni sono visionari, grotteschi, estremi, erotici e perversi. L’elemento del latte materno ritorna (GOZU) tra le tematiche Miikiane, e il film anche se molto più estremo dal punto di vista delle immagini sembra omaggiare in tutto e per tutto TEOREMA di Pasolini.
Una pillola rossa che non può non mancare.

domenica 20 marzo 2011

Adress Unknow-Indirizzo Sconosciuto

Titolo: Adress Unknow-Indirizzo Sconosciuto
Regia: Kim Ki-Duk
Anno: 2001
Paese: Corea del Sud
Giudizio: 4/5

La madre di Chang-guk scrive da anni al padre del ragazzo, un soldato di colore statunitense, senza ricevere risposta; la donna convive con un commerciante di carne di cane, che dà lavoro a Chang-guk nel suo mattatoio di fortuna. Jihum è figlio di un orgoglioso reduce della guerra di Corea, invalido in perenne attesa di un riconoscimento dal governo. Eunok, di cui Jihun è innamorato, è una studentessa cieca da un occhio che otterrà "aiuto" da un militare yankee... Nel suo film forse più lucido, Kim mostra un'umanità quasi bestiale, umiliata dalla guerra e dalle basi americane, capace di sfogarsi solo nella violenza (anche autolesionista).

Ci sono due fasi differenti, quasi due tipi di filmografie del cineasta, una più estrema e indipendente che mostrano il fantasma e gli spettri di una corea del sud sbandata e senza veri valori, la prima (BAD GUY,CROCODILE e WILD ANIMALS) mentre la seconda più simbolica e raffinata (PRIMAVERA,ESTATE,AUTUNNO,INVERNO...E ANCORA PRIMAVERA,FERRO3 e L'ARCO).
Indirizzo sconosciuto è collocabile con quelli che a mio parere rappresentano l'essenza della tematica del regista, quindi la prima e più coinvolgente parte della sua filmografia.
Nessuno al pari di questo regista in corea, fatta forse eccezione per Park chan-Wook, riesce a coinvolgerti con storie veramente esasperate ed estreme in cui alla fine ci sono solo vittime senza veri e propri vincitori. Personaggi spaesati, confusi che vivono prevalentemente di istinti senza avere sensi di colpa o meglio somatizzandoli così tanto da fargli poi implodere con una carica disperata. Ognuno si castiga da solo, soffre e piange per qualcun'altro. Il regista racconta da sempre un paese senza identità in cui vige una sorta di anarchia e in cui gli scambi tra paesi e culture generano tensioni o apparenti confronti. Nelle due storie principali che si intersecano, Ki-duk riesce a confezionare anche una critica ed una storia sulla guerra americana che naturalmente ha basi anche in sud-corea in un agosto del'70 come ci viene narrato. Protagonista è un soldato che spaccia e che poco ha a che vedere con la guerra in cui si impone come valoroso yankee.
La colonna sonora è profonda e struggente.
Le scene indimenticabili in questo film sono davvero troppe e quindi chi non vedrà mai questo capolavoro compiuto e meno famoso del regista coreano non saprà mai a cosa mi riferisco.

Bunker

Titolo: Bunker
Regia: Rob Geen
Anno: 2001
Paese: Inghilterra
Giudizio: 3/5

1944. Un gruppo di soldati tedeschi, sbandato e allo stremo delle forze, cerca mi rifugio dall'avanzata degli alleati in un bunker isolato. Con poche munizioni e scarse probabilità di sopravvivere, i soldati si preparano all'assedio finale. Ma la scoperta di un misterioso labirinto sotterraneo li precipita in un incubo ancora peggiore. Convinti che il nemico si sia infiltrato nei tunnel, finiscono in un claustrofobico ed angosciante gioco del gatto col topo. Ma nei sotterranei si aggirano i soldati nemici o i demoni del loro passato?

Insolito film questo bunker. C’è chi lo definisce un horror e chi come me un film drammatico, insolitamente claustrofobico, girato quasi interamente in interni e con pochissime luci in modo da ottenere una perfetta identificazione con i soldati tedeschi e le atmosfere claustrofobiche.
Dei soldati sparuti pieni di incertezze che non sanno ormai cosa fare e si ritrovano a dover combattere un nemico fantasma.
Il regista Rob Green è affascinato dalle ansie e dai timori oltre che dai sospetti. Avrebbe potuto infilare elementi irreali per dare un po’ di ritmo al film, visto che l’80 per cento ruota solo su dialoghi. Invece ne esce una pellicola che manca di ritmo in alcune parti ma che convince con una storia che non è poi tanto semplice e sono sicuro che ci sono elementi su cui riflettere come i doppi sensi del passato che torna e che potrebbe volersi vendicare…
Certo un ottimo debutto per il regista.
Bravi gli attori per questo film inglese in cui spicca per mimica Jason Flemyng(Gollum).

Canicola

Titolo: Canicola
Regia: Ulrich Seidl
Anno: 2001
Paese: Austria
Giudizio: 4/5

Periferia residenziale di Vienna, estate, afa e nervi tesi. Sei storie si intrecciano casualmente, sei spaccati raccapriccianti della modernita' e della nuova borghesia.
Anna passa il tempo nei parcheggi dei supermercati, fa l'autostop e all'occasionale guidatore/guidatrice comincia a fare l'elenco delle dieci malattie più frequenti, e altre simili classifiche. Finisce sempre con l'irritata reazione dell'automobilista. Il sig. Hurby é in giro per cercare di vendere sistemi d'allarme. Passa il tempo in macchina, suona alle porte, si vede incaricato di indagare su alcuni atti di vandalismo alle macchine del quartiere. Anche lui fa salire Anna, e la consegna come colpevole dei vandalismi. Claudia, giovane ed elegante, si incontra con il fidanzato Mario, appassionato di macchine. Dopo un po' lui è preso da attacchi di gelosia, allora urla, insulta e picchia la ragazza. Il Greco e sua moglie sono separati ma continuano a vivere nello stesso appartamento. Si ignorano, aspettando che l'altro vada via. Ma quando la moglie porta in casa un amante, la rabbia del marito esplode. Walter, ingegnere in pensione, ama il suo cane ed é molto scrupoloso nelle cose quotidiane: controlla la spesa, la pulizia di casa, i rumori del vicinato. Essendo la ricorrenza delle nozze d'oro, in ricordo della moglie defunta, fa restare la anziana domestica, che alla fine della giornata si esibisce per lui in uno spogliarello. Poi esce e scopre che il suo cane è stato avvelenato. Una maestra si depila davanti allo specchio, si trucca, si fa bella. Quando arriva Wickerl, il suo amante più giovane di venti anni, con lui c'è un amico. La serata va avanti tra canzoni e giochi sempre più rischiosi. La birra scorre, ma alcool e sesso finiscono per prevalere. Il giovane prende il sopravvento, legando Wickerl e costringendo la donna ad umilianti prestazioni erotiche e verbali.

La canicola è il periodo più caldo dell'anno, che cade, nelle nostre zone, tra la fine di luglio e la fine di agosto; il calore intenso e soffocante della piena estate soffoca gli animi della gente e ne stravolge i comportamenti portandoli alla deriva.
Vincitore del “Gran premio della giuria” alla 58 mostra di Venezia, Canicola è uno di quei film estremi che riescono a sondare in maniera minimale ed estrema le nevrosi e gli eccessi di un gruppo di persone. Sicuramente un “cult” per chi preferisce essere preso alla sprovvista e abbuffato di scene colorate e mai così realistiche e piene di vita. L’esordiente Seidl dopo vari documentari inediti in Italia gira un film calibrato dall’inizio alla fine che sottoporrà lo spettatore a strazianti scenari angoscianti e visivamente impeccabili in cui esce tutto quel senso disperato e grottesco in una Vienna mai così calda.
Corpi decadenti di persone sgradevoli da vedere, dialoghi ridotti all’osso, uno degli scenari sessuali più interessante degli ultimi anni ovvero una consumazione di corpi che sembra un’industria decadente di orge mai così vere, in cui l’incomunicabilità già approfondita dal maestro Haneke si deteriora riuscendo a rappresentare nelle diverse storie l’animo umano in tutta la sua interezza.
Lo stile di Seidl autore della sceneggiatura insieme a Veronica Franz è particolarmente interessante proprio perché la sua è una visione della rappresentazione della realtà nei suoi spaccati quotidiani provocatoria in stile anti-convenzionale. La fotografia di Wolfgang Thaler è calda e priva di colori, arida come le case tutte bianche e tutte assolutamente uguali.


venerdì 18 marzo 2011

Conspiracy

Titolo: Conspiracy
Regia: Frank Pierson
Anno: 2001
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Il 20 Gennaio 1942, quindici uomini si riuniscono in una villa fuori Berlino: il Terzo Reich dovrà decidere il destino di milioni di vite umane. La riunione, presieduta dal generale delle SS Reinhard Heydrich, pianifica lo sterminio degli ebrei in europa.

La conferenza di Wansee a Berlino è stata la riunione in cui i vertici delle SS(ad esclusione di alcuni pezzi grossi come Himmler) hanno deciso tutti insieme di optare per la soluzione finale ovvero lo sterminio che inizilmente doveva includere 11 milioni di ebrei.
Il film ripercorre in maniera molto tecnica la riunione, i preparativi e alcuni scambi di batttute e di vedute tra gli esponenti della cancelleria del Reich e i capi delle SS.
Se i personaggi di spicco sono Heydrich e Eichmann, interpretato da un poco convincente Brannagh e lo stesso vale per Tucci nel ruolo di Eichmann l'esperto in questioni ebraiche.
Non ha caso sono gli americani che si sono fatti fardello di una simile impresa.
Rimane un bel film con una regia sobria ma che purtroppo si affida troppo alla rigida sceneggiatura per includere alcuni momenti topici come il momento di massima gioia di Eichmann quando viene invitato a brindare da Muller e Heydrich quando termina la riunione e come la Arendt nell'ottimo libro che ha scritto sul processo di Eichmann a Gerusalemme non omette su precise parole dello stesso imputato.

Mean Machine

Titolo: Mean Machine
Regia: Barry Skolnick
Anno: 2001
Paese: Gran Bretagna/Usa
Giudizio: 3/5

Danny Meehan è il capitano della nazionale di calcio inglese. Con l'accusa di aver truccato il risultato della partita Inghilterra - Germania, Danny viene cacciato dalla squadra. Ma i suoi guai continuano quando viene condannato a tre anni di carcere perchè accusato di aver aggredito un poliziotto mentre era ubriaco. Il direttore del penitenziario fa carte false affinchè l'allenatore venga assegnato alla sua prigione perchè vorrebbe affidare l'allenamento della squadra di calcio semiprofessionale composta dalle guardie carcerarie proprio a lui.

Tradire la propria squadra e il proprio paese per denaro è il messaggio principale di questo film in un panorama attuale di dopping all'avanguardia e di interessi spietati che non includono la professionalità sportiva.
Skolnick deve amare molto i film di Guy Ritche dal momento che questo film fa parte di quel filone dell'action-movie in salsa british. Vinnie Jones che poi si scopre aver avuto un passato da giocatore è il pretesto per intavolare una messa in scena che ricorda non poco le gesta di Eric Cantonà e così il film diventa un'insieme di comicità e violenza.
Poi sembra che sia un remake di QUELLA SPORCA ULTIMA META' anche se ha dispetto del bel film di Aldrich questo ripiega molto sulla contaminazione pulp cercando di risultare come un ibrido di mescolanze,luoghi comuni e dialoghi scritti da un evaso.
Tamarro ma divertente MM ha la fortuna, almeno quella, di non prendersi troppo sul serio e poi vedere Stathman in un ruolo da pazzo furioso come quello del "monaco" rimarrà nella memoria, così come ci si chiede come mai Fleming sia quasi solo un figurante.

martedì 15 marzo 2011

Jesus Christ Vampire Hunter

Titolo: Jesus Christ Vampire Hunter
Regia: Lee Demarbre
Anno: 2001
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Ci troviamo in una città canadese in cui alcuni vampiri, aiutati da un pazzo, riescono a compiere le loro nefandezze anche di giorno, alla luce del sole. Le chiavi di questo potere sono le "figlie di lesbo", in quanto la loro pelle può far da filtro ai raggi solari. Il popolo delle lesbiche si trova quindi in pericolo e molte di loro vengono trucidate.

Sarebbe interessante sapere il budget del film di Demarbre. Sicuramente è uno di quegli esempi da prendere come punto di riferimento per il low-budget di serie B girato in 16 mm che sta assolutamente al passo con i tempi, sa essere talvolta pungente ma più di tutto è un connubio di satira,demenzialità,splatter e trashate a non finire.
Capitolare per le scene weird così come per il tessuto narrativo che dilaga tra vecchio e nuovo testamento per regalare una favola ironica alternativa in chiave contemporanea.
Le scene indimenticabili sono troppe così come le frasi e la caratterizzazione dei personaggi. Almeno va menzionata quella in cui Cristo parla con Dio sotto forma di gelato e mentre gli parla gli stacca una ciliegina(occhio) e se la mangia.
La parodia raggiunge alti vertici quando vengono chiamati in causa addirittura El Santo, emblema del wrestling messicano che all'apice del successo spadroneggia sul povero Cristo coi capelli corti.
Più simile al cinema della Troma che lo ricorda sotto molti aspetti e tuttavia qualitativamente e contenutisticamente maggiore rispetto a quasi tutto il panorama trash degli ultimi anni.
Musiche perfette e beat, fotografia da prassi, montaggio con qualche lieve sbandata, attori tutti in parte e che cercano di crederci il più possibile.
A mio dire non si può neanche parlare di blasfemia nel senso che stando al passo con i tempi si vede come Demarbre e soci giochino con la parodia senza mai prendersi sul serio.
I combattimenti poi fanno così cagare che risultano quasi originali.
Un cult che non perderà mai la luce divina del buone sano spirito trash!

lunedì 14 marzo 2011

Agitator

Titolo: Agitator
Regia: Takashi Miike
Anno: 2001
Durata: Giappone
Giudizio: 5/5

Le due gang yakuza Shirane e Yokomizo controllano, spartendosela, la città. Dopo che un membro ubriaco degli Shirane causa danni in un bar nel territorio degli Yokomizo, questi ultimi fanno assassinare il sommo boss degli Shirane e propongono ai reggenti di questi una trattativa che difficilmente potranno rifiutare. Il boss Higuchi, e sopratutto il suo rampollo Kunihiko, accortisi delle strane manovre, prendono tempo; ma difficilmente il primo riuscirà a tenere a freno l'ira del secondo, ira che sfocierà inarrestabile sopratutto dopo l'uccisione di Higuchi stesso

Uno dei migliori Miike.
Adrenalinico ma non come è prassi nei suoi film direi con una certa marcia in più.
Fuori da ogni contesto e visivamente impeccabile. Questo film è veramente furibondo nella descrizione di un mondo in cui i rapporti tra famiglie yakuza sono disegnate sempre con più accanimento e rassegnazione con un incontrollabile desiderio di vendetta che scatena reazioni a catena e porta ad esagerazioni che comunque nel caso del regista giapponese funzionano sempre perché necessarie alla sua forma di racconto.
Il protagonista è stilosissimo e con una rabbia tale da renderlo un vero e proprio “Agitator”.
La sceneggiatura è sviluppata in maniera non-ordinaria, classica del regista ma in questo caso diversa dalla sua maniera comune di concepire uno yakuza-movie. In questo caso abbiamo uno schema diverso del protagonista che cerca di essere in simbiosi col suo boss mentre con il suo assassinio diventerà una bestia che non accetterà nessun compromesso e richiamerà altri compagni nella spirale di vendetta e violenza mostrata sempre in maniera spietata che esplode frenetica e colpisce con un impatto immediato e incontrollato.
Visionato per fortuna in una copia integrale di quasi 200’, ne esistono svariate ma una delle più valide è quella da 150’.
Rimane uno dei miei preferiti del regista.
Formidabile come sempre la contaminazione che seppur lo cataloga come yakuza riesce sempre a dare più punti di riferimento per altri generi e in molte scene l’atmosfera si trasforma da noir secco ad azione pura come nell’ultimo atto in cui si apre la vendetta di Kunihiko pazzo e sfrenato risolutore nonché don juan dal passato travagliato.
Il cast comprende nel ruolo di Kunihiko Masaya Kato, altri volti noti del cinema di Takashi come Mickey Curtis, Kenichi End, Renji Ishibashi, Masato Ibu, Ryosuke Miki,Hakuryu Taisaku, AkinoHideki, SoneHitoshi, OzawaMasahiro Sudo, Harumi Sone.