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lunedì 25 luglio 2011

Ong Bak


Titolo: Ong Bak
Regia: Prachya Pinkaew
Anno: 2003
Paese: Thailandia
Giudizio: 3/5

Ong Bak si riferisce alla statua di un Budda che si trova nel tempio Nong Pra-du, nelle campagne thailandesi. La statua risale al periodo della guerra contro la Birmania, 200 anni fa, e i contadini credono che sia dotata del magico potere di proteggerli dalle disgrazie. Ma un giorno la statua viene rubata da un uomo d'affari senza scrupoli che la vende ad una cifra esorbitante. Il giovane Boonting si metterà sulle tracce del ladro per riportare al tempio il suo posto il prezioso tesoro.

La prima avventura di Tony Jaa mostra subito cosa vuole comunicarci l’atleta indiscusso di Muay Boran. Combattimenti dinamici e spettacolari con tanto di coreografie che hanno saputo sintetizzare perfettamente l’efficacia dello stile marziale, la scena nel locale con i tre combattimenti di fila è qualcosa di divino paragonabile alla statua del Budda che tutti i thailandesi venerano.
Originale, forse un po’ troppo didascalico in alcune parti ma il risultato c’è eccome in tempi di carestie marziali in cui sembra che tutto sia già stato detto dalle basi del genere, gli anni ’70, per poi rimarcare su alcuni personaggi che hanno saputo continuare la filmografia citando i classici oppure rimanendo entro i canoni prestabiliti del wuxia.
Jaa e socio comunque si vede che hanno visto tanto cinema americano perché difatti la strizzatina d’occhio è rivolta più verso i film americani degli anni ’90 che quelli di matrice e stampo orientale.
Un elemento che incoraggia il montaggio e il ritmo, i rallenty, le diverse angolazioni delle scene di combattimento per dare ancora più spessore alle incredibili capacità del lottatore, i dialoghi tamarri con il socio e la ragazza, sembrano invece fare da paiolo tra l’atteggiamento timido e indifeso del protagonista e quello sbruffonesco ed egoista della società in generale che sembra voglia mangiarsi Boonting come si fa per i cervelli di scimmia.
A dispetto di alcune cadute di stile, dialoghi e alcuni passaggi che come dicevo rimangono troppo didascalici, il risultato per essere un’opera prima non è affatto male, scommette sull’innovatività della disciplina e darà ancora due capitoli successivi completamente diversi dal primo.

martedì 5 luglio 2011

Ong Bak 3


Titolo: Ong Bak 3
Regia: Tony Jaa
Anno: 2010
Paese: Thailandia
Giudizio: 2/5

La leggenda di Ong Bak 3 inizia dopo che Tien ha perso la sua abilità di combattere e il suo amato patrigno al Cliff Wing di Garuda nel raid condotto da Jom Rachan. Tien è riportato in vita con l'aiuto di Pim così come Mhen e gli altri abitanti del villaggio Kana Khone. Nella profondità nella meditazione insegnata da Phra Bua, Tien finalmente è in grado di raggiungere il 'Nathayut'. Il suo talento è messo alla prova ancora una volta, quando i suoi rivali tra cui il la guardia armata d'orata del re, il killer misterioso in nero, e Bhuti Sangkha ritornano per il massiccio scontro finale.

Ong Bak è stata una saga lunga e sofferta. Inizialmente non si era pensato ad una trilogia e credo che neanche Jaa avesse mai pensato una cosa simile. Poi chiaramente il successo del primo capitolo aveva fatto conoscere al mondo le capacità del giovane performer che a tutti gli effetti è tra i figli di puttana più capaci che ci siano attualmente in circolazione.
Senza andare a vedere i video su Youtube per farsi un’idea delle sue qualità atletiche e marziali, i combattimenti all’interno del film e le coreografie(create e messe a punto dallo stesso Jaa) hanno saputo ridare enfasi e una carica esplosiva straordinaria al genere lasciando in secondo piano i vari Lee(Jet) e Chan.

Poi Jaa che proprio attore non è ha avuto un po’ di casini, ha litigato con il precedente assistente alla regia e si è trovato da solo a sclerare sul secondo capitolo assai più confuso, meno originale, ma con dei combattimenti sempre notevoli.
Infatti il secondo capitolo aveva quattro ore di girato e Jaa non sapeva più cosa prendere a ginocchiate.
Alla fine conosce questo Panna Rittikrai ed esce il terzo. Ad essere precisi i tre capitoli non sono una saga con un continuum ma ognuno di loro ha una storia assestante.

Il terzo a mio avviso è il più bello sotto tanti aspetti.
Partendo subito dal limite ovvero un plot abbastanza banalotto e una narrazione molto classica, pian piano si fa luce un viaggio dell’eroe particolarmente sofferto e spirituale(quasi quaranta minuti di agonia di un Jaa reso storpio e flagellato quasi peggio del Cristo di Gibson).
La fotografia e le inquadrature a volte sono eccellenti e dimostrano come il campione di Muai Thai abbia fatto dei passi in avanti così come il reparto tecnico decisamente più solido e che può permettersi un direttore della fotografia capace di tirare fuori il meglio da alcuni paesaggi mozzafiato.

Poi forse non era negli intenti ma la favola del re cattivo, degli incubi, dei tradimenti, del demone cattivo, dei presagi e tutto il resto fa pensare ad una classica leggenda thailandese che il film forse vuole omaggiare o prende solamente come punto di riferimento.
Strizzando l’occhio malignamente verso il destino finale del film devo dire che anche se puramente tamarro e con un bisogno di darsi quasi delle arie da profeta delle arti marziali, Jaa ancora una volta regala una pellicola densa di azione e qualitativamente parlando migliore delle altre.


mercoledì 22 giugno 2011

Blood Monkey


Titolo: Blood Monkey
Regia: Robert Young
Anno: 2007
Paese: Thailandia
Giudizio: 2/5

Conrad Hamilton, professore di antropologia, intraprende una ricerca approfondita su una specie sconosciuta di primati, possibile anello mancante di collegamento tra l'uomo e la scimmia. Nel tentativo di catturare un esemplare, lo studioso e la sua giovane assistente Chenne si imbattono in un'altra squadra di esploratori, formata da ragazzi universitari, in cerca di una via d'uscita dalla fittissima jungla thailandese. Ben presto, lo scopo comune della missione diviene quello della sopravvivenza: le scimmie sono infatti ben più pericolose del previsto, e iniziano una angosciante caccia all'uomo...

Il pacco guardando questo film distribuito da Sky è semplice, le scimmie(anzi direi gorilla)non si vedono mai se non in due scene contate a meno che non prendiamo in considerazione la soggettiva della bestia che osserva…passa tutto il tempo ad osservare e a piazzare trappole complicatissime.
Young ha fatto una furbata pensando che il film trattasse di una sorta di scimmia vampiro ma dopo i primi cinque minuti si evince che non sarà così.
Un soggetto banalotto che gira attorno a se stesso e in particolare a Conrad(F. Murray Abraham) e al resto degli attori incapacissimi.
Sembra a tratti di vedere CONGO ma se il regista cercava di prendere spunto da alcune scene il risultato è spiazzante e porta fuori pista.
A tratti pensatemente noioso mette a dura prova la fruizione dello spettatore che si aspetta divertimento e azione e magari un po di sangue ma non trova nulla di tutto ciò.

domenica 20 marzo 2011

Die a violent death

Titolo: Die a violent death
Regia: AA,VV
Anno: 2010
Paese: Thailandia
Giudizio: 2/5

Horror diviso in quattro storie: Flame(storia accaduta davvero nel 2008-2009 a Bangkok,dove in una discoteca persero la vita 66 persone in un incendio) 2° storia : Imprison(ambientata in una prigione) 3° storia : Revenge(storia su un'overdose di metanfetamina) e 4° storia : Haunted Motel (storia di una stanza stregata e una prostituta)

I film thailandesi degli ultimi anni hanno saputo regalarci qualcosa di niente male come COMING SOON,6:66-DEATH HAPPENS,ALONE,BUPPHA RAHTREE e NECROMANCER hanno tutti espresso, chi piùchi meno, il loro contributo in materia andando a spodestare bambine&maledizioni, donne&revenge e la magia nera.
In questi quattro episodi, meccanismo oramai consolidato e ben presente soprattutto nella filmografia giapponese, possono essere ben espresse alcuni dei temi che interessano e influenzano il cinema thailandese.
Tutti gli episodi hanno qualcosa di buono anche se probailemente il fatto che dei quattro registi, tre siano all'esordio non riesce sempre a portare a casa la tensione sperata o come appare in alcuni episodi una storia confusa e una recitazione che di certo non aiuta.
Se REVENGE appare tra le più anomale e deboli come idea dalla sua ha una buona recitazione, FLAME sa trasportare il pubblico su un incidente davvero straziante ma a livello qualitativo e di recitazione fa venire i brividi dalla tristezza così IMPRISON mentre invece HAUNTED HOTEL riesce dove gli altri puntano troppo costruendo una storia nera quasi grottesca che almeno sa anche divertire.

giovedì 17 marzo 2011

Coming soon

Titolo: Coming soon
Regia: Sopon Sukdapisit
Anno: 2008
Paese: Thailandia
Giudizio: 3/5

I proiezionisti Shane e Yod usano la sala cinematografica anche per produrre copie pirata dei film. Quando riprendono la proiezione del film “Evil Spirit”, sul linciaggio di una pazza rea di aver accecato le bambine del villaggio, gli eventi narrati e la realtà cominciano a confondersi in maniera inquietante.

Coming Soon è un horror thailandese del regista di SHUTTER. Il regista ci riprova con la tematica
metacinematografica pur citando numerosi horror orientali e americani e riuscendo comunque a dare un risvolto convincente.
A differenza del primo film Sukdapisit si avvale di una storia sempre di fantasmi Alcune scene riescono ad essere di indubbio impatto e la scena di come è realmente andata la vicenda di Winyarn Arkhat (letteralmente, “La vendetta di uno spirito”) è tra i momenti migliori. Anche se la sceneggiatura ha qualche svista e i due protagonisti non brillano certo per l'espressività, Coming Soon può contare su un ottimo packaging infatti la messa in scena, in particolare il montaggio, l’illuminazione e l’uso del colore non fanno una piega. Per essere uno dei tanti film su un tema saccheggiato rimane un prodotto buono che farà fare qualche salto dalla sedia e che purtroppo arriva con due anni di distanza da noi orribilmente doppiato indi per cui conviene vederselo in originale sottotitolato.